Dinamiche, responsabili e volte all’innovazione: ecco come sono le pmi italiane nella visione di Asus

Lo smart working è un'esigenza strategica per il 67% delle piccole e medie imprese italiane e il capitale umano e il welfare dei dipendenti sono sempre più centrali

Le conseguenze del Covid hanno fatto sì che molte imprese italiane, pmi incluse, cambiassero approccio nella gestione degli spazi e delle persone. Infatti, l’ufficio ha perso la sua connotazione di “luogo parte della routine quotidiana”, diventando invece un luogo di eccezionalità, quasi desiderabile in quanto si è andato a legare indissolubilmente con la sfera dei rapporti umani fra colleghi (il 33% delle pmi dichiara di vedere l’ufficio come punto di incontro per i colleghi al di fuori della normalità e quotidianità del lavoro da casa, mentre il 18% delle stesse aziende lo definisce un luogo oramai superfluo, utile solo per le occasioni “formali”). Il 37% delle aziende infatti afferma che i collaboratori hanno acquisito maggiore flessibilità, anche per gestire un aumento dei carichi e delle ore di lavoro legate allo smart working, mentre nel 32% dei casi i colleghi hanno mantenuto un orario fisso, vedendo però aumentare le ore lavorative. La flessibilità totale di orario è invece stata acquisita solo dal 24% delle pmi.

La ricerca di ASUS mostra che il 41% delle pmi italiane afferma di aver dovuto affrontare nel 2020 dei grandi cambiamenti a livello operativo e organizzativo, ma ciò che risulta interessante è che una buona parte di queste progetta, o ha già in atto, di mantenere e addirittura implementare tali modifiche. A partire dal lancio e/o rinforzamento di nuovi servizi o prodotti, sono molte le aziende che si fanno promessa di rinnovare il proprio apparato tecnologico (29%), mantenere lo smart working (18%) o riorganizzare la struttura interna (26%).







L’evoluzione delle start-up nel post pandemia

Sono inferiori le percentuali di aziende che queste azioni le hanno già messe in campo: il 14% delle pmi ha infatti rinnovato l’apparato tecnologico, il 10% ha previsto nuovi servizi o prodotti, e il 9% ha avviato una riorganizzazione interna, mentre rimane invariata la percentuale riguardante l’implementazione dello smart working. Infatti, circa 8 aziende su 10 fra quelle che lo hanno già usato in questo periodo, prevedono di continuare ad avvalersi dello smart working nel prossimo futuro. Considerando l’insieme delle aziende italiane studiate, il lavoro da remoto rimarrà nel 67% delle PMI.

Inoltre, tre quarti delle aziende che implementeranno lo smart working come soluzione strategica per il futuro hanno inoltre in mente di ridurre gli uffici. Ma anche l’organizzazione e la cultura aziendale si modificano. Le aziende dello smart working strategico si apprestano ad adottare modelli di maggior autonomia per le persone, di maggior orientamento ai risultati, di utilizzo più libero delle dotazioni informatiche (a partire dal pc: il 55% delle aziende fornisce ora portatili ai dipendenti), anch’esse in evoluzione. In questo senso, vi è stato un forte shift rivolto all’acquisto di computer portatili e laptop compatti, in grado di supportare adeguatamente le videoconferenze con dotazione di webcam e microfoni adatti, e la necessità di mobilità, che ha portato le preferenze su laptop leggeri, compatti e facili da trasportare.

«I cambiamenti indotti dalla pandemia sono stati, almeno in parte, l’espressione di una volontà di evoluzione e digitalizzazione dei processi già presente nelle PMI da tempo, ma che hanno trovato applicazione solo in questo momento», ha commentato Massimo Merici, business development manager system business group di Asus Italia. «Un elemento fondamentale per far fronte a questo periodo è stata la tecnologia: le PMI si sono rese conto del supporto strategico che questa può fornire anche nel lungo termine».














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