Acc compressori: storia di declino industriale italiano ed europeo. E di rigidità UE

di Marco de' Francesco ♦︎ L’Europa esce da un comparto chiave, quello dei compressori, che vale 30 miliardi di dollari e che ne varrà 46 nel 2031. Il motivo? L’inconsueta decisione della Commissione Europea sul caso Nidec, che favorisce i produttori cinesi a scapito di quelli del Vecchio Continente. È ora che la Commissione UE prenda considerazione l’interesse industriale complessivo europeo, non solo le fredde regole della burocrazia. Ne parliamo con il commissario straordinario di Acc Maurizio Castro

Se c’è una vicenda che dimostra l’indifferenza della Commissione Europea alle questioni industriali strategiche e il suo sostanziale asservimento a regole antitrust cervellotiche e controproducenti, è quella che riguarda l’Acc di Borgo Valbelluna (Belluno). Questa azienda, ex Zanussi di Mel (perché parte del portafoglio del secondo gruppo industriale italiano degli anni Settanta), ex fiore all’occhiello della manifattura bellunese, era uno stabilimento fordista-taylorista, con catena di montaggio e operazioni parcellizzate per realizzare compressori per frigoriferi, componente fondamentale nella filiera del Bianco. Ecco, già in crisi di liquidità da anni, l’Acc è stata affossata da due atti, una decisione e una mancata decisione, dell’esecutivo di Bruxelles. Ma di cosa stiamo parlando? Il primo riferimento è la clamorosa sentenza del Tribunale Europeo (il “primo grado” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea; la causa è la T-583/20), che il 31 gennaio ha dichiarato illegittima l’autorizzazione di quattro anni fa della Commissione Europea che ha consentito al gigante giapponese Nidec (stesso business di Acc) di acquisire linee produttive della concorrente austriaca Secop, contribuendo alla disgrazia dell’azienda bellunese, stritolata da giganti di comparto. Quanto alla non-decisione, quasi al contempo la Commissione tergiversava su un’altra autorizzazione, questa volta vitale: quella richiesta dall’Italia per garantire un prestito bancario finalizzato alla salvezza della fabbrica bellunese. Inspiegabilmente, la decisione vera e propria non è mai arrivata. Le conseguenze sono note: in angustiis, il commissario straordinario (con pieni poteri; poi nominato per la fase liquidatoria) Maurizio Castro di Acc ha ceduto l’azienda al Gruppo Lu-Ve, che però ha un altro business.

Con Acc, è terminata quasi completamente l’epopea della produzione “europea” dei compressori per frigoriferi: resta solo lo stabilimento Secop Fürstenfeld, in Austria

Si diceva dell’indifferenza della Commissione per le questioni industriali strategiche. Con Acc, è terminata quasi completamente l’epopea della produzione “europea” dei compressori per frigoriferi: resta solo lo stabilimento Secop Fürstenfeld, in Austria, che però è (attualmente, ma bisognerà valutare gli effetti della sentenza del Tribunale europeo) in mano a Nidec. Eppure, come si accennava, il compressore costituisce il fulcro tecnologico del frigorifero, senza il quale quest’ultimo non sarebbe altro che una semplice scatola di metallo. È proprio grazie al compressore che il congelatore può svolgere il suo compito per una media di 14 anni. Pertanto, il primo elemento è cruciale nella catena di produzione degli elettrodomestici, ancor più del secondo. Industria Italiana, ai tempi della fine di Acc, aveva rilevato quanto fosse pericoloso lasciare che i destini del Bianco europeo finissero nelle mani dei produttori asiatici di compressori. Ora che Suez è bloccato a causa dei ribelli Houthi e che la navigazione nello stretto di Malacca è assai insicura, i Big europei del Bianco sperimentano sulla propria pelle e al contempo la carenza di componentisti continentali e l’incompetenza dell’esecutivo UE in tema di strategia industriale.







Quanto alle regole cervellotiche e controproducenti: favorire, in Europa, la concorrenza giapponese o cinese ai danni dei produttori italiani non dovrebbe essere l’obiettivo dell’UE. Sotto questo profilo, forse la sentenza del Tribunale Europeo avrà un peso: «Da adesso, la Commissione dovrà prendere in considerazione, nelle sue decisioni, l’interesse industriale complessivo europeo, e non solo le fredde regole della burocrazia», afferma Castro.

La fine di Acc

  • La cessione al Gruppo Lu-Ve
Gli stabilimenti di Acc prima della cessione a Lu-Ve

È finita il 28 febbraio 2022 l’epopea del compressore per frigoriferi Made in Italy. L’ultimo di una serie di 180 milioni prodotti da Acc, è stato costruito proprio quel giorno. Non ne saranno realizzati altri, né nel Bellunese, né altrove nel Belpaese. Per la verità, già dal novembre del 2021 la produzione si era sostanzialmente arrestata.

Poco dopo, come si accennava, Acc è stata ceduta al Gruppo Lu-Ve, multinazionale di Varese quotata alla Borsa di Milano e guidata dal Ceo Matteo Liberali, figlio del fondatore Iginio, già manager della Merloni. Lu-Ve si occupa di scambiatori di calore, di cui è uno dei principali player al mondo. Nel 2023 il fatturato ha raggiunto i 606,8 milioni, in crescita per lo 0,3% rispetto all’anno precedente. Quanto al portafoglio ordini, al 31 dicembre 2023 ammontava a 156,2 milioni di euro. Lu-Ve si era impegnata ad integrare 150 lavoratori ex-Acc; nei fatti ne sono stati re-integrati 109, perché alcuni di loro hanno trovato lavoro altrove.

Le linee produttive per realizzare i compressori sono state vendute alla multinazionale bengalese Walton, desiderosa di espandersi sul mercato europeo.

  • Le conseguenze

L’Europa manca ora di un produttore europeo in un comparto, quello dei compressori, che vale 30 miliardi di dollari e che ne varrà 46 nel 2031 (secondo Straits Research). Tra i principali protagonisti, Jiaxipera di Zhejiang (Cina) e la citata Nidec di Kyoto (Giappone, ma produce anche in Cina) che producono ogni anno 35 milioni di pezzi ciascuna, mentre Gmcc di Shenzen (Cina) e Donper di Jiujiang (Cina), rispettivamente altri 25 e 20 milioni. Poi ci sono altre società di comparto, nel Far East.

La situazione del mercato dei compressori prima della cessione di Acc a Gruppo Lu-Ve. Ora l’Europa è priva di produttori nel settore chiave dei compressori per frigoriferi

Le cause della fine: l’inconsueta decisione della Commissione Europea sul caso Nidec

Nel 2018, Nidec, un grosso produttore giapponese di compressori per il Bianco (attualmente ha un fatturato intorno ai 15,3 miliardi di dollari) attraverso la sua controllata Secop, ha presentato alla Commissione europea un piano per acquisire Embraco, un suo concorrente nel settore dei compressori per refrigerazione. Un’offerta pari a 1,08 miliardi di dollari. Nel 1971, Embraco fu fondata con l’obiettivo di fornire compressori per l’industria della refrigerazione in Brasile, che fino ad allora dipendeva completamente da importazioni. La produzione iniziò nel 1974, e già nel corso dello stesso decennio l’azienda cominciò a esportare i suoi prodotti nei mercati delle Americhe. Negli anni ’80, la rete di vendita e distribuzione si estese a più di 80 paesi. Prevedendo l’era dell’economia globalizzata, Embraco optò per stabilire impianti produttivi all’estero, diventando rapidamente il leader mondiale nella vendita di compressori ermetici. All’atto dell’offerta, però, Embraco era parte di Whirlpool. In ogni caso, la comunicazione di Secop-Nidec è stata effettuata in conformità alla normativa antitrust dell’Ue, che richiede un’approvazione preventiva per le operazioni di concentrazione che superano determinate soglie dimensionali.

Margrethe Vestager, politica danese della Sinistra Radicale. Ha multato Apple, Cyprus Airways, Alphabet, Qualcomm; e detto no alla fusione tra la Borsa di Francoforte e quella di Londra

Si ricorderà che a quel tempo (così come oggi, d’altra parte) pratiche di questo genere finivano sul tavolo dell’inflessibile commissario europeo alla concorrenza Margrethe Vestager, politica danese della Sinistra Radicale. È conosciuta per aver multato Apple, Cyprus Airways, Alphabet, Qualcomm; e per aver detto no alla fusione tra la Borsa di Francoforte (Deutsche Börse) e quella di Londra (London Stock Exchange). Un commissario che ha quasi sempre detto no, anche quando non era il caso: nel 2019 il Presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha invitato Vestager a dare le dimissioni, in conseguenza del giudizio della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha stabilito che i fondi concessi dal Fondo interbancario per il salvataggio di Banca Tercas nel 2014 non rappresentavano aiuto di stato, al contrario di quanto sostenuto dall’Antritrust UE e dalla Vestager in particolare. Non le ha date, le dimissioni, e anzi è passata indenne nello stesso ruolo dalla Commissione di Jean-Claude Juncker a quella di Ursula von der Leyen. E a maggio 2023, a seguito delle dimissioni della commissaria Marija Gabriel, ha assunto ad interim anche il portafoglio per l’innovazione e la ricerca.

Tornando a Nidec, inizialmente la Commissione ha manifestato preoccupazione riguardo all’acquisizione di Embraco, temendo che potesse creare un operatore con un’eccessiva quota di mercato, distorcendo così la concorrenza. Di conseguenza, l’autorizzazione all’acquisizione di Embraco da parte di Nidec è stata concessa solo sotto la condizione che Nidec cedesse Secop a un terzo acquirente, garantendo così la presenza di un numero sufficiente di concorrenti sul mercato.

Nel 2019, Nidec ha quindi ceduto Secop al fondo di investimenti Orlando e ha completato l’acquisizione di Embraco. Tuttavia, solo 10 mesi dopo Nidec ha chiesto alla Commissione di poter riacquisire una parte significativa di Secop, inclusi il modello di compressore per refrigerazione e la linea produttiva Delta, con sede nell’ex stabilimento Acc di Fürstenfeld, Austria. Nidec ha sostenuto che le condizioni di mercato si erano evolute e che non vi erano più rischi di distorsione della concorrenza.

In modo sorprendente, la Commissione ha accettato questa richiesta, ritenendo che nel breve periodo intercorso le condizioni di mercato si fossero sufficientemente modificate e che quindi non fosse più necessario mantenere l’impegno di cessione di Secop da parte di Nidec. In ogni caso con questa mossa Nidec, che deteneva il 13% del mercato europeo, ha potuto aggiungere il 10% di Secop. Lo ha fatto, con ogni probabilità, per fare concorrenza a Jiaxipera, che aveva una quota del 38%; ma a finire stritolata è rimasta Acc, che possedeva il 7% del mercato.

Le cause della fine: la crisi di liquidità e il mancato intervento della Comissione Europea a favore di Acc

Maurizio Castro, commissario straordinario di Acc

«È singolare che nello stesso anno (2020) in cui la Commissione europea autorizzava Nidec a riacquisire la Linea Delta dal fondo di investimenti Orlando, generando dunque un beneficio per tale produttore giapponese, quella stessa Commissione europea, che vigila sulla concorrenza, non abbia tempestivamente autorizzato l’aiuto di Stato richiesto dallo Stato italiano per Wanbao-Acc» – commenta Castro.

Va chiarito che la crisi che ha colpito Acc era di natura finanziaria e non produttiva. Nonostante l’azienda avesse importanti e costanti commesse da grandi nomi come Bosch e Electrolux, la cassa era sempre più vuota. È appunto per questo che, prevedendo ulteriori difficoltà, il Mise, su richiesta di Castro, aveva chiesto alla Commissione Europea la citata autorizzazione per garantire, tramite un fondo speciale previsto dalla legge Prodi-Bis, 12,5 milioni di euro che le banche avrebbero prestato ad Acc. Tuttavia, come annunciato, la Commissione Europea non ha mai approvato la richiesta, ma ha invece inviato cinque richieste di chiarimento, tutte simili nel contenuto. Invece di fornire una risposta, la Commissione ha continuato a chiedere informazioni. Di fronte a questa situazione, il governo Conte II agì energicamente: il ministro per gli affari europei Vincenzo Amendola e gli ambasciatori Maurizio Massari e Enzo Marongiu, rappresentanti italiani a Bruxelles, sono intervenuti ma senza successo. La Commissione ha ignorato le richieste e non ha dato seguito alla richiesta di aiuto.

stefano bona, segretario generale fiom cgil di belluno

«Nel non autorizzare i finanziamenti ad Acc, la Commissione aveva sostenuto che l’importazione di compressori dal Far East provocava limitati danni sociali (la chiusura della fabbrica), ma ben maggiori benefici economici per i consumatori in ragione del minor prezzo dei prodotti asiatici di quelli nostrani», afferma sconsolato Stefano Bona della Fiom. Ed in effetti per la commissaria Vestager le ragioni della produzione non contavano quanto quelle della concorrenza. Era d’altra parte l’impostazione della UE.

In questo contesto, il governo Conte II aveva dato vita al progetto ItalComp. L’idea era quella di unire le forze di uno stabilimento in difficoltà, l’Acc, e uno fermo, l’ex-Embraco di Chieri, per formare una nuova azienda con abbastanza risorse per competere sul mercato. Si prevedeva che questa nuova azienda avrebbe prodotto sei milioni di pezzi all’anno con 700 lavoratori, generando un fatturato di 155 milioni di euro nel 2026. Sembra che al ministro Giancarlo Giorgetti, responsabile del Ministero dello Sviluppo Economico nel governo Draghi, il progetto ItalComp non fosse particolarmente gradito, soprattutto per la parte che richiedeva un sostanziale coinvolgimento pubblico. Secondo lui, anche per rispettare le normative europee sugli aiuti di Stato, era necessario trovare un privato disposto a essere il principale finanziatore. Tuttavia, tale figura non è mai stata individuata e il dibattito su questo tema è stato avvolto da un pesante silenzio.

Comunque sia il governo Draghi, una volta entrato in carica, ha cercato un’altra soluzione per Acc. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha proposto un nuovo strumento, l’articolo 37 del decreto Sostegni: prevedeva un fondo speciale per aiutare le imprese che con problemi finanziari, ma ancora operative. Inizialmente sembrava che questa soluzione potesse aiutare Acc, ma poi è diventato chiaro che non era quella adatta. Il decreto stabiliva infatti che l’azienda beneficiaria del finanziamento avrebbe dovuto restituire i soldi entro 12 mesi dalla prima erogazione, con un piano di pagamenti semestrali costanti. Questo non era praticabile per Acc, che era in amministrazione straordinaria da due anni e aveva debiti con creditori privilegiati. Quindi anche questa opzione è stata esclusa.

In ogni caso, la mancata autorizzazione all’aiuto di Stato nei tempi richiesti ha compromesso la strategia di Wanbao-Acc in amministrazione straordinaria, volta a garantire la sopravvivenza di un’azienda industriale fondamentale per la filiera degli elettrodomestici e per il territorio. Ciò ha costretto l’azienda a modificare il programma, cercando soluzioni alternative di cessione anche al di fuori dei produttori di compressori, proprio mentre la posizione di Nidec si rafforzava ulteriormente a seguito della decisione iniziale della Commissione europea.

La decisione del tribunale UE

Marc van der Woude, giudice del Tribunale UE

La ricorrente Acc sosteneva che la Commissione avesse commesso errori nell’applicare e interpretare le norme giuridiche, valutare le prove e motivare la sua decisione; in particolare, affermava che la Commissione non avesse considerato adeguatamente i cambiamenti nel mercato che avrebbero potuto giustificare una modifica degli impegni presi dalle aziende (Nidec, Embraco) coinvolte nella concentrazione. La Commissione, d’altro canto, difendeva la propria decisione e sostiene di aver considerato correttamente le variazioni di mercato.

La questione principale riguardava questo punto: i cambiamenti osservati nel mercato erano permanenti e significativi al punto da giustificare la revoca parziale degli impegni presi dalle aziende coinvolte? Cosa dice il Tribunale? «La Commissione non ha provato a dimostrare se tale asserito incremento delle quote di mercato dei concorrenti della Nidec diversi dalla Secop avesse carattere permanente. Come sottolineato dalla ricorrente, in mancanza di una simile verifica, non si può escludere che tale asserito incremento, ammesso che sia dimostrato, sia meramente temporaneo». Secondo il Tribunale, peraltro, «occorre inoltre constatare che gli argomenti della Commissione esposti sul punto sono stati sviluppati unicamente nelle sue memorie depositate dinanzi al Tribunale e non nella decisione impugnata». Pertanto, conclude il Tribunale, «la decisione impugnata deve pertanto essere annullata».

Cosa accadrà, adesso? È una sentenza “a babbo morto”. «Ma di fatto senza precedenti. Certo, è improbabile che i membri della Commissione siano chiamati a risponderne; e Nidec può fare appello, per cercare di evitare di restituire la Secop al fondo Orlando. Ma ciò che conta è il messaggio che la giurisprudenza europea lancia alle istituzioni Eu: le decisioni vanno prese guardando alle ragioni dell’industria continentale». Certo, Acc non è destinata a risorgere. «È grande l’amarezza nel constatare come il mancato supporto al salvataggio dell’ultima fabbrica nazionale di compressori per refrigerazione e la riattivazione – ora qualificata illegittima – di una fabbrica austriaca a opera di una multinazionale asiatica abbiano condotto il cruciale settore dell’elettrodomestico a impoverire la sua filiera strategica italiana e a essere ancor più esposto alla drammatica fragilità delle catene di fornitura globalizzate. Ma è andata proprio così» – termina Castro.














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