Kpmg: la rivoluzione dell’automotive rischia di travolgere la supply chain

di Marco Scotti ♦︎ Nonostante un cambio di passo epocale, i ceo dei principali brand dell'automobile sono sicuri che nel futuro i margini torneranno a essere migliori. Ma il vero problema è rappresentato dalla catena di fornitura, che stanno rischiando doppiamente: da una parte perché le auto elettriche necessitano di componenti diversi e in minore quantità; dall'altra perché i nuovi player, da Apple a Google fino a Tesla, rischiano di entrare prepotentemente nel mercato sbaragliando la concorrenza. Per questo, per salvarsi, serve trovare nuovi mercati su cui puntare, compreso quello cinese. Parla il partner di Kpmg Fabrizio Ricci

Automated robotic arms in large factories

Mai nei 130 anni di storia dell’automotive ci si era trovati di fronte a un momento così costellato di cambiamenti, di vario tipo. Per questo motivo Industria Italiana ha deciso di realizzare un approfondimento in due capitoli sulla rivoluzione dell’industria automobilistica, partendo dall’analisi delle varie modifiche che si stanno verificando. C’è un fronte, quello del mercato, che mostra come le esigenze dei consumatori siano cambiate definitivamente: chi vive nelle città sa bene che il possesso di un’automobile non è più fondamentale, visto l’apporto che arriva dai vari car sharing e noleggio a lungo termine. C’è da analizzare a fondo il capitolo dei propulsori, visto che il diesel è stato messo al bando in Europa e che l’elettrificazione deve diventare massiva entro il 2035. C’è da comprendere l’impatto della crisi della supply chain e dell’incremento dei costi delle materie prime. C’è da analizzare la portata dei nuovi colossi del tech che sono ormai pronti a giocare un ruolo di primo piano, e non più solo ancillare, nel mondo dell’automotive. Infine, c’è da guardare al futuro, con automobili volanti, ricariche elettriche ultra-veloci. Per provare a diradare la nebbia, Kpmg ha condotto uno studio su oltre 1.000 dirigenti nel settore automobilistico globale: si tratta della ventiduesima edizione del Global Automotive Executive Survey. Lo studio rivela che le case automobilistiche si aspettano che il resto di questo decennio porterà a immensi cambiamenti in ogni aspetto del settore. L’indagine mostra anche che nel breve termine i manager sono molto preoccupati per i problemi che interessano la catena di approvvigionamento. Ma ci sono anche  aspetti positivi che emergono dallo studio realizzato da Kpmg. Ad esempio che il 53% degli intervistati è fiducioso che l’industria automobilistica vedrà una crescita più redditizia nei prossimi cinque anni. Ciò si confronta con solo il 38 percento che è preoccupato per le prospettive di profitto. 

In una recente intervista al Corriere della Sera, l’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares ha spiegato chiaramente quali siano i problemi principali che attanagliano gli Oem. Primo fra tutti il fatto che il costo delle vetture elettriche, che dovranno diventare lo standard di riferimento a partire dal 2035, rischia di essere troppo elevato, di fatto tagliando fuori la classe media. Per il ceo di Stellantis, al momento le e-car costano il 50% delle automobili con motori termici. E l’Unione Europea, che ha realizzato e scadenzato la tabella di marcia, ha di fatto scontentato tutti: «L’elettrificazione è una tecnologia scelta dai politici, non dall’industria. C’erano modi più economici e veloci di ridurre le emissioni – ha detto Tavares al Corriere -. Il metodo scelto non permette ai costruttori auto di essere creativi per trovare idee diverse». E poi riserva una bordata finale: «Tra 10 i 15 anni conosceremo anche i risultati reali dell’elettrificazione nella riduzione delle emissioni. Per dirla semplice, non guardare l’intero ciclo di vita delle auto elettriche è riduttivo. Non va perso di vista che ci saranno conseguenze sociali e rischiamo di perdere la classe media, che non potrà più comprare auto. Quindi è presto per dire se l’approccio europeo è ragionevole». 







 

Il sentiment degli executive sul futuro dell’industria automobilistica

Fabrizio Ricci, partner di Kpmg esperto di automotive

Dunque, il quadro che si presenta a chi voglia analizzare il mondo dell’automotive è decisamente composito. Da una parte c’è la preoccupazione per la riduzione dei margini e l’incremento dei costi finali delle auto; dall’altro però si respira comunque un’aria di ripartenza. Anche perché, con ogni probabilità, peggio di così non potrebbe andare. Prendiamo l’Italia: finito l’effetto benefico degli incentivi statali, il 2021 si è chiuso con un calo delle immatricolazioni del 24,5% rispetto allo stesso periodo del 2020, già non esattamente uno dei momenti più brillanti della storia dell’industria automobilistica. Tra l’altro la Legge di Bilancio licenziata dalle Camere alla fine dello scorso anno non prevede particolari meccanismi incentivanti, e dunque serve trovare altrove nuovi strumenti per riprendersi. 

«Il 2021 è stato un anno davvero complesso – spiega a Industria Italiana Fabrizio Ricci, partner di Kpmg, esperto del settore automotive – in cui si sono sommate diverse variabili negative: la pandemia, che già c’era ma che ha continuato a “mordere”; la crisi dei semiconduttori, che per Carlos Tavares proseguirà anche per tutto questo 2022; la carenza di componenti e di materie prime che fanno aumentare il costo di produzione. D’altronde queste difficoltà sono riscontrabili da tutti : i consumatori chi ordinano un’automobile devono attendere diversi mesi prima di riceverla in consegna.: i gestori di flotte hanno spesso dovuto  estendere la durata dei contratti di leasing esistenti invece che procedere alla sostituzione e gli stessi  produttori aspettano a lanciare prodotti per evitare che vengano “bruciati” dalla situazione complicata che stiamo vivendo».

Quanto sono preparati i ceo dell’automotive per il futuro? FFonte Kpmg

In questo sistema decisamente complesso vanno tenuti in considerazione anche gli obiettivi fissati dalla politica in termine di transizione all’elettrico, con degli obiettivi particolarmente sfidanti: non poter più vendere automobili alimentate con motori termici a partire dal 2035 significa dover procedere a una sistematica rivoluzione degli impianti produttivi e di tutta la supply chain, con effetti ad ora ignoti sulle catene di fornitura e subfornitura. Senza dimenticare che serviranno investimenti significativi per la costruzione di Gigafactory, di colonnine di ricarica per una durata “ragionevole” (impensabile che per avere la carica completa si debbano aspettare 30 o 40 minuti) e di smistamento e smaltimento delle batterie esauste. Una vera rivoluzione. A proposito della durata della ricarica, alla domanda per quanto tempo ritengono che i consumatori sarebbero disposti ad aspettare una ricarica dell’80%, più di tre quarti (77%) degli intervistati nella survey di Kpmg affermano non più di 30 minuti.

Carlos Tavares, ceo di Stellantis

Al momento si ritiene che l’adozione adozione dell’elettrico proseguirà speditamente con centinaia di modelli in lancio nei prossimi 24-36 mesi,  ma la quota di mercato sarà diversa a seconda delle aree geografiche e livello di reddito dei paesi;  la survey rivela che  entro il 2030  i paesi più avanzati raggiungeranno la parità di quote di mercato tra veicoli elettrici e tradizionali, gli altri si attesteranno su quote più basse nonostante tassi di crescita della domanda di veicoli elevati. Fondamentali saranno ovviamente la riduzione del costo dei motori elettrici , ancora una volta ci si aspetta la parità di costo entro il 2030, e la disponibilità di modelli su tutte le classi di veicoli per riempire la forbice attuale tra utilitarie e modelli di élite come le Tesla. Anche il tema dei costi e del rischio di creare ulteriori disuguaglianze è di grandissima attualità. Al momento stiamo prevedendo una rivoluzione nei powertrain che riguarda a dir tanto un miliardo di persone, cioè Europa e America del Nord. Perché la Cina sta seguendo un suo specifico percorso e gli altri Paesi non hanno le risorse e infrastrutture e neanche le competenze per operare una transizione così repentina. La convinzione, alla fine, è che nel 2035 ci sarà una compresenza di diverse forme di propulsori, soprattutto perché altrimenti avremo i ricchi che si muovono con le e-car e tutti gli altri che dovranno continuare – se sarà loro permesso – con i motori tradizionali. 

 

La paura più grande: la tenuta della supply chain

Night lighting cabin of luxury Mercedes S Class finished with real wood and leather and a huge multimedia screen MBUX. Rainy night. Katowice,Poland – 02.02.2021

L’area di maggiore ansia per i dirigenti è la filiera. Hanno espresso alti livelli di preoccupazione per la disponibilità a breve termine e il prezzo sia delle materie prime che della manodopera. Quasi la metà (46%) è molto o estremamente preoccupata per l’impatto della recente volatilità dei prezzi delle materie prime sulla propria attività nel prossimo anno. Il 55% dei dirigenti è molto o estremamente preoccupato per la carenza di manodopera. Negli Stati Uniti sono ancora più preoccupati, poiché rappresentano oltre il 70 percento del campione. Ciò è coerente con i dati del Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti che suggerisce che nel settembre 2021 c’erano oltre mezzo milione di posti di lavoro non occupati nella produzione di beni durevoli. I dirigenti sono anche preoccupati per l’ambiente normativo per il commercio. Il 57% afferma che il costo e la complessità delle regole commerciali e delle tariffe aumenteranno nei prossimi cinque anni. La maggior parte dei dirigenti automobilistici afferma di mirare a esercitare un maggiore controllo sulla catena di approvvigionamento. Quasi due terzi affermano che è molto o estremamente importante fare investimenti diretti nei fornitori.

Quali saranno i principali player della guida autonoma?

«Che cosa stanno facendo tutti i player coinvolti nell’automotive? – si domanda Ricci – Si stanno organizzando perché in questo momento i fornitori tradizionali sono in ritardo nelle consegne, hanno carenza di stock per cui tutte le aziende si stanno orientando per la produzione in casa dei componenti mancanti per non rimanere in scacco. Prendiamo Tesla, ad esempio: sta facendo un accordo con Panasonic per costruire un nuovo stabilimento per la produzione di batterie e per rimanere più vicino a noi Stellantis ha deciso di costruire Gigafactory in Francia, Germania e auspicabilmente in Italia  . Tutti i principali protagonisti dell’automotive hanno fatto del lean manufacturing un autentico mantra negli ultimi anni. Per questo la crisi delle forniture diventa un fattore critico a cui bisogna porre rimedio. È lecito attendersi che vengano realizzate ulteriori joint venture, diminuendo la disintermediazione nei materiali e andando alla ricerca di nuovi fornitori. Perché, è bene ricordarlo, spesso c’è una competizione tra diverse industry: nel caso dei semiconduttori con chi produce smartphone ed altri “device” elettronici». 

 

Nuove strategie di business e nuovi player nel mercato dell’auto

Tesla Roadster

 Mentre i dirigenti automobilistici guardano al futuro, devono affrontare decisioni critiche su dove e come piazzare le loro scommesse. Alla domanda della survey di Kpmg su come allocare un raddoppio del budget di ricerca e sviluppo della loro azienda, i dirigenti hanno suddiviso i loro investimenti in modo relativamente uniforme su una varietà di tecnologie, con una moderata propensione verso le nuove tecnologie di propulsione. Molte case automobilistiche e fornitori affermano che le loro aziende cederanno asset non strategici, raccogliendo denaro da investire in nuove tecnologie. L’85% degli intervistati sta valutando nuovi investimenti, acquisizioni e partnership in società di nuove tecnologie nei prossimi anni. Per generare denaro, il 75% afferma di avere almeno moderatamente probabilità di cedere parti non strategiche delle proprie attività nei prossimi anni.

È ovvio che i giganti tecnologici come Apple, Google e la stessa Tesla siano già oggi ago della bilancia dell’automotive. Le start-up ben capitalizzate continuano ad entrare nel mercato automobilistico. Alla domanda su come influenzeranno il settore, il 61% afferma che le start-up avranno un impatto moderato nei prossimi 10 anni; Il 31% afferma che avranno un impatto importante. Le stesse start-up sono cautamente ottimiste. Il 73% degli intervistati ritiene che le start-up di mobilità avranno un impatto moderato e solo il 20% afferma che l’impatto sarà significativo. I nuovi entranti stanno adottando un nuovo approccio alla catena del valore. Ad esempio, alcune nuove case automobilistiche utilizzano terze parti per produrre i loro veicoli. L’82% degli intervistati nella survey di Kpmg ritiene che questi partecipanti avranno successo nella produzione a contratto.

«Potrà esserci l’ingresso di nuovi player nel mondo dell’automotive – conclude Ricci – anche perché il mercato è tutt’altro che stabile, soprattutto in funzione delle innovazioni che alcuni produttori stanno portando avanti. Quello che ci aspetta è sicuramente l’ingresso massiccio dei nuovi player di ambito tecnologico. Vedremo con ogni probabilità i vari Amazon, Google e perfino Huawei misurarsi con l’industria automobilistica e i player tradizionali dovranno scendere a patti con loro, specialmente quando si parla di guida autonoma. Non è un caso che Stellantis abbia recentemente dichiarato di aver raggiunto un accordo con Amazon per la creazione congiunta di una piattaforma per la connected car. E poi possiamo lecitamente aspettarci anche delle operazioni di M&A. Si partirà dalle alleanze per arrivare a delle concentrazioni tra player tradizionali che hanno competenze diverse. Magari i player tecnologici diventeranno perfino degli Oem puri, mentre è quasi impossibile dire ora se verrà loro la voglia di comprare qualche brand tradizionale». 

La grande incognita rimane la Cina: è un mercato peculiare perché sta procedendo in maniera molto spedita sulla via dell’innovazione. Non sarebbe quindi un’utopia immaginare che gli Oem tradizionali “bussino” a Pechino per mettere un piede nel mercato a più alto tasso di crescita. 

 














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