Per evolvere la manifattura deve scommettere su istituti tecnici e Its

di Piero Formica* ♦︎Gruppi di ricerca interdisciplinari che lavorano insieme a partner dell'industria e del governo per trasformare idee nuove in tecnologie innovative. Solo favorendo l’istruzione digitale il comparto potrà innovarsi

L’industria meccanica è sottoposta al mutamento dei caratteri trasmessi nel corso della sua evoluzione. Nella fase di transizione che la meccanica sta attraversando, vitalità e conoscenza sono aspirazioni molto sentite che potranno essere esaudite da un altrettanto forte mutamento del sistema educativo di istruzione e formazione.

I nostri antenati, i Romani, raggiunsero alti livelli di produttività nell’agricoltura. Se la rivoluzione industriale dovette attendere, da allora, tanto tempo è perché all’alta cultura agricola non si accompagnarono alti e positivi pensieri per la meccanica. I meccanici, sosteneva Marco Tullio Cicerone, sono impegnati in mestieri volgari. Il loro lavoro manuale nell’officina non si traduce in abilità artistica. Le persone coinvolte nell’attività di fabbricare erano confinate ai margini della società. Non alla manifattura ma all’agricoltura, all’esercito e alla politica erano indirizzate le aspirazioni dei giovani. Dalla prima rivoluzione industriale ai giorni nostri è maturata la comprensione dei benefici non solo economici apportati da un vivace settore manifatturiero. Resta al centro dell’attenzione delle imprese la creazione di posti di lavoro manifatturieri ricoperti da operai specializzati nella progettazione, produzione e controllo di qualità. Si invoca l’apprendistato per tramandare correttamente conoscenze e competenze accumulate nel tempo.







La direzione della freccia del tempo è qui di seguito sommariamente tracciata.

Combinata con altre tecnologie travolgenti come l’Internet delle cose e i big data, la rivoluzione in corso dell‘industria manifatturiera comincia ad essere percepita dal grande pubblico. La freccia del tempo indica, dunque, una serie ininterrotta di cambiamenti interdipendenti che investono la tecnologia e la società a fronte dei quali è attuale il monito di Bruno de Finetti. Il matematico e statistico italiano nel suo saggio “Un matematico e l’economia” del 1969 mise alla berlina il modo di pensare e agire tradizionale: vale a dire, l’introdurre «ad ogni progresso di tecnica e civiltà le modificazioni più modeste e meno rivoluzionarie, raffazzonando alla meglio ciò che preesiste senza mai riproporsi il problema nella sua integrità. Se nella navigazione, per fare un solo esempio, il progresso si fosse svolto secondo una simile linea di inintelligenza, potremmo vedere forse un motore Diesel azionare i remi di una trireme, e si correrebbe il rischio di passare per pazzi suggerendo l’elica. Bisogna quindi liberarsi completamente dalla suggestione di ciò che è».

Osservando la freccia del tempo dal versante dell’istruzione, noteremo che verso la metà del 19mo secolo le abilità artigianali e il know-how tecnico richiedevano un’interazione molto più stretta tra scienza e ingegneria. Nei politecnici, l’istruzione applicata al lavoro professionale si concentrava sull’ingegneria avanzata e sulle scienze applicate (materie STEM). Capitava anche che in quel contesto si creassero dipartimenti interessati alle discipline umanistiche. L’eredità del politecnico è stata quella di avanzare ed eccellere nei gradi di laurea e post-laurea in ingegneria e tecnologia. Mentre molti ex politecnici hanno esteso il loro campo di ricerca alle scienze umane e sociali, altri sono rimasti fedeli al loro ethos originale concentrandosi sull’insegnamento per la pratica professionale. Gli istituti tecnici del XIX secolo inizialmente formavano chi lasciava la scuola dall’età di 14 anni circa per lavorare in occupazioni tecniche. Offrivano la maggior parte dei loro corsi di sera a persone che lavoravano a tempo pieno durante il giorno. Successivamente, quelle scuole si espansero per offrire corsi diurni agli studenti che volevano un’educazione oltre la scuola primaria ma non cercavano un ambiente accademico.

Grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza avremo a disposizione ingenti risorse: 300 milioni all’anno di cui poter disporre per realizzare una rete nazionale degli Istituti tecnici superiori come parte strutturata e strutturante del nostro sistema formativo ed educativo

Dal versante della ricerca, la tedesca Fraunhofer-Gesellschaft è impegnata nella ricerca applicata. Gruppi di ricerca interdisciplinari lavorano insieme a partner dell’industria e del governo per trasformare idee nuove in tecnologie innovative con l’impegno di creare vantaggi economici basati sui valori umani. Oggi ci rendiamo conto che i lavori attuali non saranno i lavori di domani. Il settore dell’istruzione deve reagire e preparare gli studenti per un futuro lavorativo in rapido cambiamento. Ci aspettiamo di vedere un aumento della domanda di aggiornamento e di riqualificazione per le persone che già lavorano e le cui attività sono influenzate dal cambiamento tecnologico. Per essere in tempo con l’agenda del futuro, il governo italiano punta sugli Istituti Tecnici Superiori (ITS) che dovranno favorire una diffusa istruzione digitale contraddistinta dalla multidisciplinarietà. Confinati nella gabbia disciplinare, si acquisisce una conoscenza profonda ma ristretta in un campo specializzato. Una volta bloccati nella competenza specialistica, si perde la visione dell’insieme. I sistemi educativi che faranno uscire gli studenti dalle gabbie disciplinari daranno vita a comunità educate per eccellere in molte cose anziché acquisire competenza in una singola disciplina.

Sono passi in avanti la multidisciplinarità che implica l’uso di teorie e metodi di diverse discipline e l’interdisciplinarità che vede team di specialisti di diverse discipline collaborare a un progetto. Per non cadere nella sindrome paventata da de Finetti, è un salto radicale da compiere la transdisciplinarietà che si manifesta quando due o più prospettive disciplinari si trascendono a vicenda per formare un nuovo approccio olistico. Infatti i problemi da risolvere sono tali da mettere in ombra particolari prospettive disciplinari. Le discipline vanno viste come strumenti che possono essere utili per risolvere aspetti specifici della ricerca. L’intelligenza umana e le tecnologie intelligenti dischiudono vasti orizzonti che sono anzitutto atti di distruzione creativa. Negli inediti panorami digitali e ibridi che si aprono di fronte a noi, i creatori di percorsi adottano un approccio transdisciplinare al loro avventurarsi nell’ignoto e si affidano a una serie di esperimenti iterativi per osservare il mondo oltre l’orizzonte visibile. Discontinuità, casualità, scoperta e rottura sono parole per loro familiari. Nel tempo in cui le tecnologie si muovono esponenzialmente mentre la scuola procede, nel migliore dei casi, linearmente, è d’obbligo trovare nello spazio educativo che viola i confini disciplinari la traiettoria della creatività, con l’attività della mente umana a guidare il progresso tecnologico.

 

*Piero Formica è Professore di Economia della conoscenza. Senior Research Fellow dell’International Value Institute, Maynooth University, Irlanda. Docente e advisor, Cambridge Learning Gateway, Cambridge, UK. Presso il Contamination Lab dell’Università di Padova e la Business School Esam di Parigi svolge attività di laboratorio per la sperimentazione dei processi di ideazione imprenditoriale














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