Perché il farmaco in conto terzi è 4.0 (e l’Italia è in pole)

di Laura Magna ♦ Il Contract development and manufacturing organization (Cdmo) raggruppa le imprese che effettuano produzioni e controlli di farmaci esternalizzati. Con fatturato e occupazioni in aumento del 120%.

Mipharm, Fulton, Lfm, Laboratorio Sella, Alfa Wassermann, LCT, Racipharm. L’elenco potrebbe continuare ed è quello del variegato panorama della produzione di farmaci conto terzi, una delle tante – insospettabili – eccellenze italiane.







Si chiama in gergo Contract development and manufacturing organization (Cdmo) e raggruppa le imprese che effettuano produzioni e controlli di farmaci esternalizzati dai gruppi che hanno la titolarità dell’autorizzazione all’immissione in commercio ed è una delle nicchie di specializzazione del made in Italy nel mondo. Le molecole sono prodotte su tutto il territorio nazionale, ma con una prevalenza di Lombardia, Veneto e Lazio per le multinazionali del farmaco e imballate secondo le leggi dei diversi Paesi in cui verranno distribuite e vendute.

Comparto giovane, nato con il Decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, oggi conta 17 aziende, di matrice familiare o multinazionale e anche fondi di investimento che trovano il settore redditizio e interessante. Negli ultimi dieci anni il Cdmo nostrano ha conosciuto un boom e oggi ha numeri da capogiro: 8mila addetti, 1,5 miliardi di fatturato (5 miliardi in Europa), di cui il 65%, ovvero 975 milioni, di export. Un trend costantemente in crescita, considerato che dal 2005 al 2015 fatturato e occupazione sono aumentati del 120%.

Le 17 imprese che corrono sono rappresentate all’interno del Gruppo Produttori Conto Terzi di Farmindustria e hanno consentito all’Italia di ottenere il primato europeo secondo quanto attesta uno studio effettuato tramite analisi di bilancio e dati di mercato da Prometeia a marzo 2016. Il Cdmo ha fatto meglio della Germania, che ha un valore della produzione di 1,2 miliardi e impiega 6mila addetti, e meglio della Francia, a quota 1 miliardo di euro con 5mila lavoratori impiegati. Non solo: il fatturato italiano conta per il 29% di quello europeo, contro il 13% della manifattura italiana rispetto a quello europea. Si tratta quindi di un comparto che traina in maniera decisa il sistema nazionale.

PIllole
PIllole

Meno burocrazia 

“Se l’azienda manifatturiera in Italia fosse stata prevalentemente farmaceutica non avremmo avuto la crisi che ancora oggi sentiamo. E se stiamo archiviando la crisi un po’ è anche merito del comparto farmaceutico”, nota a Industria Italiana Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria.
Ma un nemico di questo sviluppo esponenziale c’è e risiede nel medesimo suolo italico: la burocrazia. Processi autorizzativi farraginosi, complessità di gestione del fattore lavoro, scarsa efficienza delle infrastrutture, pressione fiscale sono tutti elementi ostativi a uno sviluppo ulteriore. “Nel comparto del Cdmo siamo primi in Europa, superando di gran lunga Germania e Francia”, continua Scaccabarozzi, “ma la governance italiana pone ancora troppi ostacoli allo sviluppo. Come il pay back, secondo il quale l’azienda deve rimborsare l’eccedenza della distribuzione farmaceutica negli ospedali secondo parametri inadeguati allo sviluppo tecnologico. Siamo in attesa di un nuovo regolamento europeo sulla ricerca e, fortunatamente, per la prima volta, stiamo procedendo insieme a governo e Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per accoglierlo prima di altri. Se saremo preparati, riusciremo a sorpassare ancora i concorrenti  stranieri”. E a tenere i ritmi degli ultimi anni: tra il 2010 e il 2015 la produzione Cdmo è aumentata del 24%, nello stesso periodo in cui la manifattura perdeva il 7% in volumi. Merito di un export sempre più forte e della capacità di dare vita a formule a maggior valore aggiunto. Tutti i segmenti hanno offerto un contributo positivo: dal +9% dei prodotti non sterili (che rappresentano il 53% del totale), al +19% dei prodotti sterili (30% del totale) al +153% della produzione di sostanze ad alta attività e biologiche (17% del totale).

Sul fronte delle esportazioni (+34% tra il 2010 e il 2015), i mercati più avanzati fanno la parte del leone: +304% verso Usa, Canada e Giappone, a testimonianza dell’elevata qualità dell’offerta made in Italy. E che il Cdmo sia un settore avanzato lo dimostrano altri numeri misurati da Prometeia: il valore aggiunto è pari al 35% del fatturato, rispetto al 22% della media manifatturiera; le esportazioni valgono il 65% della produzione, rispetto al 36% della media manifatturiera; la propensione a investire è del 55% superiore alla media degli altri settori.

Massimo Scaccabarozzi
Massimo Scaccabarozzi

Farmaci 4.0

Risposte veloci, flessibili e affidabili alle richieste del mercato: con questa modalità il Cmdo è riuscito a sostenere la crescita degli ultimi anni. Dal 2010 a oggi l’80% della spesa per investimenti è stato destinato alle linee produttive, sia creandone di nuove sia ammodernando quelle esistenti, ponendo le imprese sulla frontiera tecnologica. Il Cdmo è a tutti gli effetti un’industria 4.0: lo dimostrano casi di gestione automatizzata della supply chain, di controllo remoto dei processi produttivi e di virtual factory – ovvero l’utilizzo di software per pianificare la produzione e riconfigurare gli stabilimenti, effettuando le verifiche di fattibilità in ambiente 3D.

Ritmi sostenuti

E c’è un ulteriore elemento che fa la differenza: la fiducia degli imprenditori nella possibilità di continuare a svilupparsi a ritmi sostenuti. “Oltre l’80% si attende una crescita della produzione da qui al 2020, che per il 44% sarà superiore al 5% annuo. Tali aspettative sono affidate principalmente al miglioramento di leve competitive aziendali – efficienza produttiva, elevati standard qualitativi degli impianti, flessibilità e servizio ai clienti – che consentiranno di intercettare una domanda mondiale in forte crescita”, si legge nel rapporto Prometeia.

Nelle intenzioni delle imprese, gli investimenti continueranno a concentrarsi anche in futuro sull’eccellenza produttiva, introducendo tecnologie sempre più performanti e sviluppando nuove specializzazioni per ampliare la gamma produttiva proposta ai clienti. E oltre all’offerta, gli investimenti guarderanno anche ai servizi: dall’acquisto di materie prime alle fasi di confezionamento e distribuzione, dallo sviluppo di nuovi prodotti o forme farmaceutiche alla preparazione di dossier registrativi e formulazioni per studi clinici (fin dalla Fase 1).

Con questi obiettivi il Cdmo può davvero continuare a crescere e intercettare una domanda mondiale forte in un mercato che, secondo le previsioni di Bain & Company, aumenterà a tassi superiori al 10% annuo nei prossimi anni. Diventando il traino alla ripresa italiana che tutti ancora aspettano.














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