Intelligenza Artificiale e Big Data per la disruption della supply chain: EY vuole renderla più autonoma e resiliente

di Marco de' Francesco ♦︎ Perché limitarsi ad accorciare la supply chain quando la si può migliorare? La Supply chain intelligence platform di EY serve proprio a questo: raccoglie dati e li analizza, così da valutare le performance dei fornitori, i rischi, i costi. I digital twin per simulare diversi scenari. Tecnologie avanzate per comprendere la reale domanda e adeguarsi con la massima efficienza e produttività. Ce ne parla Francesco Lecis, responsabile del mercato advanced manufacturing di EY. In attesa di un webinar sul tema con EY, Cluster Fabbrica Intelligente e Industria Italiana

C’è un mito da sfatare: per realizzare una supply chain resiliente e integrata non è sempre necessario accorciarla. Non sono le dimensioni a fare la differenza; piuttosto, bisogna puntare sulla capacità di cambiare la configurazione della Supply Chain in tempi strettissimi. Ed è qui il punto: in un sistema che è industrialmente sempre più complesso prima di individuare il partner giusto, e prima di trasmettergli tutte le conoscenze necessarie per dar vita al componente, occorrono mesi. Dunque, cosa possono fare le aziende per accorciare i tempi drasticamente? EY ha studiato una propria soluzione, la Supply Chain Transformation, che unisce metodologie, servizi avanzati e tecnologie. D’altra parte EY non è solo un network mondiale di servizi professionali di consulenza direzionale, revisione contabile, fiscalità, transazioni e formazione; è anche un system integrator che aiuta le aziende nella trasformazione digitale con particolari competenze nell’Ia e nel machine learning.

Queste tecnologie sono fondamentali per misurare le performance dei supplier, simulare diversi scenari, valutare il rischio e i costi della fornitura, nonché configurare rapidamente i canali. Alla fine, è l’analisi dei dati che consente di mutare in fretta i fornitori: solo cinque anni fa, tutto ciò era impossibile.







Più in dettaglio, la Supply Chain Tranformation di EY è una strategia assai più complessa. Prevede varie fasi. Anzitutto, la pianificazione aziendale integrata: grazie a speciali algoritmi, si allinea l’offerta con la domanda dei clienti; in secondo luogo, l’ottimizzazione della pianificazione della produzione – grazie ad una piattaforma proprietaria di EY – e infine la trasformazione della distribuzione e della logistica in chiave digitale e infine la gestione del ciclo vita del prodotto digitalizzato.

Inoltre EY è un pathfinder del Cluster Fabbrica Intelligente (Cfi), l’associazione che, presieduta da Gianluigi Viscardi, riunisce tutti i portatori di interesse del manifatturiero avanzato in Italia: aziende, Regioni, associazioni, università ed enti di ricerca. I pathfinder sono i partner tecnologici di Cfi: sono chiamati ad immaginare il futuro e le traiettorie delle tecnologie di cui si occupano, aiutando la community del cluster a prendere la giusta direzione. In questo modo contribuiscono alla Roadmap, documento strategico di CFi proposto al decisore politico e alle aziende manifatturiere per supportare i soci nei loro percorso di ricerca e innovazione e per facilitare l’interazione con i ministeri al fine di indirizzare le politiche industriali. Di recente, è stata pubblicata l’ultima versione della Roadmap, che tratta anche il tema della trasformazione delle Supply Chain.

Di tutto ciò abbiamo parlato con il partner e industrial product consulting leader per la Med area di EY Francesco Lecis.

D: È noto che il Covid prima e la guerra poi hanno prodotto degli effetti sulle filiere di fornitura. Soprattutto sulle supply chain globalizzate, che hanno subito interruzioni. Ecco, cosa non ha funzionato?

Francesco Lecis, responsabile del mercato advanced manufacturing di EY Technology

R: Il fatto è che negli ultimi venti anni si è sempre immaginata, sia in Occidente che in Cina, una crescita continua dell’economia, seppure con forti turbolenze – come quelle del 2008 e del 2011. La verità è che si guardava al futuro come al passato, con gli stessi occhi, e con gli stessi indicatori. Eravamo impreparati. Quanto alla supply chain, si prendevano in considerazione criteri come la tempistica, la qualità, il costo. Il fattore sicurezza non era contemplato. Si è scoperto, invece, che non sempre una supply chain fondata sull’ottimizzazione dei costi è sicura. Un esempio? Se un’azienda ha un fornitore unico, ciò può essere conveniente sotto il profilo economico; ma se quest’ultimo fallisce, o se scoppia una guerra o un’epidemia nel territorio dove il supplier opera, per l’impresa possono essere guai seri.

D: Cos’è la soluzione Supply Chain Transformation di EY? In che senso le supply chain dovrebbero essere completamente autonome? È una forma avanzata dell’integrazione?

R: Ciò che proponiamo – in termini di trasformazione – è la realizzazione di una supply chain veramente resiliente. Come fare? Partiamo da un dato oggettivo: è vero che negli ultimi tempi si è verificata la disruption di molte filiere, ma è anche vero che negli ultimi quattro o cinque anni la tecnologia ci ha fornito nuove armi. Grazie alla raccolta dei dati, grazie ad algoritmi sempre più accurati e grazie alla potenza di calcolo prima inimmaginabile, è diventato possibile misurare le performance dei supplier, simulare diversi scenari, valutare il rischio e i costi della fornitura, nonché dislocarne rapidamente i canali.

D: Ma di quali dati stiamo parlando?

R: Ad esempio: tempistiche di attraversamento, previsioni relative alla domanda e al consumo di componenti e materie prime, qualità dei fornitori. In sintesi: tempi, domanda e qualità.

La soluzione per la trasformazione della supply chain di EY – rappresentate in questo video – permettono di ridurre le variazioni della domanda, identificare problemi, abbattere i prezzi di trasporto.

D: Prevedete anche l’accorciamento delle filiere?

R: Non necessariamente. Non si tratta di ridurne le dimensioni o solo di accorciare i tempi di attraversamento, ma di gestire diversamente la filiera. Bisogna porsi nella condizione di poter cambiare rapidamente gli attori, quando le circostanze lo impongono.

D: E come si fa a cambiare i supplier?

R: Bisogna appunto disporre di processi e sistemi che consentano all’azienda di sostituire un fornitore con un altro, e molto rapidamente. Ed il punto è il fattore tempo: normalmente, anche in settori come il fashion o l’automotive, dove il cambiamento dei supplier è già praticato, per questa operazione occorrono almeno sei mesi. Un periodo lungo, che non si accorda con le tempistiche dell’industria. Si pensi all’ultima pandemia: in sei mesi sono cambiate tante cose, e rimanere al palo certo non ha aiutato molte imprese. Ma se invece l’azienda dispone di tutte le informazioni sui possibili partner, nonché di capability transfer, e cioè della capacità di trasferire al fornitore tutte le conoscenze necessarie per realizzare un certo prodotto (anche con fasi di training), questo lasso di tempo può essere considerevolmente ridotto. L’azienda deve anche disporre della capacità di fare delle previsioni: per dimensionare correttamente la catena di fornitura, l’impresa deve sapere come andrà il mercato, e cioè quanto produrrà.

D: Tutto ciò comporta la trasformazione del modello operativo?

R: Tutto ciò può comportare la trasformazione del modello operativo, soprattutto in riferimento alle scelte di make or buy: l’Oem può definire con maggiore certezza quali attività “fare in casa” e quali realizzare in out-sourcing. Si tenga presente che quelle che si svolgono all’interno dell’impresa sono soggette a minori rischi.

D: Quali tecnologie integrano la soluzione? L’Ia svolge un qualche ruolo?

R: Grazie ai Big Data e all’Ia si possono comprendere le dimensioni della domanda, e si possono fare simulazioni sugli sviluppi del mercato. Grazie al digital twin si possono invece simulare diversi scenari che riguardano la supply chain.

Il digital twin di una supply chain garantisce visibilità in tempo reale sulle spedizioni., migliorando le previsioni di consegna, aumentando la soddisfazione del cliente

D: Al di là della capacità di cambiare rapidamente supplier, se dovesse indicare un elemento centrale della soluzione, quale indicherebbe?

R: Parlerei anzitutto di pianificazione aziendale integrata, che collega vendite, marketing, finanza, approvvigionamento e operazioni per ottimizzare costi, servizi e inventario. Nella pratica si tratta di un planning sincronizzato, segmentato e end-to-end è assicurato da particolari algoritmi di intelligenza artificiale (EY Vc Sync analytics) che consentono l’allineamento dell’offerta con la domanda dei clienti e l’isolamento di quest’ultima dal rumore di mercato. È a questo punto che si modellano i diversi scenari utilizzando le tecnologie leader di cui abbiamo parlato, anche per ridurre l’effort dell’azienda impegnata nella trasformazione della supply chain. E in questo contesto si inserisce la visibilità end-to-end dei dati: con informazioni in tempo reale, si può passare da un processo decisionale reattivo ad uno proattivo, collegando meglio l’azienda alla catena di fornitura. Peraltro, EY è alleata con Proctor & Gamble: i team di EY possono erogare servizi con l’Integrated work system (Iws, insieme di metodologie e di software che consentono un approccio integrato alla pianificazione della supply chain, allo stoccaggio, alla logistica e al servizio clienti; Ndr) di P&G, che aiuta a promuovere il miglioramento continuo in termini di costi, denaro, persone, servizio clienti e metriche di sostenibilità. Questo è il primo passaggio.

D: E il secondo passaggio per la Supply Chain Transformation qual è?

R: L’utilizzo di tecnologie avanzate per migliorare le prestazioni di evasione degli ordini. L’intelligenza artificiale predittiva è in grado di individuare i prodotti giusti, nel posto esatto, al momento ideale e offrire alternative se questi si esauriscono rapidamente o si verificano ritardi. Peraltro, grazie alla nostra piattaforma di intelligence della catena di approvvigionamento (Scip), è possibile definire una strategia che segni le priorità, e si può scegliere il sistema di consegna coerente con i parametri impostati, limitando i costi della logistica. C’è un ulteriore passaggio.

La EY Supply chain intelligence platform (Scip) è un motore di analytics che garantisce visibilità end-to-end, permettendo alle imprese di abbattere i costi e incrementare l’efficienza, identificando nuove opportunità di ottimizzazione

D: Qual è il terzo passaggio per la trasformazione?

R: La trasformazione della distribuzione e della logistica. Costruire una supply chain agile richiede analisi per il cost to serve, per la progettazione della rete, e per l’instradamento dell’ultimo miglio. In pratica, si tratta di realizzare un’infrastruttura alimentata dalla logistica digitale; significa creare nuove funzionalità per il monitoraggio, la visibilità, la risposta e la tracciabilità in tempo reale; e vuol dire anche utilizzare tecnologie avanzate nelle operazioni come machine learning, robotica, veicoli autonomi, droni e realtà aumentata per migliorare le performance di distribuzione. Aggiungerei anche un quarto passaggio.

D: Qual è dunque l’ultimo passaggio?

R: Naturalmente la supply chain va ripensata considerando la gestione del ciclo vita dei prodotti digitalizzati. Anche perché questo consente di aumentare il tasso di innovazione e di ridurre il time-to-market. Occorre dunque un approccio olistico per analizzare grandi volumi di dati da clienti, fornitori e altre terze parti per migliorare la progettazione; serve prevedere le esigenze dei clienti più rapidamente, tenendo d’occhio le condizioni di mercato in rapida evoluzione; e si deve incorporare pratiche sostenibili e circolari nelle attività esistenti. Anche qui si può applicare il citato Iws di P&G.

D: Tutte queste tecnologie, nonché l’accesso alle piattaforme, costituiscono una barriera d’ingresso per le aziende più piccole?

R: In realtà, se consideriamo i costi, direi che la barriera riguarda solo le micro-aziende. Imprese con un fatturato di 15 o 20 milioni di euro non hanno problemi.

D: C’è un problema di visibilità e condivisione: occorre che i player mettano a disposizione dati e strategie.

R: Indubbiamente, se manca un approccio collaborativo, tutto diventa più difficile. A mio avviso, non è necessario condividere tutti i sistemi; ma il citato approccio occorre, per disposizione d’animo e per mostrare di volersi candidare ad essere partner credibili.

D: Quali sono, a suo giudizio, i principali vantaggi della vostra soluzione relativa alla supply chain?

R: Anzitutto la citata riduzione del rischio di disruption, che è poi il punto dal quale siamo partiti. L’azzeramento non è possibile; ma l’abbattimento sì. Poi aggiungerei altri tre pillar fondamentali: il contenimento delle scorte, quello del capitale circolante e quello dei costi operativi. In generale, inoltre, le imprese che trasformano digitalmente la propria supply chain sono più reattive nei confronti dei clienti, sono in grado di misurare il proprio impatto ambientale, e sono anche capaci di godere di un maggiore coinvolgimento dei dipendenti. Infine, la semplificazione dei processi e delle attività comporta senz’altro la possibilità di ridurre il time-to-market. In certi settori ciò è fondamentale. Si pensi al fashion: non si fanno più due collezioni all’anno, ma cinque, sei o sette. Senza una supply chain dinamica, flessibile, è impossibile conseguire questo obiettivo.














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