Cisco, le telco e l’Internet al tempo della pandemia

di Renzo Zonin ♦︎ Con il lockdown, il traffico Internet nel nostro Paese è schizzato verso l’alto. Le telco hanno così dovuto fronteggiare un’accelerazione improvvisa e inaspettata del lento processo di digital transformation. Le cose sembrano essere andate per il verso giusto, ma lo stellone nazionale non c’entra. Parlano Tim/Telecom, Vodafone, WindTre e Fastweb

La pandemia ha provocato nel nostro Paese un aumento imprevisto e cospicuo del traffico Internet. La Rete ha retto, grazie anche ad alcuni aggiustamenti e provvedimenti di emergenza adottati da vari player. Ma ora, che stiamo uscendo dall’emergenza, dobbiamo porci delle domande. Come è cresciuto il traffico? Tornerà ai livelli pre-Covid? E soprattutto, come si svilupperà l’infrastruttura Internet nel nostro Paese nei prossimi mesi?

A queste ed altre domande hanno risposto i responsabili dei quattro maggiori telecom provider italiani: Telecom Italia, Vodafone, Fastweb e WindTre. Che ricevono hardware, software e servizi per il networking e la cybersecurity da Cisco.







 

Cosa è successo

Il ceo di Cisco Italia Agostino Santoni e il ceo mondo Chuck Robbins

Alla fine di febbraio, con l’inizio del lockdown, nel nostro Paese tutti gli uffici considerati “non essenziali” sono stati chiusi. Per la maggior parte delle aziende, le alternative erano fermarsi o passare al telelavoro. Quasi tutte hanno scelto la seconda ipotesi e, nel giro di pochi giorni, hanno adattato il loro modus operandi alla nuova situazione. Intendiamoci, anche se si è parlato di “smartworking”, quello che quasi tutti hanno adottato è stato un modello basato sul “telelavoro”, un paradigma che era attivabile rapidamente, quasi sempre contando sul fatto che il dipendente possedesse già gli strumenti necessari: segnatamente, una connessione Internet veloce e un computer. E di fatto, a parte la caccia affannosa di alcuni uffici acquisti per procurare un notebook ai dipendenti meno informatizzati, e qualche problema di eccessivo consumo di banda per chi aveva deciso di fare affidamento sulla connessione cellulare invece che su una linea fissa, le cose hanno funzionato abbastanza bene fin da subito. Anche se in molte famiglie ci si è resi conto che la condivisione di una linea e un computer fra più persone richiedeva pianificazione. Se il problema client si poteva risolvere sfruttando tablet e smartphone, la banda rimaneva il vero collo di bottiglia. Soprattutto perché molte delle attività non solo comportavano la ricezione di stream audio/video, ma anche l’invio di dati dello stesso tipo, e questo è possibile con adeguata qualità solo dalle connessioni Vdsl o, meglio ancora, Ftth, mentre la maggior parte delle abitazioni è ancora connessa con link Adsl, spesso a basse prestazioni.

 

Cisco: la rete ha tenuto

Paolo Campoli, Leader del segmento Service Provider di Cisco

Ebbene, la notizia vera è questa: la Rete ha retto. Secondo Paolo Campoli, Leader del segmento Service Provider di Cisco, l’Italia ha visto nella prima settimana di lockdown un incremento di traffico fra i più elevati in Europa, con un +33% di dati transitati. Andando più in dettaglio, applicazioni come WebEx, il sistema collaborativo di videocall business di Cisco, ha visto triplicare le sue statistiche d’utilizzo, passando per esempio dai 153 milioni di utilizzatori di gennaio ai 500 milioni di aprile, e arrivando a gestire in un solo giorno di aprile anche 5 milioni di meeting – il 25% in più rispetto a febbraio, e circa il doppio di un tipico giorno di picco pre-pandemia.

Oltre alla crescita del traffico, si è registrata anche una forte crescita delle minacce informatiche. Prendendo come campione un giorno di aprile, vediamo che il servizio di Cisco per la rilevazione delle minacce ha intercettato oltre 9 milioni di richieste di connessione verso oltre 100mila domini con la parola “covid” o “corona”. Ebbene, il 65% di quei domini nascondeva malware, e 1.390 di essi facevano phishing. Ma nonostante tutto questo, Internet in Italia ha retto bene l’impatto del traffico supplementare, anche grazie alle immediate contromisure adottate dai principali telco, che hanno lavorato per incrementare in modo mirato la capacità dell’infrastruttura. Di questo si è discusso durante un “tavolo virtuale” convocato da Cisco, un’occasione per sentire le opinioni sul tema di aziende come Telecom Italia, Vodafone, Fastweb e WindTre.

 

L’aumento del traffico secondo Telecom Italia

Luigi Gubitosi, ceo di Telecom Italia

Secondo Michele Gamberini, Chief Technology & Information Officer di Tim, nel periodo del lockdown il traffico è aumentato più sulla rete fissa, tranne che nelle aree suburbane e residenziali dove è stata messa a dura prova anche la rete mobile. «Abbiamo registrato aumenti fino all’80% sul fisso e fino al 40% sul mobile – specifica Gamberini – e a cambiare non sono stati solo i livelli di picco, ma anche la distribuzione oraria del traffico. Sono aumentati i livelli soprattutto per la fascia che va dalle 9 del mattino alle 16:30, nella quale abbiamo assistito a un raddoppio dei livelli di traffico». Il traffico di rete mobile è di fatto diminuito in città, dove ormai la maggior parte delle famiglie ha connessioni fisse veloci, ma è aumentato nelle aree suburbane, probabilmente perché lo smartphone 4G rappresentava la connessione più veloce per partecipare a videocall e simili attività. «Dal punto di vista della tipologia del traffico, Tim ha registrato un forte aumento dell’utilizzo dello streaming video, del beowsing, del gaming on line, ma soprattutto delle applicazioni di collaboration, usate per il supporto allo smartworking e all’insegnamento a distanza. Sono applicazioni che prima erano poco conosciute, da Google Hangout ad Amazon Chime, da Microsoft Teams a Skype, fino a Cisco Webex, e sono cresciute di circa 11 volte rispetto a prima del lockdown. Anche il gaming è cresciuto molto, più che raddoppiato sulla nostra rete, mentre il browsing Internet è cresciuto del 50-60%. Ma a determinare il più grosso impatto sul traffico sono state soprattutto le applicazioni di videostreaming, che generano oggi circa il 50-60% del traffico sulle reti delle telco. A crescere di più sono state Netflix, Youtube, Amazon Prime, ma anche Tim Vision, il nostro servizio di streaming».

In effetti, il volume di dati video, già importante prima del lockdown, avrebbe potuto mandare in tilt la Rete. Se questo non è successo, si deve soprattutto a una decisione provvidenziale da parte dei fornitori di contenuti. «La decisione degli Over The Top di ridurre significativamente la qualità dei loro servizi di streaming, riducendo l’utilizzo delle codifiche ad alta definizione, ha stabilizzato l’incremento di traffico dopo le prime settimane, verso la fine di marzo. In ogni caso, nonostante l’incremento di traffico sia stato netto, la rete di Tim ha retto perfettamente e abbiamo continuato ad erogare livelli di performance eccellenti su tutto il territorio nazionale. Naturalmente le conseguenze dell’aumento del traffico si sono sentite più sulla rete mobile che sul fisso, perché sul mobile l’accesso alle risorse avviene via radio e quindi è condiviso fra tutti i clienti serviti dalla stessa cella, mentre su rete fissa l’accesso è dedicato. Sul mobile abbiamo notato inoltre un forte incremento del traffico in uplink, cioè nella tratta dallo smartphone alla Rete, che è poi la tratta più delicata dal punto di vista delle performance. Per questo siamo dovuti intervenire su quella tratta con azioni di tuning, di ottimizzazione». In generale, la rete Telecom – società che ha registrato un fatturato 2019 di 17,97 miliardi di euro –  ha mantenuto costanti le prestazioni sia in termini di throughput, sia di latenza e di perdita di pacchetti. Per raggiungere questo risultato, l’azienda guidata da Luigi Gubitosi è intervenuta in modo mirato con aumenti di capacità, in particolare focalizzati sui gateway internazionali «Circa il 50% dell’incremento capacitivo che abbiamo realizzato è stato diretto a questi gateway. Complessivamente, sulla rete in fibra ottica abbiamo realizzato incrementi capacitivi per oltre 10 Tb/s. In questo momento, la pianificazione dello sviluppo della rete è fondamentale per garantire il servizio a tutti i cittadini. Anche perché noi non ci aspettiamo che l’utilizzo di queste applicazioni collaborative finisca dopo il lockdown, ma viceversa pensiamo che si definirà un nuovo modello per la società e per il business in generale, alimentato dall’arrivo di nuovi servizi, sia nel segmento consumer che soprattutto nel segmento business».

 

Il punto di vista di FastWeb

Alberto Calcagno, ceo di Fastweb

Telecom ha una rete mista, con i backbone in fibra, e ultimo miglio in rame o fibra a seconda delle zone, oltre alla rete mobile appoggiata sui backbone. Ma come ha visto le cose un operatore nato con la fibra come FastWeb? Avrà notato differenze? «Anche noi abbiamo visto fenomeni simili a quelli della rete Tim – conferma Marco Arioli, Head of Engineering di FastWeb – Sicuramente un incremento molto forte del traffico, soprattutto nei primi giorni di lockdown, prima che gli OTT diminuissero il bitrate, quando registravamo un +50/60% del traffico totale scambiato in rete. Oltre all’incremento del picco massimo registrato nella giornata, abbiamo notato un cambiamento nel profilo di utilizzo della rete. Mentre prima del lockdown il picco avveniva nel prime time serale, diciamo dalle 18 in avanti, e nel fine settimana, quello che abbiamo avuto è un arrotondamento delle curve, con un aumento del traffico diurno, docuto anche allo smartwork e alle lezioni on line. Questo non ha comportato problemi perché le reti sono già dimensionate per sopportare questo tipo di picchi negli orari serali e nel fine settimana. Abbiamo poi notato che si sono cominciate a usare nuove applicazioni che rendono la rete più sensibile alla qualità del servizio erogato. Quindi una sensibilità maggiore alle microinterruzioni, con le VPN delle connessioni di smartworking che possono venire meno, o anche le lezioni dei ragazzi che possono sconnettersi. Tutto questo ha avuto un impatto non solo sulla quantità di traffico trasportato dalla rete, ma anche sulla qualità del servizio che viene erogato a casa dei clienti, fino ad arrivare alle reti Wi-fi. Abbiamo poi visto un incremento notevole legato al gaming on line, che sulla nostra rete è arrivato anche al 300%.

Headquarter e sede legale di Fastweb a Milano

E non solo per il traffico generato dalle partite che si stanno giocando, ma anche per quello legato per esempio al download dei giochi e al bulk transfer dei file. E anche questo ha avuto un impatto importante. Un’altra cosa che abbiamo notato è che questa situazione ha caricato soprattutto la rete di trasporto più che la coda locale. E questo perché a essere cambiato non è tanto il picco di traffico che il singolo cliente riesce a generare, quanto il traffico generato contemporaneamente da un elevato numero di clienti, tutti a casa e tutti ad usare queste applicazioni. Ecco perché la situazione critica non ha riguardato tanto la rete di accesso, quanto la rete di trasporto che aggrega tutto il traffico e risente in modo molto più marcato della contemporaneità. Per evitare sovraccarichi, abbiamo lavorato sull’incremento delle capacità di trasporto della nostra rete di backbone a lunga distanza, metro e regionale, e abbiamo lavoranto anche sull’incremento delle interconnessioni con tutti i content provider, sia a livello di peering point nazionali sia per le connessioni internazionali, per permettere a tutto il traffico di fluire». Anche l’azienda guidata da Alberto Calcagno2,218 miliardi di fatturato 2019 -, che si avvale di una rete recentissima, si è avvicinato molto alla capacità massima della sua rete, e ha dovuto intervenire preventivamente per aumentare i suoi margini di sicurezza.

 

Il lockdown visto da WindTre

Jeffrey Hedberg, Ceo at WindTre

Se Fastweb opera prevalentemente su rete fissa, e Telecom è più bilanciato fra fisso e mobile, come ha affrontato la situazione un operatore che opera prevalentemente su rete mobile? «Anche in WindTre abbiamo visto gli stessi incrementi e gli stessi cambiamenti nel modo di usare la rete da parte degli utenti – spiega Benoit Hanssen, Chief Technology Officer di WindTre – con i clienti che da casa tendono a usare più il Wi-fi che la rete mobile. Abbiamo visto la crescita degli strumenti collaborativi, come WebEx e altre piattaforme, sempre dovuti alle persone che lavorano da casa, studiano da casa eccetera. Anche se bisogna dire che comunque è sempre l’entertainment a creare il maggiore flusso di traffico, era così prima della crisi ed è ancora così anche oggi. Di fatto, il 60/70% del traffico è creato da tre aplicazioni: il primo è YouTube di Google, poi viene Facebook con Instagram e il traffico social, e il terzo è Netflix. È questo terzetto che domina negli investimenti che noi dobbiamo fare sulla rete per far fluire tutto il traffico, e questo nonostante la forte crescita che abbiamo osservato nelle altre applicazioni citate. Ora, per quanto riguarda le modifiche alla rete, devo dire che mi considero fortunato perché in WindTre abbiamo completato i lavori di ammodernamento e consolidamento della nostra rete, sia di quella fissa sia di quella mobile, proprio poco prima che iniziasse questa crisi. Di fatto, la nostra rete odierna appare completamente nuova, come si vede dalle recenti valutazioni di Open Signal. Sicuramente è stato un grande investimento quello che negli ultimi anni ci ha permesso di riprogettare la rete di WindTre, ma proprio questo ci ha permesso di gestire la situazione di crisi e il relativo incremento di traffico. E per questo continueremo a investire. Perché ora che il lockdown è finito, stiamo vedendo un piccolo decremento del traffico, siamo circa il 20% sotto il picco massimo della prima settimana, e pensiamo che mano a mano che la gente tornerà alla vita normale ci sarà un ulteriore alleggerimento, ma non crediamo che il traffico scenderà mai ai livelli pre-covid. Secondo noi, le persone si sono abituate all’uso di Internet, a queste applicazioni, a questi strumenti, e continueranno ad usarli, in un’ottica di passaggio verso la digital economy. E questo soprattutto in Italia, dove abbiamo visto più che in altri Paesi un notevole avvicinamento a Internet nelle ultime settimane». L’azienda guidata da Jeffrey Hedberg e che ha fatturato in Italia nel 2018 6,1 miliardi di euro, dunque continuerà nei prossimi anni gli investimenti per incrementare le prestazioni della rete, in previsione di una sempre maggiore digitalizzazione della nostra società. Che effettivamente in tempi di Coronavirus ha avuto un’accelerazione notevole nell’uso delle tecnologie digitali. A parte l’incremento numerico del traffico, che oggi è ai livelli che i tecnici avevano previsto si raggiungessero solo a metà 2021, molti opinionisti concordano sul fatto che senza questa crisi l’adozione generalizzata di tecnologie come il telelavoro, lo smartworking, le videoconferenze, le app collaborative eccetera avrebbero richiesto circa una decina d’anni. La pandemia è stata, insomma, un salto quantico. Almeno per le aziende che riusciranno a sopravviverle.

 

Vodafone e la pandemia

Aldo Bisio, ceo di Vodafone

Vodafone, azienda guidata in Italia da Aldo Bisio, è forse il più internazionale dei quattro player coinvoli nella tavola rotonda, e quindi ha un posto di osservazione privilegiato per capire come si sono mosse le cose in Italia rispetto agli altri Paesi europei. «L’Italia è stata il Paese precursore per quanto riguarda le reazioni al Covid e al lockdown – dichiara Marco Zangani, Head of Mobile Access Engineering di Vodafone – La prima azione che è stata fatta, quando abbiamo deciso, durante un weekend, di tenere le persone a casa in smartworking per proteggerle dal contagio, è stato di espandere la VPN e tutte le piattaforme che avevamo per il lavoro cooperativo da remoto. Abbiamo subito capito che questa cosa era la chiave per poter poi consentire la continuità delle operazioni della rete. È da sottolineare che siamo stati in grado di gestire questa mole di traffico lavorando sostanzialmente da remoto. Quello che è stato fatto in Italia è successo alcune settimane prima che accadesse negli altri Paesi, i quali ovviamente hanno avuto il tempo di prepararsi alle VPN e allo smartworking. Tanto che come Vodafone nel giro di poche settimane abbiamo messo 100mila lavoratori in smartworking e ora gestiamo circa 6 milioni di minuti di videochiamate al giorno. Ma la cosa notevole è che tutte le operazioni necessarie a gestire l’incremento di traffico sono state fatte da persone che lavoravano in smartworking, una modalità già adottata precedentemente in Vodafone, ma in questo periodo estesa al 100% del personale. Le attività di smartworking sono consolidate da tempo in Vodafone, i virtual team sono la prassi, anche per me che lavoro in un team internazionale, ma ora siamo riusciti a fare questo “skill up” in modo fluido e senza interruzioni. Quindi abbiamo fornito a tutte le persone gli strumenti necessari, e siamo loro riconoscenti per lo sforzo che hanno fatto per affrontare questa situazione».

Vodafone e il 5G a Milano

L’Italia insomma ha fatto da apripista e gli altri Paesi hanno potuto organizzarsi di conseguenza. Ma è vero che siamo quelli che hanno avuto maggiori incremento di traffico? «L’andamento del traffico a livello internazionale mostra che l’Italia ha avuto unacrescita del traffico, fisso e mobile, molto elevata. Sul mobile in particolare è quella che ha avuto la crescita più elevata, e questo mi suggerisce alcune considerazioni. La prima è che c’è stata una forte complementarietà fra le reti mobili e fisse. Nel senso che a volte è successo che la rete mobile abbia fatto fronte a carenze della rete fissa, sostituendo quest’ultima quando il suo utilizzo era più conveniente. Questo è testimoniato sia dall’aumento del traffico in tethering, sia dall’incremento del traffico in uplink, perché è chiaro che tutte le applicazioni di collaboration caricano l’uplink molto più di quanto facciano le app di entertainment o di download di video dai social network. Un’altra cosa che vorrei sottolineare è che anche la voce, un servizio che era stabile da anni, ha avuto un picco, con incrementi fino al 40%, e questo ci ha spinto a fare delle espansioni soprattutto sui punti di interconnessione. Quindi, complessivamente tutti i servizi che forniamo sono stati messi sotto pressione perché le persone si sono riversate sulle telecomunicazioni per tutto quanto era loro necessario, sia per mantenere la produttività e le proprie professioni, sia per mantenere la socialità».

 

Il futuro delle reti

Se di fatto tutte le reti dei vari operatori hanno retto l’impatto con il forte incremento di traffico, c’è da dire che l’anello debole ancora una volta si è rivelato essere quello che una volta si chiamava “ultimo miglio”, ovvero il breve tratto di linea che collega l’armadio della telco all’abitazione dell’utente. Su questo tratto l’Italia sconta un ritardo storico, risalente alla fine del secolo scorso, quando le telecomunicazioni erano ancora in regime di monopolio o poco dopo, le dorsali digitali erano Atm, le aziende si collegavano via Itapac, e per l’ultimo miglio la scelta era fra l’analogico e l’ISDN (a 64 kbps). All’epoca, progetti ed esperimenti pilota di reti in fibra (o miste fibra/coassiale come il Progetto Socrate) erano nati ed erano finiti nel dimenticatoio senza troppo clamore, abbandonati in favore della tecnologia Adsl che sembrava più promettente. Solo molti anni dopo si capì l’errore di non aver puntato direttamente su una rete tutta in fibra, ultimo miglio compreso – anche se, a parziale giustificazione della scelta, bisogna dire che i costi di cablaggio all’epoca sarebbero stati elevati, e i servizi in grado di sfruttare la banda larga, televisione a parte, erano interessanti solo per una ristrettissima nicchia di utenti. Oggi, la situazione è radicalmente diversa, e se prima del Covid qualcuno poteva ancora illudersi che la maggior parte della clientela potesse accontentarsi di un accesso a Internet via Adsl, con velocità di uplink nettamente più bassa di quella in downlink, e con minimi di banda garantita pericolosamente bassi, oggi è chiaro a tutti che questo non è più possibile. Quali soluzioni stanno dunque implementando le telco per dare a tutti i clienti italiani un accesso adeguato alle nuove esigenze?

Utilizzo di Cisco Webex nel mondo pre Covid

Secondo Gamberini, Tim continua a investire nella rete, con l’obiettivo di connettere le zone ancora soggette al digital divide. Negli ultimi due mesi, la connessione Fttc è arrivata in oltre 1000 nuovi comuni, coprendo oltre un milione di unità immobiliari con circa 7.000 nuovi cabinet. L’obiettivo è di realizzare una copertura ultra broadband con un mix di accessi Ftth, Fttc e soluzioni specifiche per arrivare anche alle cosiddette aree bianche. Inoltre, per garantire (oltre all’accesso) una elevata qualità di servizio, Tim sta evolvendo la sua rete verso un’architettura all-IP ad elevata automazione, che vada dall’accesso al backbone. Si tratta di un passo obbligato per poter, in futuro, sfruttare le potenzialità del 5G a livello della “periferia” della rete. La rete 5G potrebbe dunque essere la chiave di volta del discorso, visto che promette di realizzare un accesso distribuito, multimodale, e con caratteristiche di banda, latenza e qualità della connessione elevatissime, andando a superare l’antico dualismo fisso-mobile. Secondo Hanssen di WindTre, la crisi ha dimostrato che è necessario continuare a crescere in velocità e capacità, e quindi bisogna investire sul 5G. E infatti il loro lavoro sulla rete 5G non si è interrotto. WindTre è nelle fasi finali dei test del software necessario ad attivare le antenne, e prevede di avere i primi siti attivi il mese prossimo. Il primo obiettivo è la copertura nazionale, da raggiungere entro l’inizio del 2021 riutilizzando asset esistenti e aggiornandoli per abilitare la transizione alla nuova tecnologia. Questo permetterà alle persone di sperimentare e di capire cosa possono fare con il 5G. Nel frattempo, abbiamo già dato il via anche alla Fase 2, ovvero stiamo preparando il dispiegamento delle nuove frequenze che abbiamo acquistato appositamente per il 5G. Inoltre, Hanssen puntualizza che anche la fibra ottica avrà un ruolo fondamentale nel 5G. “Stiamo connettendo in fibra tutti i nostri siti mobile – spiega – non solo le stazioni radio, ma anche il resto della rete, i server, in modo da abilitare applicazioni come l’edge computing e altre. La fibra è importante in una rete mobile, anche come connessione diretta ai clienti. Per questo stiamo collaborando attivamente con Open Fiber e siamo molto soddisfatti dei progressi che stiamo compiendo. Tutti trarremo vantaggio dal 5G, ma soprattutto le aziende, e soprattutto adesso che sono impegnate nella digital transformation. Il 5G è un componente fondamentale, non è l’unico, ma è importante per completare questo processo di transizione verso il mondo digitale».

Traffico di Cisco WebEx. Il sistema collaborativo di videocall business di Cisco, ha visto triplicare le sue statistiche d’utilizzo, passando per esempio dai 153 milioni di utilizzatori di gennaio ai 500 milioni di aprile, e arrivando a gestire in un solo giorno di aprile anche 5 milioni di meeting – il 25% in più rispetto a febbraio, e circa il doppio di un tipico giorno di picco pre-pandemia

Un altro vantaggio del 5G è costituito dal fatto che le reti dovrebbero avere una copertura capillare, molto più di quanto non succeda oggi con l’accesso alla fibra o anche all’Adsl. Ma quanto è concreta la possibilità che le PMI italiane possano dotarsi di accessi Internet a larga banda tramite connessioni 5G di tipo Fwa, ovvero Fixed Wireless Access? Secondo Arioli di FastWeb, la necessità di avere accesso a larga banda ovunque è ormai innegabile: «A conferma di ciò, nei mesi di marzo e aprile abbiamo avuto un aumento del 40% di richieste di nuove attivazioni per linee ultrabroadband. Ci sono anche richieste di trasformazione di linee esistenti in linee più veloci, ma la metà delle richieste riguarda nuove attivazioni» puntualizza. L’accesso ovunque serve soprattutto perché il concetto stesso di luogo di lavoro è cambiato. Oggi insomma la telco non si può limitare a raggiungere con la fibra la sede dell’azienda: deve raggiungere i singoli dipendenti sul loro luogo di lavoro, che può essere ovunque: l’ufficio, l’abitazione, la sede di un cliente, un treno in corsa. «Per questo pensiamo che il 5G sia una risposta – continua Arioli – sia dal punto di vista mobile (e per questo abbiamo in corso un piano in partnership con Wind Tre per raggiungere la copertura nazionale nei prossimi 5/6 anni), sia per il fisso, e per questo abbiamo lanciato un piano per raggiungere 8 milioni di abitazioni e imprese che si trovano nelle aree “grigie”, ovvero le città medio/piccole, quelle in cui i piani fibra non sono ancora arrivati in modo pervasivo. In questo modo potremo fornire alle abitazioni e alle imprese di queste zone una connettività al passo con quella di cui dispongono i clienti situati nelle maggiori città, consentendo a questi soggetti – soprattutto piccole e medie imprese, che sono l’ossatura del nostro Paese – un deciso balzo in avanti sulla strada della digital transformation. In quest’ottica, l’accesso Fwa tramite il 5G è fondamentale perché riunisce tre caratteristiche fondamentali: la velocità della linea, la qualità della linea, e soprattutto la rapidità con la quale è possibile effettuare il deployment dell’infrastruttura. Anche la fibra Ftth fornisce accesso veloce e di qualità, ma il deployment di una rete in fibra capillare, in particolare per quanto riguarda la linea secondaria, cioè gli ultimi 500/600 metri fino alla casa dell’abbonato, è particolarmente impegnativa e onerosa anche dal punto di vista del tempo richiesto».

Aumento del traffico su Cisco Webex con il Covid-19 (dal blog di webex)

Un altro aspetto sul quale le telco stanno lavorando è quello dell’automazione delle reti, se non addirittura della virtualizzazione. In Giappone, per esempio, esistono operatori come Rakuten Mobile che sono completamente virtualizzati, la loro rete è software defined e sono quindi nettamente più agili di qualsiasi operatore convenzionale. Ma in Europa? In Vodafone, da alcuni anni si è investito sull’automazione della rete, nel software defined networking e nella vitualizzazione. «Da anni investiamo nelle tecnologie cosiddette Soon, Self Organizing and Optimizing Network per la nostra rete mobile – spiega Zangani di Vodafone – sono delle soluzioni che ci permettono di configurare automaticamente gli apparati, ma anche di gestire problematiche di mobilità o capacità in tempo reale o near real time. Abbiamo cominciato con le prime tecnologie arrivate sul mercato, e proseguiamo tuttora per un motivo molto semplice: il mondo delle telecomunicazioni è in crescita esponenziale, da anni cresciamo a doppio digit, 40/50%, e ci aspettiamo che la crescita continuerà per molto tempo. Questo vuol dire che nel giro di 5 anni il traffico sarà 5 volte quello di oggi. Per questo dobbiamo affidarci a livelli di automazione, perché gli umani non possono gestire una crescita di capacità esponenziale. Devono affidarsi all’automazione e liberare il proprio tempo per gestire la complessità». Le tecnologie Soon nascono dall’ambito radio e si estenderanno agli altri segmenti.

Traffico Mix Milano

L’altro grande pilastro di queste iniziative di sviluppo è costituito dalla virtualizzazione. «È la virtualizzazione che ci ha permesso, anche in questo periodo di lockdown, di aumentare rapidamente la capacità di alcune centrali, tramite operazioni di incremento via software e utilizzando le risorse esistenti. Tra l’altro, è importante notare che il software è alla base degli algoritmi di resilience che sono stati incorporati nella rete in fase di progettazione, ed è questa resilience che ci ha consentito di reggere l’aumento del carico, rivelandosi fondamentale. E questi algoritmi sono automatici: se un nodo cade, il carico viene trasferito in automatico su altri nodi. E tutto questo ci prepara in qualche modo al mondo del 5G, dove con lo “slicing” potremo anche avere una differenziazione sulla qualità di servizio in base alle varie categorie di servizi offerti, secondo i requisiti richiesti». È interessante notare che, in tempi di intelligenza artificiale e sistemi che si autogestiscono, Vodafone utilizza molto software che assistono i lavoratori nella gestione delle reti. È un’automazione di tipo operativo: a livello di gestione della rete, consta di algoritmi e software in grado di rilevare e filtrare allarmi, e offrire agli operatori una visione chiara di situazioni di rischio e potenziali cause dei problemi rilevati, aiutando a ottimizzare il lavoro di controllo e manutenzione. «Abbiamo anche algoritmi per la manutenzione predittiva, capaci di anticipare un guasto in rete prima che si verifichi e che scatti l’allarme con necessità di intervento; in alcuni casi si riesce a risolvere il problema da remoto, in altri si manda il tecnico con il lavoro già programmato, e questo semplifica le operation e ha un effetto positivo anche sulle uscite, sull’ambiente e sulla qualità del lavoro delle persone» conclude Zangani.














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