Intervista a Patrizio Bianchi: raddoppieremo gli Its e costruiremo una scuola al passo con le tecnologie e le esigenze dell’industria

di Chiara Volontè ♦︎ Anche con gli 1,5 miliardi stanziati dal Pnrr, si vogliono rendere gli Istituti tecnici superiori centrali nel sistema educativo ed economico. L'investimento sulla scuola come grande atto di politica industriale. La formazione continua. La riforma per gli istituti tecnici. Tutti i punti dell'agenda del ministro, che è molto più ampia e ambiziosa della questione del green pass obbligatorio per gli insegnanti. E...

Patrizio Bianchi. Foto presa da unife.it

In questi giorni il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è continuamente sui media perché ha deciso di far cominciare tutte le lezioni in presenza e di imporre il Green Pass ai docenti che tornano in aula. Un passo coraggioso e che avrà effetti ben oltre il mondo della scuola, mondo pioniere del Green Pass (presto obbligatorio sostanzialmente ovunque) come passaporto indispensabile per consentire una vita normale in ogni ambito del lavoro, dell’economia, della vita sociale.

Il gran parlare di tutto questo non deve mettere in ombra che Bianchi – economista industriale di levatura europea, già Rettore e fondatore dell’Università di Ferrara e assessore alla formazione e scuola in Emilia-Romagna per dieci anni, durante i quali ha attuato riforme di grande impatto – è al ministero dell’Istruzione del governo di Mario Draghi per attuare un disegno enormemente più ampio. Un disegno secondo il quale l’investimento nella scuola è il principale intervento di politica industriale della stagione storica del Pnrr e di tutte le riforme che ne accompagneranno l’attuazione. Non si tratta solo di creare le nuove competenze indispensabili per colmare quel talent shortage che tutte le imprese denunciano da tempo (si parla di almeno un milione di posti di lavoro che non trovano risorse perché non ci sono operai specializzati, tecnici e operatori di vendita specializzati, ingegneri, esperti di ict) ma di abilitare tutta la società e tutti i mestieri alla nuova stagione creata dalla quarta rivoluzione industriale. Una nuova stagione che comporta, come vedremo meglio più avanti, competenze tecnologiche (perfino in un settore come i Big Data…) e di lavoro in team diffuse in modo generalizzato per tutte le tipologie di attività, formazione continua e tante altre innovazioni senza le quali il Paese resterà, sostanzialmente, al palo. Una nuova stagione che richiede, per essere pratici, anche robusti investimenti nella formazione tecnica e negli ITS, quegli Istituti Tecnici Superiori (due anni dopo la scuola superiori) che assicurano il posto di lavoro al 97% dei loro allievi, ma che ad oggi riescono a diplomare solo poche migliaia di persone ogni anno.







Dal 2004 al 2019, il mismatch tra domanda e offerta di lavoro ha subito un drastico peggioramento: lo rileva il recente rapporto del Randstad Research, “Posti vacanti e disoccupazione tra passato e futuro”. Non solo nel periodo considerato il tasso di disoccupazione è passato dal 6% ad oltre il 10% ma le aziende hanno sempre più difficoltà a reperire sul mercato le figure di cui necessitano. Una spiegazione assai semplice può essere quella della graduale digitalizzazione dei settori che ha spostato online un’enorme fetta delle attività di marketing delle aziende. Nell’industria, in particolare, circa la metà delle imprese fatica anche in fase di selezione a trovare le professionalità di cui è alla ricerca. E la principale ragione sta nella sottoqualificazione dal punto di vista tecnico e scientifico (per il 57,8% dei rispondenti).

Graduale digitalizzazione dei settori che ha spostato online un’enorme fetta delle attività di marketing delle aziende. gli anni di riferimento sono gli stessi dell’esplosione e della diffusione dei social network. Nell’industria, in particolare, circa la metà delle imprese fa fatica anche in fase di selezione a trovare le professionalità di cui è alla ricerca. Fonte Randstad Research

Con gli 1,5 miliardi messi in campo per gli Its dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, uno degli obiettivi è quello di raddoppiare il numero degli attuali iscritti a questi percorsi post diploma, che offrono la formazione tecnica altamente qualificata che chiede oggi il mondo del lavoro. In particolare, la riforma vuole rafforzare il sistema degli Its attraverso il potenziamento del modello organizzativo e didattico (integrazione offerta formativa, introduzione di premialità e ampliamento dei percorsi per lo sviluppo di competenze tecnologiche abilitanti – Impresa 4.0), il consolidamento degli istituti nel sistema ordinamentale dell’Istruzione terziaria professionalizzante, rafforzandone la presenza attiva nel tessuto imprenditoriale dei singoli territori.

Industria Italiana ha deciso di intervistare Patrizio Bianchi per rendere noto a tutti coloro che operano nei mondi dell’industria e delle tecnologie (nostro target principale di lettori) quali cambiamenti li attendono. Non si tratta solo di raddoppiare, come minimo, il numero di ITS, ma anche di affidare loro la mission della formazione continua. E, soprattutto, di permeare tutta la formazione nazionale (obbligatoria, universitaria, tecnologica, tecnica) di tecnologie e del nuovo modo di lavorare richiesto dal mondo 4.0.

«Credo che l’investimento sulla scuola sia oggi il principale intervento di politica industriale per il rilancio dell’Italia», esordisce Bianchi, «Stiamo predisponendo un intervento di carattere strutturale che abiliterà il Paese per quel salto generalizzato di capacità e di competenza necessario per la fase post Covid. Durante la pandemia, noi abbiamo quasi dimenticato che stavamo vivendo una grandissima rivoluzione industriale, che è da leggere non solo sul lato delle tecnologie digitali, ma anche su quello dei prodotti. Ossia sulla capacità di rispondere in termini puntuali e mirati ad una grande varietà di bisogni specifici, quindi personalizzati. Gli imperativi categorici della rivoluzione 4.0 sono infatti just in time e personalizzazione di massa. In altre parole, si devono soddisfare molti bisogni, che richiedono capacità di utilizzo di nuovi strumenti.

Il messaggio del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi in occasione del primo giorno di scuola dell’anno scolastico 2021/2022

D. In buona sostanza, ministro, tutto questo che cosa comporta?

R. L’investimento nella scuola deve coprire tutto il ciclo scolastico, iniziando dalle primarie che devono insegnare ai bambini anche la capacità di lavorare insieme, di cogliere la complessità delle problematiche, e di conseguenza di organizzare risposte complesse a problemi complessi. Colgo l’occasione per aprire una parentesi sulla scuola primaria: è quella che ha reagito meglio durante la pandemia, e credo che le vada riconosciuto. Senza dimenticare le medie e le scuole superiori tutte: nelle professionali è necessario aumentare le competenze trasversali dei ragazzi, rafforzando i character skill (caratteristiche della personalità che riguardano la sfera emotiva e psico-sociale, ndr.) che influenzano la qualità delle relazioni e del lavoro di gruppo. E dobbiamo favorire complementarietà e multidisciplinarietà, in modo tale che gli studenti abbiano una diffusa istruzione digitale che permetta non soltanto di utilizzare gli strumenti presenti, ma di avere la capacità continua di aggiornamento delle tecnologie che ci vengono offerte, a 360 gradi. Non si tratta solo di investire le ingenti risorse che il Pnrr destina alla formazione tecnica, ma di un ampio disegno di riqualificazione dell’intera struttura scolastica italiana.

La Missione 4 del Pnrr mira a rafforzare le condizioni per lo sviluppo di una economia ad alta intensità di
conoscenza, di competitività e di resilienza, partendo dal riconoscimento delle criticità del nostro
sistema di istruzione, formazione e ricerca

D. In che cosa consiste questo più ampio disegno?

R. In primis, nella facoltà di disporre di una scuola che in tutti gli ordini e gradi permetta di sviluppare al massimo le competenze di insieme, i character skill, cioè le capacità di gestire non solo l’emotività ma anche il lavoro di squadra e la collaborazione. E che sia in grado di offrire una maggiore capacità laboratoriale: l’efficienza nasce dalla complementarietà, ma la capacità produttiva del lavoro nasce dagli skill di esperienza, cioè un nuovo uso delle mani. Infine, deve essere incrementata la capacità di giudizio. Dobbiamo sviluppare una scuola che permetta di avere contemporaneamente questi tre elementi, che possa dedicare più spazio a quella parte di competenze che vanno personalizzate. La recente riforma della formazione professionale ha dato esplicitamente una quota di crediti per la personalizzazione, per permettere ad ognuno di sviluppare al meglio le proprie skill. Con il Pnrr stiamo pensando proprio a un ridisegno, che metta le persone in grado di affrontare quella trasformazione che per semplicità definiamo digitale, ma che è molto più ampia e che rischia di essere nascosta dalla pandemia.

 

D. Entriamo nel merito degli Istituti tecnici superiori. Oltre all’obiettivo di almeno raddoppiare i diplomati grazie anche ai nuovi fondi, in che cosa consiste la riforma?

Studenti dell’ITS Lombardia Meccatronica

R. Per quanto riguarda gli Its, erano giacenti in Parlamento da tempo diverse proposte di legge che oggi sono state riorganizzate e su cui noi stiamo lavorando. E’ stato approvato un testo dalla Camera dei Deputati, che adesso è all’attenzione del Senato. Con gli Its abbiamo un problema fondamentale: si tratta di istituti che hanno dimostrato le loro capacità ma che non sono ancora entrati nei “radar” delle famiglie, tanto è vero che a fronte di un risultato più che positivo – oltre il 90% degli studenti trova subito un impiego – abbiamo numeri d’iscrizione davvero molto bassi. Il primo step sarà inserire pienamente gli Its all’interno del nostro sistema educativo, che dal suo canto deve riconoscere appieno questa modalità di istruzione. Gli Its hanno il pregio di essere molto flessibili e articolati nel territorio. Questa articolazione permette di esprimere al meglio i punti di forza produttivi – dalla moda alla componentistica auto, dalla farmaceutica al food – di ciascuna area.

 

D. Ministro, come vuole arrivare a questo obiettivo?

R. Ci arriveremo rapidamente, perché disponiamo già di un’analisi puntuale di tutti i dati di cui necessitiamo grazie a Indire (l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, un ente di ricerca del Ministero dell’Istruzione italiano, ndr.). Il nostro compito è ridare una cornice nazionale al mondo degli Its, e questo è uno dei passaggi che vorrei fosse evidenziato al Senato. Da una parte dobbiamo definire meglio il rapporto tra Its e scuole superiori, soprattutto con gli istituti tecnici. Dovremo istituire nuovi corsi dove è necessario, ma soprattutto è fondamentale consolidare le grandi fondazioni, che riescano a dialogare alla pari con le università e con tutto il mondo produttivo. Io vedo che anche il sistema italiano delle grandi imprese è interessato a questo, non perché abbiano bisogno della propria academy aziendale, ma perché hanno capito che il Paese deve crescere nel suo insieme. Di fondo, c’è un problema di sistema-Italia.

 

D. E in che modo possiamo superare questa difficoltà?

Studenti dell’ITS Lombardia Meccatronica a lezione in un’azienda.

R. Credo sia opportuno dare istituzioni educative di grande solidità, e quindi che abbiano più corsi che siano intrecciati su territori anche di natura multiregionale. Cerchiamo soluzioni che siano il più aderenti possibili ai bisogni del Paese, che è molto articolato e presenta un’organizzazione industriale che nel tempo si è notevolmente differenziata. Ad esempio, alcune regioni che 20 anni fa erano a capo di distretti imprenditoriali di riferimento, nel tempo hanno assunto caratteristiche e articolazioni profondamente diverse. Per esempio, ci sono aree industriali che un tempo erano fiorenti ma ora presentano un problema di forte riqualificazione, mentre altre necessitano di interventi in tempi brevissimi. Al contempo, sono sorti nuovi settori produttivi che hanno bisogno di formazione in maniera adeguata. Per fare un esempio, il settore dello spettacolo, del cinema, dei media va organizzato in termini industriali, quindi ha bisogno di formare profili di grande qualità. Non era così dieci anni fa, perché si è moltiplicato a tal punto il numero di coloro che sono in grado di produrre attività media che ovviamente è aumentata la richiesta di personale. Bisogna tener conto della straordinaria evoluzione che sta avendo il nostro sistema industriale, considerando anche produttivi comparti che un decennio fa non lo erano. Negli Usa i media vengono considerati un segmento industriale a tutti gli effetti: noi dobbiamo cominciare a organizzare in modo imprenditoriale questo settore, così da poter offrire delle serie produzioni, anche perché oggi sono in gran parte importate.

 

D. Il Pnrr ha destinato 1,5 miliardi di euro al 2026 per gli Its. Ministro, su che cosa vi focalizzerete?

R. Grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza avremo a disposizione ingenti risorse: 300 milioni all’anno di cui possiamo disporre per realizzare una rete nazionale degli Istituti tecnici superiori come parte strutturata e strutturante del nostro sistema formativo ed educativo. Questi Its devono nascere fortemente radicati nel territorio, ma devono essere in grado di preparare anche persone per l’evoluzione dei sistemi produttivi del territorio. Pensiamo a come si sono evoluti rapidamente alcuni settori industriali, ad esempio quello meccanico. Noi dobbiamo mantenere l’eccellenza della produzione introducendo non solo l’informatica ma anche i big data. La formazione di un istituto superiore non è soltanto la registrazione dei bisogni attuali, ma è la predisposizione di persone in grado di coprire quell’area straordinariamente importante della produzione industriale che è il middle management, che gestisce anche processi di trasformazione industriale che nei prossimi anni saranno rilevanti.

Grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza il governo avrà a disposizione ingenti risorse per gli Its: 300 milioni all’anno al 2021 di cui disporre per realizzare una rete nazionale degli Istituti tecnici superiori come parte strutturata e strutturante del nostro sistema formativo ed educativo

D. Ci faccia qualche esempio…

R. Pensiamo all’enfasi sul full electric, un settore significativo non solo per l’automotive ma anche per la componentistica: l’Italia costituisce una parte fondamentale di tutto il sistema europeo. E pensiamo anche alla diffusività dei data science, che ormai non riguarda più soltanto i cosiddetti “C-level”. È sempre più il middle management che deve essere in grado di gestire i data science. Non stiamo semplicemente preparando i tecnici per l’industria attuale, ma per gestire la trasformazione dei sistemi produttivi. La nostra scuola è uno dei pochi punti di riferimento in Italia: per questo investire nella scuola è investire nel sistema industriale del Paese. Il Next Generation Eu ha esplicitato questa esigenza a livello europeo. Ne abbiamo discusso durante l’incontro dei Ministri G20 dell’Istruzione a Catania che ho presieduto.

 

D. Relativamente agli Its, un tema che interessa le famiglie è rendere una parte del percorso di studio convalidato per chi volesse poi laurearsi…

R. Io non credo che la via migliore per affrontare il percorso dell’Its sia ottenere dei crediti che consentano il passaggio all’Università. Non sto dicendo che non si farà, sto dicendo che il focus deve essere diverso. Si tratta di un iter che deve essere vissuto con un’altra mentalità: io frequento l’Its perché il mio desiderio è lavorare in un’impresa. Non vorrei che venisse percepito come un “detour” rispetto alla triennale, sono percorsi educativi differenti. Se una persona si iscrive ad un Its è perché vorrebbe svolgere un’esperienza in azienda. In un secondo momento, avendo maturato i crediti necessari, può avere la possibilità anche di fare un ulteriore passaggio universitario. Nel corso della mia esperienza ho visto molti ragazzi frequentare gli Its della meccanica: la loro soddisfazione è terminare il percorso educativo indossando la maglietta rossa della Ferrari, oppure la t-shirt di Lamborghini. È quella la maggiore qualificazione della loro attività professionale. Spieghiamo alle famiglie che stiamo disegnando dei percorsi in cui la formazione continua è una parte fondamentale della vita, dura per tutto il suo corso.

La formazione continua è, in generale, considerata importante e per alcuni settori l’esigenza di una formazione di qualità è stata particolarmente messa in evidenza. Fonte Randstad

D. Per quanto riguarda gli Istituti tecnici, come si evolveranno?

R. Stiamo lavorando, dobbiamo presentare la riforma per il prossimo anno, perché il Pnrr si impegna a presentare il progetto entro il 2022. Vogliamo presentare una riforma per gli istituti tecnici che risponderà ai bisogni del Paese.

 

D. Visto che il tema dei Big Data è da Lei citato frequentemente, possiamo anche pensare che ci sarà qualche Its dedicato?

R. Certo che no. E la domanda mi serve per spiegare meglio che cosa intendo quando parlo di competenze tecniche diffuse e come ci muoveremo. I Big Data sono un esempio di competenze trasversali necessarie per tutte le attività professionali, dal cinema e spettacolo alla meccanica, dall’automotive alla farmaceutica. Pertanto, il loro studio e soprattutto la loro applicazione devono permeare tutti i settori. Un Its specifico su questo non credo che avrebbe molto senso.

 

Il futuro degli ITS nell’impresa: intervento del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Fonte Confartigianato FRAV

D. In definitiva, il rilancio del nostro Paese passa dalla scuola e dalla formazione continua.

R. Il concetto fondamentale è proprio la formazione continua: gli Its si incaricheranno anche di provvedere all’aggiornamento professionale. Una delle riforme fondamentali che stiamo portando avanti si chiama “Scuola di alta formazione e formazione continua”. Quest’ultima farà capo al sistema educativo italiano: se sarà a livello degli Its farà capo ad essi, se sarà a livello di scuola superiore dipenderà da quest’ultima e così via. Il sistema della formazione continua è un sistema educativo nazionale che va dalla scuola d’infanzia fino all’università, pronto e disponibile per dare al Paese le risposte che chiede. Sono quattro le storiche missioni della scuola: preparazione delle classi dirigenti; leadership; sviluppo delle persone e della comunità nel suo insieme; predisposizione per uno sviluppo umano inclusivo. Nessuno di questi obiettivi si potrebbero finalizzare senza la formazione continua.














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