Da Km Rosso a Seco e Dassault Systèmes: 21 nuovi soci per il Cluster Fabbrica Intelligente

di Marco de' Francesco ♦︎ Tra i nomi anche Dgs, Autodesk, Hp, Nokia e tanti altri. 39 il numero dei membri associati. Inoltre Comet Friuli Venezia Giulia, Sviluppo Umbria, Cluster Lucano Automotive, Hub Innovation Trentino, hanno ricevuto dalle rispettive Regioni la delega per rappresentarle in seno al Cluster, portando così a 11 il numero degli enti territoriali

Kilometro Rosso

Cresce il fronte industriale della base associativa del Cluster Fabbrica Intelligente, associando 21 nuove realtà, alcune delle quali molto note: esattamente, si tratta di Wärtsilä Italia di Trieste, Dgs di Roma, Tema Energy di Bergamo, I40saas di Padova, Seco di Arezzo, Video Systems di Udine, Thinkinside di Trento, Ubiquicom di Milano, Bancolini Symbol di Bologna, Scao Informatica di Brescia, Safety Job di Bergamo, Dassault Systèmes ItaliaFores Engineering di Forlì-Cesena e Efeso Consulting di Milano, HP Italy, AutodeskIdrotherm 2000 di Lucca, Servitly di Lomazzo, Isapiens di Milano, Canon ItaliaNokia Solution and Networks.

Tra i nuovi membri dell’unico tavolo nazionale che associa tutti i portatori di interesse del manifatturiero avanzato (aziende, associazioni, università e centri di ricerca, Regioni) ci sono multinazionali del software e delle tecnologie, leader nel trasferimento tecnologico come Kilometro Rosso, importanti aziende manifatturiere italiane. E si espande sul territorio nazionale. Organizzazioni regionali già associate, come Comet dal Friuli Venezia Giulia, Sviluppo Umbria, Cluster Lucano Automotive (Basilicata), Hub Innovation Trentino, hanno ricevuto dalle rispettive Regioni la delega per rappresentarle in seno al Cluster, portando così a 11 il numero degli enti territoriali. Nei prossimi mesi dovrebbe crescere a 15, con la Campania, l’Abruzzo, il Lazio e la Toscana.







Ad avviso del presidente di CFI Luca Manuelli (che è anche cdo di Ansaldo Energia e ceo di Ansaldo Nucleare) l’allargamento di CFI non deve sorprendere: è il segno della determinazione con cui l’anno scorso l’associazione ha portato avanti la sua azione. Già nel 2020, per Manuelli, «nonostante tutte le difficoltà legate al Covid-19», si erano «raggiunti tutti gli obiettivi» e si era riscontrata una crescita di aziende, associazioni, «e alcune interessanti start-up e scale-up». Si ricorderà che proprio durante la pandemia, e quindi di fronte allo scenario incerto e complesso che si era improvvisamente aperto per la manifattura italiana, il Cluster non è rimasto inerte, ma anzi ha riallineato la propria missione in breve tempo. Ad esempio, a seguito della disarticolazione delle filiere e del calo della domanda, il Cluster ha attribuito maggior rilievo alla resilienza di sistema, e cioè alla capacità delle imprese manifatturiere di reagire positivamente alle avversità e di superare eventi traumatici. Lo ha fatto mettendo al lavoro una task force di 50 esperti che ha prodotto il documento, “Produrre un Paese Resiliente”, una proposta diretta al decisore politico, che si può essere consultata qui.

Tra le principali iniziative del Cluster, la definizione della Roadmap, processo strategico per indirizzare la trasformazione digitale dell’industria italiana, individuando le principali necessità della manifattura italiana in termini di avanzamento tecnologico e traiettorie di sviluppo. Attualmente, sette Gruppi Tematico Tecnico Scientifici (GTTS) formati da esperti, docenti universitari e soci del cluster sono impegnati nella redazione della nuova Roadmap
Luca Manuelli, cdo di Ansaldo Energia, ceo Ansaldo Nucleare e presidente del Cluster Fabbrica Intelligente

L’operatività del Cluster si è anche manifestata attraverso gli accordi coi Pathfinder, partner tecnologici, sono chiamati ad aiutare il Cluster a mettere a fuoco le traiettorie di sviluppo di tecnologie abilitanti delle quali sono esperti, di “prevederne” il futuro. «Siamo riusciti ad aggregare nomi come SapCiscoSiemens e Deloitte. E diversi altri sono in arrivo», ricorda Manuelli. Ma a prescindere dalla vitalità del Cluster, quali altre motivazioni hanno spinto i nuovi soci industriali ad aderire a Cfi? Sono, come vedremo, un po’ diverse da azienda ad azienda; ma ci sono due tratti comuni che si possono in breve riassumere. Anzitutto la dimensione di ecosistema del Cluster, e quindi il mondo di relazioni che favorisce il dialogo sull’evoluzione di tecnologie determinanti per lo sviluppo della manifattura. Anche le aziende più grandi faticano a fare proiezioni. Mettendo insieme competenze ed esperienze, il panorama risulta in qualche modo più comprensibile.

E poi, l’opportunità di partecipare ad iniziative a favore di politiche industriali efficaci. Cfi definisce documenti importanti, il più rilevante dei quali è la Roadmap, che ha sia lo scopo di indirizzare le attività di ricerca e innovazione delle aziende manifatturiere, che proporre agli organi istituzionali quali i Ministeri dei percorsi di approfondimento lungo i quali puntare con politiche industriali mirate. Dopo una prima versione quinquennale, l’anno scorso sette Gruppi tematici tecnico scientifici (Gtts) formati da esperti, docenti universitari e soci del cluster hanno iniziato la redazione della seconda, che sarà terminata fra qualche settimana e sottoposta in anteprima per revisione agli associati. Essere soci di Cfi, cioè, consente di “scrivere” il futuro della manifattura. Ne abbiamo parlato con l’Emea marketing manager 3D printing & digital manufacturing di HP Gino Rincicotti, con il sales account executive di Autodesk Italia Samuele Gallazzi, con il ceo di Porini (Gruppo Dgs) Tommaso Pozzi, con il chief innovation officer di Seco Gianluca Venere e con il direttore del Kilometro Rosso Salvatore Majorana.

 

Per Kilometro Rosso l’adesione al Cluster porterà più valore alle imprese del proprio distretto innovativo

Salvatore Majorana, direttore Kilometro Rosso

Secondo Majorana, l’adesione al Cluster Fabbrica Intelligente è per Kilometro Rosso «un passaggio naturale nello svolgimento della propria missione. Il nostro Innovation District, infatti, è da sempre attivo nella creazione di un sistema di relazioni tra ricerca e impresa che permettano ai nostri partner di trovare risposte efficaci ai loro fabbisogni di innovazione, con una particolare attenzione ai sistemi industriali». Per Majorana «con lo stesso obiettivo siamo infatti anche tra i fondatori del Dih di Bergamo, del Competence Center Made e di progetti di aggregazione come il JOiiNT Lab, il laboratorio sulla robotica insediato nel nostro campus. Con il Cluster Fabbrica Intelligente riusciremo a portare maggior valore alle imprese che con noi ricercano soluzioni innovative per i loro prodotti e processi, affiancandole nella creazione di relazioni e nella ricerca dei necessari finanziamenti».

 

Hp e Autodesk vogliono condividere le proprie competenze nella stampa 3D

1)     HP porta al Cluster 15 anni di esperienza in AM

HP Multifusion Jet Printer – CAD Microsolution

C’è un campo in cui la filiale italiana della multinazionale dell’IT HP intende condividere le proprie competenze ed esperienze: «Da 15 anni siamo entrati nel mondo della stampa 3D – ha affermato Rincicotti -: è il tema sul quale vogliamo confrontarci con l’ecosistema del Cluster. Circa le modalità, è un ragionamento che stiamo facendo. Ad esempio, potremmo attivarci nei Gtts, ad esempio quello sui sistemi produttivi innovativi (Gtts5): tra le tematiche prioritarie in quest’area c’è anche l’additive manufacturing. Ora vedremo quale strada intraprendere». Peraltro, nel settore della stampa 3D, HP ha inventato una nuova tecnologia, la Multi Jet Fusion, inizialmente immessa sul mercato con due linee di prodotto. È basata su polveri, che però non impiega i laser. Il letto di polvere viene riscaldato all’inizio in modo uniforme. Viene poi depositato un agente di fusione nei punti in cui è necessario fondere selettivamente le particelle; un agente di rifinitura viene depositato intorno ai contorni, per migliorare la risoluzione delle parti. Mentre le lampade passano al di sopra della superficie del letto di polvere, il materiale depositato cattura il calore e contribuisce a distribuirlo in modo uniforme. Tra i vantaggi, quello di comportare un radicale cambiamento di paradigma nel design: consente di creare con un solo pezzo componenti che prima erano costruiti associando, saldando e incollando decine di elementi. In pratica si utilizza solo il materiale di cui si ha bisogno, con un grande risparmio in termini di energia e di costi di smaltimento. Ciò trova preciso riscontro nelle politiche di sostenibilità industriale promosse dal Cluster.

 

2)     Autodesk, la “autocad company” che vuole conoscere le evoluzioni future dell’AM

Interfaccia Autocad Architecture Autodesk

«C’è una tecnologia nella quale stiamo investendo molto – ha affermato Gallazzi -: quella dell’additive manufacturing. È un tema fondamentale, di processo, per cui è importante confrontarci in materia con la manifattura più importante d’Italia, quella che il Cluster esprime. Bisogna fare il punto sui progressi e sulle evoluzioni future di questo genere di stampa. Pertanto, vogliamo anche far parte dei gruppi che scrivono la Roadmap». Autodesk è un’azienda californiana con oltre 35 anni di storia, divenuta famosa per aver lanciato il più importante software di progettazione bi e tridimensionale (autocad) e oggi tra i leader di mercato anche nei digital twin e nei plm. La società ha un fatturato di oltre 3 miliardi di dollari e conta su circa 9mila dipendenti, una quarantina dei quali opera dalla sede italiana di Milano.  Autodesk si sta trasformando da “autocad company” a società partner dei clienti nella loro digital transformation. Così, la stampa 3D si inserisce in un percorso che può riguardare i gemelli digitali e il generative design, e cioè tecnologia che, attraverso cloud e intelligenza artificiale, è in grado di affiancare i designer e i progettisti attraverso una serie di soluzioni geometriche. Proprio di recente, peraltro, Autodesk ha rilasciato un’estensione di simulazione di una sua suite di design (Fusion 360): in pratica è un nuovo software per ridurre il rischio di un approccio per tentativi ed errori alla modellazione dei progetti AM.

 

Per il Gruppo Dgs l’Ai si fa con l’ecosistema 

Tommaso Pozzi, ceo Porini

«Oggi – ha affermato Pozzi – l’innovazione corre talmente velocemente che è impossibile prevederne le traiettorie, a me non che non si faccia parte di un contesto organizzato. È questa la prima motivazione per cui il Gruppo Dgs ha deciso di aderire al Cluster Fabbrica Intelligente». L’azienda di cui Pozzi è ceo, Porini, è nata a Como nel 1968 come società specializzata in soluzioni Erp e servizi di consulenza specifici per imprese di moda, abbigliamento, tessuti e retail; negli anni però ha ampliato le sue competenze diventando uno dei principali partner di Microsoft come fornitore di software indipendente (Microsoft Global Isv). Di conseguenza, ha allargato il proprio portafoglio ad altre soluzioni, come la business analytics, l’AI, il machine learning, l’IoT, il social Crm, il performance management e tanto altro. Ora è parte del Gruppo Dgs, che conta altre società importanti come Maneat, Vista Technology e D Thinks, e che ha un fatturato di circa 130 milioni. Il gruppo, a parte tutte le tecnologie citate, si occupa anche di cyber security.

«Ora, però, il gruppo è concentrato nell’intelligenza artificiale, un argomento importante per la manifattura e per il Cluster, che infatti si occupa degli sviluppi di questa tecnologia in più gruppi di lavoro per la Roadmap. È un ambito di confronto del quale noi vogliamo far parte». In particolare, secondo Pozzi «il Cluster ha compreso l’importanza della data driven company, che a mio avviso rappresenta la manifattura del futuro». Ma cos’è la data driven company? È un’azienda che considera la gestione dei dati non come un mero fattore tecnico, ma come un pilastro strategico del business. In questo schema le decisioni vanno basate su fatti oggettivi, che derivano dall’analisi delle informazioni raccolte (con frequenza) sul campo. Oggi un ceo, un manager, un operatore di linea, devono scegliere velocemente, perché i tempi dell’industria sono sempre più incalzanti; e le serie storiche e le analisi metriche non bastano più. Occorre, appunto, un’analisi dei dati svolta dall’AI.

 

Seco intende portare le proprie competenze nell’IoT e nell’elettronica embedded 

Seco CHPC-C77-CSA, credits seco.com. Seco si occupa di elettronica embedded per il medicale, i trasporti, la Difesa, l’industria manifatturiera. Colleghiamo Mes, Erp, e digital twin della fabbrica

«Stiamo valutando l’attività dei gruppi di lavoro per capire in quale di essi portare le nostre competenze – ha affermato Venere – che sono attualmente molto diversificate.  Dobbiamo capire in quali ambiti possiamo essere più utili». Anzitutto va sottolineato che Seco, azienda di Arezzo (ma con sedi in vari Paesi, tra cui Cina, Usa e India) che ha debuttato in Borsa il 5 maggio (nel settore Star) e che ha un fatturato attorno ai 100 milioni di euro, si occupa da circa quarant’anni di IoT, argomento del quale si tratta, ad esempio, nel Gtts6. «Facciamo elettronica embedded per il medicale, i trasporti, la Difesa, l’industria manifatturiera. Colleghiamo Mes, Erp, e digital twin della fabbrica» – ha continuato Venere. Negli anni ha esteso le proprie competenze realizzando microcontroller Edge dotati di AI embedded, e soprattutto la piattaforma Clea, che integra intelligenza artificiale, IoT, cloud computing e Big Data analysis. «È una soluzione completa, che consente all’azienda che la utilizza di ridurre il time-to-market (nella fabbricazione e nel rilascio dei prodotti) e di raggiungere più agevolmente i propri Kpi».

A marzo scorso, peraltro, Seco e il colosso dell’IT Microsoft hanno annunciato un accordo in base al quale Clea verrà nativamente ospitata sulla piattaforma cloud Azure e sarà resa disponibile a livello globale sul marketplace del colosso americano, facilitando l’utilizzo della soluzione integrata da parte dei clienti, dei system integrator e dei business partner dei due gruppi. Inoltre, Seco realizza moduli Com (Computer-on-module), che sono in pratica dei computer funzionali su un’unica scheda, con un design incentrato su un microprocessore con la Ram.














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