Cybersecurity e IoT: così Deloitte ha conquistato il Cluster Fabbrica Intelligente

di Marco de' Francesco ♦︎ La multinazionale di consulenza è ora partner tecnologico del CFI. In qualità di system integrator dell’innovazione, si occuperà della sicurezza informatica delle aziende manifatturiere. E della connessione di macchine e dispositivi nell’industria. Ne abbiamo parlato con Luca Manuelli, Presidente del CFI e Cdo di Ansaldo Energia, e con i partner di Deloitte Fabio Bonanni e Andrea Muggetti

La convergenza tra la rete industriale (OT) e quella informatica (IT), la crescente diffusione di device interconnessi, hanno ampliato in modo esponenziale i rischi che un’azienda manifatturiera corre in termini di sicurezza informatica. Ancor più se la fabbrica è intelligente, quindi ipersensorizzata e iperconnessa.  Ma è stato il Covid 19 a rappresentare una svolta nella consapevolezza delle imprese quanto a cyber security: con il lockdown, hanno adottato lo smart working, modello di distribuzione del lavoro che comporta un aumento esponenziale della mobilitazione di informazioni al di fuori del perimetro tipico delle industrie.

È per questo motivo che il Pathfinder Deloitte è entrato nel Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente, l’associazione che dal 2012 riunisce tutti i portatori di interesse del manifatturiero avanzato in Italia: aziende, regioni, università ed enti di ricerca con l’obiettivo di  creare una comunità manifatturiera avanzata, stabile e competitiva. Il Cluster sta definendo la seconda Roadmap, per indirizzare la trasformazione digitale dell’industria italiana. Anche alla luce dell’emergenza Covid sarà privilegiata l’implementazione di tecnologie in grado di rendere le aziende manifatturiere più resilienti. E Deloitte dispone di competenze riconosciute nella cyber security e nell’IoT, ambiti che peraltro si incrociano.







Ma cos’è esattamente un Pathfinder? È il partner tecnologico: il suo compito è appunto quello di aiutare il Cluster a mettere a fuoco le traiettorie di sviluppo dell’innovazione, di “prevedere” il futuro delle tecnologie abilitanti. Deloitte è il secondo Pathfinder, dopo l’ingresso in Cfi di Sap Italia, filiale della softwarehouse tedesca Sap. Sarà della partita per almeno tre anni. Ne abbiamo parlato con Luca Manuelli, Presidente del Cfi  e Chief Digital Officer di Ansaldo Energia; Fabio Bonanni, Partner Deloitte esperto di cyber security e referente Emea dell’area IoT security; e Andrea Muggetti, Partner Deloitte e responsabile dei servizi di Finance Performance in ambito technology e leader del settore Industrial Product & Construction per Deloitte Central Mediterranean.

 

Deloitte in quanto Pathfinder

Luca Manuelli, chief digital officer di Ansaldo Energia nonché presidente del Cfi

I Pathfinder sono inquadrabili in due categorie: i player tecnologici, e cioè gli sviluppatori di tecnologie e applicazioni digitali a supporto del processo manifatturiero; e i system integrator, quelli in grado di supportare le aziende manifatturiere nella definizione di esigenze di innovazione tecnologica e nella relativa selezione e applicazione. Come già avvenuto per Sap come player teconolico, per poter essere accolta nel cluster, Deloitte in qualità di System Integrator garantirà alcuni elementi qualificanti richiesti a tutti i pathfinder: individuare un’area di interesse nell’ambito della roadmap; apportare risorse in grado di sviluppare i contenuti di innovazione tecnologica secondo processi definiti e coordinati dal cluster; mettere a disposizione facilities e capacità di presentazione e comunicazione di supporto per la valorizzazione i contenuti sviluppati nel loro ambito; infine, partecipare alle attività dei Lighthouse Plant e supportare specifici progetti in corso o avviarne di nuovi.

Ma cosa porta “in dote”, in particolare, il colosso globale della consulenza e della revisione Deloitte, in quanto system integrator, si occupa di tanti aspetti relativi all’innovazione tecnologica delle aziende italiane. I principali elementi interessanti per il cluster in quanto riconducibili a temi chiave della nuova roadmap dell’innovazione sono però soprattutto due: la cyber security e l’IoT. Sono due argomenti strettamente correlati: più si diffonde l’internet delle cose, più dispositivi e macchine sono collegati tra di loro e i sistemi attraverso la rete It, più cresce l’esigenza di sicurezza informatica. Secondo Manuelli, anzi, al cluster interessa la “visione olistica” di Deloitte quanto a sicurezza: si tratta di un approccio integrato a protezione sia dei dati e delle informazioni (in una parola l’IP, l’asset strategico più importante per le aziende) che degli asset fisici (fabbriche, infrastrutture critiche, ecc.): tale modello permette di associare alla cyber security la safety, e quindi la sicurezza sul lavoro (e in questa fase in primis la salute), e la security, e quindi la sicurezza fisica, attuata ad esempio con il controllo degli ingressi nello stabilimento.

Fabio Bonanni, Partner Deloitte esperto di cyber security e referente Emea dell’area IoT security

Con il new normal, e cioè con la ripresa delle attività post lockdown, questo approccio sarà fondamentale per garantire la resilienza e quindi la continuità aziendale anche rispetto a diverse aree di rischio. Peraltro, secondo Fabio Bonanni, il Coronavirus sta accelerando lo sviluppo delle tecnologie di protezione dei dati, perché la diffusione dello smart working ha determinato la necessità della mobilitazione di informazioni aziendali al di fuori del perimetro societario; e questo, in certi casi per la prima volta, ha evidenziato le lacune delle imprese in termini di governo delle identità digitali e in generale di gestione dei rischi di cyber security.

Quanto all’IoT, va ricordato che già due anni fa Deloitte era stata nominata “leader globale nei servizi di internet delle cose” dal rapporto “The Forrester Wave”. Deloitte ha ricevuto il massimo punteggi nelle categorie “Offerta attuale e Strategia”. Forrester aveva identificato i 14 fornitori più significativi di servizi IoT globali per operazioni commerciali connesse; dopodiché li aveva analizzati e classificati sulla base di 27 criteri di valutazione. Deloitte aveva prevalso sulla concorrenza. Per Forrester «Deloitte offre un’ampia gamma di servizi di valutazione, implementazione e operazioni dell’IoT. La sua pratica IoT globale comprende ingegneri, data scientist, analisti della sicurezza informatica e consulenti dedicati ad aiutare i clienti a soddisfare i loro requisiti di servizio IoT». Peraltro Deloitte nell’ottobre 2018 ha acquistato il ramo “operation” della società genovese Abo Data, azienda che ha sviluppato una propria piattaforma Iot di livello enterprise; Abo Data è partner certificato di Sap ed era già membro industriale Pmi del cluster prima dell’acquisizione da parte di Deloitte.

 

La questione della Roadmap e degli impianti dimostrativi

Andrea Muggetti, Partner Deloitte e responsabile dei servizi di Finance Performance in ambito technology e leader del settore Industrial Product & Construction per Deloitte Central Mediterranean

Com’è noto, il comitato scientifico del Cluster Fabbrica intelligente sta stilando la seconda Roadmap per la ricerca e l’innovazione dell’industria italiana. Una corsa al passo serrato, cui sono impegnati sette gruppi tematici formati da tecnici, docenti universitari e soci del cluster coordinati dal T. Tolio, Presidente del CTS del Cfi. Sono chiamati a definire le necessità della manifattura italiana in termini di innovazione tecnologica, per rendere più competitivo il settore economico più rilevante del Paese. Il primo era stato sviluppato cinque anni fa, ed era allineato alle politiche di ricerca nazionali ed europee del tempo, in particolare a Horizon 2020. Al mutare dello scenario tecnologico e di mercato, anche la roadmap va aggiornata. Di più: quest’ultima ha l’ambizione di contribuire all’elaborazione delle prime. Inoltre, la Roadmap costituisce il riferimento perla definizione degli obiettivi realizzativi che si danno i Lighthouse Plant, attraverso i bandi del Mise che periodicamente supportano la selezione e l’avvio degli stessi. Infine, dovrebbe servire a rafforzare i rapporti con cluster in ambito internazionale. «Deloitte, in quanto Pathfinder – afferma Bonanni – contribuirà alla definizione della Roadmap in virtù della sua connotazione di system integrator che conosce le tecnologie abilitanti alla trasformazione digitale. Il nostro compito è individuare le tecnologie di sicurezza e protezione dei dati più rilevanti e innovative, prevedendone le traiettorie evolutive, e sostenere i gruppi di lavoro. La nuova Roadmap dovrà necessariamente tenere in considerazione gli impatti del Covid 19, al fine di aiutare le aziende ad introdurre tecnologie che possano agevolare l’operatività aziendale a seguito dell’epidemia». Gli fa eco Andrea Muggetti: «Solo per fare un esempio: con il Coronavirus, uno dei problemi più rilevanti che sono emersi è stato quello del rallentamento / interruzione della supply chain. Ad esempio, alcune imprese, per non interrompere il proprio ciclo produttivo a causa della mancanza di forniture, si sono trovate a stampare in 3D i componenti che non si reperivano più sul mercato. Questa tecnologia digitale ha quindi rappresentato, per molte aziende, l’ancora della salvezza. Ora, è evidente che la fabbrica resiliente, quella che si intende realizzare, deve sviluppare nuovi processi in grado di attenuare gli impatti derivanti da situazioni di criticità».

Per Bonanni, Deloitte si aspetta di contribuire «a migliorare gli Impianti Faro esistenti, e ad estendere le tecnologie abilitanti anche alle PMI». Come noto, i primi quattro Lighthouse Plant sono già operativi. Si tratta degli impianti di Ansaldo Energia, Abb, Hitachi Rail e Ori Martin-Tenova. A febbraio tutti risultavano approvati dal Mise, dopo più di due anni dall’inizio della selezione effettuata dal Cluster Fabbrica Intelligente. Ognuno di loro si basa su un progetto, che si declina in specifici obiettivi di sviluppo di tecnologie “pratiche”, quelle che abilitano il progresso della manifattura. E ognuno di loro ha anche delineato un piano per l’integrazione di una parte della filiera: la prospettiva è includere nel perimetro dello sviluppo ed applicazione delle nuove tecnologie circa 300 supplier, per il 75% piccole e medie imprese. E pure i finanziamenti sono stati definiti: valgono, complessivamente, 113 milioni di euro di cui 63 per le attività di R&S: per il 69% sono soldi a carico delle aziende coinvolte, ma per il 31% si tratta di contributi pubblici. Insomma, siamo entrati nella fase 2, quella in cui si preme sull’acceleratore.  Ora però si è posta un’altra necessità: il fatto è che i grandi impianti faro dispongano di una forte capacità evocativa per imprese più piccole, ma non sempre e non del tutto rappresentano un esempio da seguire per le Pmi. Le dinamiche industriali e tecnologiche di una grande azienda non sono immediatamente compatibili con quelle delle Pmi. Perciò il Cluster sta promuovendo la nascita di Impianti Bandiera, fabbriche di piccole e medie imprese che hanno avviato positivamente un percorso di innovazione, e che possono rappresentare sul territorio degli esempi facilmente imitabili. Un passaggio verso le PMI ancora più efficace rispetto a quello rappresentato dagli Impianti Faro. I Flagship Plant sarebbero molto utili al Meridione d’Italia, dove le aziende potrebbero confrontarsi con realtà molto più simili alle proprie. Peraltro Deloitte intende portare all’interno del Cluster anche i propri clienti. Si tratta di fare «massa critica», per rendere il Cluster ancora più forte e strutturato.

Progressione delle minacce informatiche e fisiche per ogni rivoluzione industriale

Un investimento strategico

L’accordo per la partecipazione di Deloitte al Cluster è di durata triennale. «È rinnovabile – afferma Muggetti – e la nostra intenzione non è quella di fermarci dopo tre anni. Certo, al termine di questo periodo si farà una valutazione dei benefici che avremo apportato; ma stiamo mobilitando persone e risorse, perché per noi è un investimento strategico tramite il quale vogliamo portare il nostro contributo al sistema Paese. È anche un fattore di prestigio e di grossa responsabilità, per noi; e per il Cluster, visto che Deloitte rappresenta la prima società di consulenza del mondo. La nostra partecipazione ha già avuto un’eco profonda all’interno del network di Deloitte, che solo in Italia conta circa 7mila dipendenti».














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