Starace: le nuove strategie di Enel per la decarbonizzazione, dopo i recenti shock…

di Marco De' Francesco ♦︎ La transizione energetica in Italia e Spagna procede molto a rilento e tenendo questo passo gli obiettivi di net zero saranno raggiunti, rispettivamente, nel 2109 e nel 2154. Lo evidenzia uno studio di Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti. Decarbonizzare, però, è fondamentale per raggiungere l'indipendenza energetica perché «se dipendiamo dal gas, siamo più fragili», afferma il ceo Starace. Le cinque proposte di Enel. E su extraprofitti e nucleare...

Una strategia nazionale “Net Zero”, e cioè un piano di radicale decarbonizzazione al 2050 di industria, trasporti, power, building e infrastrutture, si può realizzare con investimenti pari alla cifra “monstre” di 3.351 miliardi di euro; ma garantirebbe benefici considerevoli: ritorni economici per 328 miliardi2,6 milioni di posti di lavoro, una minor spesa per 614 miliardi per costi connessi alla salute e alla minore produttività e un risparmio sulle spese dei combustibili fossili di 1.914 miliardi. Il Paese sarebbe più sicuro, più autonomo dal punto di vista energetico e più competitivo.

È emerso dallo studio “Net Zero E-conomy 2050”, realizzato da Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti in collaborazione con Enel e anticipato al forum Ambrosetti di Cernobbio in un evento cui hanno preso parte il ceo e general manager di Enel Francesco Starace, il managing partner e ceo di Ambrosetti Valerio De Molli e il docente dell’European University Institute Andris Piebalgs. L’analisi ha preso in considerazione non soltanto l’Italia, ma anche la Spagna.







Starace ha confermato l’impegno di Enel per la decarbonizzazione delle proprie attività con 10 anni di anticipo rispetto all’orizzonte dello studio, nonché il no dell’azienda agli sviluppi sul nucleare. Quanto alla crisi energetica in corso, il ceo propone un cap all’indice della borsa speculativa di Amsterdam.

C’é bisogno di un cambio di marcia per la decarbonizzazione

Obiettivo dell’Unione Europea è quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.  Il fatto è che nel 2021 emissioni globali di anidride carbonica hanno raggiunto la cifra monstre di 36,3 miliardi di tonnellate, contribuendo – secondo gli scienziati dell’Ipcc (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu) al riscaldamento del pianeta. Tuttavia, sia in Italia che in Spagna si registrano criticità nel processo di transizione energetica: le performance, secondo lo studio, sono in entrambi i Paesi insufficienti sia nel breve che nel lungo periodo. In pratica, considerato l’andamento inerziale – e cioè “di questo passo” – la prima conseguirebbe il target nel 2109, la seconda nel 2154, oltre un secolo dopo. D’altra parte, il divario tra il trend inerziale e i traguardi nazionali è di circa 151,2 milioni di tonnellate di Co2 per il Belpaese e di 136,9 milioni per Madrid.

«Occorre accelerare il passo, avanzare al ritmo serrato» – afferma De Molli.

Emissioni di gas serra in Italia e Spagna, 1990-2050E (milioni di tonnellate di CO2 equivalente)

La decarbonizzazione è uno strumento chiave per il raggiungimento dell’indipendenza energetica

L’Europa dipende per il 57% dalle importazioni di energia e nel ventennio 2000-2020 questa quota è rimasta invariata. Una situazione aggravata dal conflitto russo-ucraino, che ha determinato un’ulteriore impennata dei prezzi. L’Italia in particolare è seconda tra i Paesi Europei in base all’indice di dipendenza dal gas naturale (41%). È “superata” solo da Malta, che però è un’isola che importa quasi tutto, non disponendo di risorse proprie. La Spagna è ottava, a quota 26%. Va detto che molti Paesi importanti, come quelli citati, e come la Germania e la Francia, hanno aumentato considerevolmente nel citato periodo la propria dipendenza. Per molti di loro, la fonte più importante era costituita – prima della guerra – dalle riserve russe.

C’è un altro indice da tenere in considerazione: il “gas intensity of Gdp”, e cioè «quante tonnellate di gas occorrono per fare un milione di euro di Pil. In Olanda, 46; in Svezia, 2. Ma va detto che il primo Paese dispone di risorse proprie» – afferma De Molli. L’Italia è quinta, in Eu, a quota 35; la Spagna tredicesima, a quota 23.

Va anche detto che negli ultimi 10 anni si è assistito ad una complessiva riduzione della dipendenza energetica in Italia e Spagna (- 9% in entrambi i Paesi) dovuta a un aumento del tasso di elettrificazione (+ 1,5% in Italia e + 3,3 in Spagna) a sua volta legata alla diffusione delle energie rinnovabili (+ 2% in Italia e +4,7% in Spagna).

Secondo Starace, «in realtà intraprendere la strada della decarbonizzazione è una scelta che il Paese deve fare. Non si tratta di una possibilità, ma di una necessità storica in quanto la dipendenza dal gas indebolisce l’Italia in termini di competitività. Se dipendiamo dal gas, siamo più fragili».

Negli ultimi 10 anni si è assistito ad una complessiva riduzione della dipendenza energetica in Italia dovuta a un aumento del tasso di elettrificazione, legato alla diffusione delle energie rinnovabili

Due scenari: “low ambition” e “net zero”

Il primo è quello che emerge proiettando al 2050 i piani nazionali per l’energia e il clima di Italia e Spagna (Pniec e Necp), che hanno un orizzonte naturale al 2030. Il secondo è quello che deriverebbe dalla citata strategia “hard” al 2050.

«Non era atteso, ed è anzi stata una sorpresa, ma il primo scenario di decarbonizzazione, quello meno radicale, costa più del secondo. Infatti il “Net Zero” prevede i citati investimenti in Italia e 2.215 in Spagna, mentre per il “Low Ambition” le cifre sono 3.899 miliardi per Roma e 2.761 per Madrid. In entrambi i casi, la spesa maggiore riguarderebbe i trasporti, rispetto al power, al building, all’industria e alle infrastrutture» – afferma De Molli.

Insomma, accelerare sulla decarbonizzazione conviene. Per Starace, «l’Italia e la Spagna devono essere più ambiziose sulla strada della decarbonizzazione. È in corso un cambiamento strutturale dell’economia: bisogna smettere di bruciare soldi con il gas e si deve iniziare ad investire per generare valore, guardando al futuro. Noi già prima della guerra avevamo deciso di abbandonare il gas entro il 2040, e faremo tutto il necessario per dare il nostro contributo ai due Paesi».

Per Piebalgs «con scelte coraggiose, saremo meno esposti alle fluttuazioni di mercato. Inoltre, godremo di molti vantaggi in termini di efficienza di sistema. Peraltro, tutto fa pensare che la transizione intrapresa dall’Europa sarà veloce».

Lo scenario “net zero” straccia il “low ambition” anche sul fronte della crescita e dell’occupazione

«Se confrontato con il “Low Ambition” allo scenario “Net Zero” sono associati anche in Spagna benefici rilevanti entro il 2050 in termini di ritorni economici (223 miliardi di euro), di occupazione (1,8 milioni di posti di lavoro), di riduzione dell’inquinamento ( – 317 miliardi di euro di costi connessi alla salute e alla minore produttività), e di risparmio sulle spese dei combustibili fossili (- 1.279 miliardi di euro).


Investimenti per settore nello scenario “Net Zero” in Italia (grafico di sinistra, valori assoluti in miliardi di Euro) e Spagna (grafico di destra, valori assoluti in miliardi di Euro). 

Il modello è identico. Rispetto ad oggi, peraltro, lo scenario “Net Zero” garantisce in entrambi i Paesi vantaggi in termini di sicurezza” –  energetica, abilitando una riduzione dell’intensità dell’utilizzo di gas sul Pil (-94% e -92% nell’indice rispetto al 2020) e della dipendenza energetica (-73,5% e -54,9% sempre rispetto al 2020)» – afferma De Molli.

Due prerequisiti e cinque proposte

Francesco Starace, ceo di Enel

Lo studio ha definito due prerequisiti e cinque proposte di policy per accelerare il percorso verso un’economia a zero emissioni.

Il primo prerequisito è costituito dalla necessità di garantire stabilità, trasparenza e coerenza delle politiche e misure energetiche europee, nazionali e locali; il secondo è quello di sostenere la produzione industriale nel potenziamento delle tecnologie green esistenti, nello sviluppo di nuove soluzioni verdi e nell’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili.

Una proposta che riguarda trasversalmente tutti i settori è quella di garantire una forma di cooperazione più forte e un maggior grado di armonizzazione nella governance della transizione energetica a livello europeo.

Nel settore elettrico si intende semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili, facilitare gli interventi sulle infrastrutture energetiche, promuovere la gestione della domanda, e la diffusione di strutture di stoccaggio e di soluzioni per la flessibilità.

Nei trasporti, si vuole semplificare le procedure per la realizzazione di infrastrutture di ricarica, rafforzare la collaborazione tra tutti gli attori della mobilità green, incentivare l’interoperabilità, ottimizzare i tempi di connessione alla rete e favorire l’elettrificazione del Traporto Pubblico Locale (Tpl).

Per il settore industriale, si intende sostenere il passaggio tecnologico verso soluzioni più ecologiche, creare laboratori di trasferimento tecnologico per l’elettrificazione diretta e indiretta, e favorire i sistemi di demand-response.

Infine, nell’ambito degli edifici, lo studio propone di definire l’eliminazione graduale delle caldaie a combustibile fossile – tramite un quadro giusto, stabile e trasparente per quanto riguarda le pompe di calore – e creare uno sportello unico per sostenere il rinnovamento degli edifici.

Note d’attualità

1)      Un cap per l’indice Ttf

Secondo Starace, «il cap non va posto al prezzo del gas, ma all’indice che determina attualmente la grande volatilità dei costi, il Ttf».

Il Ttf (Title transfer facility) è anzitutto il mercato di riferimento per lo scambio del gas e ha sede ad Amsterdam. I valori dell’indice sono calcolati come media aritmetica  delle quotazioni giornaliere riferite al mese di fornitura. «Il problema è che il Ttf ha incorporato il rischio geopolitico derivante dal conflitto russo-ucraino, e ciò ha determinato un rialzo dei prezzi che è irrealistico: in nessun caso il gas può costare 300 euro al Mw, partendo da sette anni in cui valeva dai 20 ai 30 euro a Mw. Dal momento che questo indice è impazzito, conviene a tutti porre un cap: bisogna smetterla di farsi del male in Europa» – commenta Starace.

2)      Ancora incertezza sulla vendita di Enel Russia

A metà giugno Enel ha firmato accordi con Pjsc Lukoil e con il fondo privato Gazprombank-Frezia per la cessione dell’intera partecipazione detenuta in Enel Russia: il 56,43% per un corrispettivo di 137 milioni di euro da corrispondere al closing. Solo che ad agosto un decreto del presidente della Federazione Russa ha congelato l’operazione a tempo indeterminato.

«Operazione che può essere  riaperta solo a seguito di una richieta alle autorità russe da parte di Lukoil. Quest’ultima ha già inoltrato la domanda: vediamo se e quali reazioni ci saranno» – commenta Starace.

3)      No ad un futuro nucleare per Enel

Ancora nel 2007 un accordo intergovernativo (Prodi-Sarkozy) attribuiva ad Enel la possibilità di prendere parte allo sviluppo di un reattore nucleare di nuova generazione, l’Epr di Flamanville, in Normandia, in una partnership guidata dalla francese Edf. Nel 2012, a seguito di consistenti rialzi di costi e dell’allungamento dei tempi di realizzazione, le due società avevano divorziato, ed Enel si era ritirata dal progetto. Si era parlato, in questi ultimi mesi, di un possibile nuovo interesse di Enel per il nucleare.

«Dal momento che il reattore di Flamanville deve essere ancora completato, il discorso finisce qui» – commenta Starace.

4)      Extraprofitti? Non da parte di Enel

«Abbiamo pagato 50 milioni, e finiremo per raggiungere quota 70 milioni. Questo è quello che risulta da corrispondere con la norma sugli extraprofitti. Che noi non realizziamo: noi vendiamo energia due anni avanti, sulla scorta del prezzo delle materie prime dell’anno precedente. Agiamo così per consentire ai clienti di navigare in un mercato calmierato. Se poi le recenti disposizioni governative hanno deluso qualcuno, ciò può significare solo due cose: o che gli extraprofitti non esistevano, o che li si è andati a cercare nel luogo sbagliato» – termina Starace.

5)      Il razionamento sfiora soltanto Enel

«Di per sé, il razionamento colpirà la domanda di gas, e ciò e trascurabile per Enel. Altro discorso è se ciò dovesse riguardare la richiesta di energia elettrica da parte dell’industria: questo avrebbe un peso per noi. Ancora non sappiamo, stiamo a vedere» – afferma in ultimo Starace.














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