Sorpresa! In Italia (da sempre vergognosamente indietro) aumentano gli investimenti in R&S sul pil: + 1,4%

di Chiara Volontè ♦︎ Grazie ai fondi stanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (17 miliardi in tutto) il nostro Paese potrà finalmente diventare un polo attrattivo per la ricerca applicata e per il trasferimento tecnologico. Parla l'ex ministro Carrozza (Cnr): Questi fondi devono diventare strutturali

Ricerca e ripresa: è questa la relazione di causa effetto su cui poggia la maggior parte delle azioni del Pnrr, con la tecnologia come vero motore della crescita economica. Un’occasione da non perdere, che si instaura su un terreno sempre più fertile. Infatti, per quanto riguarda la spesa per R&S in rapporto al Pil, in Italia è in atto un lieve incremento – 1,4% -, dovuto anche al fatto che gli stanziamenti pubblici hanno smesso di ridursi. Ed è migliorata anche la produzione di innovazioni tecnologiche generate dalle imprese: 4.600 brevetti italiani depositati nel 2020, comunque al di sotto di Germania (25.954) e Francia (10.554).

Sono alcune delle evidenze emerse dalla terza edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia – Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia”, opera di un gruppo di lavoro di diversi Istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche: di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (Irpps), di Ricerca sulla Crescita Economica Sostenibile (Ircres), per gli Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie (Issirfa). La Relazione, che vede la luce dopo due anni di pandemia ed emergenza sanitaria, avvia una riflessione sul ruolo attribuito alla R&S dalle misure straordinarie di sostegno alle economie degli Stati membri, promosse in Europa dai governi e dalla Commissione Europea in risposta alla crisi pandemica.







«Anche guardando i dati della Relazione si conferma che come mondo della ricerca dobbiamo superare alcune vecchie logiche – commenta il ministro dell’Università e ricerca Maria Cristina Messa – Tra queste, l’antitesi fra ricerca di base e applicata: la ricerca deve essere di qualità e finanziata in quanto tale, sia quella guidata da curiosità che quella applicativa, che devono coesistere senza contrapposizioni o trasformarsi l’una nell’altra. Dobbiamo inoltre superare il preconcetto della separazione fra ricerca pubblica e privata, che allontana le imprese con cui gli enti di ricerca hanno sempre attivato collaborazioni, mentre le università hanno conosciuto delle fasi diverse, un gap che va recuperato. L’avere stimolato grandi filiere attraverso i bandi è proprio una risposta in tal senso, senza immettere nuove fondazioni o istituzioni di ricerca, ma facendo rete con quanto di buono c’è già. Dobbiamo capire che se come mondo della ricerca vinciamo questa sfida diventiamo fondamentali per il paese, perché creiamo spinoff, start up, proof of concept, lavoro, opportunità per i giovani. È questa è la vera sfida che abbiamo davanti».

Pnrr: il trampolino di lancio per un’economia trainata da ricerca e innovazione

Ma la vera domanda è: il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza sarà in grado di far compiere al nostro Paese un balzo verso un modello economico sostenibile, trainato dalla ricerca e dall’innovazione nella manifattura e nei servizi avanzati? Complessivamente le risorse destinante alla ricerca e sviluppo previste nel Pnrr ammontano a circa 17 miliardi di euro, circa il 7,5% complessivo delle risorse totali. La maggior parte di esse si focalizza su ricerca applicata e sviluppo sperimentale (circa 10 miliardi), ricerca di base (4 miliardi), azioni trasversali e di supporto (1,88 miliardi) e trasferimento tecnologico (380 milioni). «Il Pnrr costituisca un’unica e probabilmente irripetibile occasione: per instaurare il circolo virtuoso tra ricerca e innovazione e sviluppo economico e sociale del Paese; per avviare numerosi progetti di sviluppo scientifico e tecnologico e nuove collaborazioni tra mondo accademico, amministrazione pubblica, enti locali e industria; per una collaborazione tra settore pubblico e privato diretta verso la soluzione delle grandi sfide della società – conferma Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Tali condizioni devono essere mantenute assicurando adeguate risorse ordinarie anche quando le risorse straordinarie del Pnrr avranno esaurito il proprio compito».

Elenco dei progetti, le risorse, le amministrazioni competenti e l’orizzonte temporale degli interventi. Fonte Pnrr, eleaborazioni Cern

Il Pnrr colloca la politica della ricerca all’interno di una più vasta trasformazione del sistema economico italiano, laddove prevede di integrare la spesa per ricerca pubblica in un più ampio contesto che include anche lo sviluppo sperimentale, il trasferimento tecnologico, la spesa privata in ricerca, innovazione e formazione. In questa logica la ricerca pubblica vuole attivare investimenti finalizzati alla creazione di ecosistemi dove le idee si possano trasformare in nuovi prodotti, processi e servizi: così si creeranno posti di lavoro ad elevato valore aggiunto agganciando i settori produttivi più dinamici nei mercati internazionali. «La ricerca pubblica intende ricoprire il ruolo di moltiplicatore in grado di attivare investimenti in ricerca privata e innovazione, finalizzati alla creazione di ecosistemi dove le idee si possano trasformare in nuovi prodotti, processi e servizi, al fine di creare posti di lavoro ad elevato valore aggiunto, agganciando i settori produttivi più dinamici nei mercati internazionali – sottolineano i coordinatori della “Relazione”, Daniele Archibugi, Emanuela Reale e Fabrizio Tuzi – Gli attori pubblici della ricerca devono quindi assumere un ruolo centrale nel disegno definito nel Pnrr in quanto operando sulla frontiera della scienza sono in grado di aprire nuove traiettorie tecnologiche. Questi dovranno dunque essere pronti ad affrontare la sfida attraverso l’ampio ventaglio di azioni, interventi e soluzioni previste all’interno del piano e fare in modo che gli investimenti previsti abbiano concrete ricadute sulla collettività e sul sistema socio-economico nazionale».

– Divisione delle risorse fra quattro ambiti di ricerca (valori in % sul totale). Fonte Pnrr, elaborazione Cnr

Gli attori pubblici della ricerca devono quindi assumere un ruolo centrale nel disegno definito nel Pnrr in quanto operando sulla frontiera della scienza sono in grado di aprire nuove traiettorie tecnologiche. Questi – e tra di essi il Cnr è in prima fila in quanto maggiore ente pubblico di ricerca – dovranno dunque essere pronti ad affrontare la sfida attraverso l’ampio ventaglio di azioni, interventi e soluzioni previste all’interno del piano e fare in modo che gli investimenti previsti abbiano concrete ricadute sulla collettività e sul sistema socio-economico nazionale. In questo processo, il Cnr si potrà misurare nelle azioni previste nel Pnrr con un apporto duplice. «Da una parte il Cnr, con il proprio respiro multidisciplinare, può direttamente svolgere progetti di R&S – dichiara la presidente Carrozza – Dall’altro può contribuire al disegno e alla gestione di strumenti di finanziamento, mediando tra governo e comunità dei ricercatori, dalle organizzazioni scientifiche e dalle imprese. Il Cnr deve sempre più combinare il fare ricerca e l’azione di agenzia, recuperando quel ruolo centrale che ha già svolto in passato, basti pensare ai Progetti Finalizzati, e che già svolge nel coordinamento di molte infrastrutture europee di ricerca».

Complessivamente le risorse destinante alla ricerca e sviluppo previste nel Pnrr ammontano a circa 17 miliardi di euro, circa il 7,5% complessivo delle risorse totali. La maggior parte di esse si focalizza su ricerca applicata e sviluppo sperimentale (circa 10 miliardi), ricerca di base (4 miliardi), azioni trasversali e di supporto (1,88 miliardi) e trasferimento tecnologico (380 milioni)

Italia – Europa: una rete di scambi

Per quanto riguarda i Programmi Quadro europei, dalla survey emerge una distribuzione non uniforme della conoscenza nei diversi territori e un disallineamento tra centralità generate dai progetti e quelle originate dalle pubblicazioni scientifiche. Il nostro Paese contribuisce al bilancio per la ricerca comunitaria con il 12,5%, ma i finanziamenti che ritornano sono pari a solo l’8,7%. Ciò dipende anche dal fatto che i ricercatori in Italia sono in numero inferiore rispetto ai nostri partner (6 su mille unità di forza lavoro, contro oltre 10 in Francia e Germania). Si conferma la debolezza del nostro Paese anche in merito al coordinamento di progetti europei finanziati da Horizon 2020, con un tasso di successo pari all’8,6%, sensibilmente più basso rispetto a Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi e Belgio (tra il 14 e il 15%). Dall’osservazione della geografia del sistema di ricerca e innovazione italiano emergono alcuni suggerimenti per il decisore politico, che vanno oltre la fondamentale necessità di aumentare le risorse a disposizione del settore pubblico di ricerca – sia attraverso l’iniezione di nuovi finanziamenti per la ricerca sia attraverso l’avvio di un nuovo programma di reclutamento di giovani ricercatori – nonché di attivare specifiche misure per favorire la mobilità internazionale dei dottorandi e dei ricercatori post-dottorali. Tali bisogni trovano in parte risposta nelle previsioni del Pnrr.

– Partecipazioni e contributo finanziario totale Horizon 2020 di alcuni paesi

In particolare, l’analisi suggerisce la messa a punto di un portafoglio nazionale di strumenti di finanziamento competitivo per ricerca e innovazione destinato a creare strade alternative per ricerca libera o su temi strategici in collaborazione con le imprese, che tenga conto anche delle differenze territoriali. Seguire una roadmap di questo tipo significa avere interventi di policy combinati e coerenti rispetto al raggiungimento di specifici obiettivi di sviluppo, che consentano la partecipazione di più soggetti pubblici e privati e che siano tagliati per la creazione di ecosistemi di ricerca e innovazione anche in aree più marginali. Si tratta di definire e formalizzare una strategia nazionale di finanziamento della R&I, supportata da un consistente ammontare di risorse, che non riproduca pedissequamente meccanismi di selezione e obiettivi già presenti nei programmi quadro europei. Al contrario, occorre individuare le azioni necessarie a livello locale per consentire il rafforzamento della centralità nei network di collaborazione internazionale di organizzazioni localizzate in territori dove esiste una buona centralità delle organizzazioni nella produzione di conoscenza in collaborazione internazionale, ma non sufficienti risorse e legami per entrare nei programmi quadro.

Finanziamento e indice di partecipazione ai programmi H2020 per ricercatore (ETP) in alcuni paesi europei

Cnr e Confindustria insieme per le imprese: il dottorato industriale

Favorire l’attivazione dei Dottorati Industriali superando alcune difficoltà nel rapporto tra atenei e imprese: è questo l’obiettivo della collaborazione tra Cnr e Confindustria, che vogliono superare la difficoltà di comunicazione tra università e industria. Il programma intende creare un vero e proprio ecosistema dell’innovazione in cui impresa e ricerca insieme identificano e progettano un percorso di dottorato coerente con le reali esigenze dell’impresa: in questo modo si favorisce anche l’inserimento dei dottori di ricerca nelle aziende aumentando il potenziale di innovazione delle imprese direttamente coinvolte nel progetto. A questo scopo è stata attivata una procedura in più fasi che consente alle imprese di esprimere la domanda di ricerca e innovazione; il Cnr contribuirà alla definizione del progetto di ricerca più adatto a rispondere a quella domanda.

Quadro sinottico del progetto di Dottorato Industriale CNR-Confindustria

In questo processo gli atenei coinvolti accolgono le borse nell’ambito dei propri corsi di dottorato e definiscono, insieme a Cnr e imprese, il progetto formativo. I progetti che risultano finanziabili ogni anno sono selezionati da una commissione mista Cnr-Confindustria che valuta i progetti sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista della coerenza tra l’obiettivo e il profilo del ricercatore proponente, sia dal punto di vista dell’interesse dell’azienda. «È necessario – chiosa Francesca Mariotti, direttrice generale di Confindustria – favorire l’investimento privato in ricerca e sviluppo, e per farlo un elemento cruciale sarà quello della stabilità normativa per far sì che le imprese possano contare sugli incentivi con una certa continuità e certezza nel tempo».

Progetti di Dottorato Industriale finanziati per dimensione di impresa

Il supporto del Mise: 16 borse di studio per la proprietà industriale e il trasferimento tecnologico

Il Ministero dello sviluppo economico finanzia 16 borse di studio per la prima edizione del Master sulla proprietà industriale e il trasferimento tecnologico, realizzato in collaborazione tra l’Uibm e Netval (Network tra Università per la valorizzazione della ricerca), con l’obiettivo di promuovere la cultura della proprietà industriale nel nostro Paese. «È prioritario sviluppare un percorso formativo che sia in grado di fornire conoscenze e competenze per valorizzare e proteggere la creatività italiana – dichiara il ministro Giancarlo Giorgetti – attraverso una sinergica collaborazione tra il mondo universitario e quello delle imprese». Si tratta di una iniziativa che rientra tra le linee d’intervento previste dalla riforma del settore approvata dal ministro Giancarlo Giorgetti e mira a formare nuove professionalità in un ambito strategico per la competitività del sistema produttivo italiano. Il Master, che ha come sede principale l’Università di Bologna, prevede attività didattiche anche in altre 8 Università italiane. Le domande di iscrizione dovranno essere presentate entro il 10 marzo 2022.














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