ArcelorMittal, Re David (Fiom-Cgil): «Importante l’ingresso dello stato. Poche informazioni sul progetto industriale»

Slitta di altri 10 giorni l’intesa definitiva tra governo ed ex-Ilva. Il commento della sindacalista sull’attesa e l’insicurezza sul lavoro

Vincenzo Boccia - presidente di Confindustria - e Matthieu Jehl - ad Arcelor Mittal Italia - durante l'assemblea generale di Federmeccanica  tenutasi nello stabilimento Arcelor Mittal Italia di Taranto|Alberto Dal Poz
L'ex Ilva, ora stabilimento ArcelorMittal Italia di Taranto

Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil, commenta la decisione del governo di entrare in ArceloMittal ritenendo importante l’ingresso con una quota del 50% (60% entro giugno 2022), ma dubbiosa per l’attesa di altri 10 giorni per firmare l’intesa definitiva e per quanto riguarda gli aspetti legati al piano industriale. Fa inoltre presente che le ipotesi fatte sono lontane dall’accordo sindacale del 6 settembre 2018 e puntualizza che se il 10 di dicembre «si dovesse pervenire alla firma definitiva dell’accordo di coinvestimento si aprirebbe l’avvio di una trattativa con il nuovo soggetto».

«La decisione del governo di entrare in ArcelorMittal attraverso la controllata Invitalia all’inizio con una quota del 50% per poi salire al 60% entro giugno 2022, è importante» ha commentato Francesca Re David che ritiene positivo che lo Stato entri negli asset strategici dell’industria italiana, a partire dalla siderurgia perché «è una garanzia e una scelta di politica industriale». La sindacalista ritiene che lo Stato non debba limitarsi ad un intervento di natura finanziaria, ma che debba assumere nella nuova società una funzione di indirizzo strategico del progetto industriale. La trattativa sta andando avanti esclusivamente tra governo e ArcelorMittal e sono necessari ulteriori 10 giorni per firmare l’intesa definitiva, dopo la lettera di intenti siglata oggi (30 novembre).







«Sono ancora insufficienti però le informazioni in nostro possesso» puntualizza la segretaria generale di Fiom-Cgil facendo notare che, per quanto riguarda gli aspetti legati al piano industriale, «sono state anticipate soltanto le linee generali». Secondo tali linee si «dovrebbe realizzare nell’arco temporale che va dal 2020 al 2025 una ridefinizione degli aspetti impiantistici con l’introduzione di un ciclo misto di produzione dell’acciaio da forno elettrico e da altoforno con l’affiancamento di piattaforme per la produzione di preridotto (dri)». E secondo Re David l’assetto impiantistico «dovrebbe garantire un volume di produzione di 8 milioni di tonnellate a regime e 10mila e 700 addetti. Ciò comporterebbe l’utilizzo della cassa integrazione per un massimo di 3mila unità nel 2021, di 2500 nel 2022, di 1200 nel 2023, e zero nel 2024».

Per la segretaria generale di Fiom-Cgil questa ipotesi è «lontana dall’accordo sindacale del 6 settembre 2018», in cui era previsto «il vincolo occupazionale anche per i 1700 lavoratori in amministrazione straordinaria, e che i tempi della transizione per il completamento del piano industriale al 2025 sono difficilmente sostenibili sia per quanto riguarda il numero di lavoratori interessati sia per gli attuali livelli di copertura salariale previsto dagli ammortizzatori sociali». Re David Fa inoltre notare che tempi così lunghi di implementazione del piano industriale non sono compatibili con una condizione degli impianti e che «negli stabilimenti cresce l’insicurezza dovuta alla mancanza di investimenti sulla manutenzione ordinaria e straordinaria come dimostra anche il crollo della “torre faro” a Genova».  Pensando al 10 dicembre precisa che se si «dovesse pervenire alla firma definitiva dell’accordo di coinvestimento si aprirebbe l’avvio di una trattativa con il nuovo soggetto. Per quanto ci riguarda l’accordo sindacale non potrà prescindere dalla piena occupazione in tempi e modalità sostenibili» conclude Re David.














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