Tutti agli Sps Digital Days, la fiera virtuale che fa bene all’industria

di Laura Magna ♦︎ Il settore delle tecnologie abilitanti è crollato nell'ultimo anno a causa del Covid. Ma la ripresa sembra essere imminente, come emerge chiaramente dalla ricerca di Anie Automazione presentata in occasione del lancio del tradizionale appuntamento organizzato da Messe Frankfurt Italia. Una fiera virtuale che vedrà il coinvolgimento di decine di aziende: Sap, Mitsubishi, Bosch Rexroth, Gefran, Eplan, Rittal, Kuka, Omron, Camozzi, Siemens, Bonfiglioli, Schneider Electric, Rockwell Automation, Abb, Panasonic. Presenti anche i competence center, dal Made 4.0 a Start 4.0, da Cim 4.0 a Bi-Rex. Dal 25 al 27 maggio una tre giorni dedicata all'innovazione con oltre 40 webinar tematici su automazione avanzata, robotica meccatronica , digital&software, additive manufacturing

Servitizzazione, customer experience evoluta e prodotti personalizzati. Le industrie devono mirare a questi tre obiettivi, che si realizzano con l’automazione. Ma non solo. Ci vuole un approccio di filiera che consenta di integrare il cambiamento dei modelli di business a monte e a valle della catena del valore e ci vuole visione strategica. A fornire, soluzioni di automazione e strategie, ci pensano gli abilitatori digitali, come Sap, Mitsubishi e Bosch Rexroth, Gefran e Eplan con Rittal, solo per citarne alcuni dei più importanti. E tutti parteciperanno dal 25 al 27 maggio agli Sps Italia Digital Days, una tre giorni di convegni e seminari dedicati agli operatori su tutta la filiera. A organizzare l’evento di riferimento per l’industria dell’automazione italiana è Messe Frankfurt Italia, sede italiana della fiera di Francoforte: pre pandemia la fiera di svolgeva a Parma e per il 2020 e il 2021 invece è ospitata su Contact Place, la piattaforma che in questi mesi di distanziamento sociale l’organizzazione ha sviluppato. Piattaforma che, dal prossimo anno, completerà l’esperienza fieristica fisica, amplificandone le opportunità.

Gli Sps Italia Digital Days: tutte le opportunità per le imprese sulla piattaforma della fiera online

Il programma dei Digital Days è stato presentato nel corso della conferenza stampa “The show must go on(line): «In questa nuova consuetudine le relazioni si sviluppano e la tecnologia fa da collante aprendo nuovi orizzonti di connessione – dice Francesca Selva, vice president marketing & events di Messe Frankfurt Italia  – La voglia di rincontrarsi è tanta anche a livello business, ma noi siamo ancora in attesa. In questi mesi abbiamo intrapreso un percorso digitale che successivamente diventerà collaterale alla manifestazione, ma che oggi riteniamo strategico per restare vicini al mercato insieme ai nostri espositori. Il primo appuntamento fisico è fissato ora per l’autunno». Intanto, la tre giorni presenta un menu molto ricco con 6 convegni e oltre 40 webinar su automazione avanzata, robotica meccatronica , digital&software, additive manufacturing. Saranno presentate le visioni strategiche e le soluzione che le pmi italiane posso usare per realizzare il proprio digital journey in chiave 4.0. I webinar vedranno la partecipazione di un parterre di aziende di primo piano nel settore della meccanica: ovvero, tra le altre, oltre a quelle già citate, figurano Kuka, Omron, Camozzi, Siemens, Bonfiglioli, Schneider Electric, Rockwell Automation, Abb, Panasonic. Tra i relatori compaiono anche i Competence Center: dal Made 4.0 a Start 4.0, da Cim 4.0 a Bi-Rex. L’elenco completo dei partecipanti è qui. Tutti gli eventi sono disponibili online e le aziende interessate a seguirli possono registrarsi direttamente in piattaforma (il programma completo è qui).







La fotografia dell’Italia dell’automazione

Fabrizio Scovenna Sps-ICP-1958
Fabrizio Scovenna, presidente Anie automazione

Qual è oggi lo stato di salute dell’automazione italiana? La fotografia la fornisce l’Osservatorio dell’Industria italiana dell’automazione, presentato da Fabrizio Scovenna, presidente di Anie automazione, una delle 12 associazioni di Anie che rappresenta 1500 imprese per 84 miliardi di fatturato (corrispondenti al 15% del pil italiano) e 500mila dipendenti. Il 4% del fatturato investito in R&S.

«Nel 2020, secondo Istat, il fatturato aggregato dell’industria automazione mostra un calo del 10,3% rispetto al 2019 – dice Scovenna – Dal 2012 al 2018 c’erano stati anni di crescita robusta, il 2019 aveva già sperimentato una piccola frenata di assestamento ma il 2020 ha segnato la frenata a due cifre che è addirittura del -10,9% sul mercato interno e di -3% sul fronte dell’export. Ma dal 2021 le attese sono di una ripresa su un sentiero di crescita trainato dalla necessità di innovare». Se si guarda ai dati dell’industria, che Scovenna ritiene più affidabili, i numeri sono ancora peggiori. «Il fatturato segna un calo del 13% anno su anno con punte del 20% nei settori dei motori brushless e il -22% nei riduttori fissi; il -18% negli encoder rotativi e nei quadri bordo macchina. Il software industriale invece ha segnato una crescita del 5% e hanno segnato variazioni positive la cybersecurity e le soluzioni per la servitizzazione che hanno a che fare con il mondo dell’Iot. Più in calo l’ingegnerizzazione (Cad e Cam per la simulazione). Ci si è concentrati più sulla parte di ottimizzazione. Nel primo trimestre ci aspettiamo una crescita intorno al 6% ma non un recupero totale, siamo in ambiente fluido». E non bisogna ignorare le nubi all’orizzonte: ovvero i rincari delle materie prime e l’allungamento dei tempi di consegna dei metalli rari per la componentistica elettronica. «Potrebbe essere complicato ottenere i risultati sperati in termini di fatturazione, per le difficoltà di consegnare gli ordini nel corso del 2021».

L’Automazione industriale manifatturiera e di processo per principali segmenti. Fonte Anie

Dal punto di vista geografico la fotografia italiana dell’automazione vede la Lombardia presidiare il 30% del fatturato e l’Emilia Romagna il 23% (dati migliorativi a scapito di Piemonte che è all’11% e il Nord Est al 21%). «La ricomposizione della distribuzione dei canali di vendita traccia un altro fenomeno interessante – continua Scovenna – Gli Oem hanno subito un calo sul peso specifico da 64% al 60% e sono saliti i distributori da 15 a 19%. Nulla di sorprendente considerando che i costruttori di macchine esportano il 90% del fatturato e l’export è stato evidentemente penalizzato. Infine, utenti finali sistemisti e quadristi calati di un punto ciascuno. Capiremo se si tratta di un effetto pandemico o più strutturale».

 

Le imprese hanno ripreso a investire in digitalizzazione. Rotta sull’industrial smart working

Marco Taisch presidente del competence center Made

Quanto ai settori, la meccanica pesa per il 17% ma è in rallentamento, mentre packaging e logistica sono cresciuti rispettivamente all’11% dall’8% e al 7% dal 5%. «Dulcis in fundo – dice Scovenna – il 63% delle imprese ha dichiarato di aver intrapreso o accelerato gli investimenti in industria 4.0 anche nel periodo pandemico, soprattutto nell’automazione dei magazzini e nell’utilizzo di sensori. La raccomandazione alle aziende è di non fare interventi di maquillage connettendo due macchine ma di intervenire profondamente il modello di business creandone uno digitale che è l’unico che funziona nell’epoca attuale».

Sull’andamento degli investimenti i dati li porta Marco Taisch e il suo Osservatorio di Polimi con Deloitte: «Abbiamo osservato – dice il professore e direttore del Competence Center milanese Made 4.0 – un rallentamento tra marzo e giugno, fino a un totale stop agli investimenti. Ma a settembre ottobre non solo gli imprenditori hanno confermato gli investimenti pianificati ma hanno dichiarato che avrebbero investito di più per aver preso consapevolezza dell’importanza di essere digitali nel nuovo mondo. Dunque i quattro mesi di attesa sono serviti per sviluppare programmi ancora più aggressivi di investimento. Ci aspettiamo nel 2021 il ritorno ai tassi di crescita del 2018-19 ovvero +30-35%». Con Made 4.0 Taisch sta dando vita a gruppi di imprese con i Dih per rendere i progetti più efficaci, creando team e condivisione e best practice che possano essere riprodotte. Come quella che porterà lo smart working in fabbrica. Il pensiero comune ritiene che si tratti di una modalità adatta ai lavori di ufficio o alle funzioni amministrative anche delle manifatture, ma non certamente alle fabbriche. Non è così. Lo spiega bene Taisch: «l’industrial smart working non è fare video conferenze da casa, ma è utilizzare le tecnologie digitali e rivedere i modelli organizzativi dentro la fabbrica per svolgere le normali attività di fabbrica, per esempio il monitoraggio o il controllo qualità o la manutenzione senza dover garantire necessariamente la presenza fisica a bordo linea o a bordo macchina». Oggi le tecnologie lo consentono e questo è esploso durante il covid con le aziende che in maniera naturale quasi inconsapevole si sono messi a fare industrial smart working.

«L’operatore va sul plc a bordo linea per vedere avanzamento della produzione, ma posso farlo a 10-15 metri o chilometri. Queste attività sono importanti perché rendono più efficienti le attività delle persone e perché possono abilitare nuovi modelli di business. È un abilitatore: se sono in grado di sapere cosa succede a un impianto a distanza posso cominciare ad abilitare modelli di business come la manutenzione a distanza e l’azienda che vende impianti può vendere sistemi di manutenzione a distanza e così via. Ed è anche una possibilità di maggior integrazione delle donne in lavori diversi. Infine, questa modalità riduce spostamenti e alimenta anche il tema della transizione verde».

… e sulla formazione

Lorna Vatta, direttrice del Competence Center ARTES 4.0.

Uno dei focus dei competence center è la formazione, com’è noto. Per potenziare il loro ruolo di abilitatori delle competenze digitali, i Competence Center hanno appena firmato un accordo con rete degli Its per mettere a disposizione degli studenti i grandissimi ed evoluti laboratori di cui dispongono. Con l’obiettivo di rendere il paese finalmente digitale. Non si può prescindere per realizzare questo progetto dal tema dell’occupazione e dal coinvolgimento delle donne nella tecnologie. Lo sostiene Lorna Vatta, direttrice del Competence Center ARTES 4.0. «Abbiamo come mandato anche il tema dell’occupazione – dice Vatta – ci arrivano richieste da parte di aziende che cercano persone su materie legate alle tecnologie e si fa fatica a trovarle, come mai nella storia recente: contare su più risorse formate farebbe bene sul fronte del Pil. Abbiamo organizzato per coinvolgere le donne che sono la parte più debole, iniziative di role modeling per vedere come in contesti tecnologici ci sono storie di successo di donne che fanno tanta differenza. Per esempio abbiamo nella zona di Siena un distretto importantissimo del pharma con un nucleo forte fatto quasi esclusivamente di donne, che è stato possibile costruire sbloccando le posizioni ai vertici e consentendo la crescita senza vincoli: donne senior che hanno attirato donne junior e stanno facendo cose molto interessanti sul fronte accademico e anche di startup». Bisogna, secondo Vatta, coinvolgere le bambine e convincere le famiglie ad avvicinarle alle materie Stem, «facendo toccare con mano che la fabbrica non è più lavoro manuale che richiede fatica e che non ci sono problemi per una donna ad affrontare temi tecnologici».

 

La Transizione 4.0: a che punto siamo

Giuliano Busetto, head of Digital Industries Siemens

L’industria 4.0 è in continua evoluzione. È ormai acclarato che digitalizzare voglia dire cambiare modello di business. E se all’inizio erano state individuate 9 tecnologie abilitanti, «oggi direi che sono 12. All’inizio il cloud non era contemplato oggi è un cardine. Tutto l’hardware è legato al software – dice Giuliano Busetto, presidente Anie e Head of Digital Industries, Siemens Italia: «sono stato incaricato di guidare dentro Confindustria la cabina di regia per interfacciarsi con il Mise per il nuovo piano Transizione 4.0. Si è parlato inizialmente di 23,8 miliardi ma ad oggi nel Pnrr lo stanziamento sembra essere fissato a 11 miliardi (il resto sarà a debito). Un aspetto positivo del piano è che vale due anni, il credito di imposta è lo stesso dal primo ordine emesso dal 16 novembre 2020 alla consegna a giugno 2023: un arco temporale sicuro che non sarà impattato dalla nuova legge di bilancio. Con un cifra stimata superiore a quelle stanziate nel 2017-2018».

Nel nuovo Piano Transizione 4.0 sono stati estesi gli importi per tutte le categorie di investimenti, con aliquote interessanti e con la soglia portata a 20 milioni di euro. «Una decisione che indurrà la possibilità di investire non più solo in singole macchine, ma aprirà all’acquisto di interi impianti 4.0», dice Busetto. E con questi fondi possono essere eseguiti progetti green: bisogna dire forte e chiaro: «con i software industriali si può fare ingegneria a distanza, con un gemello digitale si può simulare qualsiasi prodotto e processo, anticipando errori nella fase di costruzione, riducendo il time to market e conseguentemente i tempi di lavorazione e gli scarti – spiega il manager – Con il virtual commissioning si può, ancora, simulare la messa in servizio di una macchina a distanza: sono tutti esempi che inducono alla sostenibilità».

«La sostenibilità – conferma Maurizio Mangiarotti, VP Engineering Automation, GSK – è la nuova chiave di lettura degli obiettivi di efficienza e produttività dell’azienda. Non solo macro obiettivi come zero emissioni al 2030, o il 100% di energia da fonti rinnovabili. Le aree su cui lavoriamo come ingegneri di automazione, servono anche a efficientare la produzione sul fronte della sostenibilità. Possiamo compensare con le nuove tecnologie prassi non del tutto efficienti. Pensiamo al lavaggio degli equipment e allo spreco di acqua che può essere accorciato con tecnologie in ambito predittivo e machine learning». C’è un tema di cultura da cambiare e non solo all’interno delle aziende. «Le aziende – chiosa Mangiarotti – investono con piani di dieci anni. Questo va considerato dentro e fuori dalle aziende. E va anche adottato un approccio collaborativo: non esiste più la figura dell’esperto ma il pool di esperto, le collaborazioni di aziende con obiettivi comuni. Su questi assi si basa il nuovo paradigma della cultura digitale. Dobbiamo lavorare sul comprendere come le tecnologie abilitanti che si stanno moltiplicando e si stanno affinando possano contribuire al journey tecnologico di ogni azienda e infine del Paese».

 

Le novità delle aziende partner: le macchine adattive di B&R Italia e Bosch Rexroth

Lorenzo Zerbi, Responsabile Product & Segment Marketing Bosch Rexroth

Nel corso dei prossimi Sps Digital Days saranno presentate le novità più avveniristiche nel campo dell’automazione. Ne hanno parlato alcune delle aziende partner. A partire da Nicoletta Ghironi, Marketing & Communication Manager di B&R Italia, che spiega: «i nostri clienti non si sono fermati e noi con loro abbiamo continuato a produrre macchine e laddove non si potessero istallare le abbiamo insieme a loro rinnovate. Un’esigenza che è emersa è avere prodotti sempre più personalizzati e averli subito. Per fare che accada, le linee e le macchine devono essere adattive, che consentano change over molto rapidi, devono essere modulari senza impattare su prestazioni che devono essere elevate. La libertà di avere questa capacità di adattarsi è data dall’adozione di alcune tecnologie fulcro. In particolare, robot pensati per essere ogni volta riprogrammati, digital twin che ci aiutano a dominare processi sempre più complessi evitando le interruzioni e tecnologie che permettano di svincolarsi dalla produzione sequenziale, con la capacità di gestire diverse lavorazioni e diverse tempistiche ottimizzando le linee».

Porta alle estreme conseguenze questa capacità adattiva Bosch Rexroth, come spiega Lorenzo Zerbi, Product and Segment Marketing Manager. «La necessità di flessibilità ci ha portato quattro anni fa a concepire che dentro la fabbrica solo pareti e soffitto siano parti fisse e che tutto il resto possa essere ricollocato in qualsiasi modo e in ogni momento per far fronte alle massime customizzazioni – dice Zerbi – Avere macchine cablate era dunque un problema e per quello si parlava di gestione wireless con pavimento induttivo per l’alimentazione. Questa soluzione che sembrava avveniristica la abbiamo presentata il mese scorso in Germania e ora in Italia. I robot camminano su un pavimento intelligente che li alimenta ed è dotato di sensori che localizzano persone e per esempio diminuiscono la velocità di movimento in loro prossimità, o in caso di emergenza indicano via led la via più sicura e veloce per uscire. È un nuovo modo di concepire le fabbriche come vero e proprio ecosistema e in un ambiente di collaborazione tra uomo e macchina».

Stefano Casazza, Country Manager della sede italiana di Eplan

Il digital propotype e l’automazione dei quadri elettrici di Eplan e Rittal
Stefano Casazza
, Country Manager di Eplan ha annunciato di lavorare con «Rittal per promuovere la visione del digital propotype: aiutiamo i progettisti e costruttori di quadristica per lavorare prima in ambiente virtuale. A Sps portiamo due novità: Eplan 2022, con nuova versione tecnica e interfaccia. È un sistema che consente di accedere a informazione in tempo reale. E un’altra novità: che dal primo di agosto cambiamo modello di business, le licenze saranno solo noleggiabili. In questo modo garantiremo alle aziende un costo più basso e modulato in base alle necessità. Potranno scegliere se e per quanto tempo utilizzare le funzionalità del software». 

Alessio Nava, Director of Business Units di Rittal aggiunge: «siamo enabler nella costruzione di quadri elettrici: siamo costruttori di hardware che è il layer 0 dell’automazione industriale. Abbiamo introdotto l’automazione della costruzione di quadri elettrici, fondando Rittal automation system con piattaforme per la costruzione di armadi di grandi e piccole dimensioni. Nel corso degli ultimi due anni abbiamo testato in prima persona cosa sia la fabbrica 4.0 perché abbiamo rivisto tutta la nostra produzione di contenitori compatti in una nuova fabbrica. Dove abbiamo applicato tutti i concetti di adattività, flessibilità, digital twin. Questa nostra esperienza descrive il ruolo che vogliamo ritagliarci oggi».

 

Le evoluzioni della sensoristica, secondo Gefran

Edoardo Zilioli, Sensors Marketing Manager, Gefran «Da diversi anni sviluppiamo sensori. Il mondo della sensoristica sta evolvendo rapidamente: i sensori sono diventati strumenti capaci di analizzare i big data per fare analisi predittiva e manutenzione. I sensori sono capaci di misurare la posizione e memorizzare quanti chilometri hanno percorso le linee, per esempio, e possono dare indicazioni molto importanti. All’interno delle nuove soluzioni ci sono sensori diversi che raccolgono temperature, accelerazione e distanza, che imparano e possono essere modulati e personalizzati sull’applicazione del cliente».

I primi dieci settori di destinazione dei componenti e sistemi per l’Automazione industriale

 

La visione di insieme che serve alle aziende: l’apporto di Miraitek, Mitsubishi e Sap

Sergio Cassinelli, General Manager di Miraitek

Prodotti e servizi aiutano l’automazione, ma per compiere il viaggio digitale ogni pmi deve avere una visione di insieme. Che alcuni abilitatori aiutano a scovare. Lo spiega Sergio Cassinelli, general manager di Miraitek: «aiutiamo le pmi a scegliere il proprio percorso digitale, sia con servizi sia con prodotti codisegnati. Dal punto di vista dei servizi accompagniamo il cliente nella trasformazione digitale, definendo gli obiettivi di miglioramento del processo della produttività ma anche nuovi business model. La servitizzazione la fa da padrone: per esempio, Candy sta trasformando il suo modo di offrire servizi, dalla vendita della lavatrice alla vendita del servizio di lavaggio, con un canone mensile differenziato per tipologia di servizio e con fornitura dei consumable. Noi aiutiamo le aziende a fare questo tipo di trasformazione, dalla costruzione della macchina alla fornitura del servizio. Quanto ai prodotti presidiamo tutto il mondo Iot per facilitare il compito di mettere sotto controllo il ciclo produttivo. L’obiettivo è quello di dare la possibilità ai clienti di orchestrare tutto quello che fanno, semplificando l’integrazione dei componenti dell’azienda, linee, macchine, fornitori e intefacce».

Insomma una logica complessiva che va al di là della presentazione di prodotti e servizi. Una logica di approccio che è la stessa che porta anche Gianmichele Piciocco, Marketing Manager South EMEA, Mitsubishi Electric Factory Automation «Procediamo per step successivi collaborando con il cliente su quello che è il suo atteso. Il 4.0 si utilizza poco perché ci si scontra con il tema del ritorno dell’investimento: quello che vogliamo fare è entrare nella catena del valore del cliente indicandogli che possiamo fare anche piccoli step. Noi abbiamo tutto in termini di offerta di servizi e prodotti, il tema è quanto e quando può servire ai nostri clienti». Il momento è quello giusto. Secondo Carla Masperi, Chief Operating Officer, SAP Italia «il Pnrr è un’occasione senza precedenti, per cavalcare i trend di mercato dietro la trasformazione che sono servitizzazione, migliore customer experience e prodotti personalizzati, che tutti i fornitori di automazione riconoscono. Per assolvere questo compito occorre non solo fare lo zoom sulla fabbrica ma portare anche il grandangolo sulla value chain. Ogni azienda deve pianificare, mettere insieme la filiera e offrire in questo modo un’esperienza unica e personalizzata che sia anche sostenibile nel lungo termine. L’automazione è importantissima perché consente il lotto di produzione al minimo fino al limite del singolo prodotto. Ma senza supply chain che attraversa la fabbrica e arriva al cliente si rischia di vanificarne gli effetti vantaggiosi».














Articolo precedenteNasce il Sabina Circular District, hub di innovazione per accelerare lo sviluppo economico di Rieti
Articolo successivoAbb vuole portare i robot anche nell’edilizia






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui