Marco Gay a ruota libera su industria digitale, politica industriale, Pnrr…

di Filippo Astone e Chiara Volontè ♦︎ 75,3 miliardi di euro di valore e una crescita del 5,3% nel 2021: sono i numeri del mercato digital in Italia. Un trend che sta spingendo il 4.0 e la transizione green. La sfida: maggior consapevolezza da parte di aziende e governo e focus sulle competenze. Gli obiettivi di Digital Magics e l’ecosistema delle start-up. Intervista al presidente di Anitec-Assinform

Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform

«Il mercato digitale in Italia è cresciuto del 5,3% nel 2021, per un valore complessivo di 75,3 miliardi di euro. E anche in questo 2022 il margine di miglioramento sarà superiore ai 3 punti. Le nostre imprese e le nostre amministrazioni stanno investendo nella digitalizzazione: stiamo percorrendo la strada giusta, con consapevolezza».

Tutto sembra finalmente andare bene per Marco Gay, che con vari incarichi è un personaggio chiave del mondo digitale italiano, di Confindustria e del variegato universo delle start-up. Dalla sua intervista con Industria Italiana emerge il ritratto di un panorama tecnologico che ha finalmente assunto una velocità europea, con il Governo che, indipendentemente dal colore, ha capito che cosa deve fare. Merito soprattutto delle azioni innescate con il primo piano Industria 4.0 e i suoi incentivi, ma anche di tanti altri fattori. Protagoniste sono soprattutto le tecnologie abilitanti l’industria e cioé, in ordine decrescente: Cloud, Big Data, Cybersecurity, IoT. Nonché l’automazione e la robotica.







«Quando si parla di digitale si parla di un’industria che accelera la crescita, la produttività e la competitività delle altre industry con cui viene a contatto. Il governo deve mettere le imprese nella condizione di investire in tecnologia attraverso una politica industriale condivisa». E l’importanza del digitale per la crescita del sistema Paese si evince anche dal Pnrr, che ha dedicato alla digital transformation la Missione 1 del Piano – poco meno di 50 miliardi – per permettere una maggiore velocità di penetrazione del mondo Ict all’interno di imprese e Pa. Marco Gay è presidente di Confindustria Piemonte (in passato ha anche guidato i Giovani di Confindustria e fatto parte del cda del Sole 24 Ore) e di Anitec-Assinform – l’associazione di categoria aderente a Confindustria che raggruppa l’80% delle aziende del mercato Ict, software ed elettronica di consumo. Ed è anche Presidente esecutivo di Digital Magics, società quotata che svolge attività di venture capital e di investimenti. Il business incubator di start-up innovative digitali quotato in borsa ha in portfolio 84 start-up per un valore di 58 milioni (al 31/12/2021). 

 

D. Dottor Gay, il mercato digitale in Italia ha chiuso il 2021 in crescita del 5,3%, per un valore complessivo di 75,3 miliardi di euro. Le nostre imprese e le nostre amministrazioni stanno finalmente investendo nella digitalizzazione?

R. La crescita del mercato digitale è un trend iniziato cinque anni fa e continua in questa direzione, dimostrando di essere sempre più protagonista di tutta l’evoluzione 4.0. Sono i digital enabler o digital transformer, ossia le tecnologie che hanno un impatto straordinario rispetto a tutta l’industria, a tracciare questo percorso positivo. Parliamo innanzitutto del cloud, che prosegue una crescita di oltre il 24% attestandosi a 4,2 miliardi di euro di valore. Seguono i big data, che crescono del 15%, e la cybersecurity (+12,6%). Bene anche Internet of Things, blockchain e intelligenza artificiale, sempre più alla portata delle imprese. Sono tecnologie che di per sé producono valore, ma che applicate a sistemi industriali anche complessi estraggono valore, competitività, produttività. E sono anche i veri trasformatori della robotica e dell’automazione. Nel 2022 il mercato è previsto ancora in crescita, sebbene in rallentamento rispetto a quanto registrato nel 2021, con un aumento del 3,6%, dal momento che alcuni settori stanno risentendo maggiormente degli effetti della crisi internazionale. Tuttavia, le previsioni relative ai tre anni successivi (2023-2025) sono orientate a una ripresa della crescita e si ipotizza che il mercato digitale possa arrivare a superare i 91 miliardi di euro nel 2025.

Il quadro generale del digitale in Italia. Fonte Anitec-Assinform

D. Qual è stato il motore del cambiamento?

R. Tutto è partito con Industria 4.0, che ha puntato i riflettori sulla trasformazione in corso e sulle conseguenti necessità. Oggi possiamo finalmente parlare di consapevolezza perché i binomi prodotto-servizio, tecnologia-produzione, manifattura-servizi sono indissolubili: abbiamo capito che le filiere di produzione non possono prescindere da una trasformazione tecnologica. La rappresentanza del digitale deve essere sempre più forte e manifesta di un mondo che cambia. Quando si parla di digitale si parla di un’industria che accelera la crescita, la produttività e la competitività delle altre industry con cui viene a contatto.

Ripartizione degli investimenti effettuati dalle aziende italiane

D. La digitalizzazione, naturalmente, necessita anche di un processo di formazione che deve essere incentivato. Partendo dall’esperienza di Transizione 4.0, che cosa si può tenere e che cosa invece va migliorato?

R. È necessario impegnare denaro sulle competenze, altrimenti correremo il rischio di trovarci con tanta tecnologia ma con la difficoltà di sfruttarla. Gli skill sono centrali, determinano la competitività del sistema Paese. Oggi è il momento in cui noi dobbiamo continuare a investire nell’innovazione delle nostre aziende, gli investimenti sono imprescindibili se vogliamo avere un futuro industriale. Come Anitec-Assinform e come imprenditori chiediamo al governo di mettere le aziende nella condizione di investire attraverso un programma coerente di politica industriale.

Tecnologie esponenziali: esempi e principali caratteristiche

D. Che però sembra essere la grande assente…

R. Viviamo un momento in cui è l’incertezza la vera protagonista: oggi fare pianificazione è difficile, i budget saltano molto spesso. Una vera politica industriale dovrebbe tenere il punto in questo momento complicatissimo per le imprese, che si protrarrà anche per i mesi futuri. La prossima Legge di Bilancio sarà molto importante e sarebbe auspicabile – per non dire necessario – disporre di una linea condivisa sul tema energetico e della trasformazione tecnologica delle aziende.

Andamento del mercato digitale in Italia per segmenti (2019-2021)

D. Il Pnrr ha dato e darà un contributo decisivo alla digitalizzazione del Paese, con poco meno di 50 miliardi, di cui oltre 11 destinati alla Pa. È una cifra enorme e mai vista: ma sappiamo come spenderla? Quali sono a suo giudizio le priorità?

R. Al digitale è dedicata la Missione 1, ma è trasversale a tutte e 6. Noi ci aspettiamo più consapevolezza e soprattutto, grazie a questi soldi, una maggiore velocità di penetrazione del mondo Ict all’interno di ogni parte: sia essa imprenditoriale che nella pubblica amministrazione. La Pa può essere un grande abilitatore, dal momento che ha un impatto culturale maggiore verso le persone. Se la velocità delle riforme e la capacità di creare innovazione saranno una costante, entro il 2026 il Paese diventerà contemporaneo.

Pnrr missione 1

D. La caduta del governo Draghi e le elezioni del 25 settembre prossimo aprono una finestra d’incertezza anche in ottica Pnrr? Che cosa ci si aspetta dal governo che verrà?

Il premier Mario Draghi e il ministro del Mise Giancarlo Giorgetti

R. La strada del Pnrr è solcata, qualsiasi governo avremo non potrà modificare la direzione già intrapreso perché sarebbe incomprensibile. Come Confindustria abbiamo condiviso 18 punti di attività che per noi costituiscono le priorità, e chiaramente c’è il Pnrr da portare a compimento con le sue riforme. Chi fa impresa ha bisogno di stabilità, che è legata anche alla credibilità nei mercati internazionali. E serve anche la direzione: se la politica industriale detta un orientamento condivisa tra istituzioni e imprese questo va a vantaggio dell’intero sistema.

 

D. I nuovi dati dell’indice Desi (Digital Economy and Society Index, misura i progressi dei Paesi europei in termini di digitalizzazione dell’economia e della società), vedono l’Italia guadagnare due posizioni rispetto al 2021: ora siamo 18esimi nel ranking europeo. Stiamo andando nella giusta direzione, ma quali sono i fronti su cui dobbiamo impegnarci di più?

R. La strada è corretta, significa che c’è maggiore consapevolezza, c’è crescita. Stiamo raccogliendo i frutti di un lavoro congiunto, di un partenariato pubblico-privato in cui imprese e governo hanno collaborato con l’obiettivo di migliorare la collettività, aumentare l’integrazione di tecnologie e favorire la digitalizzazione anche delle pmi. Lo stimolo che sta dando il Pnrr, nella Missione 1, sarà necessario per continuare in questa direzione. Tenendo sempre alta l’attenzione nei riguardi della formazione: quello delle competenze deve essere un tema su cui si deve continuare a investire. Così come è necessario coinvolgere le pmi e non solo le grandi realtà, che tra l’altro sono naturalmente votate agli investimenti in trasformazione tecnologica, mentre le piccole e medie imprese, a causa della loro dimensione, faticano maggiormente.

Indice Desi 2022: l’Italia guadagna due posizioni rispetto al 2021. Ora siamo 18esimi nel ranking europeo

D. La spesa in Big data e analytics nella sanità ha registrato un +12,5% nel 2022, ma i volumi sono ancora bassi (135 milioni di euro). È arrivato il momento di elaborare una data strategy per creare valore nel mercato dell’Health partendo dai dati?

R. Il Sistema Sanitario è molto variegato, tra pubblico e privato. Il settore della Digital Health si è rivelato di importanza fondamentale per il Sistema Paese negli ultimi due anni. Le applicazioni di tecnologie digitali in Sanità sono sempre più diffuse: lo conferma la grande crescita del mercato che ha raggiunto tassi quasi a doppia cifra nel 2021. Allo stesso tempo va riconosciuto come il potenziale dei Big Data in Sanità non venga sfruttato del tutto: esistono limiti di interoperabilità, cybersicurezza e competenze digitali che devono essere affrontati con uno sforzo di sistema. Ora serve una vera data strategy per la sanità del nostro Paese e per lo sviluppo di strategie e di iniziative che mettano il dato al centro delle azioni delle organizzazioni che operano nel settore sanitario.

In questa rappresentazione ad alto livello risulta facile trovare una evidente analogia e coerenza con quanto definito nelle “Linee Guida sull’infrastruttura tecnologica della Piattaforma Digitale Nazionale Dati per l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati” responsabili della definizione delle logiche di governance, degli standard da adottare e dell’infrastruttura a supporto (catalogo, access controll etc…), le quali dovranno probabilmente evolvere per svolgere anche le funzionalità di interoperabilità asincrona (storage, pipeline)

D. Il digitale è la leva primaria per affrontare la transizione green, ma deve anche favorire l’inclusione sociale. La imprese si stanno adattando a questi nuovi modelli di business?

R. È in atto un cambiamento, che è per sua natura faticoso. Ma le imprese iniziano ad avere consapevolezza che la sostenibilità non solo è una strada obbligata, ma è anche una necessità e soprattutto un’opportunità. La tecnologia può essere un grande supporto ai tre criteri Esg (Environmental, Social and Governance), perché porta inclusione sociale e abilita la sostenibilità ambientale.

Il digitale a supporto della sostenibilità

D. Il contesto geopolitico attuale sta cambiando il modo di fare impresa. Qual è il ruolo della tecnologia?

R. L’impatto che la tecnologia ha sulle filiere diventa un fattore di consapevolezza, anche spinta dalla nuova glocalizzazione, in cui troviamo da una parte la supply chain, dall’altra il reshoring. Il ritorno in Europa, in Italia, delle aziende che avevano portato la produzione all’estero è indissolubilmente legato alla necessità di investire. L’incentivo sull’investito è uno straordinario strumento di politica industriale: Transizione 4.0 ha sempre funzionato bene, ma purtroppo negli anni è stata indebolita, non ha più l’intensità che aveva all’inizio. Inoltre, dobbiamo guardare alla creazione di innovazione dal basso, con l’ecosistema delle start-up e delle pmi innovative.

Componenti del mercato digitale a confronto (2020-2025E)

D. I dati del Mise al primo ottobre 2021 ci dicono che le start-up iscritte al registro delle imprese sono 14.032, in aumento di 540 unità rispetto al trimestre precedente. Questo trend di crescita è destinato a durare? C’è ancora potenzialità per nuove start-up?

R. Oggi si parla di oltre 16mila aziende che stanno crescendo di pari passo con la consapevolezza che l’investimento in capitale di rischio in questo tipo di società è necessario. C’è stata un’evoluzione: la prima volta che si è parlato di start-up e pmi innovative in Italia era il 2012, mentre negli Stati Uniti è dal 1980. Il vero decollo è iniziato l’anno scorso, con il superamento di 1 miliardo e 400 milioni di euro di investimento in capitale di rischio; una soglia che gli altri Paesi avevano raggiunto 6 o 7 anni fa. C’è stata un’impennata e c’è continua crescita anche per merito di operatori come Digital Magics e Cdp, che hanno promosso una politica industriale atta a favorire la nascita e la crescita dell’ecosistema delle star-tup e delle pmi innovative. E quindi degli investimenti, perché queste realtà necessitano di capitali – non di debito. Siamo più indietro degli altri Paesi ma stiamo recuperando terreno.

Il mercato digitale italiano business per dimensione aziendale (2019-2021)

D. Nel 2021 Digital Magics ha varato il nuovo piano industriale che prevede il raggiungimento di un importante obiettivo: 100 milioni di euro in termini di valore target del Portafoglio entro il 2025. Che progetti avete?

R. Digital Magics sta andando nella realizzazione del Piano industriale che abbiamo annunciato e iniziato un anno fa. Ci porterà ad avere un valore delle partecipazioni di 100 milioni di euro per il 2025 tramite la realizzazione di programmi di accelerazione quali: Human; Magic Spectrum – riguarda IoT e 5G; Magic Mind – parte a settembre, è inerente all’Ai; Fin+Tech – acceleratore fintech ed insurtech della Rete Nazionale Acceleratori di Cdp. Tutto questo per intercettare i migliori talenti e investire tra le 8 e le 10 startup per ogni parte del programma, per arrivare a un portafoglio di 150/200 partecipazioni alla fine del periodo 2025. Stiamo andando in questa direzione in maniera efficace, i programmi d’accelerazione con settembre saranno tutti partiti. Possiamo portare un contributo all’economia reale verso una trasformazione tecnologica che è necessaria. È arrivato il momento di crescere e fare sistema.

Digital Magics in numeri

D. Quali sono i settori su cui vi focalizzerete maggiormente? E quali attori sono coinvolti?

R. Sicuramente siamo particolarmente attenti al tema della trasformazione industriale: stiamo investendo in start-up che hanno un grande impatto trasformativo per i settori più tradizionali come Fintech e Proptech, basandoci sui digital enablers come IoT, blockchain, AI e Big Data.

D. Digital Magics ha da poco lanciato Magic YouMan, programma di accelerazione che promuove la sostenibilità. A chi si rivolge? E quali obiettivi si pone?

R. Magic YouMan si inserisce nel solco di un’attività che abbiamo iniziato diversi anni fa insieme a Lazio Innova, fondo della Regione Lazio. L’edizione di quest’anno è dedicata alla sostenibilità, con focus sui principi Esg e i 17 goal dell’Onu. Siamo convinti che investire in questa direzione significhi costruire pezzi importanti di un cambiamento. Andiamo dalla parte di sustainability che riguarda la persona – welfare, healthcare, working balance – alla parte consumer – innovazione dal punto di vista dei processi di acquisto, del food e agricoltura – fino al cittadino – mobility, logistica, efficienza energetica. Il tema è ampio, questo vuol dire che c’è grande capacità di creare innovazione che noi con Magic YuoMan vogliamo intercettare.














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