Copia privata: Franceschini aumenta (ancora) le tasse su smartphone, tablet e memorie

Il decreto del Mibact incrementa ulteriormente i balzelli sui dispositivi digitali e aggiunge alla lista anche gli indossabili

Il ministro Franceschini ha diffuso l’allegato tecnico del decreto che sarà pubblicato a breve con cui stabilisce i nuovi balzelli

Il Ministro Franceschini viene meno alle sue promesse e aumenta ancora le tasse sui dispositivi digitali. Il nuovo decreto del Mibact impone un aumento di ulteriori 6.30 euro per l’acquisto di dispositivi digitali con un quantitativo di memoria compreso fra i 64 Gb e i 128 Gb, che diventano 6,90 superata questa soglia. E non si ferma qui: tutte le Tv dotate di funzioni per registrare i programmi (Pvr), così come i decoder, vedranno un aumento di 4 euro. Nella misura sono inclusi anche i wearable, dispositivi indossabili come gli smartwatch o i fit tracker (ma solo se sono in grado di riprodurre audio e video), e le memorie per computer, come hard disk ed Ssd.

La scusa è sempre quella: la copia privata. Come se questo concetto avesse ancora senso oggi, quando la musica passa dallo streaming di Youtube o Spotify. Il ministro Franceschini non sembra rendersi conto che il mondo è cambiato e con lui le modalità di fruizione dei contenuti e tende pure a contraddirsi, come sottolinea Cesare Avenia, il presidente di Confindustria Digitale: «Il Ministro Franceschini, contraddicendo l’impegno da lui stesso assunto lo scorso 22 aprile in audizione alla Camera dei Deputati, ha firmato l’allegato tecnico con cui aumenta il prelievo sulle tecnologie digitali più utilizzate dalle persone, e che negli scorsi mesi di lock-down hanno consentito il lavoro a distanza, la prosecuzione delle attività didattiche e il mantenimento di relazioni sociali a milioni di cittadini. Una visione miope, in netto contrasto con le esigenze di trasformazione digitale, oggi al centro delle strategie di rilancio del Paese». Avenia prosegue aggiungendo che «Risulta chiaro che la visione ministeriale che ha guidato in questi anni il compenso per copia privata è stata quella di considerare i prodotti dell’innovazione tecnologica come mucche da mungere con balzelli sempre più ingiustificabili, invece che come opportunità per sviluppare in maniera innovativa le potenzialità di allargamento del mercato dell’industria della cultura, costruire nuovi modelli di business e di remunerazione».







Della stessa opinione Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform: «Mantenere l’impianto della proposta di decreto di febbraio vuol dire applicare un’imposizione aggiuntiva che non risponde più al suo scopo originario; quindi, di fatto, mantenere e rafforzare un’accisa sui prodotti digitali in tempi in cui è invece vitale spingere sulla digitalizzazione del Paese, a partire dalle famiglie».

Mentre gli italiani cercano a fatica di risollevarsi dalla difficile crisi che li ha investiti, cercando nel digitale un’ancora di salvezza, il Ministro preferisce aumentare ulteriormente gli obsoleti balzelli sulle tecnologie, estendendoli pure a quei dispositivi che finora erano esentati. E per cosa? Per frenare un fenomeno, quello della pirateria, che da tempo ha cambiato modi e forme.














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