Inspiring Innovation by BM Group: transizione tech ed energy avanzano insieme

di Marco de’ Francesco ♦︎ Il Gruppo fondato da Mirko Bottini, con volumi intorno ai 200 milioni, comprende circa 30 aziende. La maggiore è Polytec: abilita automazione e robotica in condizioni ambientali complesse, come la siderurgia. Riduzione emissioni dell’industria con le rinnovabili: Nyox e la jv con Edison Next. Industry hard-to-abate: elettrificazione e idrogeno verde per decarbonizzare. Industria 5.0: collaborazione uomo-macchina e sostenibilità. L’evento di Bm Group sulla transizione energetica e digitale dell’industria, moderato da Filippo Astone. Con Mirko Bottini (BM), Marco Steardo (Edison Next), Giovanni Pasini (Feralpi), Luigi Crema (Hydrogen Europe Research), Luca Gnali (Inbre (Iniziative Bresciane)), Paolo Argenta (Tenova), Luca Mion (Hydroalp), Ion Rusu (Polytec), Daniele Fontanelli (Università di Trento), Maurizio Zanforlin (Ori Martin), Silvio Reali (Tenova)

La soluzione di Polytec basata sull'agv Voyager 200R e il robot M-20 di Fanuc

BM Group, uno dei maggiori gruppi industriali italiani, compie 30 anni di storia. «L’innovazione nel senso più ampio, con lo sviluppo e l’implementazione di tecnologie diverse è il pilastro della nostra strategia di crescita» – dice Mirko Bottini, socio fondatore e di maggioranza del gruppo che ha fatto il punto dei tanti risultati conseguiti durante l’evento “Inspiring innovation: BM Group per la transizione tecnologica ed energetica dell’industria” tenutosi a Borgo Chiese (Trento) alla presenza di importanti ospiti protagonisti dell’energia e dell’industria. Con circa 200 milioni di giro d’affari e 320 dipendenti, il Gruppo BM il cui amministratore unico è Francesco Bettoni è costituito da quasi trenta aziende. Una parte di queste si occupano di energia rinnovabile in qualità di Epc e smart grid; altre di automazione industriale e soluzioni di meccatronica avanzata. La più grande di tutte per volume d’affari è Polytec, un “system integrator nella meccatronica e nell’automazione, leader mondiale nella robotica applicata al siderurgico”.

L’innovazione tecnologica perseguita in Polytec l’ha resa capace di automatizzare attività industriali critiche e in condizioni ambientali avverse. «Operation ritenute impossibili da attuare, sono state realizzate per la prima volta: come ad esempio una macchina che, con traiettorie affidabili e movimenti complessi in base allo spazio disponibile, preleva campioni d’acciaio da un forno elettrico della siderurgia e ospita strumenti di misurazione» – spiega Mirko Bottini, che abbiamo intervistato approfonditamente in un articolo che pubblicheremo nei prossimi giorni.







Non a caso, dunque, alla Convention si sono tenute tre tavole rotonde: “L’integrazione delle energie rinnovabili per la decarbonizzazione dell’industria”; “La sfida energetica sull’idrogeno green”; e “L’industria 5.0: l’uomo protagonista della transizione digitale”. Il fil-rouge è la decarbonizzazione dell’industria come effetto non solo dell’introduzione delle rinnovabili, ma anche di un utilizzo appropriato del digitale. Di per sé «sempre più la decarbonizzazione, sotto la spinta delle politiche comunitarie e di accordi internazionali (come quello di Parigi), è un obbligo di legge: tuttavia, è anche una grande opportunità. Con gli investimenti giusti, l’azienda utente può risparmiare e rendersi più autonoma» – ha affermato il direttore di Industria Italiana Filippo Astone, moderatore dei tre incontri.

Mirko Bottini, socio fondatore e di maggioranza BM Group

Certo, sotto il profilo dell’azienda utente, la decarbonizzazione può essere raggiunta con la fruizione di energia derivante da fotovoltaico o da altre fonti rinnovabili; sensori intelligenti e sistemi di gestione consentono di identificare aree di inefficienza e monitorare le emissioni e tecnologie digitali come l’automazione avanzata e la robotica possono non solo ottimizzare i processi produttivi, ma anche ridurre gli sprechi di risorse.

Ad esempio, sotto il profilo della società (Epc) che costruisce l’impianto fotovoltaico per l’azienda utente, diventa fondamentale il servizio, che consiste anche nel controllo continuo grazie alla costante analisi dei dati provenienti dai pannelli realizzato con software avanzati. Questo monitoraggio mette in moto la manutenzione preventiva o predittiva. Uno dei modelli che si sta imponendo è quello dell’offerta dell’impianto chiavi in mano dietro pagamento di canone: questo è fornito ad esempio da Nyox, joint venture partecipata da Polytec al 51% e da Edison Next al 49%. Quest’ultima accompagna le aziende e i territori nel percorso di transizione ecologica. Con 3.500 dipendenti, è operativa in tre Paesi, l’Italia, la Spagna e la Polonia e ha un piano di investimenti di 2,5 miliardi di euro al 2030. Nyox si occupa di analisi e pianificazione, acquisizione dei materiali, installazione, collegamento alla rete elettrica (o creazione di un sistema isolato per l’autoconsumo), messa in servizio e manutenzione. «L’obiettivo industriale è quello di realizzare 500 MW di nuova capacità fotovoltaica in un arco temporale di 5 anni», al raggiungimento del quale Edison Next potrà esercitare l’opzione di acquisto della totalità del capitale di Nyox – afferma il Business unit Industry Director di Edison Next, Marco Steardo (nella parte di questo articolo dedicata alla tavola rotonda ci sarà una sintesi più completa del suo intervento, oltre all’intervista approfondita e al video che pubblicheremo nei prossimi giorni).

Francesco Bettoni, amministratore unico di Bm Group

Quanto all’idrogeno verde, qui il tema è quello della decarbonizzazione dei settori hard-to-abate: la siderurgia, i cementifici, le industrie petrolchimiche e cartarie. «Siamo un gruppo siderurgico e, in Italia, il nostro consumo di energia elettrica rappresenta circa i 3 millesimi del totale nazionale» – ha detto il Consigliere Delegato di Feralpi Group, Giovanni Pasini (che ritroveremo anche nel paragrafo di questo articolo dedicato al suo intervento oltre che in una intervista di prossima pubblicazione). Pertanto, l’importante piano di impiego del fotovoltaico di Feralpi Group non può bastare ad una completa decarbonizzazione: occorre una strategia a 360 gradi che comprenda la produzione di energia eolica, l’elettrificazione dei processi siderurgici e, per i consumi residuali di metano, la produzione di biometano e l’utilizzo dell’idrogeno».

Quanto all’Industria 5.0, c’entra con la decarbonizzazione della manifattura. Infatti, mentre l’Industria 4.0 è focalizzata sull’automazione, la connettività e l’analisi dei dati, quella 5.0 introduce la collaborazione più stretta tra esseri umani e macchine, ponendo un’enfasi particolare sulla personalizzazione e sulla sostenibilità a tutto tondo. Questo significa che, invece di sostituire la forza lavoro con l’automazione, si cerca di integrare le capacità umane con le competenze delle macchine. Ad esempio, l’implementazione di sistemi cognitivi e intelligenza artificiale permane un elemento importante, ma in un contesto in cui tali tecnologie supportano e migliorano le decisioni umane. In questo quadro, introdurre tecnologie avanzate e promuovere l’efficienza energetica, sono elementi chiave per raggiungere obiettivi ecologici.

 

L’integrazione delle energie rinnovabili per la decarbonizzazione dell’industria

  1. La decarbonizzazione è sempre più un obbligo per le imprese industriali, ma in questo quadro le rinnovabili sono un’opportunità

Il Business Unit Industry Director di Edison Next, Marco Steardo

Secondo il Business Unit Industry Director di Edison Next, Marco Steardo, occorre per prima cosa comprendere come le industrie dovrebbero utilizzare l’energia. «Anzitutto l’impresa manifatturiera deve consumare meno energia, grazie al conseguimento di nuovi livelli di efficienza; in secondo luogo, i sistemi che sfruttano le fonti fossili vanno sostituiti con altri che adoperano l’energia elettrica o con green gas, soluzioni che non emettono gas climalteranti; in terzo luogo, c’è il tema dell’autoproduzione dell’energia da parte dell’azienda». Sotto questo profilo, secondo Steardo il fotovoltaico è la più matura e la più diffusa delle tecnologie green; altre, a causa dei costi di implementazione o di utilizzo, offrono ritorni più prospettici. «Non mi riferisco soltanto all’idrogeno green, ma anche, ad esempio, alle batterie per lo stoccaggio dell’energia prodotta da fonti intermittenti. Sono tecnologie che comportano ancora oggi investimenti importanti ma con previsioni al ribasso nel prossimo futuro. Noi ci poniamo come partner delle aziende manifatturiere garantendo sostenibilità e competitività. Insomma, la sostenibilità ambientale deve avanzare di pari passo con quella economica e finanziaria» – chiarisce Steardo. Come si accennava, a settembre Edison Next è entrata in Nyox, società di Polytec; la joint venture si focalizza sulla realizzazione engineering procurement and construction di impianti fotovoltaici. L’obiettivo industriale è quello di realizzare 500 MW di nuova capacità fotovoltaica in un arco temporale di 5 anni, al raggiungimento del quale Edison Next potrà esercitare l’opzione di acquisto della totalità del capitale di Nyox. «Nyox ha già contrattualizzato 120 MW di impianti, con un risparmio considerevole di anidride carbonica» – termina Steardo.

  1. Come e perché è nata Nyox?

Interviene il Direttore Generale di Nyox, Daniele Marazzi, «da una parte Edison Next ha trovato in noi delle qualità e delle competenze utili al conseguimento di importanti obiettivi; dall’altra noi avevamo bisogno di una società forte, capace di comprendere le esigenze del cliente finale e di portare nuovi servizi avanzati». Peraltro, Nyox garantisce la gestione efficiente e il monitoraggio degli impianti fotovoltaici, grazie alla piattaforma Jada sviluppata in house. Jada acquisisce dati operativi dell’impianto in tempo reale e li analizza attraverso modelli, algoritmi e intelligenza artificiale e integra dispositivi diversi tra loro abilitando la business intelligence per sfruttare la potenzialità massima dell’impianto. Inoltre, Jada gestisce le segnalazioni e le richieste da parte dei clienti; organizza, calendarizza gli interventi tecnici per manutenzioni ordinarie, straordinarie e verifica anomalie; definisce i tempi di intervento e i KPI e supervisiona lo stato di avanzamento delle commesse service assegnate.

  1. Con le rinnovabili le dimensioni contano

Il Presidente e Amministratore Delegato di Alpicapital, Davide Donati

«Bisogna mettere insieme le competenze sulle rinnovabili e risorse economiche, perché in questo settore ci sono grandi oscillazioni di costo e di conseguenza occorre una forte leva finanziaria. Noi abbiamo associato importanti aziende dalla Valle del Chiese e della Valsabbia». Lo dichiara il Presidente e Amministratore Delegato di Alpicapital, Davide Donati, società di Borgo Chiese, che nasce con l’obiettivo di progettare, costruire e gestire impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Il percorso di Alpicapital si fonda su tre direttrici: la solidità finanziaria, la conoscenza del mondo delle rinnovabili e un network relazionale di livello nazionale ed internazionale. «Mirko Bottini di BM Group voleva unire più player e dar vita ad un investimento svincolato dall’intervento pubblico. Ora la compagine societaria si è ampliata a 17 soci, con l’adesione di partner importanti sia Trentini che Bresciani» – continua Donati. Tra i soci, BM Group Holding, Feralpi Group, Aelle Immobiliare e Dell’Era Valerio, Nuova Saimpa, Omb, Cmv, Energetica, Solesco, Hso, Dado Giallo, Solideng ecc.. Con un investimento di 70 milioni, sono stati realizzati impianti per 60 MWp.

  1. Le rinnovabili saranno sempre più presenti nei settori hard-to-abate

Il consigliere delegato del Gruppo Feralpi Giovanni Pasini

Feralpi Group è un player importante del ciclo secondario dell’acciaio: con oltre 1.850 dipendenti in sette Paesi, una produzione di 2,5 milioni di tonnellate e un fatturato di 2,5 miliardi di euro (dati 2022), l’azienda è specializzata nella produzione di acciai per l’edilizia e per la meccanica. Ciclo secondario significa che l’acciaio viene prodotto recuperando e riciclando rottami ferrosi con l’impego di forni elettrici. È una tecnologia ben differente da quella degli altiforni perché a minor rimpatto. Oltre ad essere un processo circolare per definizione, la generazione di gas climalteranti, infatti, è assai inferiore. Tuttavia, il consumo di elettricità è molto elevato, pari, per le imprese italiane di Feralpi, a 3 millesimi di quello nazionale. Naturalmente non è immaginabile sopperire integralmente a tale consumo con le sole rinnovabili, «ma abbiamo un piano del valore di circa 200 milioni di euro per realizzare 190 MW da rinnovabili. In Sardegna, in particolare, è in corso di autorizzazione un impianto da 100 MW» – afferma il Consigliere Delegato di Feralpi Group, Giovanni Pasini. «Siamo entrati in Alpicapital appunto per uno scambio di esperienze tra i grandi consumatori di energia e i produttori di energie rinnovabili. Queste, in siderurgia, sono un ingrediente dei progetti che mettono nel mirino efficientamento e riduzione dei costi, abbattimento delle emissioni, ottimizzazione di processo e automazione. Cerchiamo anche di diminuire la quota di metano in alcune fasi del processo, con il bio-metano in Italia e con l’idrogeno in Germania» – continua Pasini. «Stiamo già elettrificando i processi ove possibile per eliminare le fonti fossili. Già oggi in un nostro laminatoio le billette vengono riscaldate grazie ad un forno a induzione anziché a gas. In Germania stiamo realizzando un secondo laminatoio che utilizzerà solo energia elettrica anziché metano. Siamo la prima acciaieria in Europa a fare questo. E poi c’è la digitalizzazione. Utilizziamo anche software specifici per la gestione ed ottimizzazione dei consumi di energia. Alla fine, nei settori hard-to-abate non basta una sola azione: ne servono diverse per ottenere un risultato capace di generare un sensibile impatto positivo» – termina Pasini.

 

La sfida energetica sull’idrogeno green

  1. L’Unione Europea sta costruendo le condizioni per la sostituzione del metano

Polytech 1
Polytec sistemi per siderurgia Feralpi

«Per raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione, sia ambientali che economici, serve un percorso articolato: non basta introdurre le rinnovabili, che sono per natura variabili, occorre la ridondanza del sistema energetico, la fornitura sicura di energia, e ciò richiede l’integrazione di vettori che permettono accumulo e alta densità» – afferma il presidente dellHydrogen Europe Research Luigi Crema. Uno dei vettori è l’idrogeno. Quello rinnovabile è prodotto grazie all’elettrolisi dell’acqua, che si effettua con energia elettrica ottenuta dalle rinnovabili. Il livello di efficienza è pari al 70%. Il vettore può servire luoghi molto distanti. «In Europa si intende costruire una rete di trasporto idrogeno chiamata “European Hydrogen Backbone” che, al 2040, avrà un’estensione di 53mila km. Questa permetterà di trasportare grandi quantità di energia con un risparmio di dieci volte rispetto al trasferimento di elettroni tramite reti elettriche; l’Italia avrà un ruolo centrale nello sviluppo di questa rete e nelle opportunità che ne deriveranno. Si darà vita anche a terminali di cracking dell’ammoniaca. L’obiettivo dell’Unione Europea è un consumo di 20 milioni di tonnellate aggiuntive di idrogeno rispetto all’attuale ed entro il 2030. È stata realizzata una Banca Europea dell’Idrogeno, e si ritiene che, quando raggiungerà i 3 euro al kg di costo di produzione, questo gas sarà pronto per sostituire il metano. Oltre ai carburanti fossili utilizzati nella mobilità» – continua Crema.

  1. Solo ricercando e sviluppando nuove tecnologie si riuscirà a ridurre l’incidenza dei Capex necessari per ogni kg di idrogeno prodotto. La curva di apprendimento tecnologico nelle tecnologie di produzione di idrogeno consente di prevedere una forte riduzione di tale incidenza nei prossimi anni, grazie alla Ricerca e Sviluppo ed alle politiche di sostegno alla transizione energetica.

Polytech controllo
Polytec controllo

In effetti, l’idrogeno è un vettore energetico funzionale alla transizione ecologica, perché consente l’accumulo di energia rinnovabile nei picchi di produzione delle fonti intermittenti come Fotovoltaico ed Eolico, da poter poi utilizzare nelle fasi in cui la domanda di energia eccede la produzione, in particolare appunto quando le fonti intermittenti non producono e si deve ricorrere alle fonti non rinnovabili» – afferma Luca Gnali, quadro di Inbre (Iniziative Bresciane), società quotata che opera nella progettazione, costruzione e gestione di impianti idroelettrici di medie e piccole dimensioni. Va detto che «l’idrogeno di per sé è già disponibile a livello industriale con varie tecnologie “mature”, ma l’Europa – come gli altri governi – punta a sostenere la produzione di idrogeno verde, ossia idrogeno generato non utilizzando fonti fossili ma solo fonti rinnovabili». L’Innovation Fund, lanciato dalla Commissione con l’uso dei proventi dei Titoli di emissione EU-Ets, aveva un budget di 43 miliardi di dotazione per iniziative legate alla transizione energetica tra cui, in particolare, le tecnologie per la produzione dell’idrogeno verde; nel novembre 2023 sono stati aggiunti altri 5 miliardi ed è stata costituita la Banca Europea dell’Idrogeno per creare un mercato dell’idrogeno verde, lanciando un primo bando – Innovation Fund Auction – con 800 milioni di euro, che chiuderà a febbraio e che generare un benchmark del “prezzo dell’idrogeno verde” a livello europeo; gli altri bandi dell’Innovation Fund lanciati sempre a Novembre ed in chiusura ad Aprile hanno una dotazione di 4,5 miliardi per sostenere progetti innovativi ed industrializzazione di tecnologie e processi utili per la riduzione delle emissioni di CO2. A livello nazione le misure del Pnrr a supporto della transizione all’idrogeno verde o a basso contenuto di carbonio valgono 3,6 miliardi, a cui si aggiungono nuove dotazioni dall’approvazione della rimodulazione del RepowerEU.

Paolo Argenta, vicepresidente esecutivo Upstream Business Unit di Tenova

La questione, quindi, per rendere economicamente competitivo l’idrogeno verde è che bisogna ridurre significativamente l’incidenza dei Capex degli impianti e di ridurre gli Opex sia manutentivi che del costo dell’energia verde impiegata. Ma quest’ultimo tema si rifà alle politiche di sostegno alla diffusione e crescita delle fonti rinnovabili, che puntando soprattutto a quelle intermittenti, genera un forte mismatching tra domanda ed offerta di energia e quindi l’opportunità di utilizzare l’idrogeno come accumulo dell’energia eccedente e, pertanto, a basso prezzo in quelle fasce orarie.” «L’idrogeno sarà un elemento chiave nell’ambito delle soluzioni alla crisi climatica» – afferma Paolo Argenta, vicepresidente esecutivo Upstream Business Unit di Tenova, società del Gruppo Techint specializzata in soluzioni di ingegneria per l’industria metallurgica e mineraria. «In realtà Tenova già ha un’offerta di soluzioni hydrogen ready» – continua Argenta. Si tratta ad esempio di Energiron, tecnologia progettata per utilizzare diversi tipi di fonti di gas o idrogeno puro per ridurre i minerali ferrosi in metalli di ferro, destinati poi agli impianti di fusione per la produzione di acciai. «L’idrogeno, però, sarà utilizzato in maniera massiva quando il suo prezzo diventerà competitivo (rispetto al metano)» – termina Argenta.

  1. Il possibile mix tra idrogeno e metano

Luca Mion, Ceo di Hydroalp

«Le aziende (hard-to-abate come quelle siderurgiche, o le cartiere) utilizzeranno (nei forni) un mix tra idrogeno e metano, con il primo al 10%-15%» – afferma Luca Mion, Ceo di Hydroalp, azienda del Gruppo BM che peraltro costruisce impianti “chiavi in mano” per la produzione di idrogeno: nata nel 2015 come spin-off della divisione del gruppo che si occupa delle rinnovabili, Hydroalp ha conquistato in pochi anni una posizione di rilievo nel mercato per la realizzazione di turbine e impianti idroelettrici, attività di revamping e manutenzione. Peraltro, è stato assegnato a Polytec Energy, società veicolo di BM Group, il bando della Provincia Autonoma di Trento per la realizzazione di un impianto di produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse nell’ambito della Missione 2 “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il partner tecnologico per lo sviluppo della componente “core” per gli skid di produzione, trasporto e stoccaggio dell’idrogeno sarà Hydroalp. «È un importante progetto pilota. Certo, per una maggiore diffusione dell’idrogeno, occorre rendere più efficiente ed economica la tecnologia disponibile» – termina Mion.

 

L’Industria 5.0: l’uomo protagonista della transizione digitale

  1. La rivoluzione 5.0 “si aggiunge” a quelle precedenti

Ion Rusu, R&D Manager di Polytec

«Tutte le rivoluzioni industriali del passato erano espressione di paradigmi tecnologici chiari: il vapore, l’elettricità, il transistor. Industria 5.0 si basa su concetti astratti: resilienza, sostenibilità, centralità dell’uomo. Ma con quali tecnologie si può realizzare? È evidente che questa transizione si aggiunge alle sfide precedenti» – afferma Ion Rusu, R&D Manager di Polytec. L’industria 5.0 enfatizza la creatività e l’intelligenza umana, in collaborazione con macchine intelligenti, per ottenere soluzioni personalizzate che rispondano sempre di più alle esigenze reali dei clienti: una prospettiva umano-centrica che sottolinea l’importanza del coinvolgimento dei collaboratori interni ed esterni, nonché dei clienti stessi in molti processi aziendali. Con l’industria 5.0, la sostenibilità economica si unisce alla sostenibilità ambientale e sociale, promuovendo il benessere dei collaboratori come priorità. Un esempio? Polytec realizza una macchina che preleva campioni d’acciaio da un forno elettrico della siderurgia e ospita strumenti di back-up o misura con precisione il livello del bagno. Tutto ciò, in via automatica. La soluzione si chiama PolySample Eaf e sostituisce un lavoro umano pericolosissimo, talvolta mortale. Fino a poco tempo fa, infatti, un tecnico bardato di materiale isolante si avventurava di fronte alla bocca della fornace, per effettuare il prelievo utile al riscontro con le specifiche del cliente.

  1. Il 5.0 è a vantaggio di tutti gli attori

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Interni Polytec

Tra il 4.0 e il 5.0 una differenza c’è. L’apoteosi del primo è un’azienda manifatturiera a luci spente, dove le macchine svolgono integralmente il processo; l’avverarsi del secondo consiste invece in un sistema in cui l’automazione è posta al servizio dell’operatore. «Quest’ultimo è l’agente che esegue il lavoro intelligente, che porta flessibilità ed idee innovative. Alle macchine sono riservate le faccende ripetitive o pericolose e comunque a minor valore aggiunto. In questo contesto, il robot è un apprendista che impara dagli umani queste ultime attività» – dichiara Daniele Fontanelli, Professore di misure e robotica presso il dipartimento di Ingegneria Industriale all’università di Trento. Certo, il 5.0 ha molto a che vedere con le politiche comunitarie. «Ma non conviene solo alla politica, perché non sacrifica i lavoratori; ma anche a questi ultimi e, in definitiva, alle aziende» – continua Fontanelli. Esempi: una cella di lavoro con l’uomo al centro, per ergonomia e funzionalità.

  1. I serpentatori e il ritorno al passato

Maurizio Zanforlin, Group R&D Manager di Ori Martin

Chi erano i serpentatori? Lavoratori metallurgici addetti a introdurre profilati tra i cilindri di una macchina finitrice. Profilati incandescenti. «Da una parte c’era la capacità degli operatori di governare i processi; dall’altra il lavoro era intrinsecamente pericoloso. Le persone, però, erano al centro. Ora, con il 5.0, si vuole rimettere i lavoratori in una posizione strategica, correlata alle loro competenze e capacità; ma senza che questi debbano correre i rischi di una volta» – afferma Maurizio Zanforlin, Group R&D Manager di Ori Martin, tra i principali gruppi siderurgici integrati europei, attivo nella produzione di acciai di qualità per i settori automotive, bulloneria, meccanica e costruzioni. Nel sito di Brescia si producono billette da colata continua, laminati a caldo in rotolo e barra. L’azienda è inoltre dotata di moderni impianti per il trattamento termico di ricottura e bonifica barre e rotoli e presso Trafilati Martin Spa, di impianti per il decapaggio chimico e la sabbiatura dei rotoli. «Certo c’è una grande differenza tra quello che si può fare oggi, ad esempio la campionatura all’interno del forno da parte di un robot, e la stessa azione compiuta, qualche anno fa, da un lavoratore» – chiude Zanforlin.

  1. Il 5.0 ha un significato etico

Silvio Reali, Tenova Eaf and Lf production line Vp and chief transformation officer

«Alla fine, l’Industria 5.0 è un’occasione per ripensare il nostro modo di operare nell’industria. Mantiene l’uomo al centro in un contesto di sostenibilità. Ha un significato etico» – afferma Silvio Reali, Tenova Eaf and Lf production line Vp and chief transformation officer. Ma alla fine, se non fosse stato inventato il termine 5.0, gli obiettivi di quest’ultimo non avrebbero costituito la normale evoluzione del 4.0? «No, perché il 5.0 richiede resilienza, governance solide, re-immaginare il prodotto e definire nuovi processi. Ad esempio, si punta molto sull’economia circolare, sull’ottimizzazione energetica e sul riciclo delle scorie» – termina Reali.

 

Clicca qui se vuoi vedere il video del trentesimo anniversario di Bm Group, con gli interventi contenuti nell’articolo














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