Hpe: non c’è trasformazione digitale senza sostenibilità! Sharing economy, as a service e…

di Piero Macrì ♦︎ La multinazionale ha rigenerato, in un format che coniuga vita digitale e reale, il campus di Cernusco sul Naviglio. Obiettivo: migliorare il worklife balance. Everything as a service e Hpc: formule a consumo e condivise. Economia circolare: hardware GreenLake riutilizzabile al 95,5%. Ri-generazione, riciclo e smaltimento eco dei computer. Emissioni Net-zero: entro il 2040 riduzione del 90% dell’intera impronta globale. Ne parliamo con Claudio Bassoli

La sostenibilità è un’opportunità per dare vita a un nuovo modo di lavorare. Si può pensare alla sharing economy non solo e unicamente come condivisione delle risorse fisiche e infrastrutturali in una logica as a service, ma come condivisione di conoscenze ed esperienze, poiché solo mettendo a fattor comune un’intelligenza collettiva è possibile creare reale innovazione. E’ in quest’ottica e con questo spirito che Hpe ha rigenerato, in un format che coniuga vita digitale e reale, lo storico campus di Cernusco sul Naviglio situato nell’area metropolitana milanese. «La sostenibilità è diventata la chiave di volta per proiettarsi nell’economia del futuro, afferma Claudio Bassoli, presidente e amministratore delegato di Hewlett Packard Enterprise Italia. Lo chiede il mercato, lo chiedono i consumatori. E’ la priorità numero uno. Il tutto può avere ricadute significative in termini ambientali, sociali ed economici. Riguarda tecnologie e persone poiché l’obiettivo ultimo è una migliore qualità del lavoro e della vita (worklife balance)».

Sostenibilità e trasformazione digitale, due facce della stessa medaglia: se si imprime velocità alla prima si agisce in termini di trasformazione digitale e viceversa. Risultato? Si produce di più con meno, con meno materiali e con meno energia. In altre parole, la sostenibilità serve ad aumentare la produttività. E sviluppa economia circolare, i cui fondamenti sono basati su un più esteso ciclo di vita del prodotto, sul riutilizzo e riciclaggio delle sue componenti. Secondo alcune stime, la transizione all’economia circolare potrebbe introdurre un’opportunità di crescita globale di oltre 4 trilioni di dollari entro il 2030. E se in tempi di sostenibilità il lavoro da remoto rimane una prassi consolidata la presenza fisica viene rivalutata. «Negli ultimi due anni il lavoro a distanza è stato un obbligo dettato dall’emergenza sanitaria, non una scelta. E’ stato utilissimo ma ha i suoi limiti poiché allunga i tempi decisionali. Oggi rientriamo in possesso degli spazi fisici con la possibilità di scegliere di lavorare in presenza e a distanza. E’ questo lo smart working».







Dall’incontro con l’ad di Hpe Italia in occasione dell’inaugurazione del nuovo campus ecco la strategia della multinazionale per un mercato sostenibile. «La logica con cui è stata rigenerato il campus è quella delle Cinque C: comunità, consapevolezza, coerenza, connessione, condivisione, spiega Bassoli. Il nuovo campus è la naturale evoluzione della nostra cultura aziendale e va ben oltre un modello di lavoro innovativo, con una sede rigenerata e nuovi supporti tecnologici. Questa modalità sottolinea come, da sempre, la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, sia il pilastro fondamentale della cultura, della visione e della strategia di Hpe. Ed è proprio a questi modelli rispettosi verso l’ambiente che si ispira anche la stessa architettura e struttura del building. Un progetto che si evolve di pari passo con la tecnologia di Hpe, dove ogni cambiamento messo in atto è sistemico e abbraccia una visione fatta di progresso e sostenibilità».

Sharing economy: come rendere disponibili infrastrutture e spazi condivisi

Per il gigante dell’information technology, che vanta un fatturato mondiale di 27,8 miliardi di dollari, la sharing economy viene declinata sotto molteplici aspetti: da una parte infrastrutture condivise e pay per use secondo la formula «everything as a service» di GreenLake; dall’altra spazi condivisi, dove elaborare esperienze e conoscenze, sia da parte dei dipendenti che dei collaboratori, dei partner e delle aziende clienti. «Le persone che lavorano all’interno di Hpe, i partner e tutta la filiera Ict italiana hanno necessità di avere sempre più informazioni e trasferimento di conoscenza e competenza. Ecco, il nostro campus è il luogo dove è possibile sperimentare cosa vuol dire innovazione e trasformazione digitale. Mettiamo a disposizione tutta la potenza di calcolo per testare nuove applicazioni e soluzioni», dice Bassoli. Una visione locale che si estende a livello globale. L’headquarter italiano appartiene infatti al network mondiale di Innovation Lab presente in tutte le aree geografiche. A Cernusco ci sono due centri di sviluppo mondiali, uno dedicato alla crocieristica navale (in precedenza ubicato a Miami), grazie alla gara vinta per impostare la sfida tecnologica di Msc Crociere, e uno dedicato alla ricerca e sviluppo sui temi definiti dal programma Horizon Europe.

Everything as a service e Hpc: formule a consumo e condivise che generano sostenibilità

La transizione di Hpe verso un modello di azienda consumption-based as-a-service sta indirizzando gli sforzi verso un’evoluzione sostenibile. Con la piattaforma edge-to-cloud GreenLake, i clienti possono scalare in modo flessibile il proprio It, migliorando i livelli di utilizzo ed evitando gli sprechi da overprovisioning. «Le aziende che passano a GreenLake dai tradizionali modelli capex possono ottenere una riduzione superiore al 30% dei costi energetici e del costo totale di proprietà», afferma Bassoli. L’as-a-service consente quindi di allineare i costi alla domanda di computing reale: si paga in funzione dell’utilizzo, avendo allo stesso tempo l’opportunità di scalare per assecondare l’evoluzione del business (pay as you grow). Come spiega Bassoli, «Attraverso questa formula contrattuale manteniamo la proprietà e la responsabilità del prodotto, manutenzione compresa, lasciando al cliente – che ne ha il pieno utilizzo – di pagare solo per ciò che ottiene. Tutto ciò, favorisce l’efficienza attraverso il costante aggiornamento tecnologico, permettendo di evitare sprechi di risorse e di energia». L’as-a-service introduce anche un information technology inclusivo in quanto riduce il costo di accesso. Dotarsi di un’infrastruttura che soddisfi esigenze di startup e piccole imprese è meno problematico di una volta: l’onere della gestione viene in massima parte scaricato sul provider di riferimento. Anche in ambito High Performance Computing è stata sviluppata una logica di sharing economy: le reti di supercalcolatori di Hpe, nel mondo e in Europa, costituiscono una potenza di calcolo che viene condivisa con le aziende che hanno necessità di avere potenti piattaforme per l’analisi big data.

Hpe edge to cloud platform

Economia circolare: hardware GreenLake riutilizzabile al 95,5%

L’It consuma il 10% dell’elettricità globale prodotta sulla terra e genera il 2% delle emissioni globali di CO2. Si stima che quest’anno la quantità di rifiuti elettronici (e-waste) arriverà a 50 milioni di tonnellate, l’equivalente di un treno di container lungo quanto la circonferenza terrestre. Tutto ciò è strettamente legato all’attuale modello di produzione e di consumo fondato sul tipico vecchio schema – estrarre, produrre, utilizzare e gettare – che richiede quantità di energia sempre maggiori. Questo modello non è più sostenibile, serve un cambio di paradigma fondato sull’economia circolare e sui programmi di neutralità economica da realizzare entro il 2050. La visione di Hpe è coerente con le misure previste dal Circular Economy Action Plan, il Piano d’azione europea per l’economia circolare approvato dal parlamento europeo con l’obiettivo di aiutare i Paesi membri ad aumentare la possibilità di realizzare prodotti in chiave circolare. In questa visione per Hpe è strategico ragionare sul recupero dei materiali e sull’allungamento del ciclo di vita del prodotto. Le infrastrutture GreenLake, per esempio, sono al 95,5% riutilizzabili o riciclabili. Non solo, agendo preventivamente attraverso strumenti concreti come l’ecodesign, Hpe ha dimostrato come sia possibile risolvere i problemi dell’impatto ambientale già in fase di progettazione.

Tutti i servizi di GreenLake

Ri-generazione, riciclo e smaltimento eco dei computer

Claudio Bassoli, presidente e Amministratore Delegato di Hewlett Packard Enterprise Italia

«Negli ultimi tre anni Hpe ha ritirato 3 milioni di apparati a livello mondiale rigenerando l’85% dell’intero volume dismesso, In questo modo si sono risparmiati 640 MW di energia e ridotto l’impatto ambientale per un volume equivalente a 176 mila tonnellate di Co2», racconta Bassoli. Hpe dispone di alcuni tra i più grandi centri di riciclo e ricondizionamento di computer al mondo, due negli Stati Uniti e uno in Europa, in Irlanda. Questi centri sono stati realizzati secondo le linee guida del programma Hpe Asset Upcycling e sono perfettamente allineati a una logica industriale circolare». Nell’impianto più grande, ad Andover nel Massachusetts, nell’ultimo anno sono stati recuperati computer per un valore complessivo di 330 milioni di dollari. In tutti questi centri la maggior parte dei server dismessi viene rigenerato e trova una nuova collocazione sul mercato mentre il restante viene smontato e riciclato. Solo una componente residuale, lo 0,5% viene conferito a discariche controllate e certificate per lo smaltimento definitivo. I server ricondizionati funzionano esattamente come quelli nuovi e il tutto porta a un riutilizzo pieno della tecnologia.

Obiettivo emissioni Net-zero. Entro il 2040 riduzione del 90% dell’intera impronta globale

Antonio Neri, ceo Hpe

Il settimo report annuale sulla sostenibilità riafferma la promessa di Hpe di diventare un’impresa net-zero lungo l’intera value chain, anticipando la data target di 10 anni, dal 2050 al 2040. Questo impegno è supportato da una nuova serie di obiettivi coerenti con un percorso per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi. Entro il 2030, si ridurranno le emissioni all’interno delle proprie attività del 70% rispetto ai livelli del 2020, basandosi sulla riduzione del 62% già ottenuta nel quinquennio 2015-2020. Entro quella data verranno ridotto le emissioni di Scope 3 del 42%, concentrandosi sull’uso dei prodotti venduti, sul trasporto, sulla distribuzione e sulle emissioni dirette della supply chain. Entro il 2040, l’azienda prevede, infine, di ridurre del 90% la sua intera impronta globale. Per il suo impegno nelle scelte di responsabilità sociale d imprese Hpe figura nel Dow Jones Sustainability Index come azienda più sostenibile a livello globale nel proprio settore, e nel 2020 è stata inserita dall’Ethisphere Institute tra le World Most Ethical Company. «Il settore tecnologico può dare un grande contributo al cambiamento e Hpe ha da tempo avviato tutta una serie di iniziative per centrare questi obiettivi, afferma Bassoli. I nostri prodotti nascono sostenibili e riciclabili grazie a una logica costruttiva “Design for Environment” basata su criteri di efficienza e scelta di materiali innovativi».

Greenhouse Protocol, come quantificare il volume di emissioni

La sede di Hpe Italia a Cernusco sul Naviglio

Il tema della sostenibilità è più attuale che mai poiché le imprese devono rispondere a interessi che vengono sollevati in forma sempre più crescente da consumatori, regolatori e investitori. Meno Co2 si traduce in una maggiore capacità di sviluppare un rapporto di fiducia con i clienti, che tendono a orientare l’acquisto in una logica green. Si evitano allo stesso tempo misure sanzionatorie da parte degli organi di controllo e si crea un percorso virtuoso per trasferire maggiore valore agli azionisti. La quantificazione delle emissioni, come previsto dal Greenhouse Gas Protocol, viene suddivisa in tre differenti categorie, Scope 1, 2 e 3, ciascuna delle quali raggruppa differenti tipologie emissive. Scope 1 è legato alle emissioni dirette, provenienti da asset di proprietà dell’azienda o che l’azienda controlla operativamente; Scope 2 include le emissioni indirette provenienti dalla generazione di energia elettrica – acquistata o acquisita – dal vapore, calore o raffreddamento che l’organizzazione consuma; Scope 3 sono, infine, tutte le emissioni indirette che si verificano nella catena del valore dell’organizzazione. Agire sulla riduzione simultanea di emissioni dirette e indirette è quanto viene richiesto alle aziende per centrare gli obiettivi del Green Deal europeo, che prevede il raggiungimento della neutralità climatica nel 2050.














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