Dentro il gigante Equinix: i suoi piani imminenti e la sua visione sulla digitalizzazione industriale

di Laura Magna ♦︎ Con un fatturato 2019 da 5,5 miliardi di dollari, la multinazionale americana possiede 205 data center di colocation in 25 Paesi. E con la nuova apertura a Milano, investirà in Italia 50 milioni di dollari. I nuovi macro trend della trasformazione digitale? Digital business, urbanizzazione, cybersecurity e… Ne parliamo con Emmanuel Becker e Matt George, rispettivamente managing director per l’Italia e director segment marketing Emea dell'azienda

L’industria italiana ha bisogno di banda che sia diffusa in maniera capillare sul territorio. Non serve il cloud nazionale, a cui si sta lavorando, ma una rete che metta a disposizione, dove e quando serve, il cloud as a service, per andare incontro a una trasformazione tecnologica senza precedenti. Per realizzare l’interconnessione dell’industria e in definitiva del Paese c’è bisogno di una rete con molti nodi di distribuzione che forniscano spazio ed energia per supportare, nel 2023, la trasmissione di 64 zettabyte di dati scambiati annualmente tra le industrie globali.

Una quantità abnorme: zettabyte è l’unità di misura che esprime la settima potenza di mille e un zettabyte equivale a 180 milioni di volte i documenti conservati nella Biblioteca del Congresso di Washington. E 64 zettabyte sono sufficienti per ogni essere umano sul pianeta (7,8 miliardi) a trasmettere la propria sequenza completa di Dna in un’ora. Dimensioni monstre che accelereranno la digitalizzazione.







Industria Italiana ne ha parlato con due top manager del colosso Usa Equinix, che ha nel suo core business la connettività, conditio sine qua non di questo processo. In particolare con Emmanuel Becker, managing director per l’Italia di Equinix, abbiamo parlato di cosa ha bisogno l’Italia e con Matt George, director segment marketing Emea di Equinix, abbiamo ripercorso i risultati il quarto volume dell’Indice di Interconnessione Globale (Gxi), studio annuale che disegna lo stato dell’arte della digitalizzazione del mondo industriale.

 

Com’è fatta la rete di cui ha bisogno l’Italia

Emmanuel Becker, managing director per l’Italia di Equinix

Quanto all’Italia, Equinix ha annunciato pochi mesi fa la realizzazione di un nuovo data center a Milano, la cui apertura è prevista nel primo trimestre del 2021. Denominato ML5, il data center International Business Exchange è collocato in via Caldara in cui ha sede il Mix, lo snodo dove passa il 20% del traffico dati nazionale. Si tratta del quarto data center nella città di Milano, ma è decisamente il più importante: per costruirlo Equinix ha investito 50 milioni di dollari. «ML5 è la nostra ammiraglia, con tanta capacità per clienti attuali e futuri, da pmi a corporate e provider che hanno bisogno di tanto spazio e tanta energia. Ed è un grande plus per il futuro della digital transformation in Italia perché porta con sé grande capacità di interconnessione, nell’ottica del multicloud, che è consentita dalla piattaforma Equinix Cloud Exchange Fabric».

L’effetto collaterale di un grande data center è di fare magnete: «di fatto rendiamo più attraente l’investimento in Italia per i provider di servizi cloud, che possono abilitare la trasformazione digitale in Italia. Sono già presenti Tim Cloud, Aruba Cloud e quelli internazionali come Ibm Cloud, Amazon Web Service. Un’azienda in Italia che ha bisogno di collegarsi a questi servizi ha tre alternative: collegarsi direttamente o tramite Internet access, con tutti i rischi del caso, o usare un data center. Le aziende usano il data center in modalità as aservice, economica sul fronte energetico e sicura». Per valorizzare il contesto domestico Equinix sta dando vita a «una serie di ecosistemi verticali, quattro in particolare: connetivity e smart transformation, industria manifatturiera, banca finanza e assicurazioni, fashion luxury e retail. Sono i pillar che hanno forte bisogno di digital transformation in Italia, pensiamo che il beneficio di creare un’ecosistema in un luogo dove c’è la possibilità di collegarsi permetterà di sviluppare ulteriormente uno scambio di business», dice Becker.

I data center Equinix sono certificati e conformi a rigorosi standard di gestione energetica che consentono di svolgere operazioni regolari ed efficienti

Ma perché in Italia le imprese sono indietro sul fronte della digitalizzazione? «Il primo problema è la mancanza di accesso al mondo digitale in maniera sicura performante e semplice. Non è banale: per il settore finance che è concentrato nelle grandi città, è più facile digitalizzare perché è più facile interconnettere le aziende. Ma nelle industrie e nel fashion che sono molto più polverizzate, perché gli impianti industriali non possono essere in città, la digitalizzazione, legata proprio agli impianti industriali, è più difficile. Quando devo interconnettermi con il mondo digitale che mi serve, devo trasportare i dati: o sposto il mio centro di calcolo e lo centralizzo, o devo rinforzare la digitalizzazione e collegarmi a distanza. Per farlo in maniera efficace e sicura, servono grossi centri di calcolo centralizzati e piccoli punti sul territorio strategici e smart che rendano possibile far funzionare le fabbriche».

Nel campo industriale «c’è effervescenza, inizia la digital transformation. Che non è come un grosso tsunami che cambia tutto in azienda. Ma sono una serie di piccole ondate di trasformazione. Per il manufacturing è così. Fiat funziona con mille partner che sono i contractor. La grande forza dell’Italia è avere pmi sul territorio che sono eccellenze mondiali. Per esempio i pulsanti di plastica  che vengono usati nel dashboard delle auto che vengono comprati anche dalla Cina. Queste aziende hanno bisogno di fare digital transformation, per essere veloci e competitive e creative, per essere time to market. Digitalizzandosi fidelizzano il cliente industriale e il capofiliera di conseguenza è costretto a digitalizzarsi per stare al passo. Fca, per restare nel nostro esempio, ha strutture di legacy che è difficile cambiare, senza dubbio più difficile che per il suo piccolo sub fornitore. Le pmi arrivano prima di loro perché hanno produzioni piccole e snelle e lavorano molto sulla prototipazione, ma spingano tutti nell’onda. Se l’impresa fornitrice viene scelta perché è più efficiente, convince la grande impresa a rendersi più efficiente essa stessa. È un circolo virtuoso, ognuno che si trasforma migliora il suo mondo, e tutta la sua filiera di fornitori e clienti».

 

I dati al centro

Matt George, director segment marketing Emea di Equinix

Che sia necessario agevolare la connettività con infrastrutture che siano adatte al territorio su cui insistono lo dicono i numeri. Quelli dell’Indice di Interconnessione Globale (Gxi), studio annuale che disegna lo stato dell’arte della digitalizzazione del mondo industriale. Per la manifattura globale la larghezza di banda complessiva di interconnessione – ovvero la capacità totale fornita per lo scambio diretto e privato del traffico di dati tra aziende – segnerà dal 2019 al 2023 una crescita annua del 36%. Ma tutti i settori produttivi, dalle telecom, ai contenuti, al banking sperimenteranno crescite a doppia cifra anche superiori nella larghezza di banda.

Si sta verificando nei fatti quello che Industria 4.0 preconizza da quando è nata: i dati, il loro scambio, la loro elaborazione, sono al centro della produzione. Ovviamente, l’effetto collaterale di questo fatto è che il digital journey delle aziende, di ogni settore e in tutto il mondo, sta subendo un’accelerazione rilevante e nel giro di 4 anni, sempre secondo George, le imprese che lo completeranno saranno in grado di accedere a tutti i luoghi, i partner e le possibilità giuste di cui hanno bisogno per accelerare i propri vantaggi.

 

Quanti dati si trasmettono le industrie

Per questo motivo si prevede che le imprese che facilitano il lavoro a distanza, come i provider di telecomunicazioni e di cloud & IT, contribuiranno al 54% della crescita totale della larghezza di banda di interconnessione nell’area Emea, superando altri settori presenti nella regione. «Francoforte, Amsterdam, Parigi e Londra saranno le prime aree metropolitane in Europa in termini di crescita della larghezza di banda di interconnessione, e che la regione Emea nel suo complesso dovrebbe rappresentare il 23% (3.782 terabytes al secondo) della larghezza di banda di interconnessione installata prevista a livello globale», dice George.

 

Effetto Covid sulla digitalizzazione

Equinix ML5

La pandemia ha costretto le aziende a trasformare le rispettive modalità di lavoro, generando una richiesta straordinaria di provider di servizi digitali e la necessità di una maggiore interconnessione attraverso lo scambio di dati privato. Le organizzazioni che non dispongono di una solida base digitale hanno faticato a causa di questo rapido cambiamento della domanda. «Assistiamo già a una maggiore richiesta da parte delle imprese di estendere la propria infrastruttura digitale da sedi centralizzate a edge location distribuite. Ciò accade in quanto le aziende scalano e supportano le interazioni in tempo reale grazie all’interconnessione strategica dei flussi di lavoro più vicini e trasversali alle persone, alle cose, ai luoghi, al cloud e ai dati», dice George.

È necessario dunque lanciare servizi digitali globali, che siano modulari e scalabili con agilità e sviluppare sempre più esperienze digitali: concerti online, pagamenti digitali, insurtech, ai as a service. E i provider devono prepararsi ai numeri monstre che George elenca: «i digital service provider, all’interno di settori come le telecomunicazioni, i servizi cloud & IT, i content & digital media, e i provider di tecnologia, aumenteranno di 5 volte la larghezza di banda della connettività privata entro il 2023, spinti da una maggiore richiesta da parte delle imprese di colmare i divari digitali at the edge. Nel 2023 si prevede che questa larghezza di banda crescerà a 16.300 terabyte al secondo (+45%) (equivalenti ai già citati 64 zb di dati scambiati annualmente). Si tratta di un aumento del 20% più rapido rispetto alle stime pre Covid». 

 

Chi ha più bisogno di digitalizzarsi (geografie e settori)

I sistemi di alimentazione di Equinix comprendono sistemi completi di gruppi di continuità (UPS) con livelli di ridondanza pari o superiori a N+1 e sistemi di generazione di riserva in caso di guasto di un servizio locale. In caso di interruzione di corrente, le batterie si accendono immediatamente, seguite nell’arco di 8 secondi dai generatori che possono alimentare l’intero data center

Dal punto di vista geografico il Nord America guida con un valore di 1598 terabyte al secondo e si prevede una crescita annuale del 43% fino al 2023; segue l’Europa che registrerà un aumento annuo del 45% rispetto alla larghezza di banda attuale di 960 terabyte al secondo. L’Asia Pacifica che domina nel campo di cloud e servizi It ha una capienza di 850 terabyte al secondo (e si stima il +47% annuo). L’America latina domina nei social media e nei contenuti ma è più indietro in termini di lunghezza di banda con una capacità inferiore ai 300 terabyte al secondo ma il tasso di crescita superiore in assoluto (+51% annuo). Tra i settori, Equinix prevede che le Telecomunicazioni cresceranno a un Cagr del 50% e che nel 2023 rappresenteranno quasi il 31% di tutta la larghezza di banda di interconnessione, che i servizi Cloud e IT cresceranno a un Cagr del 48%, poiché le organizzazioni trasformano i flussi di lavoro per diventare completamente digitalizzate e il segmento Contenuti e Media avrà tassi di crescita del 50% annuo.

Prima della pandemia del Covid-19, le imprese registravano la più rapida crescita della larghezza di banda di interconnessione. Molte stanno ora rallentando i progetti digitali non generatori di reddito per concentrarsi sui flussi di reddito. «Tuttavia, con il mutamento dei mercati tradizionali, le imprese stanno trasformando le infrastrutture per seguire le best practice dei provider di servizi, con il risultato di accelerare la crescita nei prossimi quattro anni. I settori Sanità e Scienze della vita e Pubblica Amministrazione e Istruzione guidano i settori industriali tradizionali delle imprese in quanto soddisfano i nuovi requisiti imposti dal Covid-19», spiega George. Si prevede che la collaborazione intersettoriale e i servizi digitali geograficamente distribuiti determineranno un aumento della larghezza di banda di interconnessione pari a 5 volte con un Cagr del 47% entro il 2023. I settori bancario e assicurativo, Sicurezza & Trading, Manifattura e servizi aziendali e professionali rappresentano insieme il 30% della larghezza di banda di interconnessione globale, con un Cagr del 39% sul periodo 2019-2023. Un Cagr medio quinquennale costante del 39% dovrebbe raggiungere un tasso di crescita del 50% entro il 2023.

 

I macro trend che guidano i nuovi modelli di digitalizzazione

Affinché le apparecchiature funzionino al massimo, ogni data center ospita un sistema di controllo della temperatura multicomponente attivo 24/7

«Ci sono alcuni macro trend che guidano la transizione digitale. Il primo è il digital business: le interazioni real time richiedono sempre maggior interconnessione di persone, cose, luoghi, cloud e dati. Non si può prescindere però dall’urbanizzazione che richiede che la interconnessione sia localizzata laddove si concentrano persone, cose e marketplace. Si stima che il 70% del nuovo valore creato nel prossimo decennio sarà basato su modelli di business digitali», spiega George. Il Gxi prevede che la larghezza di banca cresca anche se l’economia rallenta, a dimostrazione che la crescita dell’economia digitale non è legata all’economia fisica e non può essere stimata sulla base delle metriche tradizionali, come il Pil. Il terzo trend è la cibersecurity: man mano che la digitalizzazione diventa pervasiva è richiesto un controllo di sicurezza distribuito e interconnesso nei punti dove esistono business digitali. «Gli ultimi due trend attraverso cui si snoderà questa dinamica sono la compliance che dovrà essere rafforzata per sostenere enormi volumi di dati, e la creazione di ecosistemi di business, anche questi digitali, che interconnettano partecipanti e supportino i flussi di business digitali», continua George.

Il Covid ha avuto anche un altro effetto, ampliando le opportunità di allinearsi al trend generale e di cavalcare l’onda della digitalizzazione per beneficiarne, per tutti, leader, follower e aziende provider. «Il Covid ci ha mostrato come i leader sanno sfruttare l’interconnessione per aumentare il potere delle infrastrutture digitali e adattarsi rapidamente ai cambiamenti. I digital followers dal canto loro necessitano di essere aiutati per riuscire a gestire la forza lavoro da remoto, accedere in sicurezza ai sistemi e al cloud; i digital provider infine devono assecondare una domanda di digitalizzazione che è letteralmente esplosa, moltiplicando virtualmente i punti di accesso migliorando ampliando le capacità. E intanto i digital leader hanno visto il gap che li separa dagli altri ampliarsi a dismisura, grazie alle partnership che hanno attivato e alla loro capacità di espandere il valore del proprio portafoglio».














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