Gibus, industria delle pergole hi tech, anche anticovid

di Laura Magna ♦︎ Pur mantenendo ferme le linee, nei mesi di lockdown l’azienda padovana ha ampliato la rete dei dealer e ha lanciato nuovi prodotti. Sempre più intelligenti. I mercati principali? Germania, Austria, Svizzera, Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda. Ne abbiamo parlato con l’ad Alessio Bellin

La produzione da Gibus

Le pergole hi-tech intelligenti sono il cardine attorno a cui si snoda il successo di Gibus. La società della provincia padovana nel 2019 ha fatturato 40,9 milioni di euro e ha iniziato il 2020 in crescita del 20%, frenata solo per il tempo della chiusura forzata.

Gibus progetta e realizza schermature per spazi esterni ma è, soprattutto, una fucina di creatività e brevetti. Ed è una fabbrica di trasformazione dove la produzione avviene dalla progettazione alla consegna con un presidio totale della filiera a monte e a valle, grazie alla vicinanza geografica con i fornitori e una fitta rete di distributori sul territorio.







Fattori che rappresentano i punti di forza del modello di business e che hanno consentito al gruppo di contenere danni del lockdown da Covid. Di fatto, pur stando ferme le linee, nei mesi di chiusura sono stati lanciati nuovi prodotti e si è ampliata la rete dei dealer. Mentre l’azienda ha continuato a guardare all’estero, anche in vista di possibili acquisizioni di aziende di piccola o media dimensione. Il focus è ora dal Portogallo al Baltico, ma i mercati principali sono Germania, Austria, Svizzera, Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda. «L’incremento all’estero è stato del +25% nel 2019, ma se riuscissimo ad abbinare anche una crescita per linee esterne potremmo accelerare questa strategia», dice l’amministratore delegato Alessio Bellin.

 

Cosa fa e chi è Gibus

|La sede di Evolut|La sede di Gibus|La produzione all'interno della fabbrica di Gibus|La lavorazione all'interno della fabbrica di Gibus|La produzione all'interno della fabbrica di Gibus|La produzione all'interno della fabbrica di Gibus
Alessio Bellin, ad di Gibus

Gibus è il nome di un vecchio cappello francese da opera, sintesi di tecnologia ed eleganza: «Era un cappello dotato di un meccanismo a molle che ne consentiva la chiusura a pacchetto e poi tornare in forma all’occorrenza. Era in voga alla fine dell’800 ed è l’oggetto a cui ci siamo ispirati per are un nome a ciò che facciamo», dice Bellin. Come quel cappello, le pergole di Gibus si differenziano dagli altri prodotti sul mercato per la tecnologia al loro interno: sono controllabili da remoto via App e consentono, per esempio, di regolare la temperatura nello spazio sottostante o di sciogliere la neve che si posa sul tetto; di illuminare e diffondere musica (grazie a led e di filodiffusione integrati); di chiudersi in presenza di vento oltre una certa potenza, grazie alla sensoristica. Sono solo esempi: l’innovazione è il pane quotidiano per l’azienda padovana, la cui storia inizia nel 1982 e continua per oltre 20 anni con quattro aziende familiari indipendenti attive nel campo della schermatura solare con sede in Veneto, Toscana, Piemonte – sotto un’unica strategia commerciale. Il salto nel futuro avviene nel 2016, con l’ingresso (con il 25,6%) del fondo di private equity Alkemia Sgr. Dopo poco più di due anni la famiglia Bellin-Danieli riacquista il capitale e si ritrova in mano un’azienda con margine operativo lordo raddoppiato; cassa per 3 milioni e un posizionamento internazionale, che vale a fine 2018 10,5 milioni di ricavi (ovvero il 31% del totale).

 

Numeri 2020: dopo il lockdown giugno da record assoluto

La lavorazione all’interno della fabbrica di Gibus. Le pergole dell’azienda si differenziano dagli altri prodotti sul mercato per la tecnologia al loro interno: sono controllabili da remoto via App e consentono, per esempio, di regolare la temperatura nello spazio sottostante o di sciogliere la neve che si posa sul tetto; di illuminare e diffondere musica (grazie a led e di filodiffusione integrati); di chiudersi in presenza di vento oltre una certa potenza, grazie alla sensoristica

L’azienda ha conosciuto da quel momento una crescita senza sosta che la ha portata a quotarsi su Aim un anno fa e che il Covid ha solo parzialmente rallentato. Nel primo semestre 2020 Gibus ha registrato un fatturato pari a 17,9 milioni di euro, rispetto ai 22 milioni del 2019 (mentre l’intero 2019 si era chiuso a quota a 40,9 milioni, con un balzo del +20,4% rispetto ai 34 milioni del 2018). Spiega Bellin: «Il 2019 è stato un anno molto positivo in termini di incremento sia di fatturato che di ebitda, entrambi sopra il 20%. Una accelerazione che è stata simile sia nel mercato italiano, sia nei mercati internazionali. Il buon avvio di inizio 2020 è stato interrotto a marzo per il lockdown. Siamo stati colpiti da questa chiusura forzata degli stabilimenti per circa un mese e mezzo. I numeri di quest’anno vanno perciò interpretati: dopo l’ottima performance nel bimestre gennaio-febbraio (+34,7% e +18,7% rispettivamente), abbiamo sperimentato un inevitabile calo nei mesi di marzo e aprile, una stabilizzazione nel mese di maggio e un giugno record, con ricavi per 6,5 milioni, +21,8% rispetto a 5,4 milioni dello scorso anno. Un dato che ci fa ben sperare per il resto dell’anno».

Dal momento della riapertura l’azienda è stata letteralmente travolta dagli ordini, evento che ha permesso di portare gli impianti alla massima capacità produttiva nel giro di poche settimane. «La domanda del settore outdoor living non ha risentito, ma anzi attualmente riscontriamo un picco: durante il periodo di lockdown le persone hanno infatti avuto modo di rivalutare l’importanza degli spazi esterni delle proprie abitazioni e, complice anche la difficoltà o impossibilità di viaggiare o utilizzare spazi collettivi, hanno deciso di investire per migliorare i propri ambienti esterni». Non è successo per caso che però si siano rivolti a Gibus: «durante i mesi di stop, abbiamo spostato il modo di comunicare con il mercato, sfruttando le tecnologie digitali e i social media, cosa che ci ha permesso di non perdere il contatto con la clientela e con i fornitori. Paradossalmente abbiamo intensificato il nostro modo di interfacciarci con le nostre controparti consumer attraverso una importante campagna di comunicazione – investimento che ci è tornato indietro con una massiccia quantità di contatti di persone interessate ad arricchire i propri spazi esterni».

 

Cosa succede nella fabbrica

La produzione all’interno della fabbrica di Gibus. L’azienda fornisce tessuti in 500 varianti che taglia e confeziona con sette tecnologie diverse di saldatura

Investire in momenti di crisi anziché tirare i remi in barca è la normalità per Gibus che, in quanto pmi innovativa stanzia per la R&D circa il 3% del fatturato che negli anni la hanno portata a produrre oltre 50 soluzioni tecniche brevettate e 30 modelli di design tutelati.

La progettazione dei prodotti è completamente sviluppata internamente da un team di sette persone tra ingegneri e tecnici. Non solo. «Ogni prodotto è completamente su misura: da materiali semilavorati e a seconda delle specifiche richieste realizziamo impianti con dimensioni che variano al millimetro. L’aver radici in un territorio come quello del veneto padovano ci consente di presidiare l’intera catena del valore. Operiamo in un bacino industriale ricchissimo, fatto da meccanica, stampistica, imballaggi, un tessuto da cui attingiamo la gran parte di tutto il materiale che utilizziamo per la produzione, dai tessuti all’alluminio, nel raggio di 100 km dai nostri due stabilimenti in provincia di Padova, il primo a Saccolongo e il secondo a Veggiano, a 10 km dall’headquarter». A proposito di personalizzazione, l’azienda fornisce tessuti in 500 varianti che taglia e confeziona con sette tecnologie diverse di saldatura. «Per quanto riguarda l’alluminio ce ne approvvigioniamo da aziende che fanno estrusione e poi facciamo il taglio e la fresatura. Siamo in grado di passare dalla barra e dal rotolo di tessuto a un prodotto pronto alla posa in un tempo breve, che va dalle due alle cinque settimane, secondo parametri qualitativi elevati».

 

Il modello di business: il network dei dealer

La produzione all’interno della fabbrica di Gibus

Se il prodotto è un innegabile punto di forza di Gibus, anche il modello di business è abbastanza singolare: una rete di 413 Atelier che rappresentano i bracci operativi in loco del gruppo. Gli Atelier sono una parte fondante del business (nel 2019 hanno prodotto 30,8 milioni dei 40,9 totali del fatturato): si tratta in sostanza di rivenditori autorizzati di prodotti a brand Gibus in esclusiva per il settore outdoor ai quali sono riservate iniziative di comunicazione, attività di formazione e aggiornamento, attività tecniche e di marketing, scontistica privilegiata e servizi aggiuntivi alla vendita tra cui il credito al consumo e il noleggio operativo.

«Il network Atelier è il nostro cavallo di battaglia, perché è il pezzo che ci consente di presidiare la filiera anche a valle: di installare il prodotto a clienti residenziali o professionali e garantire l’assistenza successiva. Gli Atelier sono aziende indipendenti e sottoscrivono con Gibus un contratto di distribuzione: non un cliente ma un partner strategico nel processo di vendita, installazione e manutenzione del prodotto. Proprio per questo quando siamo stati sorpresi dal lock-down abbiamo intensificato i nostri punti di contatto sulla rete con attività formative che normalmente facciamo in aula e abbiamo portato sul web, questo ha contribuito all’arrivo di nuovi affiliati che a giugno 2020 sono aumentati del 6,5% anno su anno». La crescita dei dealer affiliati si è concentrata principalmente nei mercati internazionali, dove risultano 139 rispetto ai 118 dello scorso anno, con una crescita di 21 unità pari a +17,8%. In particolare ha contribuito la crescita nel mercato francese che registra 15 nuove affiliazioni per un +37,5% rispetto al 2019.

 

Nuovi prodotti pensati in lockdown

La sede di Gibus

Quanto ai prodotti, se negli ultimi sei mesi il segmento lusso ha continuato a trainare la crescita (il suo peso è passato dal 38% al 43% anno su anno) le linee a più elevata marginalità, la Lusso High Tech (pergole bioclimatiche) e la Sostenibilità hanno subito variazioni negative. Ma i mesi di fermo produttivo non sono stati privi di frutti: «Nel primo semestre abbiamo lavorato a un potenziamento dimensionale dell’attuale gamma della Linea Lusso High-Tech: sono state incrementate le dimensioni massime realizzabili di tutti le 3 famiglie di prodotti attualmente in gamma (Med Joy, Med Twist e Med Varia). Per la Linea Sostenibilità invece abbiamo introdotto la nuova famiglia Click Cable, interamente frutto del lavoro del team R&D dell’azienda, costituita da tre nuovi modelli di schermature verticali che abbinano a un sistema di ritenuta laterale con cavetti in acciaio inox l’esclusivo blocco magnetico proprietario, in grado di generare una forza di ritenuta pari a circa 16 kg per ciascun lato della tenda, e di aumentarne sensibilmente la resistenza alla spinta del vento. Le schermature servono a ridurre l’irraggiamento sulle vetrate e a ottenere un vantaggio in termini di efficienza energetica dell’edificio. Con il loro utilizzo evitiamo l’effetto serra e c’è bisogno di minor raffrescamento».

Quest’ultima linea deriva dalla famiglia di prodotti Click zip, nata nel 2018 e trainante la linea sostenibilità: il cuore è il brevetto Mag Lock, il blocco magnetico citato da Bellin, integrato in tutti modelli, che migliora la resistenza al vento e ha permesso di raggiungere la certificazione di classe 6 (oltre 100 km/h). La linea lusso high tech è caratterizzata da coperture composte da lame di alluminio orientabili in grado di regolare il microclima in modo naturale e senza alcun consumo energetico, grazie al moto convettivo dell’aria calda che tende a salire e crea una micro ventilazione nell’ambiente sotto la pergola.

Tra i brevetti di Gibus, un sistema intelligente collegato a resistenze elettriche di cui sono dotate ancora le pergole bioclimatiche lusso hi-tech. «Il sistema consente di regolare le resistenze in modo da limitare al minimo il consumo di energia, quando si attivano per sciogliere la neve e impedire che attecchisca: in questo modo evitiamo che il peso eccessivo delle precipitazioni possa far cadere la struttura», dice Bellin. Anche per questa gamma il gruppo ha lanciato delle novità: una linea di vetrate leggere senza telaio, oggetti di design frutto del team tecnico interno, che usiamo per chiudere le pergole per creare ambienti da vivere tutto l’anno. «La possibilità di completare la linea Lusso Hi Tech con queste chiusure ci consente di creare ambienti più flessibili durante l’anno».

Insomma Gibus ha colto l’occasione dei mesi di stop per il mondo, per potenziare quello che da sempre è il suo vantaggio competitivo: l’intelligenza nella sua pergola. E non basta. «La posizione di cassa 2019 è stata positiva e dunque abbiamo disponibilità per investire nei progetti di sviluppo e ne abbiamo diversi in pipeline, con prodotti che saranno lanciati entro la metà del 2021». 














Articolo precedenteDigital Innovation Hub Lombardia: Gianluigi Viscardi presidente sino al 2023
Articolo successivoGli investimenti di Abb sul sistema solare di aziende che le ruotano attorno






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui