Da Digital Economy a Connected industrial economy: i modelli di business by Aveva (Schneider Electric)

di Alberto Falchi ♦︎ Le aziende hanno imparato ad acquisire enormi quantità di dati ma ora è necessario trasformarli in informazioni utili per il business, per migliorare le operations, ma anche per creare nuovi modelli di rrevenue. È quello che già sta succedendo in settori come oil&gas e le utility, industrie che, secondo Idc, monetizzeranno le loro competenze. Per esempio, offrendo soluzioni e consulenze per la cattura di CO2 e nella creazione di micri-grid elettriche private. Il caso Lego. Le visioni di Peter Herweck, ceo di Aveva, e Robert Parker, svp research di Idc

Le innovazioni del software e la crescente capacità di analizzare quantità enormi di dati stanno trasformando l’ecosistema industriale, dando vita a nuovi modelli di business che fanno leva sui dai e i relativi insights. Secondo un sondaggio commissionato da Aveva a Wakefield Research, basato su un campione di 650 dirigenti di azienda a livello globale, tutti i settori industriali stanno incrementando gli investimenti in soluzioni digitali, in particolare su Cloud, analytics e Ia. Perché come spiega il ceo dell’azienda di software industriale del gruppo Schneider Electric, Peter Herweck, «quando metti insieme i dati e applichi le analytics così da poterli visualizzare all’interno di un contesto, sblocchi nuovi modi di lavorare. Stiamo guardando a come aziende leader come Shell e Worley stanno abbattendo i loro silos e realizzando digital twin per abbattere i silos, incrementare la trasparenza e fornire insights che consentano ai loro team di lavorare in maniera più smart e più connessa». Una visione condivisa da Idc: secondo l’ente di ricerca, nel 2023 saranno investiti dall’industria 2mila miliardi di dollari in iniziative di trasformazione digitale, a livello globale. Queste innovazioni ci stanno portando verso un’era che Herweck definisce come quella della Connected industrial economy, che varrà anche più dell’attuale Digital Economy.

Nel 2023 la spesa per le iniziative di trasformazione a livello globale, secondo Idc, sarà superiore ai 2.000 miliardi di dollari nel 2023. (Fonte: Idc)

Per cogliere le opportunità di questa nuova era, è necessario adottare una piattaforma di dati industriale. Se ne è discusso durante una tavola rotonda organizzata a margina dell’evento Aveva World, che si è tenuto a San Francisco.







Dati o informazioni?

Qual è la differenza fra dati e informazioni? E come l’industria può sfruttarli per ottenere vantaggi di business? Secondo Peter Herweck, numero uno di Aveva, la differenza è che i dati da soli non portano valore. «[In Aveva] aiutiamo le aziende a convertire i dati in informazioni, cerchiamo di dargli un contesto, di portarli in maniera strutturata, così da rendere più facile prendere decisioni». Per trasformarli in insigths serve una piattaforma di dati industriale che consenta di soddisfare una delle principali richieste dei clienti: gestire senza soluzione di continuità le operazioni ovunque: dai sistemi di controllo installati sull’impianto, dai sistemi on-premise, sino al cloud.

Secondo Idc, l’era della Connected industrial economy si differenzierà dalla Old industrial economy per il fatto che i dati avranno più valore dei prodotti stessi. (Fonte: Idc)

«Piattaforma significa che posso scambiare dati e informazioni attraverso tutti i silos. Ma anche all’esterno dell’azienda, in maniera controllata. Questo perché sappiamo che i dati hanno un valore, come i diamanti grezzi, sia quelli operativi sia quelli ingegneristici. Ogni tipo di dato. Ma come faccio a trasformare questi diamanti grezzi in pietre rifinite? Qui entrano in gioco analytics, intelligenza artificiale, machine learning, visualizzazione, il metaverso».

Una piattaforma industriale per cogliere il pieno potenziale dei dati e creare nuovi modelli di business

Per cogliere a pieno il valore di queste informazioni è però dunque condividerle, sia internamente, sia esternamente, perché possono diventare un driver per il business. Herweck fa l’esempio del settore delle energie delle rinnovabili, nello specifico dell’eolico. Chi gestisce un campo eolico all’interno del quale sono installate differenti turbine ha più informazioni su queste componenti del produttore stesso. «Perché non vendere queste informazioni così da migliorare la prossima generazione di turbine?», suggerisce il ceo.

Le aziende leader, quelle che che hanno investito su iniziative di digital intelligence oggi possono contare su una maggiore efficienza delle operation, migliori prodotti e su migliori metriche relative alla conformità normativa, all’efficienza energetica, alla capacità di adattarsi al mutare delle situazioni

Il problema della condivisione delle informazioni è quello di tenerle sotto controllo, perché sicuramente un’azienda non ha l’interesse a condividere tutto, ma solo alcune parti (l’80/90% secondo Herweck). Qui entra il concetto piattaforma industriale abilitata dal cloud, che permette non solo di estrarre il valore dei dati, ma anche di organizzarli e poterli condividere internamente ed esternamente, decidendo cosa può essere aperto alle terze e cosa è meglio rimanga chiuso nei sistemi dell’azienda. Non solo: permette anche di avere controllo su chi accede alle informazioni, quando e come. Questo nuovo paradigma abiliterà nuovi modelli di business, dando vita a una connected industrial economy. Ma quanto ci vorrà? Robert Parker, svp research di Idc, risponde sarcasticamente ma nemmeno troppo: «Non abbastanza velocemente!». Ma come? Proprio di recente Satya Nadella, ceo di Microsoft, ha affermato che con durante la pandemia si sono visti progressi nella trasformazione digitale avvenuti in soli due mesi, quando si pensava avrebbero richiesto almeno due anni. Vero, ma appunto c’è stata una pandemia globale che ha fatto da catalizzatore, accelerando notevolmente i progressi sul digitale.  «Quello che mi aspetto nel breve termine è una piccola pausa di questa accelerazione, che le aziende sfrutteranno per riprendere il controllo della situazione. Per ripensare le piattaforme. A questo punto si riprenderà a spingere su digitale, metaverso e via dicendo». Più ottimista Herweck, secondo cui chi entro 12 mesi chi non ha ancora avviato progetti di piattaforma, inizierà a farlo.

L’evoluzione dell’economia digitale: il punto di Idc

Robert Parker, senior vice president industry, software, and services research di Idc

In occasione di una tavola rotonda con la stampa a margine dell’Aveva World di novembre, Robert Parker ha spiegato come Idc avesse iniziato ad analizzare il fenomeno sette anni fa. Inizialmente c’era un po’ di scetticismo, e molti analisti si chiedevano se fosse una semplice moda oppure ci fosse un potenziale più concreto. Ora, anche a causa dell’accelerazione scatenata dalla pandemia, la trasformazione digitale è la norma. «Ora siamo in quel punto in cui la connected industrial economy si trova a competere con la digital economy. Ed entro il 2028 il 75% del valore dell’economia Usa sarà generato da prodotti e servizi ad alta densità di informazioni. Entro il prossimo anno saranno investiti più di 2mila miliardi di dollari in iniziative digitali, a livello globale».  Servizi legati ai prodotti, insomma.

Ma che ruolo avranno le aziende ancora legate alla “vecchia economia”, come quelle operanti nell’oil&gas? Secondo Parker, questi settori hanno accumulato molta esperienza nella tecnologia per catturare la CO2, e potrebbero rivendere le soluzioni di carbon capture in modalità as-a-Service. Chi opera nelle utility, invece, ha acquisito nuove competenze sulla generazione da rinnovabili e sulla gestione della grid elettrica, e potranno cavalcare il crescente interesse del pubblico verso la realizzazione di microgrid private. In pratica, le imprese energetiche troveranno il modo di monetizzare dalla loro esperienza operativa, aiutando chi non ha ancora maturato queste conoscenze. Il settore farmaceutico si muoverà verso medicinali di precisione, studiati non solo per una specifica patologia, ma sulla base del singolo paziente. E lo stesso accadrà anche nel mondo della chimica, della siderurgia. Sarà così che mostreranno le loro capacità di resilienza.

Il caso Lego

Anche il mondo del retail dovrà affrontare una pesante trasformazione, con prodotti sempre più mirati sul singolo consumatore, customizzati. E questo porta inevitabilmente a problemi logistici e operativi. Per superarli «la connected industrial economy richiederà la presenza di una forte base di dati operativi». Un esempio arriva da Lego, il produttore dei famosi mattoncini. Sino a pochi anni fa il principale rivenditore di questi giocattoli era Walmart. Oggi, invece, è Amazon (il canale diretto, Lego.com, è al secondo posto). Un cambiamento che ha stimolato il produttore dei mattoncini a sviluppare nuovi modelli di business, a partire da un modello ad abbonamento: ci si registra, si paga un fio mensile e ogni 30 giorni si riceve un nuovo set di costruzioni. Un nuovo modello di revenue che non ha ovviamente sostituito quello tradizionale, ma lo ha affiancato.

Adottando nuovi modelli di business che fanno leva sui dati e sul digitale Lego è riuscita a creare ulteriore valore, monetizzando da nuovi asset, nuovi canali e nuovi modelli di revenue

Ma non è l’unica trasformazione che ha affrontato Lego negli ultimi anni. Quando sono usciti i primi robot motorizzati di Lego, alcuni appassionati hanno iniziato a scrivere e distribuire del codice personalizzato per questo hardware. Solitamente in questi casi le imprese reagiscono nella maniera più diretta, attivando i legali per stroncare sul nascere queste iniziative amatoriali, ma «qualcuno molto intelligente in Lego ha deciso di non farlo. E di incoraggiare gli utenti a continuare a, coinvolgendoli nella nostra community». Il risultato? Si è creata un’ulteriore fonte di ricavi per l’azienda.

Aveva in sintesi

Peter Herweck, ceo di Aveva

Aveva è una multinazionale che sviluppa software per il settore industriale. Fa parte del gruppo Schneider Electric, tra i leader mondiali nell’automazione e nell’hardware elettrico. Nel portafoglio dell’azienda si trovano soluzioni che spaziano dall’engineering alle operations, incluse piattaforme per l’analisi dei dati, la visualizzazione e anche la condivisione, oltre che software di simulazione, Cad, Mes e soluzioni end-to-end per i digital twin. Nel portfolio dell’azienda troviamo i Pi System, soluzioni per la gestione dei dati operativi usate in vari settori per ottimizzare ed efficientare i processi. Come nel caso di Toyota Motor Europe, che si è affidata proprio ai Pi System per abbattere consumi ed emissioni di CO2 dei suoi stabilimenti produttivi in Europa. Aveva sta investendo molto sul concetto di metaverso, che considera la naturale evoluzione dei digital twin.














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