L’ex Ilva ai privati? Per Gozzi si può fare, ma «lo Stato deve accollarsi i costi della decarbonizzazione»

Secondo il presidente di Federacciai. si potrà parlare di una cordata di privati solo se lo stato prenderà in carico i debiti della società e si occuperà dei processi di decarbonizzazione

Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e presidente e amministratore delegato di Duferco Italia Holding. Classe 1954 e nato a Chiavari, già docente universitario di economia, guida un gruppo diversificato (produzione e trading di acciaio, produzione e trading di energia, shipping e tanto altro) che nel 2022 ha fatturato 44 miliardi di euro. Decisionista e sostenitore dell’Europa e della questione industriale, è molto amato in alcune territoriali. A cominciare da Brescia, ma anche Bergamo, Reggio Emilia e diverse altre. Non è esageratamente propenso alle mediazioni e a lasciarsi influenzare, e questo potrebbe nuocergli

«Una cordata di privati per rilevare l’ex Ilva di Taranto? Lo Stato deve accollarsi i costi della decarbonizzazione: solo allora se ne può parlare». Lo ha affermato una figura centrale della siderurgia europea, Antonio Gozzi: presidente di Federacciai, ceo della multinazionale lussemburghese di produzione, importazione ed esportazione di acciaio Duferco (un colosso che nel 2022 ha fatto registrare 45 miliardi di dollari di fatturato, con 5mila dipendenti operativi in tutto il mondo), presidente del più grande produttore italiano di travi d’acciaio, Duferdofin Nucor; nonché di Interconnector Energy Italia. È anche stato docente di economia marittima all’università di Genova e di economia della gestione delle imprese all’ateneo di Padova. Ed è candidato alla presidenza di Confindustria. L’occasione, l’evento “Mai da soli! L’Europa e l’industria sostenibile. Confronto fra gli imprenditori del Settore metallurgia, siderurgia e mineraria”, organizzato da Confindustria Brescia nel contesto del ciclo di appuntamenti “Sette ottavi”.

La situazione di Acciaierie d’Italia

Secondo Antonio Gozzi «Non si può chiedere ai privati di accollarsi i debiti della società, tra cui i 120 milioni verso l’indotto»

A Taranto è attualmente operativo un solo impianto. La società Acciaierie d’Italia, partecipata per il 62% dal colosso franco-indiano Arcelor Mittal e per il 38% da Invitalia (l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, di proprietà del ministero dell’Economia) è paralizzata dal conflitto fra i soci: quello privato, peraltro, respinge il tentativo governativo di passare al commissariamento. Ma al contempo la società ha accumulato ingenti debiti nei confronti dell’indotto: si tratterebbe di 120 milioni – ma la ceo Lucia Morselli afferma che l’esposizione è minore. In ogni caso, a quanto se ne sa, il governo da una parte pensa ad un provvedimento salva indotto, un paracadute in caso di commissariamento nella forma di fondo di sostegno (si parla di 2 miliardi) e agevolazioni sui crediti, dall’altra il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha incontrato importanti esponenti industriali della siderurgia come Emma e Antonio Marcegaglia, in vista di una possibile cordata della salvezza.







Cosa ha detto Gozzi?

«Non si può chiedere ai privati di accollarsi i debiti della società, tra cui i 120 milioni verso l’indotto. E poi va verificata la condizione degli impianti. I Riva (precedenti proprietari dell’ex Ilva) spendevano grandi somme in manutenzione, attività che negli ultimi dieci anni è stata sostanzialmente sospesa. Quanto ai processi di decarbonizzazione devono essere realizzati dallo Stato, che deve avere una partecipazione transitoria nella società che si andrà a creare. Solo se queste condizioni saranno soddisfatte si potrà parlare di cordata dei privati» – ha terminato Gozzi. 














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