Bisogna produrre un Paese Resiliente

di Marco de' Francesco ♦︎ I dati dell'indice Pmi ribadiscono che la manifattura è l'elemento trainante dell'economia e della società. Ma la resilienza industriale deve diventare un elemento sistemico. E il Pnrr deve tenerne conto. Se ne parla il 5 febbraio al workshop del Cluster Fabbrica Intelligente, con (tra gli altri) Andrea Bianchi, Marco Bentivogli, Elio Catania, Maurizio Marchesini, e rappresentanti di Abb, Tenova, Menarini, Leonardo, Sap, Cisco, Siemens e Deloitte

Il risultato è straordinario: l’indice Pmi manifatturiero (Purchasing Managers Index) italiano è risalito a quota 55.1, ai massimi da 34 mesi, e colloca l’Italia al terzo posto dopo i due Paesi più efficienti e organizzati d’Europa, i Paesi Bassi (58.8) e la Germania (57.1). Il Pmi è importante perché, come indicatore composito degli acquisti dei manager, fotografa la situazione del settore: le aziende si dotano di beni e servizi perché vedono un futuro positivo e organizzano la propria attività produttiva.

Secondo il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli è anche merito del «clima di fiducia a cui ha contribuito la messa a terra di misure come il potenziamento di Transizione 4.0» – il pacchetto di agevolazioni per le imprese che investono nell’ammodernamento e digitalizzazione dei processi produttivi. La misura si basa sul credito di imposta, che ha sostituito l’iper e il super ammortamento di precedenti piani governativi. Sicuramente, però, il risultato si spiega con la resilienza del fabric manifatturiero italiano, e cioè nella capacità di reagire positivamente alle avversità e di superare eventi traumatici – come la pandemia in corso, che prima dell’estate ha prodotto la disarticolazione delle filiere e il calo della domanda mondiale.







Infatti Luca Manuelli, presidente del Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente (CFI) – l’associazione che riunisce i principali stakeholder dell’innovazione della manifattura italiana (aziende, università ed enti di ricerca, Regioni, associazioni) –  fa tre considerazioni.

La prima è che la manifattura, «unico settore che tiene», si conferma «l’elemento trainante dell’economia e della società in Italia».

Luca Manuelli, cdo di Ansaldo Energia, ceo di Ansaldo Nucleare e presidente del Cluster fabbrica intelligente

La seconda è che CFI concorda con il ministro Patuanelli a proposito del contributo di Transizione 4.0 a questo risultato, «che stanno iniziando a manifestarsi», ma occorre riportare al centro della discussione i temi dell’impresa e del lavoro.

La terza è che la resilienza, particolarmente evidente in alcuni campioni nazionali, deve diventare un elemento sistemico dell’intero apparato produttivo. E che in proposito CFI ha redatto una dettagliata proposta di politica industriale, “Produrre un Paese Resiliente”.

Di tutto ciò si discuterà in occasione del workshop annuale di CFI, che si terrà online il prossimo 5 febbraio. È intitolato “Produrre un Paese Resiliente e Sostenibile: le sfide del settore manifatturiero”. Gli iscritti potranno porre delle domande ai partecipanti. Tra gli altri, interverranno Andrea BianchiMarco BentivogliElio Catania, Maurizio Marchesini e rappresentanti di primarie realtà come Abb, TenovaMenariniLeonardoSapCiscoSiemens e Deloitte. Nel corso dell’iniziativa si parlerà anche di sostenibilità industriale, l’altro tema indicato nel titolo, e si condivideranno i risultati conseguiti dal CFI nel 2020 e gli obiettivi del 2021. L’evento sarà moderato dal direttore di Industria Italiana Filippo Astone.  

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Riportare il lavoro e le imprese al centro della discussione pubblica

Secondo Manuelli, in questa fase si tratta di riportare le imprese e il lavoro al centro della discussione «per rafforzare l’impianto degli obiettivi del Recovery Plan e supportarne la relativa realizzabilità. Occorre un battente di risorse adeguate in grado non solo di dare continuità agli obiettivi del Piano Industria 4.0 – garantendo un arco temporale adeguato – ma anche di favorire l’avvio di un percorso di allargamento degli stessi. E bisogna dedicare attenzione alle esigenze delle Pmi, che non di rado hanno un ruolo importante in molte filiere».

IHS Markit PMI Settore Manifatturiero Eurozona – dati finali

La resilienza della manifattura nella visione del Cluster

Per Manuelli “Produrre un Paese resiliente” è «una proposta diretta al decisore politico, ed è di particolare rilevanza nel momento in cui si discute l’articolazione del Pnrr, che prevede importanti investimenti nell’industria e nelle tecnologie abilitanti che devono essere supportati da debito “buono”, in grado di generare occupazione e ritorni finanziari in grado di ripagare il debito e non farlo gravare sulle spalle delle nuove generazioni».

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), presentato giorni fa al consiglio dei ministri, è il programma di investimenti che l’Italia deve inoltrare alla Commissione Europea nell’ambito del Next Generation EU – strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19. Su 196 miliardi complessivi, è stata definita la “fetta” destinata al capitolo “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”: 26,7 miliardi.

Ma cosa si intende per resilienza di sistema? E come è strutturato “Produrre un Paese resiliente”?

Risorse del dispositivo Next Generation EU per missione

1. La resilienza di sistema

Nella visione di CFI la resilienza della manifattura è un fattore organico. Si può acquisire solo in un contesto forte, dove soggetti diversi incrociano le proprie competenze. 

È uno dei motivi per cui CFI punta a garantire la crescita di un ecosistema collaborativo dove sviluppare l’innovazione di settore. Ad oggi il Cluster conta 287 membri, di cui 218 partner industriali, 7 regioni e diversi tra università, centri di ricerca, e altri. E di questo contesto fanno parte i Lighthouse  – e cioè fabbriche rivisitate in chiave Industria 4.0 che consentono ad aziende più piccole e meno avanzate di verificare quali soluzioni si possano adottare per risolvere problemi pratici, tecnologici e produttivi; ma anche i Pathfinder, i soci tecnologici del cluster, quelli in grado di contribuire all’individuazione delle principali traiettorie di sviluppo dell’innovazione a supporto della competitività della manifattura italiana; i centri di competenza; i digital innovation hub e i poli di innovazione (ad esempio il Mesap di Torino).

I primi 4 Lighthouse Plant. Fonte Cluster Fabbrica Intelligente

2. Produrre un Paese resiliente

La proposta individua tre categorie di interventi: anzitutto quelli immediati, per favorire l’accelerazione della digital transformation con l’acquisizione di beni strumentali, software, metodologie, e con l’adeguamento di soluzioni esistenti. Si parla, ad esempio di tecnologie per il lavoro a distanza o di robot in grado di garantire un alto livello di interazione con gli umani. Poi, quelli di medio termine specifici, e cioè quelli che, grazie alla ricerca e all’innovazione, possono dar vita a soluzioni per gestire l’emergenza. Si pensi, ad esempio, alle attività di commissioning e di manutenzione a distanza; e più in generale, alla collaboration basata sul Cloud. O, ancora, all’internet of action, che permette ad operatori esperti di agire a distanza e di riprodurre sensazioni ed azioni in modo interattivo e adattativo, come accade nella robotica per la medicina. Infine, quelli di medio termine a carattere sistemico, per dotare il Paese di un sistema di manifattura di pronto intervento, in grado di produrre subito beni e strumentazioni utili nell’emergenza in tempi ridotti e in grandi volumi.

il documento “Produrre un Paese resiliente” del Cluster Fabbrica Intelligente (di cui abbiamo scritto qui, qui e qui) individua interventi immediati, a medio termine e a carattere sistemico per incrementare la resilienza del sistema manifatturiero. Seleziona le tecnologie cruciali da implementare, e include una proposta di politica industriale, diretta ai decisori politici interessati: quella di dotare l’Italia di un sistema di “pronto intervento” in grado di realizzare qualsiasi prodotto richiesto dal Paese. Il lavoro è stato redatto da una task force di 50 esperti costituita nell’ambito del Cluster Fabbrica Intelligente (CFI) l’associazione che – presieduta dal cdo di Ansaldo Energia e ceo di Ansaldo Nucleare Luca Manuelli, mentre il presidente del Comitato scientifico è il professor Tullio Tolio del Politecnico di Milano – riunisce gli stakeholder della manifattura italiana di tutte le tipologie: aziende, associazioni, Regioni, università ed enti di ricerca

La sostenibilità industriale nella seconda roadmap di CFI

Il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli

Altro tema importantissimo per la manifattura è la sostenibilità industriale. Le imprese vogliono diventare meno dipendenti dall’esterno per l’approvvigionamento di risorse produttive critiche. Come si capisce, è un argomento che si collega a quello già sviluppato della resilienza: più un’industria si rende indipendente, meno è suscettibile alle ricadute di problemi che possono riguardare i fornitori.

In vista della realizzazione della seconda Roadmap – il documento strategico di Cfi per definire le necessità della manifattura italiana in termini di avanzamento tecnologico e per rendere più competitivo il settore economico più rilevante del Paese – erano stati impegnati, nei mesi scorsi, sette gruppi tematici (coordinati dal presidente del comitato tecnico scientifico Tullio Tolio) formati da tecnici, docenti universitari e soci del cluster. Uno di questi si occupava di strategie per la sostenibilità industriale, con l’obiettivo di realizzare metodi e strumenti in grado di implementare processi produttivi ad hoc. Ma quando sarà pubblicata la nuova Roadmap? «Una parte del lavoro – afferma Manuelli – è confluito nelle proposte a breve e medio termine del documento “Produrre un Paese resiliente”; dunque il processo canonico di aggiornamento della Roadmap si completerà entro il primo trimestre di quest’anno».

Risultati importanti in un anno difficile

Elio Catania, Senior Advisor e Consigliere per la politica industriale

Nonostante tutte le difficoltà cagionate dalla pandemia nel 2020, il CFI non solo non ha interrotto la sua missione di aggregazione e indirizzo della manifattura, ma ha anche conseguito obiettivi importanti. Ad esempio, è stato ampliato il numero dei Pathfinder: dopo l’accordo con Sap del 2019, nel 2020 si sono aggiunti Deloitte e Cisco e a inizio 2021 anche Siemens.

Ed è stato aumentato il novero degli Impianti Faro: dopo i grandi gruppi internazionali Ansaldo Energia, Abb, Hitachi Rail, Tenova-Ori Martin, a rivestire il ruolo di Lighthoise Plant è giunta Hsd Mechatronics del gruppo Biesse, che è quotato in Borsa. Con 80 milioni di fatturato, 340 dipendenti, Hsd è la prima media impresa ad essere insignita di tali status e missione.

Infine, anche grazie al Digital Innovation Hub Lombardia, è stato realizzato l’assessment di un campione di 17 supplier di Abb operativi in Lombardia, Veneto e Lazio e costituito da piccole e medie imprese afferenti a differenti categorie merceologiche. Nel 2019 un’esperienza del genere era stata portata avanti da Ansaldo Energia con AENet 4.0 con la collaborazione della rete dei DIH di Confindustria e dei Competence Centre Made di Milano e Start 4.0 di Genova.

 

Il futuro del Cluster

1. Cfi deve progredire in ambito territoriale, nazionale e internazionale

Il sindacalista Marco Bentivogli

«Ci sono diversi elementi – afferma Manuelli – che ci fanno essere ottimisti sul futuro del Cluster. Abbiamo raccolto, in questo periodo difficile, un  significativo interesse da parte degli stakeholder, e questo è un buon viatico. Dobbiamo però essere in grado di incidere sempre più nelle tre dimensioni in cui operiamo».

La prima è quella territoriale. Sono sette le Regioni (Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte e Puglie) che hanno formalizzato un Accordo di Programma con il Mur sulle tematiche della Fabbrica Intelligente. «L’obiettivo – afferma Manuelli – è raddoppiare questo numero in tre anni, coinvolgendo maggiormente il Sud del Paese».

La seconda è quella nazionale, di cui la Roadmap e documenti come “Produrre un Paese resiliente” sono manifestazioni. 

La terza è quella internazionale, ed in particolare quella europea. A livello continentale, Cfi mantiene rapporti con Cluster di altri Paesi e anche con le principali istituzioni. La Roadmap poi, nella sua prima versione, è stata proposta alla Commissione, che sta dedicando particolare attenzione alle politiche nazionali e regionali e che ha posto speciale enfasi sul Manifatturiero con le PPP (Public-Private Partnerships) e le KET (Key Enabling Technologies). 

Il 5 febbraio, quanto all’Europa, sarà trattato anche il tema degli Edith (European digital innovation hub), che sono poli di innovazione digitale cui sarà affidato il compito di assicurare la transizione digitale dell’industria, con particolare riferimento alle Pmi, e della pubblica amministrazione, con l’adozione delle tecnologie digitali avanzate, intelligenza artificiale, calcolo ad alte prestazioni e sicurezza informatica. Si sta definendo il loro ecosistema. Il Mise ha dato vita ad una apposita Cabina di Regia che ha comunicato il mese scorso l’elenco dei Poli ritenuti idonei a partecipare ad una call ristretta europea per selezionare quelli che faranno parte della rete degli Edih. «Quale sarà l’apporto degli Edih al miglioramento della competitività della manifattura europea? – si chiede Manuelli -. È una questione di grande rilievo nella sfida dell’Europa ai grandi colossi globali».   

 

2. Impianti Bandiera a prova di piccole aziende

Sempre nella prospettiva del futuro del Cluster, si cercherà sempre di più di portare la “taglia” dei Lighthouse a livello delle piccole e medie aziende. Si è già citato il caso di Hsd. Il modello è quello degli impianti “Flagship” la cui valorizzazione è da mesi nell’agenda del Cluster. Il fatto è che i grandi stabilimenti posseggono senz’altro una forte capacità evocativa per le piccole imprese; tuttavia, non sempre rappresentano un esempio subito “imitabile” da queste ultime. Le dinamiche industriali e tecnologiche di una multinazionale non sono immediatamente compatibili con quelle delle Pmi. Di mezzo c’è uno iato considerevole, relativo ai mezzi e alle competenze di cui dispongono colossi globali e quelli interni delle tante piccole società che costellano il fabric nazionale. Con questo, naturalmente, non si vuole dire che il lavoro dei Lighthouse più grandi sia meno utile; ma occorre un certo sforzo di “adattamento” da parte delle aziende minori.

Perciò il Cluster sta promuovendo la nascita di Impianti Bandiera, impianti o anche sezioni degli impianti produttivi, realizzati in fabbriche di piccole e medie dimensioni che hanno avviato positivamente percorsi di innovazione, e che possono essere replicati in altre realtà, rappresentando inoltre per il territorio dei campioni riproducibili. «Così – afferma Manuelli – si potrà ampliare il novero delle realtà manifatturiere interessate all’innovazione. È fondamentale, peraltro, migliorare la competitività e la resilienza delle piccole imprese. Soprattutto in questa fase, visto che molte di loro sono state colpite dalla pandemia». I Flagship Plant sono, nell’idea di CFI, particolarmente utili al Meridione d’Italia, dove le aziende potrebbero confrontarsi con realtà molto più simili alle proprie.














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