Biancofiore (Ance): mattoni da esportazione

Gerardo Biancofiore
Gerardo Biancofiore

La crisi del settore delle costruzioni ha falcidiato le imprese attive in Italia. Ma non quelle che hanno puntato sul mercato estero, spiega Gerardo Biancofiore (Ance).

In dieci anni, dal 2004 al 2014, l’incidenza dell’estero sul fatturato delle imprese italiane del settore costruzioni è passato dal 31 al 64,1%. Ricavi più che raddoppiati, dunque, come documentato dal recente Rapporto 2015 sulla presenza delle imprese di costruzione italiane nel mondo, curato dalla direzione Affari economici e Centro studi e dell’Ufficio Lavori all’estero e Relazioni internazionali dell’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili. Uno dei protagonisti della svolta, negli anni più recenti, è stato il leader del Comitato estero Pmi dell’Ance, Gerardo Biancofiore, che è anche presidente regionale dei costruttori pugliesi e foggiani.







Domanda. Come spiega questo dinamismo oltre confine delle imprese costruttrici?

Risposta. Nasce, è inutile negarlo, anche dalla necessità di difendersi contro una congiuntura penalizzante. Nei dieci anni considerati dal rapporto, il fatturato estero è aumentato addirittura del 237,5%, passando da 3 miliardi 102 milioni a 10 miliardi 469 milioni. Al contrario, il mercato interno ha fatto rilevare una flessione marcata, pari al 13,7%, calando in valori assoluti da 6 miliardi 786 milioni a 5 miliardi 854 milioni.

D. La crisi ha colpito duramente il settore. Ma il dato non spiega la forza della reazione prodotta sui mercati esteri…

R. In effetti, il comparto ha accusato soprattutto i tagli corposi effettuati per la spesa per infrastrutture. Ma, a partire dai top player dell’edilizia, si è stati pronti a sfruttare i fattori competitivi che distinguono il made in Italy delle costruzioni. Parlo di know how e competenze di altissimo profilo, che ci hanno permesso di estendere enormemente la nostra presenza in segmenti strategici come il ferroviario, le opere stradali, le strutture portuali e aeroportuali, le reti dell’energia, dell’acqua, i complessi ospedalieri, gli stessi penitenziari. Per non parlare di alberghi e edilizia residenziale.construction

D. Una crescita favorita dall’affiancamento delle istituzioni?

R. Direi il contrario. Siamo cresciuti molto, nell’arco di un decennio, malgrado la mancanza di un lobbying virtuoso di sistema. Se produciamo tanto, è perché valiamo tanto. Alla fine del 2014, il valore complessivo delle commesse superava i 72 miliardi di euro e i cantieri che registravano la presenza di imprese italiane all’estero erano 662, stratificati in ben 85 Paesi. Se, tuttavia, dimentichiamo il livello politico-istituzionale, possiamo riferirci anche a utili sinergie. Per spiegare i successi del made in Italy delle costruzioni, ad esempio, pensiamo ai grandi architetti italiani di fama internazionale, che utilizzano soluzioni offerte da grandi  e medie aziende della Penisola, alla complementarità dell’azione di comparti come il mobilio e il suo raffinato design, che rafforzano il timbro di un’Italia inimitabile per stile e buon gusto.

D. Dove sono più attive le imprese italiane?

R. Più di un quarto del valore dei ricavi esteri 2014 nasce da iniziative realizzate nella Unione Europea, includendo l’Inghilterra, ormai in uscita. Ma si tratta di un dato instabile, perché le nostre imprese operano davvero a 360 gradi. Se, infatti, guardiamo al portafoglio lavori complessivo, vediamo che il mercato di sbocco principale è il Sud America, con una percentuale pari a oltre il 25% dell’intero valore dei lavori, mentre l’incidenza dell’area Ue non supera l’11,1%. La vitalità inesauribile delle nostre imprese e l’apprezzamento per il loro livello d’eccellenza ci fa essere presenti dappertutto. Nel 2014 è stato il Paese di un altro continente, l’Algeria, a risultare il principale mercato di sbocco per valore dei nuovi contratti. La realtà è che abbiamo un patrimonio di cui andare fieri e che ha consentito all’intero settore di reggere anche ai durissimi colpi inferti dalla recente recessione.

Complesso progettato da Norman Foster a Buenos Aires: l'Argentina è uno dei Paesi su cui si concentra l'attività delle imprese italiane
Complesso progettato da Norman Foster a Buenos Aires: l’Argentina è uno dei Paesi su cui si concentra l’attività delle imprese italiane

D. In questo senso qual è stato il ruolo dell’Ance?

R. La nostra sfida come Ance, alla quale ho l’orgoglio di partecipare guidando il Comitato estero Pmi,  è quella di continuare a far crescere la presenza delle piccole e medie imprese nei mercati esteri condividendo i grandi successi delle grandi imprese nel mondo. Per anni l’aumento di commesse e fatturato all’esterno è stato appannaggio quasi esclusivo alle multinazionali italiane del nostro settore: un numero relativamente ristretto di imprese di altissimo profilo, e di complessa e qualificata strutturazione. Stiamo passando dall’internazionalizzazione elitaria a quella diffusa. In autunno, come Ance, saremo in Montenegro e in Serbia. A luglio siamo stati in Romania, a giugno in Polonia. Il nostro è un ciclo di missioni che non ha nulla di improvvisato, ma nasce dallo studio comparato delle nostre caratteristiche d’impresa e delle specificità dei mercati di destinazione. Operiamo in stretta collaborazione con la nuova Ice e importanti gruppi bancari. Stiamo incrementando notevolmente le opportunità di business all’estero delle nostre Pmi: dall’Albania alla Slovacchia, dagli Emirati Arabi all’Ungheria e alla Repubblica Ceca, da Bruxelles a Londra.

D. Con quali risultati?

R. I numeri parlano chiaro. Anche le piccole imprese, quelle con non più di 50 dipendenti, hanno visto elevare esponenzialmente l’incidenza dell’estero sul fatturato: dall’8,3% del 2004 al 41,9% di fine 2014. Ma abbiamo seminato tanto e, quindi, ci attendiamo ulteriori progressi. L’incremento della partecipazione dei piccoli imprenditori alle missioni estere è stato enorme. Prima erano quasi assenti, ora sono diventati l’ossatura portante delle nostre delegazioni, grazie all’azione a tutto campo strutturata dall’Ance.

Nuovo villaggio turistico in Algeria
Nuovo villaggio turistico in Algeria

D. Puntate solo sulle missioni?

R. No. Cerchiamo anche di diffondere cultura d’impresa. Con guide e altri strumenti informativi, divulgativi, per favorire la più ampia conoscenza e la prima formazione del target maggiormente destinatario delle nostre fatiche: le Pmi che non hanno ancora varcato i confini nazionali. La nuova prospettiva è di agire in filiera, operando all’estero con pacchetti di offerta sempre più sofisticati; coinvolgendo, nel caso di infrastrutture rilevanti, top player e imprese specializzate.

D. Il futuro delle costruzioni italiane è all’estero?

R. È anche all’estero! Alla lunga, non esiste un settore che possa vivere solo di estero, senza sradicarsi e perdere i suoi centri direzionali nel territorio d’origine. Per rilanciare il mercato interno serve indubbiamente una ripresa dell’investimento pubblico in conto capitale, ridottosi drasticamente negli anni della crisi. Ma per vincere la sfida dobbiamo partire innanzitutto da noi, dal sistema delle Pmi. L’eccellenza e la specializzazione, la capacità di coordinarsi e di lavorare in partnership, in reti e altre forme di aggregazione, l’efficacia e la rapidità nell’esecuzione dei lavori possono fare la differenza. L’Ance è pronta anche su questo versante ad affiancare le Pmi Su temi come la formazione, o altre questioni strategiche come la legalità. Lo abbiamo fatto, per esempio, in certe aree del Sud, inventandoci un bollino che contrassegni chi si opponga preventivamente a qualsiasi tentativo di intimidazione ed estorsione. Condividendo la nostra iniziativa con le prefetture, il Fai (Federazione Antiracket Italiana) e le forze dell’ordine.














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