Per Allied Market Research il mercato degli Alternative building materials varrà 330 miliardi per il 2030

I nuovi materiali sono intelligenti e dinamici, capaci di reagire agli stimoli esterni e in grado di rispondere alle sempre più numerose sfide poste dal settore

Il settore delle costruzioni sta affrontando una rivoluzione per quanto riguarda i materiali. Quelli dei futuro saranno infatti intelligenti e dinamici capaci di reagire agli stimoli esterni, in grado di rispondere alle sempre più numerose sfide poste dal settore. Secondo Allied Market Research, il mercato degli Alternative building materials vedrà una crescita importante: se nel 2020 valeva 190 miliardi di dollari, la stima per il 2030 è di una crescita complessiva del 74%, per arrivare a quota 330 miliardi entro il 2030.

Uno dei maggiori consumi di risorse consiste nel dover continuamente effettuare delle riparazioni o delle sostituzioni alle componenti architettoniche: oltre all’elevato impatto ambientale, questi processi comportano uno spreco significativo in termini di costi di manutenzione. Il calcestruzzo autorigenerante, in tal senso, può essere un’ottima soluzione: se i batteri contenuti al suo interno entrano a contatto con l’acqua o l’ossigeno presenti in una crepa, questi producono cristalli di calcite in grado di riempirla e ripararla. In linea generale, comunque, vale sempre la pena investire in materiali che possano durare più a lungo nel tempo. L’edificio The Cube, localizzato all’interno del campus della Technical University di Dresda, in Germania, assolve precisamente questa funzione: è infatti costruito in cemento rinforzato con fibra di carbonio, un materiale estremamente resistente oltre che leggero e flessibile, perfetto per gli edifici esposti a cattive condizioni atmosferiche. Per questo tipo di applicazioni si sta indagando anche sul possibile impiego del grafene, un materiale dall’eccezionale proprietà conduttiva costituito da uno strato di atomi di carbonio, con il quale è possibile produrre un calcestruzzo molto più resistente utilizzando una minor quantità di materiali tradizionali. Obiettivo che persegue anche Chryso tramite uno dei suoi ritrovati di punta: Icare, una nuova tecnologia di attivazione del cemento che consente di sostituire il clinker, componente base per la produzione del cemento, con leganti più ecologici ed economici, riducendo così la quantità di emissioni di CO2 durante il processo di lavorazione e abbattendo i costi energetici e di produzione.







«Chryso Icare è disponibile in due gamme diverse: Chryso Icare VRM, destinata ai molini verticali ed Horomill, e Chryso Icare ICP, destinata ai molini a sfere», spiega Pellegrino Amato, senior business development manager per l’area Cemento. «L’innovazione è parte integrante di Chryso e ogni giorno ci impegniamo ad avere un approccio che sia il più ecocompatibile possibile nella progettazione di nuove soluzioni, al fine di soddisfare sia i criteri della bioedilizia sia le esigenze dei nostri clienti. Il settore delle costruzioni richiede una continua evoluzione per rispondere a quelle che sono le sfide quotidiane e l’innovazione sostenibile è il solido asset sul quale Chryso sviluppa ogni anno la sua gamma di soluzioni».

Ci sono poi i phase change material, o materiali a cambiamento di fase, che cambiano le loro proprietà adattandosi all’ambiente circostante e rendendo gli edifici significativamente più efficienti dal punto di vista energetico. Ne sono un esempio i vetri termoregolatori, che diventano opachi e mantengono un ambiente più fresco all’interno di un edificio nei periodi più caldi. Al contrario, in inverno, diventano traslucidi, permettendo alla luce e al calore di entrare. Per quanto riguarda materiali già presenti in natura, invece, l’elenco è potenzialmente infinito: bio mattoni di canapa e calce, particolarmente resistenti agli agenti atmosferici, paglia e lana, ideali per l’isolamento termoacustico e l’assorbimento di sostanze inquinanti presenti nell’aria… e perfino i funghi! Secondo il World Economic Forum, il micelio, ossia la massa di fibre ramificate che formano il fungo, può essere una valida alternativa alle schiume plastiche per costituire la struttura ermetica di edifici e abitazioni, con il vantaggio che, essendo un materiale altamente biodegradabile, si decomporrà naturalmente una volta terminato il suo ciclo di vita. Infine, El País ha dato spazio a Stratius, un ponte composto da blocchi di cemento stampati in 3D che consente un notevole risparmio in termini di acqua, energia e costi di trasporto, in quanto le componenti possono essere smantellate e riassemblate facilmente ovunque e riciclate una volta che la costruzione non dovesse più essere necessaria. Il progetto è stato realizzato da Zaha Hadid Architects in collaborazione con il Block Research Group dell’ETH di Zurigo ed è stato inaugurato a Venezia durante la Biennale di Architettura 2021.














Articolo precedenteDa Dedagroup e FinDynamic una soluzione per far “parlare” le macchine col sistema bancario
Articolo successivoFanuc: due nuovi robot per l’automazione della logistica






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui