L’economista Francesco Daveri all’assemblea Anie: il rischio è niente crescita con il Recovery Fund

di Marco de’ Francesco ♦ Gli strumenti per la trasformazione digitale delle aziende e per l’innovazione sono quelli pre-Covid, ed è incerto il successo del credito di imposta con imprese senza profitti. Delle nuove risorse potrebbero approfittare solo quelle aziende che lo avrebbero fatto comunque, anche senza incentivi.

 







«C’è il rischio concreto che tutti questi soldi del Recovery Fund non lascino traccia permanente sulla capacità di crescita dell’economia italiana». Parole dell’economista Francesco Daveri oggi nel corso dell’assemblea nazionale pubblica (denominata “Tecnologie per la ripresa”) della Federazione Anie, che rappresenta le imprese elettrotecniche ed elettroniche e che peraltro è aderente a all’associazione nazionale degli industriali. Le risorse sono quelle del Recovery Fund, propriamente “Eu Next Generation”, che è un fondo europeo dotato, a livello continentale, di una capacità finanziaria di 750 miliardi di euro. Per l’Italia, vale 209 miliardi, di cui 82 miliardi di sussidi e 127 di prestiti.  I piani vanno vagliati dall’esecutivo continentale guidato dalla presidente Ursula Von Der Leyen.

Gli strumenti di incentivazione sono sempre gli stessi, ed attraggono la stessa platea. Inoltre il credito di imposta potrebbe non funzionare, visto che le aziende non hanno più profitti.  

Il fatto è che queste risorse sono vincolate, per l’industria, alla realizzazione di progetti innovativi e di trasformazione digitale. Ma il piano che per ora è stato ideato dalle istituzioni, e in particolare dal Ministero dello Sviluppo economico, per l’innovazione per la digital transformation, non comporta grossi cambiamenti rispetto allo schema previsto in epoca pre-Covid. «L’idea è quella di fornire incentivi alle aziende che vogliono dotarsi di beni strumentali, con una nuova Sabatini; o di acquisire tecnologie abilitanti con il credito di imposta – ha affermato Daveri -: ma questi strumenti esistono già. Anche se aumentano le risorse, il rischio è che aderiscano a queste iniziative quelle aziende che l’hanno già fatto e che lo avrebbero fatto comunque, a prescindere dalle risorse in gioco». Secondo Daveri «se un’impresa non ha fatto nulla fino a ieri in termini di trasformazione digitale, è difficile che lo faccia oggi, perché non è solo una questione di incentivi, ma di organizzazione interna». Per l’economista si rischia «di riproporre la divisione della platea dei potenziali beneficiari»,  anche perché  «le imprese vivono una situazione in cui i profitti sono scomparsi:  come si fa a sostenere i crediti di imposta di aziende relativi a redditi che non ci sono più?». Secondo Daveri occorre inventarsi qualcosa di nuovo:  per agevolare le imprese che non sono più in attivo, si potrebbe scontare il pagamento di contributi. Secondo Daveri, il metodo potrebbe rivelarsi efficace.

Cos’è la Federazione Anie

Le imprese aderenti hanno un fatturato complessivo di 84 miliardi di euro e 500mila occupati: la Fondazione rappresenta tutta l’industria elettrotecnica ed elettronica nazionale con le tecnologie per i quattro settori strategici: trasporto ferroviario, energia, building e industria. I comparti della Federazione sono i più avanzati e investono in Ricerca e Sviluppo il 4% del fatturato, rappresentando più del 30% dell’intero investimento in ricerca e sviluppo effettuato dal settore privato in Italia.














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