Lenovo estende il data center fino all’edge con tre server pronti per l’IioT

di Renzo Zonin ♦︎ L’Industrial Internet of Things e le reti 5G moltiplicheranno i dati prodotti. La multinazionale cinese risponde alle nuove esigenze con due server software defined e una macchina concepita per portare potenza di calcolo vicino a dove le informazioni vengono create, cosa fondamentale nel mondo manifatturiero

Le macchine più recenti della famiglia ThinkSystem, appena inserite nella gamma di soluzioni di Lenovo, sono l’SR655 e l’SR635, due server software defined progettati in base a un nuovo modo di concepire il data center, e un vero e proprio edge server (SE350) che porta potenza di calcolo direttamente dove le informazioni vengono create. Le tre macchine, che poco hanno in comune con i tradizionali server industry standard, sono il frutto di un lungo percorso mirato a capire come si evolveranno in futuro le esigenze delle aziende per quanto riguarda il trattamento delle grandi masse di dati in arrivo dalle infrastrutture IioT.

Lenovo ThinkSystem SR655. Fonte Lenovo

Oltre l’industry standard

Ibm 5 anni fa vendette a Lenovo il business dei server industry standard, ritenendo che i server a base Intel sarebbero presto diventati delle commodity sulle quali sarebbe stato impossibile creare valore aggiunto. Invece, è proprio quello che è riuscita a fare Lenovo – favorita anche dal fatto di non possedere architetture server proprietarie da difendere, anche a costo di plafonare la crescita delle macchine industry standard. Nel giro di 5 anni, il nuovo Lenovo Data Center Group ha cambiato mentalità, strumenti e obiettivi, puntando non più a realizzare server destinati a piccoli uffici e gruppi di lavoro, bensì a creare strumenti di calcolo adatti a realizzare una nuova generazione di data center: più scalabili, organizzati per lavorare su dati di ogni provenienza, capaci di “fare squadra” con risorse esterne in cloud e ottimizzati per compiti che vanno molto al di là dei classici carichi gestionali, per sconfinare nei territori dell’intelligenza artificiale e del machine learning.







«Oggi – ci spiega Alessandro de Bartolo, Country General Manager di Lenovo Data Center Group per l’Italia – circa il 10% dei dati generati dalle aziende nasce e viene elaborato al di fuori di un tradizionale data center o anche del cloud. Entro il 2022, Gartner prevede che questa cifra raggiungerà il 75%. Questa migrazione sta generando attenzione per quanto riguarda la salvaguardia dei dati, la sicurezza e il rispetto delle normative. Inoltre è prevedibile che nascano problemi legati ai tempi di latenza, all’ampiezza di banda e al time di fermo macchina. Lenovo sta affrontando queste sfide proponendo un ampio portfolio di prodotti di edge computing».

Emanuele Baldi, amministratore delegato di Lenovo per l’Italia, e Alessandro De Bartolo, Country General Manager di Lenovo Data Center Group per l’Italia

Alla sorgente dei dati

A produrre questa massa di dati esterni al data center contribuiranno soprattutto due tecnologie, che stanno muovendo i primi passi nel mondo produttivo: l’Industrial Internet of Things (IioT) e le reti 5G. Per dare un’idea di ciò che ci attende, Gartner ipotizza 20 miliardi di dispositivi connessi entro il 2020, mentre Idc stima un aumento del 430% della quantità di dati esistenti nel periodo 2018-2025.

Davanti a questa prospettiva, aumentare a dismisura la potenza di calcolo, la quantità di storage e la larghezza di banda del data center non è l’approccio più smart. Un approccio più sensato sarebbe, per esempio, spostare in periferia una maggiore potenza di calcolo, in modo da raccogliere e iniziare ad analizzare e filtrare i dati vicino a dove vengono prodotti. Di fatto, parliamo di sostituire al concetto di “edge computer” quello di “edge server”, ovvero di installare al posto di Pc spesso di vecchia concezione e dotati di potenza di calcolo piuttosto asfittica, destinati solo a trasmettere al centro i dati raccolti dai sensori, macchine potenti, sicure e autosufficienti, abbastanza robuste da poter essere posizionate vicine alle fonti di dati anche in ambienti ostili, con l’obiettivo di effettuare non solo la raccolta, ma anche una preanalisi delle informazioni, consentendo di eseguire compiti anche complessi in autonomia e di inviare ai data center veri e propri un flusso di dati più compatto e “pulito”.

Il data center del futuro. Fonte Idc

«Nel manufacturing, l’IioT sta letteralmente esplodendo – ci conferma Roberta Marchini, Technical Sales Manager Dcg – e abbiamo numerosi partner che lavorano a soluzioni di questo tipo, in un’ottica di offrire ai propri clienti servizi più adeguati e possibilità di ridurre i costi. Nelle architetture IioT, i sensori raccolgono i dati ma non hanno intelligenza sufficiente per trattarli, quindi devono instradare i dati verso il data center, dove verranno analizzati. Ma spesso è necessario non solo avere un’interfaccia con questi sensori, ma anche pre-elaborare i dati per prendere decisioni in locale da far attuare ai sensori. È qui che entra in gioco l’edge computing, ovvero risorse computazionali non centralizzate bensì distribuite, con tutte le sfide del caso. Perché può succedere a volte di avere un piccolo data center periferico che permette l’utilizzo di macchine più tradizionali, ma abbiamo anche casi di fabbriche in cui d’estate ci sono 60 gradi: le persone stanno male ma un server tradizionale proprio non si accende per motivi di sicurezza. Ci sono ambienti polverosi, altri pieni di vibrazioni. Una volta un cliente ci aveva chiesto di installare il server in un controsoffitto. Generalmente poi in queste location non c’è staff IT, quindi bisogna operare da remoto in modo più spinto rispetto a un server tradizionale. Spesso non c’è rete cablata per poter comunicare. E non dimentichiamo che queste macchine sono esposte all’accesso fisico da parte di estranei, quindi vanno protette anche dal furto».

Roberta Marchini, Technical Sales Manager Dcg Lenovo

A rispondere a queste nuove esigenze nella gamma di server Lenovo è, per la famiglia ThinkSystem, il modello SE350, mostrato per la prima volta pochi mesi fa all’Mcw di Barcellona, e da poco disponibile anche in Italia. È una macchina davvero compatta, circa un quarto delle dimensioni di un normale server 1U, capace di operare con temperature fra 0 e 55 gradi, in presenza di polvere, umidità, vibrazioni, totalmente gestibile da remoto e dotata di sistemi di sicurezza sia software (cifratura dello storage) che hardware (blocchi anti apertura e sistemi antifurto). Una macchina pensata per stare in fabbrica, insomma, ma che racchiude in un volume ridotto un intero data center software defined, in grado di gestire la virtualizzazione delle applicazioni IT, OT e IoT: troviamo una Cpu fino a 16 core, 10 unità disco M.2, ed estese capacità di networking (8 connessioni Ethernet e 4 wireless tra le quali presto anche il 5G), per non parlare della possibilità di inserire anche una Gpu Nvidia T4 che abilita la macchina alle applicazioni di intelligenza artificiale.

ThinkSystem SE350 Edge Server di Lenovo

Più intelligenza a tutti i livelli

In effetti, l’edge server è solo un piccolo tassello di una strategia complessiva ben più ampia, che Lenovo ha riassunto da qualche mese in una campagna che va sotto il nome di “Smart Technology for all”, e che coinvolge tutte e tre le colonne portanti di Lenovo, sia la parte data center, sia la divisione Mobile e quella dei device. L’iniziativa a sua volta si inserisce nel più ampio concetto di Intelligent Transformation for Business, sul quale l’azienda si sta muovendo da diversi mesi, e si propone di rendere più fruibile, più veloce, più smart la tecnologia Lenovo, integrando i tre mondi in modo da rendere tutto più semplice per gli utenti. Andando più in dettaglio, Smart Technology for All definisce tre aree su cui va ad operare: Smart IoT, Smart Infrastructure e Smart Verticals.

La parte Smart IoT non riguarda solo i device mobili quali smartphone o tablet, ma anche tutto quel mondo di sensoristica in crescita a livello consumer (pensate ai personal fitness device) ma che sta letteralmente esplodendo nei sistemi industriali, rendendo necessarie nuove tecniche di controllo e gestione. La parte di Smart Infrastructure, quella che più strettamente riguarda il Data Center Group, ha visto il superamento di una mentalità ormai non più adatta ai compiti di un data center moderno: quel concetto per cui il sistema informativo è visto come un gruppo di entità separate catalogabili in server, storage e networking. Questo schema rigido era soddisfacente quando i data center svolgevano attività ben standardizzate, con carichi di lavoro fissi o comunque perfettamente prevedibili. Ma non è più sostenibile nelle aziende attuali, dove il data center è chiamato a svolgere multiple funzioni ad altissima variabilità.

Yoga, l’ultimo pc di Lenovo

«Abbiamo lavorato per ottenere soluzioni di tipo software defined – spiega Thomas Giudici, Channel Sales Manager Dcg – questo ha permesso ai nostri clienti di avere infrastrutture intelligenti, scalabili e soprattutto molto semplici da gestire. Non solo a livello software, che tendenzialmente è di una terza parte con cui collaboriamo, ma anche a livello hardware. Diventa semplice per la persona che gestisce il data center avere tutte le informazioni sullo stato di carico delle varie macchine, sui fault o anche sui predictive fault, ottenendo un generale efficientamento. Questo grazie anche ai nostri partner, che ci hanno permesso di implementare sulla nostra infrastruttura tutte le più note soluzioni software defined presenti sul mercato». Lenovo, in effetti, da un punto di vista software è pressoché agnostica, e non ha soluzioni proprietarie da imporre.

Thomas Giudici, Channel Sales Manager Dcg di Lenovo

Dall’interazione fra le prime due aree nasce la terza, quella degli Smart Verticals, che punta a dare al cliente soluzioni basate su smart technology concrete e specifiche per le sue problematiche. Gli Smart Verticals portano all’attenzione del cliente casi reali e soluzioni mirate per specifici settori, perché è vero che parliamo sempre di processi, ma le esigenze di una casa automobilistica non sono le stesse di una clinica. Un esempio di applicazione verticale è proprio quella che Lenovo ha sviluppato per gli ospedali, che grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale consente ai medici di ottenere una riduzione del carico di lavoro del 50% nella fase di diagnostica.

 

Dall’edge al centro

Anche spostando intelligenza verso l’edge, difficilmente si potrà rinunciare a disporre di potenza di calcolo centralizzata. I flussi di dati creati nell’edge, ancorché preelaborati, preanalizzati, ripuliti, dovranno arrivare al “centro” per essere memorizzati e analizzati in profondità. Il centro, naturalmente, è costituito dal data center aziendale, che in questo contesto diventa molto diverso da quelli “tradizionali”. I requisiti di robustezza per questi server sono ben più ragionevoli di quelli richiesti a un server edge: i server per data center operano in ambienti con aria condizionata e filtrata, in assenza di vibrazioni e disturbi alla rete elettrica, sicuri sia fisicamente che dal punto di vista cyber, e con personale IT sul posto. Inoltre hanno necessità inferiori in fatto di I/O e di connettività wireless. Con le nuove architetture di server software defined, o iperconvergenti, una volta che si è creata una configurazione a due nodi si ottengono automaticamente ridondanza, sicurezza di funzionamento e bilanciamento del carico. Con in più una scalabilità facile e granulare.

Yang Yuanqing, Lenovo Chairman and ceo

E grazie anche all’architettura industry standard, un’installazione on premise di questo tipo è nettamente competitiva sul fronte dei costi con l’esternalizzazione in cloud delle attività di data center (che spesso non è così economica come si vuol far credere), con in più la possibilità di collaborare con  ambienti cloud sia sulla base di un’architettura hybrid cloud, sia semplicemente con l’acquisto di capacità di calcolo in cloud in previsione di sovraccarichi computazionali. Pensate per esempio alla gestione di un e-commerce che ha un picco di ordini nelle settimane che precedono il Natale.

Fra le macchine Lenovo che portano a compimento questo nuovo paradigma di data center iperconvergente troviamo per esempio due modelli appena aggiunti alla famiglia ThinkSystem, l’SR655 e l’SR635, che condividono la stessa architettura ma si differenziano per essere il primo un 2U e il secondo 1U, quindi con una dotazione interna ridotta in termini di storage e potenza di calcolo inferenziale. Basati sulla seconda generazione di Cpu Amd Epyc (nome in codice Rome), le due macchine sono state progettate puntando a ottenere alta potenza di calcolo con basso Tco, e alta resistenza agli attacchi cyber. Ecco dunque la scelta del single socket, che abbassa i costi delle licenze software ma fornisce comunque un massimo di 64 core di calcolo. E poi la possibilità, nel modello 2U, di montare fino a 6 Gpu per compiti inferenziali tipo IA, machine learning, video analytics ma anche virtualizzazione Vdi eccetera. Elevate anche le capacità di storage (fino a 32 drive Nvme) e i bus disponibili (128 linee Pcie Gen4 e 3200 MHz di banda per la memoria).

Lenovo ThinkSystem SR635

I risultati

Avere raccolto la sfida delle nuove tecnologie, sfida che impone di cambiare il modo di progettare, interconnettere e gestire le storiche componenti di calcolo, storage e comunicazione, coinvolgendo sistemi di ogni livello di costo e complessità, dall’edge ai grandi server, sta dando grandi soddisfazioni a Lenovo. E non stiamo parlando di segmenti relativamente di nicchia come quello del supercalcolo, nel quale Lenovo ha il 35% del mercato, con 193 delle macchine Top500. Quest’anno il Data center Group ha passato il punto di break even (in Italia è in attivo già da qualche trimestre), esibendo un aumento di fatturato del 44% sul 2018 e arrivando a costituire l’11% delle revenue del costruttore.

Le revenue del Gruppo Lenovo. Fonte Lenovo al 31 giugno 2019

«Veniamo da 8 trimestri di crescita a doppia cifra – ci conferma Thomas Giudici – un grande risultato in un mercato come quello dell’infrastruttura IT. E nell’ultimo trimestre, quando abbiamo annunciato i risultati finanziari, abbiamo avuto il più alto profitto. Proprio questi profitti ci permettono di realizzare investimenti, a livello di prodotti, ma anche sulle persone. In Italia in particolare stiamo facendo grandi investimenti che ci consentiranno di coprire nuovi mercati, soprattutto per la parte territoriale dell’Italia che per noi è un punto fondamentale visto che il tessuto produttivo è formato principalmente da pmi che costituiscono una gran parte del nostro Pil». L’espansione verso le pmi sembra un passo obbligato per accrescere il market share dell’azienda cinese che in Italia, a oggi, opera (quasi completamente tramite canale) soprattutto nell’ambito delle grandi imprese e della Pa, dove realizza il 70% del suo fatturato con una quota di mercato intorno al 50%, contro solo un 20% di fatturato realizzato con le pmi. Il ruolo dei 120 partner di Lenovo, la loro capacità di raggiungere il cliente e di spiegargli il valore dei prodotti sarà sicuramente determinante in questa nuova sfida.

Le revenue del Gruppo Lenovo divise per zone geografiche. Fonte Lenovo al 31 giugno 2019













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