La Francia ripensa l’industria e punta sugli investimenti esteri. E l’Italia dovrebbe prendere esempio

di Laura Magna ♦︎ Mentre il Bel Paese è ultimo nella classifica per l'attrattività degli Ide, Oltralpe si aprono sempre più opportunità. Anche per le imprese nostrane, soprattutto per automotive, aerospace, agroalimentare. E qualcuno ha già colto le opportunità: Chiesi, Prysmian, Generali, Barilla. Abbiamo approfondito il tema insieme a Christophe Lecourtier, Direttore Generale di Business France

La Francia è la terra promessa per l’industria italiana. Le aziende italiane, quelle produttive ma anche di servizi, possono costituire sedi Oltralpe «nei Territoires d’industrie, 148 aree geografiche in cui le aziende beneficiano di un sostegno specifico, e al cui interno sono stati predisposti 127 siti “chiavi in mano” per ospitare nuovi stabilimenti industriali», godendo di «procedure semplificate e digitali e un taglio rilevante delle imposte sulle società», così a Industria Italiana Christophe Lecourtier, Direttore Generale di Business France, l’agenzia parigina per l’internazionalizzazione dell’economia francese. Lecourtier ci ha concesso una lunga intervista in cui ha spiegato nel dettaglio quella che è «una precisa politica industriale che la Francia ha attivato al preciso scopo di diventare il luogo ideale per le industrie internazionali per fare business».

Una politica industriale che ha avuto frutti importanti: lo scorso anno, secondo il report della stessa Business France, le imprese estere hanno avviato 1.607 nuovi progetti di investimento in Francia (il 31% in più rispetto al 2020), da cui derivano 45.008 posti di lavoro locali, anche questi in aumento del 30%. Una lezione anche per la nostra politica, che copiando il modello francese, potrebbe finalmente attrarre gli investimenti esteri diretti verso l’industria italiana. Vediamo perché analizzando i numeri degli investimenti esteri in Francia (a confronto con la situazione italiana), prima di riportare l’intervista al manager francese.







 

Il modello francese  

La Francia non è mai stata così attrattiva come nel 2021, con in media 31 decisioni di investimento alla settimana. I due terzi degli investimenti esteri sono arrivati dall’Europa. Alla Germania ne fanno capo 300 nell’anno di analisi, seguiti da Usa (247) e UK (151). Il 51% dei progetti consiste in nuovi insediamenti, che testimoniano un sentiment di profonda fiducia per le prospettive del Paese. Gli ampliamenti di attività già esistenti che rappresentano invece il 44% del totale. Tra le industrie italiane che hanno realizzato progetti in Francia, figurano i nomi del farmaceutico Chiesi, del colosso dei cavi Prysiam, le assicurazioni Generali e il gruppo alimentare Barilla. Le industrie italiane hanno avviato 96 nuovi progetti oltralpe nel solo 2021, il 47% nuovi insediamenti e altrettanto gli ampliamenti, mentre il residuo 6% ha riguardato operazioni di M&A. Acquisizioni di società francesi in difficoltà da parte delle aziende italiane, sovvertendo la dinamica tradizionale, che vuole l’Italia sia terra di conquista per Parigi.

La Francia non è mai stata così attrattiva come nel 2021, con in media 31 decisioni di investimento alla settimana. I due terzi degli investimenti esteri sono arrivati dall’Europa. Alla Germania ne fanno capo 300 nell’anno di analisi, seguiti da Usa (247) e UK (151). Il 51% dei progetti consiste in nuovi insediamenti, che testimoniano un sentiment di profonda fiducia per le prospettive del Paese. Gli ampliamenti di attività già esistenti che rappresentano invece il 44% del totale

 

La Francia corre e l’Italia è ultima nella classifica dell’attrattività per gli Ide

Insomma, intanto la politica industriale francese apre opportunità interessanti per le industrie italiane. Ma a livello di sistema dai cugini d’Oltralpe possiamo trarre una lezione importante. Se la Francia sale nella classifica delle destinazioni favorite per gli investimenti esteri (i cosiddetti Ide), l’Italia non c’è mai stata. Lo spiega un recente studio di Deloitte dal titolo “L’attrattività del sistema Italia per le imprese estere: opportunità e prospettive del Pnrr”. Tra le principali economie europee, l’Italia è il Paese con il valore medio più basso in termini di flussi di Ide in percentuale sul Pil (25% nel 2020 verso una media area Euro del 77%). Dunque, pur essendo la nona economia nel G20, l’Italia è ultima in termini di Ide, a causa, afferma Deloitte di «una particolare debolezza nel sistema fiscale e nella disponibilità di infrastrutture. A queste si aggiungono lentezze burocratiche che rendono l’Italia meno competitiva nell’attrarre investimenti internazionali e domestici». Ma anche, fattori come la bassa produttività del lavoro e le risorse limitate dedicate a R&S.

Paradossalmente invece, gli investimenti Industriali, in Ricerca & Sviluppo e Innovazione delle aziende italiane hanno pesato per il 45% degli investimenti complessivi in Francia nel 2021. Gli investitori italiani sono infatti all’origine del 10% del totale dei progetti di R&S avviati in Francia da aziende estere. Quello che non fanno in patria, insomma, gli imprenditori italiani lo fanno nei dintorni di Parigi. Ma perché? Perché la Francia, da anni ha avviato un processo di reindustrializzazione dell’economia, che passa proprio dagli investimenti esteri che vengono attratti e incentivati con misure ad hoc. Che funzionano, come ci dicono i numeri. E come ci ha spiegato Lecourtier.

La politica industriale francese apre opportunità interessanti per le industrie italiane. Ma a livello di sistema dai cugini d’Oltralpe possiamo trarre una lezione importante. Se la Francia sale nella classifica delle destinazioni favorite per gli investimenti esteri (i cosiddetti Ide), l’Italia non c’è mai stata

 

D: Dottor Lecourtier, il presidente Macron, nel discorso di insediamento all’Eliseo lo scorso 24 aprile, ha parlato di “un popolo nuovo che ha dato un nuovo mandato a un nuovo presidente” e ha sottolineato la necessità di rendere la Francia una nazione più indipendente. La politica industriale volta ad attrarre gli investimenti esteri nel Paese è una strategia utile anche alla ripresa dell’economia nel post-Covid e mentre nuovi spettri agitano l’Europa?

R. La Francia è già molto attrattiva in ambito industriale: da circa 20 anni è il paese in Europa che attira il maggior numero di progetti d’investimento esteri nel settore produttivo. Il consolidamento di questa leadership si inserisce in una politica economica più ampia orientata, oltre al sostegno ai settori del futuro, al raggiungimento di tre obiettivi. In primo luogo, agevolare la creazione e la crescita delle imprese. Tra le misure adottate possiamo citare: la dematerializzazione delle procedure amministrative e il loro congiungimento in uno sportello unico, la riduzione del numero di scaglioni per l’applicazione delle norme sociali, una maggiore flessibilità nella gestione degli organici e l’ampliamento dell’ambito negoziale all’interno dell’azienda. In secondo luogo, migliorare la competitività delle aziende. Il costo del lavoro è stato ulteriormente ridotto con la trasformazione nel 2019 del regime di assistenza, in una diminuzione degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro. Inoltre, le imposte sulle società hanno subito un taglio significativo: l’aliquota relativa è stata ridotta dal 33% al 26,5% e le tasse sulla produzione decurtate di 10 miliardi di euro all’anno. In terzo luogo, incoraggiare l’insediamento di imprese industriali e sostenere la loro modernizzazione. Le procedure sono state semplificate e le loro scadenze accorciate e rese più sicure. Sono stati creati 148 “Territoires d’industrie” in cui le aziende beneficiano di un sostegno specifico. Sono stati predisposti 127 siti “chiavi in mano” per ospitare nuovi stabilimenti industriali e, attraverso il “Piano di Ripresa” dell’autunno 2020, sono stati introdotti degli incentivi per la rilocalizzazione di attività industriali.

La Francia è già molto attrattiva in ambito industriale: da circa 20 anni è il paese in Europa che attira il maggior numero di progetti d’investimento esteri nel settore produttivo. Il consolidamento di questa leadership si inserisce in una politica economica più ampia orientata, oltre al sostegno ai settori del futuro, al raggiungimento di tre obiettivi. In primo luogo, agevolare la creazione e la crescita delle imprese

D. Quali sono i risultati che avete ottenuto fin qui e dove volete arrivare?

R. Nell’industria manifatturiera, il numero di aziende è cresciuto di oltre 16.000 unità nel 2019, pari a un aumento di circa il 6%. Stando all’istituto di ricerca Trendeo, 175 stabilimenti produttivi sono stati aperti nel 2021 e 66.750 posti di lavoro sono stati creati nell’industria negli ultimi cinque anni. Infine, nel 2021, il numero di progetti industriali stranieri ha raggiunto la cifra record di 460, segnando una crescita del 50% circa, molto più rapida di quella rilevata dall’insieme degli investimenti.

 

D. Quali sono i settori industriali prioritari interessati da questa politica e per quale motivo? Beneficiano di aiuti maggiori rispetto ad altri settori? Ha parlato di settori rilevanti per il futuro: cosa intende?

Cavo Sirocco Extreme di Prysmian

R. I provvedimenti che ho menzionato si applicano a tutta l’industria. Ve ne sono altri, introdotti dai piani d’investimento per il futuro (il quarto è stato varato nel gennaio 2021), dal piano di ripresa e da “France 2030”, che si rivolgono specificamente ad alcune filiere industriali. In particolare, quelle in cui la Francia vanta un’eccellenza riconosciuta e da tutelare: l’agroalimentare, la salute, l’industria automobilistica, l’aeronautica e l’industria spaziale. Allo stesso modo, le filiere delle tecnologie digitali, imprescindibili per la crescita dell’intera economia: l’IA, il cloud, l’Industria 4.0, i Big Data e la cybersecurity. Infine, ci sono le filiere che promuovono la transizione ecologica: le energie decarbonizzate, la mobilità sostenibile, il riciclaggio dei rifiuti, etc. Queste filiere beneficiano di aiuti mirati, concessi nel quadro di bandi per la presentazione di progetti. Tra questi il bando, ad esempio, “Première usine”, che mira a far emergere progetti di successo per l’industrializzazione di prodotti innovativi, o “Territoires d’industrie 4.0”, che invita a manifestare un interesse per progetti che anticipano le competenze industriali future.

 

D. L’industria straniera (e italiana) rappresenta un valore importante per la Francia?

La sede di Generali a Milano

R. Secondo la “Banque de France”, le controllate francesi di gruppi esteri rappresentano, nell’industria manifatturiera, più di un quarto dello stock degli investimenti stranieri e più del 20% del valore aggiunto del settore. Impiegano quasi un quarto della mano d’opera e rappresentano circa il 30% del fatturato totale e più di un terzo delle esportazioni francesi. L’Italia è il terzo Paese ad investire nell’industria in Francia dal 2014, dopo la Germania e gli Stati Uniti. Le sue aziende hanno lanciato più di 230 progetti di investimenti produttivi nel nostro Paese negli ultimi otto anni, principalmente nei settori metallurgico, automobilistico, aeronautico, navale, ferroviario e nel settore “vetro, ceramica, minerali, legno e carta”. La regione Auvergne-Rhône-Alpes ha accolto il maggior numero di questi progetti.

 

D. L’Italia vanta delle competenze specifiche nel settore della meccanica industriale: vi è un interesse della Francia per queste peculiarità?

Headquarter di Gruppo Chiesi

R. L’Italia è un autentico campione dell’industria meccanica. Nelle macchine utensili occupa il secondo posto in Europa e il quinto a livello mondiale, ed è terza per le esportazioni, che sono in costante crescita da dieci anni ormai e assorbono il 75% della produzione. In particolare, questa performance va attribuita alla specializzazione delle società transalpine nei macchinari tralasciati dai loro principali concorrenti. La Francia mostra ovviamente interesse per questa grande risorsa degli amici italiani. Cerca di trarre vantaggio dalla loro esperienza e dal loro know-how attraverso investimenti incrociati e partenariati a lungo termine. In cambio, alle aziende italiane nel settore della meccanica industriale il nostro Paese offre un ecosistema innovativo efficiente e un trampolino di lancio verso nuovi mercati. L’ufficio di Business France a Milano contatta regolarmente queste aziende. Ogni anno, in Italia, il nostro team invest incontra quasi 400 manager provenienti da ogni settore. Nel 2021, ha individuato 155 nuovi progetti d’investimento riferiti alla Francia e supportato quasi tre quarti degli investimenti italiani che hanno creato nuovi posti di lavoro nel nostro Paese.

 

D. Chiesi e Prysmian sono i casi di successo del 2021: ma altri gruppi italiani sono presenti in Francia con strie consolidate. Ce ne racconta qualcuna?

La nuova applicazione si inserisce nell’ambito del più ampio piano Anti-Covid di Barilla.
Produzione in Barilla

R. Potrei citare molte success stories italiane, in effetti. Le stesse Chiesi e Prysmian hanno una storia antica in Francia. Chiesi si è insediato nel 1992 attraverso la società controllata Promédica e nel 1999 ha consolidato la sua presenza rilevando i laboratori Jacques Logeais e la loro controllata Roques. Ancora, nel 2018, ha acquisito il laboratorio NH.CO Nutrition, una Pmi francese specializzata in R&S, produzione e distribuzione di integratori alimentari innovativi. La controllata francese del gruppo conta ad oggi più di 350 dipendenti, di cui oltre 100 operano nello stabilimento. Nel 2019, il suo fatturato ha superato i 120 milioni di euro. Per Prysmian, la Francia è al centro del suo progetto di sviluppo. È il Paese in cui il gruppo vanta la maggiore presenza con 10 stabilimenti e il più importante centro di R&S al di fuori dall’Italia. In Francia, il gruppo impiega 2.700 persone e genera un fatturato di oltre 1 miliardo di euro. E i suoi cavi in fibra ottica Flextube, dedicati alle reti a banda ultra-larga e prodotti a Montereau-Fault-Yonne, rispondono esattamente alle sfide operative legate all’implementazione del piano “France Très Haut Débit” in quanto rappresentano più del 45% della rete in fibra ottica francese. In occasione del summit “Choose France 2021”, il gruppo ha annunciato un piano di investimento globale pari a 40 milioni di euro in Francia e la creazione di 45 posti di lavoro per sviluppare centri di R&S e intensificare la produzione di cavi sotterranei ad alta tensione.

 

D. E non è certamente l’unica italiana ad aver annunciato piani di investimento importanti…

Pry-CAM Portable di Prysmian

R. Certamente non è l’unica. Barilla, che in Francia è presente da oltre 50 anni, possiede cinque siti di produzione e diversi centri logistici, impiega quasi 2.000 persone e genera un fatturato di 600 milioni di euro e nel luglio 2020, ha annunciato un piano di investimenti di 30 milioni di euro circa, di cui oltre tre quarti sono dedicati alla creazione di una nuova linea di produzione di pane in cassetta nella regione Pays de la Loire. Il gruppo ha anche ampliato il suo sito di produzione di prodotti dolciari biologici nella regione Hauts-de-France. Barilla investe ogni anno in Francia per modernizzare il suo apparato industriale. L’importo complessivo di questi investimenti ammonta a 200 milioni di euro negli ultimi dieci anni. Potrei citare anche le assicurazioni Generali. La Francia è il loro terzo mercato per importanza nel mondo: Generali France ha 7.000 dipendenti e più di 8 milioni di clienti, ed è il leader francese nelle assicurazioni vita su Internet, nelle polizze individuali di risparmio e nelle assicurazioni per gli sportivi. Nel 2021, la controllata Europ Assistance ha rafforzato le sue attività in Francia nell’assistenza domiciliare e nella conciergerie, creando così più di 150 posti di lavoro. Nello stesso anno, Generali France ha assunto 40 persone circa a Nantes e ampliato il suo centro di gestione dei sinistri a Bezannes, dove ha creato 45 nuovi posti di lavoro.

 

D. A quali aiuti le aziende straniere possono accedere qualora decidano di aprire uno stabilimento in Francia?  

R. Questi aiuti sono gli stessi di quelli concessi alle imprese francesi. I nostri team in Italia forniscono informazioni sull’insieme degli aiuti disponibili agli investitori che affiancano e a cui offrono la loro consulenza. Degli aiuti introdotti dal piano di rilancio, che ammontano a 35 miliardi di euro per l’industria, hanno già beneficiato controllate di aziende italiane: Prysmian riceverà 800.000 euro circa per il suo progetto di creazione di centri di R&S e di modernizzazione del processo di produzione di cavi elettrici ad alta tensione; anche Bat, azienda italiana che produce gazebi in tessuto e alluminio, ha ottenuto 800.000 euro per l’ampliamento della sua attività produttiva in Francia, oltre ad aver vinto un bando per progetti nell’ambito dei Territoires d’industrie. Citerei altri due dispositivi in aggiunta a quelli già menzionati. In primo luogo, il sussidio “Industrie du futur” che sostituisce il super ammortamento introdotto nel gennaio 2019 con un aiuto finanziario per gli investimenti in attrezzature robotiche, di realtà aumentata o virtuale, utilizzate per attività di progettazione, produzionetrasformazione. Lo stanziamento previsto ammonta a 320 milioni di euro tra il 2020 e il 2022. In secondo luogo, il “Prêt French Fab“: con una dotazione di 45 milioni di euro, consente a Bpifrance di mettere a disposizione delle Pmi e delle aziende di dimensioni intermedie, tra i 400 e i 500 milioni di euro di prestiti per finanziare i loro investimenti industriali, materiali ed immateriali. Queste misure contribuiscono a rafforzare l’interesse straordinario suscitato dalla Francia presso gli industriali stranieri e alimentano la grande fiducia degli stessi nei confronti del futuro economico del nostro Paese. Speriamo di poter accogliere un numero ancora maggiore di imprese industriali italiane negli anni a venire, tanto più che, come diceva Jean Cocteau, “gli italiani sono dei francesi di buon umore”…

(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 14 giugno 2022)














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