Kyndryl: puntare sul cloud in un Paese on-prem. Sfide e strategie

di Renzo Zonin ♦︎ Pur mantenendo forti legami nell'ambito delle tecnologie di Ibm della quale è lo spin off, la società ha investito in nuove risorse certificate sugli Hyperscaler e su Sap. Riqualificazione interna, alleanze con grandi vendor e con piccoli player specializzati in nicchie di mercato. Il nuovo ruolo del Cio: compartecipe delle scelte di business. Ne parliamo con Alessandro Fregosi

È passato poco più di un anno da quando, era il 4 novembre 2021, Ibm ha scorporato la sua divisione di servizi infrastrutturali, costituendola come azienda autonoma con il nome di Kyndryl. Scopo dell’operazione era, principalmente, dare alla divisione maggiore libertà d’azione rispetto a quando operava prevalentemente sulle tecnologie della casa madre. A circa un anno di distanza, lo scopo sembra raggiunto: Kyndryl, pur mantenendo forti competenze nell’ambito delle tecnologie di Big Blue, ha allargato il suo raggio d’azione investendo in nuove risorse certificate sugli Hyperscaler, su Sap e su tutti i maggiori fornitori di tecnologia, avviando un piano di riqualificazione interna e stringendo un gran numero di alleanze strategiche con grandi vendor e “tattiche” con piccoli player specializzati in nicchie di mercato.

Sull’andamento di Kyndryl in generale e sulle sue strategie abbiamo pubblicato giorni fa un’intervista con il presidente Paolo Degl’Innocenti che potete trovare qui Cloud, cybersecurity e mainframe, nuove assunzioni: la strategia di Kyndryl spiegata da Paolo Degl’Innocenti – Industria Italiana. Kyndryl è composta attualmente da 6 practice, dedicate a cloud, Data & Applications, Networking, End User Services (digital workplace eccetera), Security & Resiliency e per finire la componente del mondo Ibm, quindi mainframe e sistemi proprietari. Abbiamo parlato con Alessandro Fregosi, Cloud e Applications, Data & AI Leader di Kyndryl Italia, per saperne di più su come è stata organizzata la divisione Cloud e su come si approccia alle problematiche e ai clienti.







La forte crescita di competenze sul cloud permette oggi a Kyndryl di porsi come interlocutore privilegiato per progetti molto complessi. Il cloud, infatti, è un oggetto che semplifica la vita al cliente, ma è complesso a livello architetturale, soprattutto per la grande varietà di opzioni oggi disponibili, con architetture miste, ibride, private e via discorrendo. Senza dimenticare che, nonostante si tratti di un paradigma ben accettato, ci sono ancora sacche di resistenza basate su pregiudizi che pensavamo superati da tempo (privacy, sicurezza, costi…). Mentre i veri fattori critici, spesso, non vengono nemmeno considerati dai clienti. Qui sta appunto il valore aggiunto di Kyndryl, che grazie ai suoi consulenti può esaminare al meglio i requisiti e la situazione del cliente per individuare la soluzione più corretta ai suoi problemi – soluzione che, tra parentesi, potrebbe anche non essere il cloud. Se invece il passaggio al cloud fosse la soluzione migliore, l’azienda cliente si troverà a compiere un vero e proprio “viaggio” verso la nuvola, che comprenderà una serie di cambiamenti nel reparto It, nel ruolo del Cio, e nella gestione del software.

 

Un anno passato a crescere e organizzarsi

Alessandro Fregosi_Cloud, Data and Applications Leader Kyndryl

Lasciare la casa madre è stato solo un primo passo verso l’indipendenza tecnologica. Ma per raggiungerla realmente servono cose concrete. Competenze, persone. «Ecco, il primo investimento che è stato deciso è stato proprio dal punto di vista delle persone – ci ha detto Fregosi – Per diventare indipendenti dalla tecnologia di un vendor dovevamo acquisire le competenze, la dove non eravamo riconosciuti sul mercato. Kyndryl ha assunto nell’ultimo anno circa 550 persone, quindi rispetto ai 1500 allo spin off si tratta di un incremento di un terzo della forza lavoro. Questi investimenti sono stati concentrati su tre direttrici: il cloud, inteso come le competenze sugli hyperscaler maggiori, Microsoft, Aws, Google; la sicurezza, perché al momento dello spin-off la componente di servizi di sicurezza è rimasta in Ibm e quindi abbiamo ricostruito da zero la Practice Security, una delle sei che compongono il portafoglio di Kyndryl; e poi la parte di consulenza». Lanciati gli investimenti per crescere in competenze e persone, la seconda azione che è stata compiuta è stato riorientare anche la macchina interna.

Quindi è stato lanciato un massiccio piano di investimento sull’education, per far sì che anche le persone già in Kyndryl fossero portate in linea con gli obiettivi di business. «Per dare un numero, oggi le 2.000 persone di Kyndryl, sui tre principali hyperscaler (Aws, Azure, Google), quindi non andando a toccare Ibm e Oracle, mettono in campo 570 certificazioni professionali, di cui 220 di tipo senior, quelle che danno valore sul mercato, perché sono quelle che vengono maggiormente riconosciute ed essenziali per i progetti. E partivamo da poche decine» puntualizza Fregosi. Oltre a quello sulle persone, c’è stato un investimento sugli asset. In Italia, per poter erogare i servizi di gestione in cloud tradizionali e multi cloud, è nato un Command Center, dal quale vengono erogati i servizi di primo livello coordinati, i servizi di gestione, e un Cyber Operations Center. «Entrambe le strutture sono ubicate su Roma, ed erogano due elementi essenziali: i servizi gestiti e i servizi di sicurezza. La componente Security di Kyndryl, partita da zero visto che i servizi di sicurezza erano rimasti all’interno di Ibm, conta oggi ben 170 professionisti, oltre al Cyber Operations Center». Una serie di alleanze ha poi completato il piano di rifocalizzazione. Ben 22 partnership sono state firmate nell’anno, con i maggiori provider tecnologici sul mercato – compresi i tre maggiori hyperscaler.

 

La strategia sulle competenze

Un gruppo di dipendenti di imprese di avvio che lavorano insieme in un ambiente di ufficio moderno

In un periodo di skill shortage, trovare oltre 500 persone da assumere non deve essere stato facile. «Abbiamo deciso di investire in modo duale. Da una parte prendere degli skill di tipo senior, quindi sui quali certamente c’è più richiesta, shortage di competenze, eccetera. Dall’altro, proprio perché parliamo di nuove tecnologie, dove spesso due anni di esperienza fanno il senior, perché questo è oggi il mondo It, abbiamo deciso di puntare su giovani, che sono stati inseriti all’interno della nostra struttura che sviluppa le competenze, il Kiis, Kyndryl Italia Innovation Services. Oggi è la nostra unità di delivery, all’interno della quale vengono inseriti i ragazzi, le competenze più giovani per essere formati e poi diventare professionisti in quest’ambito».

 

Puntare sul cloud in un Paese on-prem

La forte crescita di competenze sul cloud permette oggi a Kyndryl di porsi come interlocutore privilegiato per progetti molto complessi

Kyndryl in Italia segue in modo diretto circa 250 clienti, in maggioranza grandi aziende nel settore finanziario, ma anche alcune medio-grandi realtà industriali. Forse alcune di esse avranno avuto dubbi e perplessità al momento di scegliere il cloud come paradigma del loro It. In Italia capita ancora di sentire obiezioni al cloud che francamente pensavamo superate da anni, anche se la cosa riguarda soprattutto il comparto Pmi. Ci sono aziende che ancora sospettano che i loro dati possano essere visti dai concorrenti, chi paventa continue incursioni di hacker, chi teme di dover affrontare costi elevati. In realtà, le valutazioni da fare sul cloud sono altre. Quali sono le cose a cui le aziende devono prestare attenzione, e quali i fattori decisionali che devono prendere in considerazione quando stanno pensando di passare da on-premise a cloud? «Fra i clienti che seguiamo direttamente, ci sono realtà industriali anche di medie dimensioni, e alcune inizialmente hanno affrontato questo scoglio – spiega Fregosi -La mia risposta preliminare è che non vado in cloud per fare le stesse identiche cose che facevo in casa. Vado in cloud per fare cose diverse, perché quello che oggi viene offerto dal punto di vista della varietà dall’opzione in cloud non è replicabile on prem. Il cloud apre delle prospettive tecnologiche, ma anche di business che non potrebbero essere replicate con l’infrastruttura di tipo tradizionale».

E se invece voglio proprio limitarmi a fare in cloud le stesse cose che facevo on prem? «Allora devo trovare il modo di farle in maniera più flessibile e più efficiente rispetto a quando le facevo in casa – dice Fregosi – Se non si trovano risposte a queste domande, allora bisogna entrare maggiormente nel dettaglio della valutazione, perché spesso non c’è nemmeno questa esigenza reale. Spesso parliamo di “journey to cloud” perché è davvero come programmare un viaggio, devo andare da A a B e valutare le diverse opzioni, di costo, di comodità, di rapidità… si fanno le stesse scelte di quando si programma un viaggio, e in questo caso Kyndryl fa la parte sia del tour operator sia dell’agente di viaggio, perché è quello che stabilisce le modalità e aiuta nell’implementazione. Ma quando si vuole migrare un’applicazione su cloud bisogna chiedersi per esempio se si tratta di un’applicazione stand alone, o se parla con altre applicazioni che magari per altri motivi devono rimanere locali. E nel momento in cui la sposto in cloud, sposto tutto o sposto soltanto alcune cose? E quando le avrò spostate, come si parleranno con quelle che devo mantenere in casa? Immaginiamo una realtà industriale che ha anche dei sistemi It locali legati ai plant produttivi, che devono continuare a dialogare con i sistemi centrali. E ancora, è più efficiente andare in cloud perché mi porta un ritorno dal punto di vista della velocità o della flessibilità? Sono un’azienda che compra in continuazione altre aziende o apre dei branch all’estero, per i quali mi è richiesta anche una flessibilità e una rapidità di dover fare degli investimenti? Questi sono i veri punti differenzianti che ci sono rispetto all’adozione del cloud: mi apre più possibilità, o mi consente di fare le cose in maniera più efficiente di come le faccio oggi. Non è mai una questione di costo».

 

Sicurezza e cloud

Sede di Kyndryl a New York

In Italia, ci sono ancora Cio preoccupati per la sicurezza nel cloud. Come se on-prem fossero in grado di dare maggiori garanzie. «Quella è un’obiezione che avviene costantemente, però gli standard che oggi vengono offerti dal cloud, in termini di certificazione di sicurezza del dato, e della possibilità di stabilire dove il dato resta ubicato, sono incomparabilmente superiori a quello che possiamo mettere in piedi in un datacenter on-prem, contando magari sulle strutture e le disponibilità di persone che in un’azienda sono di certo limitate» controbatte Fregosi. Gestire la sicurezza in casa richiede una serie di competenze, per rispondere alle minacce esterne, che oggi difficilmente un cliente normale si può permettere, se non è una grande azienda. Questo vale sia per la sicurezza di tipo fisico, quindi la sicurezza del datacenter in sé, sia per quanto riguarda le minacce di tipo logico, quelle appunto che richiedono un monitoraggio dei sistemi, la capacità di reagire in tempi brevi e delle competenze non banali. «Ecco, questi secondo me sono tutti argomenti che vanno portati sul tavolo nel momento in cui si pianifica il viaggio verso il cloud» sostiene Fregosi.

 

Il valore aggiunto di Kyndryl

Part di un’architettura in Xiamen city, China

Se una soluzione cloud porta semplificazione e potenziamento, arrivarci non è sempre facile. È proprio nel percorso che emerge il valore aggiunto di player come Kyndryl. «È proprio perché deve accompagnare il cliente a fare quella scelta, la migliore soluzione tecnologica, ma sulla realtà specifica del cliente. Non c’è un percorso di migrazione al cloud replicabile fra due aziende, anche le più simili. È il motivo per cui servono i partner tipo Kyndryl, che si muovono nell’ambito della complessità, coniugando la parte dell’It che inevitabilmente dovrà rimanere on-prem con quelle che sono le potenzialità offerte dal cloud. Questo perché, a parte le aziende che nascono oggi, le altre si troveranno ad affrontare questo percorso che porterà a uno scenario ibrido, non uno scenario puro 100% cloud o 100% on-prem». Fino a pochi anni fa, il cloud era una sola tecnologia. Adesso c’è il cloud ibrido, il cloud privato, il cloud on-prem, dove io lavoro dal mio data center ma utilizzando le tecnologie software del cloud perché più semplici da gestire. Le opzioni disponibili sono molte e il ruolo di aziende come Kyndryl a questo punto deve essere quello di guidare il cliente nella scelta della sua soluzione ideale. Ma cosa succede quando arriva il cliente che dice “Voglio passare al cloud”?

«Devo dire che negli ultimi due anni, complice probabilmente anche la pandemia, sono cadute molte barriere rispetto al cloud. Almeno dal punto di vista concettuale, poi è chiaro che quando si fa un’analisi specifica potrebbe non essere la soluzione migliore per cliente, ma ho visto crollare delle barriere psicologiche che c’erano all’inizio. Noi abbiamo avuto dei clienti che durante la pandemia si trovavano impossibilitati ad accedere al loro data center, perché magari veniva “acceso” la mattina da due operatori che, trovandosi in una zona rossa, non potevano più accedere». Ma il cloud è sempre la soluzione migliore? «No, va valutata nello specifico, perché in alcuni casi probabilmente non ha ragione d’essere – ammette Fregosi – ma è sicuramente quella che oggi apre più possibilità per aziende che presentano la dinamicità di dover rispondere a continue sollecitazioni del business. Perché anche la pianificazione a 5 anni, che prima consentiva di comprare un’infrastruttura e di mantenerla inalterata per 5 anni (in Capex…), oggi non è più fattibile. Oggi sfido qualsiasi dipartimento It a ricevere dal business una direzione che consenta di pianificare i successivi 5 anni. Per questo uno dei vantaggi diventa la flessibilità e la velocità perché risponde in maniera efficiente a delle sollecitazioni che possono essere diverse un mese dall’altro».

 

La fine dei cambi generazionali?

Ingegnere con tablet digitale nella sala server

In informatica è sempre esistito il problema del passaggio generazionale, per cui migrare su una nuova architettura applicazioni proprietarie, scritte magari decenni prima, poneva enormi problemi. Il Cloud potrebbe ridurre notevolmente questo tipo di problematiche, visto che elimina il lock-in hardware e minimizza quello software. Si può passare da cloud a hybrid cloud, a cloud on-prem, ad aggiungere un hyperscaler quando serve potenza… «Secondo me il cloud aiuta rispetto a una carenza di competenza in determinati ambiti, perché tutta la parte di gestione operativa dei sistemi viene delegata al provider o magari al system integrator che in quel momento gestisce il cloud per conto del cliente – spiega Fregosi – Quindi il fatto di non dover adeguare in continuazione le competenze del proprio personale It seguendo le varie tecnologie e i vari modelli che venivano annunciati, sicuramente introduce un elemento di semplificazione, perché l’attività manuale specialistica è delegata in capo al cloud. l’It e il business diventano fruitori di un servizio».

 

Cambiano le competenze all’interno dei reparti It aziendali

Il Kiis, Kyndryl Italia Innovation Services, è l’unità di delivery all’interno della quale vengono inseriti i ragazzi, le competenze più giovani per essere formati e poi diventare professionisti in quest’ambito

Il cloud però non elimina del tutto la necessità di competenze in azienda, anzi lancia nuove sfide da questo punto di vista. «Cambiano di skill, cambia il modello di governance perché poi il cloud introduce anche dei problemi – conferma Fregosi – Per esempio, come faccio a gestire l’ambiente ibrido? Prima avevo un ambiente dentro casa, sapevo come fare i backup, sapevo come fare il monitoraggio, oggi magari ho un pezzo in casa, e un pezzo in cloud. Come faccio a fare la governance? Un altro dei problemi del cloud è tenere sotto controllo i costi, perché l’attivazione delle risorse è talmente rapida (non passando per un processo di acquisto lungo e farraginoso come prima), che impone il controllo dei costi e l’allocazione delle spese all’interno dei reparti It. È quello che viene chiamato FinOps, quindi la gestione finanziaria delle operazioni dei nostri clienti, e pone assolutamente un problema di governance all’interno del cloud. Quindi le strutture It si devono adeguare e passare da competenze più specialistiche, a competenze di governo, che sicuramente il cloud richiede».

 

Il nuovo ruolo del Cio

Kyndryl ha assunto nell’ultimo anno circa 550 persone, quindi rispetto ai 1500 allo spin off si tratta di un incremento di un terzo della forza lavoro. Questi investimenti sono stati concentrati su tre direttrici: il cloud, la sicurezza, la consulenza

Non dovendo più gestire il day-by-day e il relativo personale, come cambia il ruolo del Cio con l’arrivo del cloud? «Spesso sento dire che anche il ruolo del Cio è cambiato. Egli in questa logica diventa compartecipe delle scelte di business, perché mentre prima metteva a disposizione un’infrastruttura per il business ed era responsabile che quella infrastruttura rimanesse in piedi ed erogasse dei servizi nell’arco temporale prestabilito, oggi si trova a fare delle scelte affinché il business sia molto più efficiente rispetto a prima – commenta Fregosi – Quindi secondo me c’è proprio un cambio, uno spostamento anche di ruolo da parte del Cio. È molto più compartecipe per queste scelte, perché deve tradurre le richieste che arrivano dal business in un’infrastruttura cloud, ibrida o tradizionale, che risponda a quelle esigenze.

Nell’informatica di oggi ci sono tante possibilità di scelta, ma si è complicato il ruolo, perché le opzioni sono diverse e quindi questo è il cambio che deve operare il Cio. E anche le sue strutture, perché passiamo da competenze verticali a competenze molto più di governo, e a unire la fase di business e quella It che diventano molto più accoppiate rispetto alla separazione rigida che c’era prima». Quindi aumenta l’importanza del Cio nel board dell’azienda. «Secondo me, sì. Io la vedo così, per chi è in grado di interpretare questo ruolo al meglio offre tantissime possibilità in più – dice Fregosi – Oggi non abbiamo un limite tecnologico, abbiamo molte più opzioni rispetto alle cose che vogliamo fare, però sta al Cio, sta chiaramente al business, sta ai consulenti come Kyndryl, trovare l’ottimizzazione tra quello che c’è disponibile e l’esigenza dell’azienda, è quella la declinazione più complicata in questo momento».

 

La questione del software

Professionisti IT durante la configurazione del server nel data center

Parliamo sempre del cloud come infrastruttura, ma di fatto la parte davvero importante è il software. Come funziona per Kyndryl questo tipo di cose, come vi siete organizzati e cosa proponete? «Kyndryl da questo punto di vista rappresenta passato, presente e futuro, perché ci troviamo l’eredità dei grandi sistemi legacy. Pensiamo al mainframe, oggi Kyndryl ancora gestisce più del 50% dei mainframe installati – ci dice Fregosi – E non è un ruolo da custodi, non stiamo lì a guardare che tutto funzioni in attesa che vengano piano piano dismessi. Il mainframe probabilmente avrà ancora lunga vita perché per determinate applicazioni e situazioni ancora oggi rappresenta la risposta, però non è un sistema statico. La cosiddetta modernizzazione del mainframe si lega alla capacità di integrarlo con le nuove tecnologie, perché il mainframe si lega anche con le funzioni messe a disposizione dagli hyperscaler, noi abbiamo annunciato anche qualche servizio in proposito». La questione è che non si tratta di riscrivere le applicazioni legacy in forma cloud. «Posso modernizzare il mainframe nel senso che non è necessario che tutto quello che oggi ci gira sopra, continui a girarci. Pensiamo ai dati. Il mainframe, prevalentemente utilizzato da tutte le maggiori istituzioni finanziarie, genera montagne di dati. Questi dati possono essere presi e, anziché sviluppare applicazioni da far girare sul mainframe, esportati per sviluppare all’esterno le nuove applicazioni, che utilizzeranno la base dati del mainframe in una maniera più economica ed efficiente. Noi l’abbiamo chiamato Data Democratization. Non sto abbandonando una piattaforma, ma sviluppo applicazioni che utilizzano quella base dati per poter essere più efficiente, più flessibile e cloud native» spiega Fregosi.

In questo caso parliamo di una coesistenza fra il mondo più tradizionale possibile, quello del mainframe, accoppiato con il mondo degli hyperscaler. Facendo questo, posso per esempio mettere quei dati a disposizione degli strumenti e delle applicazioni che sviluppo in maniera cloud nativa, rendendoli più produttivi, e aperti a nuove applicazioni che continuando a sviluppare sul mainframe non potevo realizzare. «Ecco, secondo me questa è la sintesi del mondo esistente con il mondo che verrà. Poi noi, come Kyndryl, è chiaro che supportiamo sia il mondo tradizionale sia le nuove tecnologie – precisa Fregosi – Eroghiamo servizi di supporto ai clienti sulle applicazioni scritte a container, perché le applicazioni scritte in maniera cloud native sono quelle che meglio si prestano anche alla portabilità. Un tempo si parlava molto più spesso di lock-in, si diceva “il mainframe crea lock-in”, “As400 crea lock-in“. E anche oggi c’è chi ha paura del lock-in sugli hyperscaler: metto tutto su Azure, metto tutto su Aws, come esco da lì? Bene, il miglior antidoto al lock-in per quanto riguarda gli hyperscaler sono le applicazioni scritte in modo cloud native, che possono essere migrate da un cloud a un altro senza alcun problema. Questo attraverso qualunque sistema di orchestrazione, che lascia la libertà di muovere le applicazioni fra i diversi provider. Quello di evitare il lock-in è esattamente uno dei vantaggi che vengono messi a disposizione delle nuove tecnologie».

 

Kyndryl, Sap e il cloud

Il Cyber Operations Center di Kyndryl a Roma

Ma cosa succede quando un’azienda che, per esempio, ha sempre usato Sap on-prem decide di passare alla versione cloud? Come sarà il suo “journey to cloud“? «Fino a oggi avevamo le installazioni Sap on-prem, quindi con sistemi dedicati a casa dei clienti, o negli outsourcer; poi la seconda fase è stata spostare in cloud lo stesso ambiente, quindi il provider compra l’infrastruttura in cloud ci fa girare sopra il Sap; oggi siamo arrivati al software As a Service puro, o Platform as a Service che è appunto un’offerta interamente fornita in cloud» descrive Fregosi.

Chiaro che se il cliente avesse solo Sap probabilmente potrebbe consumarlo As a Service e dimenticarsi del resto. Ma se con il Sap parlano altre applicazioni, strutture, data base, allora lì il progetto diventa un po’ più complesso, bisogna far coesistere i due mondi. Qual è la scelta più efficiente? Vado su un modello puramente As a Service o mantengo le due realtà? Parliamo di clienti industriali, quanti dati producono i plant di un’industria che poi devono dialogare con il Sap? «Abbiamo esattamente toccato le domande che quando parliamo con un cliente noi poniamo per capire qual è la scelta migliore – dice Fregosi – È un cliente che ha tanti branch all’estero? Spesso le realtà industriali e le aziende italiane sono molto attive su mercati esteri, hanno tanti stabilimenti di produzione. Noi con alcuni di questi abbiamo cominciato progetti di trasformazione e a seguirli in quello che è il processo decisionale nell’adozione anche delle nuove tecnologie messe a disposizione da Sap e da chi produce i software gestionali».

 

L’offerta alla clientela

Kyndryl non fa solo consulenza, ma come possiamo sintetizzare la vostra offerta al cliente? «Quando è nata Kyndryl, una delle cose importanti è stato proprio il focus sui clienti, tornare dai nostri clienti ed essere un interlocutore non solo per le tecnologie che già coprivamo, ma per seguirli nel progetto di trasformazione – spiega Fregosi – Quindi un forte impulso alla componente di consulenza, perché la componente di consulenza è quella chiave nel determinare il percorso di trasformazione e l’adozione delle nuove tecnologie. E poi la declinazione all’interno delle sei practice che costituiscono le competenze specifiche, quindi una fase di assessment, una fase di pianificazione congiunta col cliente e in base al grado di maturità, o al punto in cui si trova nell’ambito del “journey”, capire quali possono essere le azioni più efficaci nel breve, medio e lungo termine.

In questo devo dire che, eccezion fatta per il portafoglio puramente applicativo che noi non copriamo (non facciamo scrittura di codice all’interno di Kyndryl, perché siamo un player infrastrutturale), per tutto il resto copriamo a 360 gradi l’esigenza del cliente. E oggi siamo riconosciuti anche in ambiti dove prima non eravamo presenti. Ci piace essere definiti una sorta di start-up in determinati ambiti. Abbiamo cominciato da zero e oggi si inizia ad apprezzare questa nuova veste di Kyndryl» conclude.














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