Con la ricerca “Automotive Suppliers Survey 2022” Deloitte si pone l’obiettivo di delineare e approfondire il sentiment e la percezione delle imprese italiane di componentistica riguardo alle prospettive di ripresa e rilancio della filiera automotive. Lo studio è stato realizzato con il contributo scientifico del Politecnico di Milano e il supporto dell’Anfia (Associazione nazionale della filiera italiana automotive)
«Dato l’effetto congiunto di eventi socio-economici imprevisti e dirompenti, che si aggiungono ai cambiamenti strutturali del mercato e alle trasformazioni radicali sotto il profilo tecnologico, le imprese della filiera sono chiamate a ripensare a fondo le proprie strategie e modelli di business, al fine di mantenere competitività in un contesto altamente mutevole» afferma Franco Orsogna, partner Deloitte Italia.
Le aziende rivelano un significativo ottimismo nella resilienza della filiera nazionale: quasi la metà (43%) si dichiara fiduciosa, rispetto a una netta minoranza (16%) che esprime invece un outlook negativo. Considerate fondamentali per il rilancio della filiera la capacità di sfruttare l’automazione e le nuove tecnologie di processo (67%) oltre alla capacità di integrare le nuove tecnologie con quelle esistenti (60%). Altrettanto centrale il ruolo delle istituzioni nazionali (es. Mise) e sovra-nazionali (es. Commissione Eu), date le priorità di intervento identificate dal cluster come l’alleggerimento degli oneri fiscali (basilare per il 71%), seguito dal potenziamento degli incentivi all’adozione di tecnologie innovative (69%) e da una semplificazione burocratica che favorisca anche gli investimenti esteri in Italia (66%). I molteplici shock dello scenario internazionale hanno amplificato i potenziali fattori di criticità, delineando un quadro destinato a diventare più complesso e interdipendente a livello sia globale sia cross-settoriale.
«Le sfide sono molteplici e interconnesse, ma al tempo stesso l’industria automotive può sfruttare un’occasione di rilancio senza precedenti anche grazie ai fondi Pnrr e Ngeu. La filiera italiana è dunque chiamata riconquistare un ruolo da protagonista tramite un approccio strategico basato su una logica di stretta collaborazione fra i diversi player della value-chain e su una prospettiva di crescita di lungo periodo» prosegue nell’analisi Franco Orsogna, Partner Deloitte Italia.
La quasi totalità delle imprese (92%) concorda nel porre al primo posto fra le preoccupazioni l’aumento dei costi di produzione, ma in prospettiva futura risultano prioritarie anche le sfide della sostenibilità e dell’economia circolare (55%), l’aumento dei costi di trasporto e della logistica (50%). Sul fronte tecnologico preoccupa il passaggio verso un’elettrificazione completa del powertrain dei veicoli (64%), destinato a causare una progressiva contrazione dei volumi di vendita di componenti relativi ai tradizionali motori benzina/diesel (57%). Infine, viene identificato il rischio derivante dalle dinamiche geopolitiche a livello globale che potrebbe nuovamente indurre misure restrittive e protezionistiche (66%). Anche la dinamica nazionale rende sensibile il settore a causa dell’incertezza potenziale del quadro politico-istituzionale (52%). Dalla survey emerge un’ampia eterogeneità di sfide e priorità gestionali: più della metà delle imprese (53%) include ben 7 categorie diverse, a conferma dell’elevata complessità e interconnessione delle variabili in gioco nel contesto di mercato. La sfida maggiormente citata fa riferimento allo sviluppo del capitale umano e di nuove competenze (77%), un aspetto che implica inevitabili investimenti e cambiamenti nella struttura organizzativa.
«Per affrontare con successo il cambiamento in atto, occorre dunque puntare sugli elementi distintivi e sui fattori di eccellenza del Made in Italy, a partire dallo sviluppo del capitale umano, del patrimonio di competenze e dei talenti. Inoltre, per mantenere competitività su mercati di scala globale, le imprese dovranno moltiplicare il proprio valore potenziale tramite nuove partnership e alleanze strategiche ad ampio raggio per mettere a fattor comune risorse e know-how ad alto valore aggiunto» sostiene Orsogna.
Le tensioni geopolitiche e la disruption delle supply-chain internazionali contribuiscono poi a posizionare al 2° posto fra le priorità gestionali l’aumento del costo di materiali, input e sub-componenti essenziali (70%), con un impatto diretto sui servizi logistici e sulle attività produttive. Coerentemente con la principale sfida gestionale, il primo ambito su cui le imprese stanno investendo risulta lo sviluppo del capitale umano attraverso l’acquisizione di nuove skill, competenze e know-how (86%), seguito immediatamente dalle attività di innovazione e R&D (84%). Più di 7 imprese su 10 (72%) stanno inoltre investendo nel potenziamento tecnologico 4.0 dei propri asset e in attività di pianificazione strategica pluriennale che, a fronte delle continue evoluzioni del contesto esterno, consentano di mantenere una vision e un percorso di sviluppo coerente nel lungo periodo
Nel complesso, dalle risposte raccolte emerge un significativo ottimismo sulle prospettive di rilancio post-Covid, come conferma l’evidenza che circa la metà delle imprese (49%) considera di trovarsi già in una “fase di rilancio” caratterizzata dal completo superamento della crisi pandemica e dall’attuazione di un piano strategico volto a rafforzare ulteriormente la capacità di resilienza futura. Ciò nonostante, il 51% delle imprese riconosce di non essere ancora riuscita a tornare pienamente ai livelli pre-Covid, di queste un terzo (33%) però dichiara di aver lasciato alle spalle la fase emergenziale. In generale soltanto una quota molto marginale di intervistati prevede che i volumi di vendita (7%) e il fatturato (6%) non torneranno ai livelli pre-crisi prima del 2024.