Dal centro studi Api l’indagine “Esportare per continuare a crescere”

Paolo Galassi, presidente di A.P.I

Il Centro Studi Api Associazione Piccole e Medie Industrie ha condotto l’indagine Esportare per continuare a crescere, esaminando il periodo Aprile-Agosto 2019.

Il campione dell’indagine

Tra le imprese esportatrici, è stato selezionato un campione di Pmi, per lo più metalmeccaniche e chimiche con sede nei distretti industriali di Milano (40%), Monza e Brianza (24%), Sud Ovest di Milano (14%), Pavia (10%) e un complessivo 12% in altri territori. Si tratta di Imprese che contano fino a 15 addetti nel 50% dei casi, da 16 a 30 nel 28% e da 30 a 100 per un 22% totale, e che registrano un fatturato da 1 a 3 milioni di euro per il 33%, da 3 a 5 milioni per il 21%, fino a 1 milione di euro per il 17% e, infine, da 5 a 20 milioni per il 29%.







 

Le Pmi lombarde scelgono di esportare

L’indagine Api rivela che, per il campione analizzato, la percentuale di export sul fatturato globale nel 2019 è risultata in aumento rispetto all’anno precedente nel 48% delle aziende. Il recipiente primario è l’Unione Europea, con un 27% a cui seguono Asia e Nordamerica.

 

Un dato confermato anche da Istat, che evidenzia come, nei primi sei mesi del 2019, i settori farmaceutico, chimico-medicinale e botanico (+28%) contribuiscano positivamente alle vendite con la partecipazione anche del tessile e abbigliamento, pelli e accessori (+7,3%); alimentare, bevande e tabacco (+6,9%), mentre a Giugno altri comparti – mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi (-26,4%), metalli di base e prodotti in metallo, eccetto macchine e impianti (-5,9%), prodotti petroliferi raffinati (-14,5%) e autoveicoli (-8,3%) – abbiano registrato una flessione tendenziale dell’export.

 

 

Gli ostacoli all’internazionalizzazione

L’internazionalizzazione è una leva di business che incide positivamente sulla crescita delle aziende. Secondo l’Api, sarebbe opportuno che il Governo garantisse una linea chiara e rafforzasse le misure per il commercio internazionale, come i finanziamenti agevolati a favore delle Pmiesportatrici e i contributi al credito per l’esportazione, affinché siano favorite nell’affrontare i numerosi ostacoli all’internazionalizzazione.

 

I fattori di criticità

Tra i principali fattori critici è possibile citare le problematiche doganali e linguistiche, la ridotta conoscenza dei mercati stranieri e la necessità di adattare il prodotto ai diversi Paesi di riferimento in base alle specifiche normative nazionali di omologazione e conformità. Dal sondaggio emerge che, nel 29% dei casi, la difficoltà è data dall’individuazione di partner commerciali affidabili. In dettaglio, solo il 41% del Pmi vende direttamente all’estero, il 47% si avvale di distributori, il 12% è presente tramite agenti e solamente un 10% ha sedi produttive o filiali di rappresentanza dirette. Inoltre, il 55% non dispone di un ufficio dedicato alle vendite internazionali, né di una figura specializzata come, ad esempio, l’export manager. Alla luce di tali considerazioni, diventa cruciale aiutare gli imprenditori a superare queste barriere, fornendo loro i mezzi necessari per effettuare scelte più consapevoli.

Le richieste di Api

Paolo Galassi, presidente di Api in una nota commenta “Le PMI lombarde costituiscono lo scheletro della nostra economia. Senza dubbio gli imprenditori devono andare oltre la vendita nei Paesi europei, oramai mercato domestico. Devono rivolgersi a mercati più ampi, con consapevolezza. Uno dei punti di forza è la qualità dei loro prodotti e servizi, un vantaggio competitivo riconosciuto a livello internazionale in numerose industries. Il loro potenziale risiede, inoltre, nella capacità di adattarsi più rapidamente all’evoluzione dei mercati esteri, grazie alla struttura snella che le contraddistingue.” Non solo: “In questo scenario, è di fondamentale importanza che il Governo si renda interprete delle eccellenze italiane nel mondo, varando, finalmente, una politica industriale stabile e duratura di medio-lungo periodo…”

Nella nota Galassi, tra l’altro afferma: “Servono, inoltre, maggiori certezze e più incentivi alla realizzazione di progetti quali, ad esempio, trasformazione digitale, formazione e innovazione”. E conclude: “Abbiamo bisogno di un Governo concreto che cambi strategia e che aiuti le PMI a crescere, non a sopravvivere. Penso ad esempio ai grandi sforzi e alla tensione che stanno vivendo alcuni settori oggi, come la filiera dell’automotive e altri comparti stretti tra dazi, Brexit e il rallentamento dell’economia dei principali partner commerciali (es. Germania). Noi imprenditori siamo in campo, ma la Politica locale e nazionale?”














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