L’industria automobilistica italiana resta al palo

Maserati, fabbrica di Grugliasco
Maserati, fabbrica di Grugliasco

Pesante crollo del settore autoveicoli nazionale a gennaio 2019. Il primo mese dell’anno in corso ha fatto registrare il peggior risultato da dieci anni a questa parte. A picco il fatturato, con un calo tendenziale pari a – 21,5%; molto male anche gli ordinativi, con una flessione pari a – 21,7%. A parte la Spagna, tutti gli altri paesi europei crescono

I dati sono certificati dall’Istat, l’istituto nazionale di statistica. Già si sapeva che le vendite a gennaio erano diminuite del 7,6% (dati del Ministero dei Trasporti elaborati da Unrae) e che erano state immatricolate solo 165mila auto. Era già noto che il diesel in particolare aveva subito un brutto colpo, penetrando in terreno negativo per il 31,4%, fattore che aveva contribuito alla perdita di quote di mercato, divenute pari al 41,1% contro il 45,1% delle auto a benzina. Era peraltro prevedibile che il ticket eco bonus-ecotassa avrebbe prodotto effetti dalla sua enunciazione, prima dell’entrata in vigore, avvenuta nel mese in corso. Ma il crollo di fatturato e ordinativi ha in effetti superato le previsioni più nefaste.

Le immatricolazioni di febbraio in Europa

Negli ultimi mesi è stato affermato che il problema deriva dal calo del mercato dell’automotive tedesco. Va però sottolineato che a febbraio, secondo l’Anfia, l’associazione nazionale filiera industria automobilistica, le immatricolazioni sono cresciute non solo in Francia (+2,1%) e nel Regno Unito (+1,4%), ma soprattutto in Germania (+2,7%). A perdere terreno sono la Spagna (-8,8%) e Italia (-2,4%). In Germania è cresciuto pure il diesel, sia a gennaio (+ 2,1%) che a febbraio (+ 3%).







Le vendite a febbraio in Europa

Secondo l’Ancea, l’associazione dei costruttori europei, a febbraio in tutto il Vecchio Continente (Paesi Ue più Norvegia, Islanda e Svizzera) sono state vendute un milione e 149mila auto, con un calo tendenziale dello 0,9%. Complessivamente, nei primi due mesi dell’anno si sono registrate immatricolazioni per sole due milioni e 375mila auto, con una flessione tendenziale del 2,9%. Il gruppo FCA è fra quelli che sono scivolati di più: a febbraio ha venduto nel Vecchio Continente solo 80.213 auto, con un calo del 5,2%. La sua quota nell’area è passata dal 7,3 al 7%. Ma considerati i dati di gennaio, nel bimestre Fiat Chrysler ha fatto immatricolare solo 152.907. Il calo è più imponente, e sfiora il 10%.

Le ragioni della frenata

Potrebbero esserci più motivi per la débâcle dell’industria dell’automotive italiana. Anzitutto, il contesto internazionale non aiuta. Il diesel, per esempio, incontra senz’altro gli ostacoli frapposti dalle amministrazioni centrali e territoriali di mezzo mondo, preoccupate dalle emissioni di ossidi di azoto. Anche le auto a benzina hanno incontrato forti difficoltà, sia perché l’Unione Europea ha fissato in 95 grammi al kilometro le emissioni massime di Co2 per il 2021, un traguardo definito «irrealistico» da molti carmaker, che per l’entrata in vigore di un nuovo test di omologazione delle auto, il Wltp (Worldwide harmonized Light vehicles Test Procedure), procedura assai rigorosa (soprattutto in fatto di emissioni), tanto che molte case automobilistiche hanno fermato le linee. Inutile produrre macchine che non passano i test. In Italia, poi, la situazione è aggravata del ticket ecobonus-ecotassa. Per saperne di più, si consulti questo articolo di Industria Italiana.














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