Sostenibilità, flessibilità e personalizzazione sono le sfide dell’industria. I digital twin la soluzione. Con Dassault Systèmes

di Renzo Zonin ♦︎ Collaudare macchinari prima ancora che siano costruiti; sperimentare rapidamente nuove soluzioni; testare nuovi approcci senza rischio. I gemelli digitali danno alle aziende un grande vantaggio: permettono loro il lusso di "sbagliare". Senza che gli errori abbiano un impatto sulla produzione. E sulle problematiche di implementazione... ne parliamo con Marco Oldani

Per poter rimanere produttiva e competitiva sul mercato, un’azienda manifatturiera deve ammodernare e automatizzare con continuità le sue fabbriche e i suoi processi produttivi. Il problema però è farlo in modo efficace ed efficiente. Innovare per innovare non è mai una buona idea, e molto spesso capita di incorrere in errori o semplici sviste che però, a causa dell’implementazione fisica degli aggiornamenti, si finisce per pagare cari. Negli ultimi anni però si sta affermando un metodo che consente di introdurre innovazioni e aggiornamenti nei propri stabilimenti e processi senza che eventuali errori mandino in crisi la produzione o, magari, la salute finanziaria aziendale.

Stiamo parlando dei “Digital Twin”, “gemelli digitali” o “gemelli virtuali”: dei veri e propri modelli degli impianti e dei processi, implementati però completamente nel dominio digitale. Questi modelli, nelle versioni più sofisticate, consentono di riprodurre e simulare in modo corretto tutti i sistemi e tutti i processi della fabbrica, dando la possibilità sia di collaudare macchinari ancora prima di costruirli, sia di rendersi conto di eventuali problematiche nei processi di produzione. Non solo, i gemelli virtuali consentono di sperimentare in tempi molto rapidi svariate possibili soluzioni a un problema, in modo da individuare quella migliore, il tutto con un investimento finanziario minimo. Tanto che fra i progettisti gira la battuta che il gemello virtuale è uno strumento che permette di sbagliare gratis.







Del ruolo dei gemelli virtuali nel raggiungere gli obiettivi di competitività e sostenibilità delle aziende manifatturiere si è parlato a un recente evento organizzato dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale e della Produzione (Digep) del Politecnico di Torino, guidato dal professor Maurizio Galetto. L’evento, aperto con i saluti del rettore del PoliTo, professor Guido Saracco, è stato coorganizzato e sponsorizzato da Dassault Systèmes, una delle aziende più avanzate nello sviluppo di gemelli virtuali, ed è stato l’occasione di presentare alcuni interessanti case study – sia commerciali, sia accademici – nei quali il gemello virtuale è protagonista. Dei temi del workshop abbiamo parlato con Marco Oldani, Responsabile New Business di Dassault Systèmes Italia.

 

Le sfide dell’industria manifatturiera

Marco Oldani, Responsabile New Business di Dassault Systèmes Italia

Quale sia il valore che un gemello virtuale può portare alle aziende e al sistema produttivo italiano, Oldani ce lo spiega con un paragone storico. «Cento anni fa, Henry Ford diceva agli americani, parlando della sua Model T, che “potete averla del colore che preferite, purché sia il nero”. L’obiettivo, a quei tempi, era di produrre il maggior numero di automobili al minor prezzo e nel minor tempo possibile, per motorizzare praticamente da zero una nazione. Quindi le auto dovevano essere tutte uguali, per essere più rapidi. A cento anni di distanza, le cose sono completamente cambiate. Oggi in azienda si sente sempre parlare di questi 5 temi: Mass customization, ovvero la personalizzazione estrema dei prodotti, che magari avranno il 90% delle parti in comune, ma anche un 10% che deve essere scelto dal cliente; Sostenibilità, che si traduce nella ricerca di metodologie per produrre le stesse cose che producevo prima consumando però meno energia, emettendo meno CO2, usando meno acqua, e in generale risultando più efficiente; Globalizzazione e localizzazione, perché per anni abbiamo cercato di spostare la produzione dove fosse più conveniente, salvo poi scoprire con la pandemia che far viaggiare le merci in tempi rapidi era diventato complicato e rischioso, per cui ci si è dati da fare per tornare a “localizzare” le produzioni vicino a dove i prodotti venivano usati». Altri temi ricorrenti in azienda sono il “Quality First”, l’approccio che mira a garantire il raggiungimento del massimo livello qualitativo per tutti i prodotti che escono dalle linee di montaggio, e ovviamente quello legato alla “margin pressure”, la compressione dei margini che rischia di mettere in crisi le aziende con strutture di costi non ottimizzate in presenza di mercati molto competitivi sui livelli di prezzo.

In generale, queste tematiche indicano che oggi produrre qualcosa è diventato maledettamente complicato, e sicuramente non gestibile in toto senza un aiuto consistente dalla tecnologia. «Il ruolo della tecnologia, in questo contesto, è appunto quello di dare una mano a gestire tutta questa complessità – spiega Oldani – e il gemello virtuale è lo strumento principale per realizzare impianti produttivi di nuova generazione, capaci di anticipare e soddisfare le necessità del cliente. Complessi produttivi in grado di mettere in moto automaticamente all’arrivo di un ordine una serie di operazioni che vanno dall’ordinazione dei componenti alla schedulazione della consegna, di far partire la produzione gestendo le varie isole robotizzate, e di mantenere il controllo di qualità, grazie anche al continuo scambio di informazioni fra tutti i sistemi coinvolti, informazioni che consentono di individuare immediatamente ogni singolo errore. In generale, negli impianti produttivi del futuro, si potranno combinare le tecnologie e le abilità del personale in modo da poter ottimizzare la flessibilità».

 

Gemello virtuale, cosa è?

Ma di cosa parliamo quando usiamo l’espressione “gemello virtuale”? E in particolare, che cosa è per Dassault Systèmes? «Il gemello virtuale è fondamentalmente un modello, che può essere di diversa natura: tridimensionale, matematico, statistico eccetera – spiega Oldani – Questo modello deve essere collegato con i dati che arrivano dal campo, perché deve permettere alle persone di capire cosa sta accadendo nel mondo reale, e deve permettere a diverse persone di diversa estrazione di avere un linguaggio comune per comunicare, e soprattutto deve prevedere la possibilità di eseguire simulazioni sugli scenari evolutivi futuri. Per questo preferiamo parlare di gemello virtuale e non digitale, perché secondo noi il vero differenziatore è poter realizzare simulazioni in modo che le persone possano prendere decisioni migliori, o almeno più consapevoli».

Da questa definizione risulta evidente che il vantaggio principale dato dall’uso del gemello virtuale è la generazione rapida di scenari what if, ovvero la capacità di simulare svariate condizioni operative in tempi brevi e direttamente nel dominio digitale, consentendo di prendere decisioni in modo efficiente, rapido e migliorando le capacità di adattamento dell’azienda. Fare le stesse cose nel mondo reale comporterebbe infatti tempi e costi decisamente superiori, senza contare che sarebbe alquanto difficile provare anche solo una piccola parte delle soluzioni che possono essere ipotizzate nel dominio virtuale.

La 3DExperience è la piattaforma che Dassault Systèmes porta sul mercato per sviluppare gemelli virtuali. Tutti i vari brand che Dassault Systèmes aveva sono stati riscritti o integrati con questa piattaforma, in modo da facilitare ai nostri clienti il compito di creare gemelli virtuali in diversi contesti: gemelli virtuali del prodotto, del processo produttivo, del sistema manutentivo, della supply chain

Problematiche di implementazione

3DExperience di Dassault Systèmes

Purtroppo, quando si decide di implementare un gemello virtuale in un’azienda può capitare di trovare qualche complicazione. La più comune è data dalla presenza, in azienda, di una miriade di strumenti e piattaforme informatiche – generalmente scollegati tra loro – utilizzate per gestire la produzione, spesso a livello informale. Un esempio tipico è la presenza di Pc dove girano fogli di calcolo per gestire le componenti da montare. «Per risolvere queste problematiche, per “mettere insieme” queste piattaforme, bisogna avere una visione – puntualizza Oldani – e una tecnologia che consenta di gestire questi vari sistemi It su una piattaforma comune». Detto in altre parole, serve implementare una piattaforma manifatturiera dove andare a costruire i propri gemelli virtuali.

«Una piattaforma di questo tipo dovrebbe contare su almeno tre pilastri portanti – continua Oldani. Deve esserci una parte di Digital Manufacturing, dove vengono analizzati i processi produttivi; una parte di Aps, dove vengono studiati i sistemi di approvvigionamento dei materiali; e infine una parte di operation, di gestione delle operazioni sul campo, con la quale si distribuiscono i task ai vari operatori e si raccolgono i dati di funzionamento dell’impianto, per poterlo migliorare costantemente. Questi tre pilastri sono la base per costruire un gemello virtuale di un impianto produttivo». La piattaforma unificata per la produzione sembra stia diventando una sorta di Santo Graal per il settore manifatturiero, visto che ormai tutte le grandi aziende, ma anche molte piccole e medie, stanno studiando soluzioni di questo tipo, a vari livelli di complessità.

 

Case study, accademici e commerciali

Sezione della nave in 3D by Dassault Systèmes

Il Dipartimento di Ingegneria Gestionale e della Produzione (Digep) del PoliTo da tempo fa ricerca sui gemelli virtuali. Un interessante caso di studio riguarda per esempio l’utilizzo dei GV come supporto al cosiddetto “augmented human”, ovvero a un operatore umano che viene potenziato tramite tecnologie abilitanti, come l’Extended Reality. Combinando l’uso di GV e dell’intelligenza artificiale, un gruppo di ricercatori del 3D Lab Research Group ha creato applicazioni di body tracking, utilizzabili per esempio in ambito healthcare.

Altri gruppi di ricerca, tra cui il Quality Engineering&Management Group nel contesto del laboratorio Mind4Lab, si stanno occupando di combinare digital twin e metrologia (ovvero la disciplina delle misurazioni) per ottenere un concetto di gemello virtuale metrologicamente affidabile, e quindi utilizzabile per il controllo di qualità. Il problema, in questo caso, è prevedere, quantificare e minimizzare i possibili disallineamenti fra il “mondo perfetto” e virtuale della simulazione, dove opera il gemello digitale, e il mondo reale “imperfetto” nel quale opereranno i macchinari “fisici”, come robot, sistemi di visione eccetera.

Un terzo caso di studio, sempre riferito al Quality Engineering&Management Group, riguarda la realizzazione di un gemello virtuale dell’operatore umano, che consentirebbe di inserire nelle simulazioni anche la componente uomo, velocizzando e migliorando lo studio delle interfacce utente. In particolare, i ricercatori di Torino stanno lavorando nel settore della Hrc, Human Robot Collaboration.

Ma non ci sono solo case study accademici. Dassault Systèmes vanta un’estesa rete di partner specializzati e di aziende, che stanno utilizzando la piattaforma 3dExperience per elaborare soluzioni con gemelli virtuali. Per esempio un’azienda bresciana, la Raw (Robot At Work) guidata dall’A.d. Lorenzo Codini, ha portato la propria esperienza riguardo l’utilizzo dei robot in ambiente virtuale.

 

L’offerta di Dassault Systèmes per il gemello virtuale

Bernard Charles, Chief Executive Officer di Dassault Systèmes

Già nel 2014, Dassault Systèmes ha iniziato a implementare una piattaforma, chiamata 3DExperience, dove ha portato tutta la sua tecnologia presente sui suoi vari brand su un’unica architettura. «La 3DExperience è appunto la piattaforma che Dassault Systèmes porta sul mercato per sviluppare gemelli virtuali – racconta Oldani – Tutti i vari brand che Dassault Systèmes aveva sono stati riscritti o integrati con questa piattaforma, in modo da facilitare ai nostri clienti il compito di creare gemelli virtuali in diversi contesti: gemelli virtuali del prodotto, del processo produttivo, del sistema manutentivo, della supply chain eccetera».

Ma stiamo parlando solo di software o c’è dell’altro? «In realtà, quando si parla di gemelli virtuali, il tema fondamentale è gestire il cambiamento dell’azienda – ammette Oldani – e questo richiede di passare attraverso diversi passi. Bisogna prima di tutto prendere consapevolezza che si possono fare le cose in un modo migliore. E questo si traduce in un tema di consulenza, su cosa serve cambiare in azienda per lavorare in modo più efficiente. Il passo successivo sarà chiedersi come posso implementare il software e cambiare i processi in modo efficace ed efficiente, e anche qui interveniamo per guidare l’utente nel percorso di cambiamento. Infine, supportiamo l’utente una volta che realizzano e gestiscono i nuovi progetti nel quotidiano. Dassault Systèmes ha ben chiaro un fatto: non basta dare alle aziende del software perché esse cambino il loro modo di operare, bisogna anche supportarle e guidarle durante tutto questo percorso» conclude Oldani.

[Ripubblicazione dell’articolo dell’11 dicembre]














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