La manifattura? Sta vivendo una nuova età dell’oro! Tra reindustrializzazione, welfare e…

di Piero Formica*♦︎ In Italia, per ogni Euro investito nell’industria, se ne generano 2,1 per il sistema-Paese. Ora si sta formando una nuova generazione imprenditoriale, che sta creando la fabbrica postmoderna. I pilastri? Competitività, innovazione e scelte condivise

Dopo la caduta, il ritorno da prima donna sulla scena. Al declino secolare del settore manifatturiero segue ora la rinascita. Nel 2005, il settimanale inglese The Economist scriveva di “metamorfosi industriale”, sottolineando la caduta della quota di occupati nell’industria e l’eccezione italiana.

La corsa alla reindustrializzazione…..

L’industria manifatturiera sta vivendo una rinascita in tutto il mondo, facendo regredire diverse tendenze secolari”, questo il titolo di un articolo a firma di Andy Haldane sul Financial Times del 26 Giugno. Ad abbattere il torpore economico molto contribuisce la trasformazione delle materie prime in prodotti finiti destinati al consumo. Se la manifattura corre, si riscontrano tassi di investimento più elevati, soprattutto in R&S, e più alti tassi di produttività rispetto al settore dei servizi. In Italia, per ogni Euro investito nell’industria, se ne generano 2,1 per il sistema-Paese.







…potrebbe essere foriera di una nuova età leonardiana…

Alice Pretto, presidente Giovani Imprenditori Confindustria Veneto Est

Leonardo concorse a segnare il passaggio dal modo di produzione feudale a quello capitalistico. Oggi viviamo il trauma del passaggio dal capitalismo estrattivo che danneggia la natura e corrode il ben-essere dei viventi al capitalismo centrato sul welfare. Ne è una vivida testimonianza “Essere fabbrica del domani”: l’Assemblea Generale 2023 dei Giovani Imprenditori Confindustria Veneto Est svoltasi lo scorso 29 giugno. Scrive la Presidente Alice Pretto, «La fabbrica del domani è una comunità dove si affermano nuovi paradigmi:la qualità della vita, il bilanciamento con il lavoro, la crescita professionale, la flessibilità e la sicurezza con l’obiettivo di star bene in fabbrica e fuori. Vogliamo raccontarla per motivare i giovani e giovanissimi, ridurre ancor più il numero di Neet [i noi attivi nell’istruzione, nel lavoro o nella formazione], scoprire e attrarre talenti».

La nuova generazione imprenditoriale intende farsi carico di «Come stia cambiando il mondo del lavoro e, quindi, la fabbrica e soprattutto la soggettività delle persone…... La tendenza è un “nuovo paradigma”, che mette davanti a tutto la qualità della vita, il bilanciamento con il lavoro, la crescita professionale (prima del reddito), la flessibilità e il welfare. La fabbrica postmoderna è molto di più e di meglio d’una macchina per fare profitto: una struttura vivente, semmai, e una comunità di persone legate da passioni, conoscenze e scelte condivise. Come conferma una parola tipica della cultura d’impresa: competitività. Che affonda le radici nel cum e nel petere: muoversi insieme verso un orizzonte comune. Un nuovo progetto, una sfida e, perché no? un sogno. Se questo processo si realizza, produttività si abbina a innovazione e partecipazione».

con la manifattura come movimento culturale contraddistinto dall’Umanesimo

La manifattura, prima donna al centro della scena del welfare. Come recita l’Enciclopedia Treccani, il welfare «indica l’insieme di interventi e di prestazioni erogati dalle istituzioni pubbliche e finanziati tramite entrate fiscali (welfare State), destinati a tutelare i cittadini dalle condizioni di bisogno, a coprirli da determinati rischi (Stato assistenziale o Stato sociale), migliorarne la qualità della vita e il benessere, garantire istruzione, cure sanitarie, assistenza, previdenza pensionistica, formazione professionale, ricerca universitaria, sostegno al lavoro e all’imprenditorialità, promozione della famiglia ecc., e un tenore di vita minimo in attuazione dei diritti di cittadinanza». Le affermazioni delle nuove leve imprenditoriali prefigurano comunità che si distaccano dalle società medievali preoccupate della ricchezza del sovrano e poca attente al benessere di una moltitudine di persone.

L’impresa che affronta il cambiamento rappresentato dai giovani imprenditori veneti è un attacco rivolto a quella cultura del capitalismo che tratta in modo sgradevole gli esseri umani, così permettendo a pochi di accumulare ricchezze astronomiche. Il Bloomberg Billionaires Index ha stimato in 852 miliardi di dollari i guadagni dei “500 paperoni mondiali” nella prima metà dell’anno corrente; «in media, 14 milioni al giorno». Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando l’economista inglese Arthur Cecil Pigou (1877-1959), pioniere dell’economia del benessere, scrisse che «l’entusiasmo sociale si ribella alla mancanza di gioia delle vite appassite». La cultura tuttora prevalente vuole che le vite fioriscono dando priorità alla massimizzazione della crescita economica. Una volta cresciuti e diventati ricchi, si può passare all’assistenza sanitaria, all’istruzione e a tutto il resto. Un tale approccio è di fatto autolesionistico, sostiene l’economista indiano Amartya Sen, Premio Nobel per l’economia, ben noto nel Nordest locomotiva d’Italia avendo ricevuto la Laurea Honoris Causa dalle Università di Padova e Bologna. In assenza di una vita dignitosa in quanto può contare sull’istruzione, sull’assistenza sanitaria e sull’alimentazione, la pianta della crescita economica dà pochi e cattivi frutti.

Andare lontano, tutti insieme

«Né quelli che sanno devono informarsi, poiché sanno; né quelli che non sanno, poiché per indagare devono sapere ciò che chiedono». Questa riflessione del filosofo francese Michel de Montaigne ci spinge a meditare su quanto siano importanti nelle età di transizione, qual è quella che stiamo vivendo, le persone che sapendo di non sapere scoprono percorsi inediti. I giovani imprenditori veneti hanno intravisto la strada da imboccare. Percorrendola, incontreranno Steve Blank, un imprenditore che insegna alla scuola di ingegneria di Stanford. Discutendo di startup che vogliono sempre più investitori che non interferiscano o facciano domande – insomma, che siano “favorevoli ai fondatori”, Blank ha dichiarato che intorno alle startup c’è «una folla assetata di denaro. Oggi i venture capitalist non sono interessati al bene pubblico. Non sono interessati a nulla se non a ottimizzare i propri profitti e a inseguire il gregge, e così sprecano miliardi di dollari che avrebbero potuto essere destinati all’innovazione che aiuta davvero le persone». Il capitalismo così deformato è tutto il contrario della rinascita della manifattura. Per contrastarlo, non bisogna correre da soli. Meglio andare lontano, tutti insieme. Consapevole che i metodi ereditati non servono per affrontare i fenomeni emergenti che modellano l’odierna vita economica, la nuova generazione imprenditoriale vuole andare avanti, compatta. È così che essi non solo guardano in avanti, ma hanno anche una visione diversa e più ampia.

* Il professor Piero Formica è Thought Leader e Senior Research Fellow dell’Innovation Value Institute della Maynooth University (Irlanda). È inoltre docente e consulente del Cambridge Learning Gateway (Regno Unito), direttore della Summer School del Contamination Lab dell’Università di Padova (Unipd) e docente presso il MOIM – Open Innovation Management /Unipd Executive Learning. Il professore ha vinto l’Innovation Luminary Award 2017, assegnato dall’Open Innovation Science and Policy Group sotto l’egida dell’Unione Europea “per il suo lavoro sulla moderna politica dell’innovazione.














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