A tracciare una linea è toccato al ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, ascoltato in un’informativa urgente alla Camera e poi al Senato. I toni erano quelli drammatici. Impossibile fare altrimenti: al momento non c’è un piano B, nazionalizzazione o cordata alternativa che sia. Patuanelli è partito da un presupposto. Vista la serietà della situazione, occorre una convergenza di tutte le forze politiche verso una strategia comune. E cioè, sì a un eventuale ripristino (ma parziale) dello scudo legale ma mai e poi licenziamenti ne tanto meno lo smantellamento del polo siderurgico, che metterebbe in ginocchio l’intera industria italiana.
“Chiedo un atto di responsabilità a tutte le forze politiche, anche all’opposizione, ai sindacati e alle parti sociali. Questa situazione la risolviamo se rispondiamo come sistema Paese”, ha spiegato Patuanelli a Montecitorio, accolto da applausi dell’Aula. “Non ho problemi a metterci la faccia ma la risposta deve essere unitaria e univoca. Negli altri Paesi si fa così, non accusandosi”. Nel suo discorso Patuanelli ha anche tirato in ballo i governi precedenti, sostenendo che il recesso Mittal è “solo l’ultimo tassello di un mosaico di una serie di eventi che nel tempo hanno visto il coinvolgimento a vario titolo di tutti i governi e delle forze politiche presenti in Parlamento”
Lanciato l’appello, (ma la Lega al termine dell’informativa ha chiesto sarcasticamente al governo di andare a casa al posto dei lavoratori) il governo è passato all’attacco di Mittal. “Arcelor ci ha detto che non è in grado di rispettare il piano industriale e di conseguenza occupazionale e questo il governo italiano non può accettarlo” ha detto il ministro. Patuanelli ha precisato che al momento della presentazione dell’offerta vincolante e incondizionata, nel 2017, Arcelor Mittal aveva allegato una nota sulla normativa dell’esimente penale, “notando che la mancata estensione del periodo di non punibilità fino al 2023 rappresentava una criticità, e auspicando una proroga”.
Dunque, ha proseguito il ministro, “Mittal non condizionava l’offerta all’estensione dell’esimente penale. La auspicava, ma l’offerta era incondizionata”. Il governo comunque, prosegue Patuanelli, ha esplicitamente chiesto a Mittal “di garantire l’impegno al rispetto del piano industriale, del piano occupazionale, dell’accordo sindacale e del contratto sottoscritto. Questo è stato l’impegno che Conte ha preso davanti a vertici di Arcelor Mittal e per tutta risposta Mittal ha risposto in modo univoco: una produzione di non più di 4 milioni di tonnellate ed esuberi per 5mila lavoratori”. Accuse a parte, rimane il fatto che un grande investitore estero che ha puntato 4 miliardi e passa su Taranto, ha deciso di fuggire in meno di 24 mesi.