HR Trends & Salary Survey 2020 è una ricerca condotta da Randstad Professional con la collaborazione dell’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli (Asag) dell’Università Cattolica e focalizzata sul concetto di learning agility.
«La learning agility è la capacità di individui, gruppi e organizzazioni di mettersi in gioco, affrontare le sfide e cavalcare l’onda del cambiamento, imparando dall’esperienza, dai successi e dai fallimenti», spiega Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia. «Una capacità fondamentale in un mercato in evoluzione rapida e costante, quanto mai importante in un momento di profonda incertezza come quello della ripresa post emergenza covid-19». Ma a che punto siamo in Italia con l’adozione di questo approccio? Secondo Randstad, abbiamo iniziando a muoverci solo di recente: l’indagine mostra che due direttori Hr italiani su tre (il 76%) conoscono la cosiddetta “agilità di apprendimento”, ma solo il 22% ne conosce a fondo i principi basati su flessibilità e predisposizione al cambiamento. Nel 69% delle organizzazioni si sta parlando di applicarla in modalità di lavoro e cambiamenti organizzativi, anche se concretamente solo nel 41% la si sta già mettendo in pratica o quantomeno si cerca di favorirne i principi, mentre nel 28% dei casi l’azienda non si è ancora mossa (e nel 31% non c’è alcun piano per adottarla).
Applicare i concetti della learning agility in azienda è, secondo Randstad, una priorità, e permetterebbe di migliorare anche il benessere dei lavoratori. Sebbene le aziende prese a campione indichino un buon livello di serenità della forza lavoro, non mancano alcune problematiche tanto che solo il 21% degli intervistati sostiene una totale assenza di malessere. Negli altri casi, invece, si evidenza lo stress (50%), la demotivazione (39%) e la sensazione di non appartenenza (20%). Secondo i direttori del personale italiani, la learning agility è da applicare prioritariamente nelle modalità di lavoro/dei processi interni e direzione operativa (secondo il 60% degli Hr), poi nel cambiamento organizzativo (45%) e in minor misura nel clima interno (35%). La grande maggioranza degli HR (85%) concorda sul fatto che sia una competenza acquisibile, solo uno su sei invece ritiene che sia una caratteristica innata che non si può allenare.
La ricerca approfondisce anche altri aspetti, a partire dalle sfide che dovranno affrontare gli Hr nel 2020: poco meno della metà (46%) ha indicato come principale sfida l’incremento della produttività, seguita dall’attrazione di talenti (42%), la creazione di un ambiente di lavoro sano e stimolante (41%) e la capacità di tenere in azienda i migliori candidati (40%).
L’analisi di Randsatd evidenzia anche una scarsa eterogeneità delle risorse umane in azienda: il 39% degli HR italiani sostiene che le risorse umane siano differenziate per genere, età, provenienza geografica e formazione culturale, e solo il 34%, ritiene che l’azienda per cui lavora la favorisca come elemento positivo. I principi della learning agility si riscontrano maggiormente tra i millennials a cui, seppure rappresentano mediamente solo il 31% delle risorse aziendali, è attribuita maggiore aderenza, pari al il 58% della distribuzione totale. Manca inoltre una cultura dei feedback ai dipendenti, che può portare alla loro crescita e al miglioramento dei processi: in quasi la metà delle aziende intervistate (48%) l’errore nello svolgimento delle attività lavorative è visto come fonte di apprendimento e di miglioramento, ma resta un 34% di aziende in cui è ancora considerato esclusivamente con valenza negativa (per il restante 18% “può capitare, se ne prende semplicemente atto”).
Il rapporto completo di Randstad è disponibile a questo indirizzo.