Mazzoncini, A2a: acqua, vento, sole e rifiuti per incrementare l’autonomia energetica del Paese

di Marco De' Francesco ♦︎ L'Italia è il 23° Paese dell'Ue nell'indice di autonomia energetica, secondo un report elaborato da The European House - Ambrosetti. Per rendere il Bel Paese competitivo è necessario riprendere terreno. Puntando su una maggiore efficienza, ma anche sulla produzione interna da rinnovabili. Solo dai rifiuti si possono ottenere ulteriori 7 TWh, mentre la valorizzazione del biometano può portare più di 6 miliardi di metri cubi di gas. Aggiungendo fotovoltaico ed eolico si potrebbe triplicare l'autonomia energetica, con un limitato uso del suolo (0,8%). La visione di Marco Patuano, Renato Mazzoncini (A2a) e di Lorenzo Tavazzi, partner di Ambrosetti

InsideIl conflitto russo-ucraino ha messo in luce la dipendenza del sistema Paese, e dell’industria in particolare, da fonti fossili che l’Italia acquista all’estero. Eppure il Belpaese dispone di un “tesoretto” energetico autoctono fra i più preziosi del Vecchio Continente e attualmente non sfruttato.  Si pensi che con la valorizzazione delle fonti rinnovabili sul territorio nazionale si potrebbe ottenere uno sviluppo potenziale di 129,5 GW; con il recupero energetico di rifiuti attualmente avviati in discarica (spesso in Germania) si potrebbe produrre 7 TWh di elettricità; e con la costruzione di impianti di biometano si potrebbero realizzare 6,3 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, pari all’8% del consumo nazionale e al 22% delle importazioni dalla Russia.

Insomma, valorizzando le opportunità di sviluppo  legate a sole, acqua, vento e rifiuti, l’Italia potrebbe triplicare la propria autonomia energetica giungendo a quota 58,4%, 35,9 punti percentuali in più rispetto ad oggi con un incremento di 4 volte rispetto a quello registrato negli ultimi 20 anni.







Perché non si fa? Il problema è soprattutto quello dei tempi autorizzativi degli impianti che, insieme la diffusione della mentalità “nimby” in molte comunità territoriali, costituiscono un forte elemento disincentivante alla realizzazione di operazioni di questo tipo.

Tutto ciò è emerso dallo studio realizzato da The European House – Ambrosetti e dalla multiservizi A2a denominato “Verso l’autonomia energetica italiana: acqua, vento, sole, rifiuti le nostre materie prime. Il fondamentale contributo delle regioni per il raggiungimento dei nostri obiettivi” e presentato al Forum Ambrosetti di Cernobbio.  All’evento hanno partecipato il presidente e l’amministratore delegato di A2a, rispettivamente Marco Patuano e Renato Mazzoncini, nonché il partner di Ambrosetti Lorenzo Tavazzi.

La situazione attuale: l’Italia maglia nera in Europa per l’autonomia energetica

Attualmente l’Italia è 23esima, e cioè quintultima in Europa, per autonomia energetica, a quota 22,5% contro una media Ue del 39,5% (dati del 2019); e ciò nonostante il fatto che sia seconda per disponibilità di risorse rinnovabili sul proprio territorio. Peggio di noi solo Malta, il Lussemburgo, Cipro e il Belgio, e cioè piccoli Paesi privi di fonti interne.

L’Italia è oggi uno dei Paesi europei con la più bassa autonomia
energetica (23° posto in Europa con il 22,5%)

Ma ci sono anche note positive. «Infatti, l’Italia è tra i Paesi più virtuosi per tasso di crescita dell’autonomia energetica, con un aumento di 9 punti percentuali tra il 2000 e il 2019. Siamo andati meglio della Francia e della Spagna, e anche della Germania. Questo fenomeno è imputabile allo sviluppo delle fonti autonome rinnovabili, che in 19 anni sono sostanzialmente triplicate», afferma Tavazzi. Attualmente, nel mix di energie green, il 41% è coperto dall’idroelettrico, il 21% dal solare, il 17% dalle bioenergie, il 16% dall’eolico e il 5% dal geotermico.

Così, l’Italia è al secondo posto in Europa per crescita della produzione domestica da fonti rinnovabili sul totale di quella interna. Solo la Lituania ci supera in questa classifica; ma mettiamo in fila Germania, Grecia, Spagna e Danimarca.

Nonostante un significativo divario da colmare, l’Italia è tra i Paesi più virtuosi per tasso di crescita
dell’autonomia energetica

Energia addizionale dalle fonti rinnovabili

1)      Le potenzialità del solare

Se le opportunità del solare fossero sfruttate adeguatamente, l’Italia potrebbe ottenere da questa fonte 105,1 GW di potenza addizionale elettrica. «Si tratta di un valore cinque volte superiore all’attuale installato» – afferma Tavazzi. Il fotovoltaico, cioè, rappresenta la fonte green potenzialmente più rilevante.

Dal momento che i pannelli possono essere innestati sui tetti degli edifici, sia residenziali che commerciali e produttivi,  la potenza solare addizionale installabile è più rilevante in Lombardia (12 GW); ma in Sicilia, dove ci sono meno edifici, ci sono più opportunità di realizzare impianti a terra: si può arrivare a quota 11 GW. Stesso discorso per la Puglia (tra 9 e 10 GW). Ottimi risultati si potrebbero ottenere anche in Piemonte, Emilia – Romagna e Veneto.

2)      Le potenzialità dell’eolico

Dall’eolico si potrebbe ottenere una potenza addizionale pari a 21,1 GW. La Puglia, la Sicilia e la Sardegna rappresentano il 63% delle opportunità di sviluppo – sia in termini di nuove installazioni che in quelli di operazioni di repowering e revamping di vecchi impianti.

3)      Le potenzialità dell’idroelettrico

Qui la potenza addizionale attivabile è pari a 3,3 GW incrementali. Attualmente l’installato fornisce 15,8 GW: si tratta di aumentare questa quota di oltre il 20%. Le regioni più adatte sono quelle attraversate dalle Alpi: La Lombardia, il Trentino-Alto Adige, il Piemonte, il Veneto e la Valle d’Aosta; ma anche altre regioni montane come l’Abruzzo e la Calabria.

4)      Nessuna devastazione del territorio

Secondo Tavazzi, «il dispiegamento della potenza identificata richiederebbe un uso limitato del suolo, pari allo 0,8% della superficie totale italiana. A mio avviso, si tratta di una quota che un Paese come l’Italia dovrebbe raggiungere senza problemi».

La crescita di autonomia energetica in Italia è
imputabile allo sviluppo delle fonti autoctone rinnovabili

Energia addizionale dai rifiuti e dal biometano

Sono 8 i milioni di tonnellate di rifiuti che potrebbero essere avviati al recupero  energetico, con un aumento della produzione elettrica da questa fonte del 55%.

In particolare, si tratta di 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di 1,9 milioni di tonnellate di quelli speciali e di 2,1 milioni di tonnellate di fanghi di depurazione.

Le regioni maggiormente interessanti, sotto questo profilo, sono il Veneto, il Lazio, la Sicilia e la Puglia.

Per migliorare l’autonomia energetica si può agire su due leve: aumentare la produzione interna o diminuire i consumi

Per Mazzoncini, «d’altra parte, è strano che l’Italia venda i propri rifiuti alla Germania a 200 euro a tonnellata, e che questa li utilizzi per produrre energia».

Quanto al biometano, si può ottenere dal trattamento della frazione organica del rifiuto solido urbano, dalla riconversione di una parte dell’attuale potenza installata di biogas, e dalla valorizzazione di sottoprodotti come le biomasse. In pratica, con il biometano si coprirebbe il 9% delle importazioni di gas estero.

Le criticità da affrontare

Marco Patuano, presidente di A2a

Quanto all’acqua, i problemi sono dovuti all’incertezza sul ritorno degli investimenti per le grandi concessioni idroelettriche e al quadro normativo incerto. Peraltro, le prime sono fra le più brevi in Europa.

Quanto al vento e al sole, le criticità dipendono dalla difficile accettabilità sociale, dai tempi autorizzativi molto lunghi e dalla frammentazione delle competenze.

Quanto ai rifiuti, i problemi sono legati ai costi elevati e ai tempi di realizzazione degli impianti, alla sindrome nimby, e agli insufficienti livelli di raccolta differenziata in alcune aree italiane.

Secondo Patuano, «per superare le criticità occorre valorizzare la dimensione locale: noi siamo molto vicini ai territori. Le cose da fare, così come la comunicazione con le comunità locali sono diverse dalla Lombardia alla Sicilia, anche perché gli impianti eolici e i pannelli solari hanno un impatto differente. La regola è quella di non far cadere le cose dall’alto, perché ciò genera malcontento. Sotto il profilo normativo va invece ricordato il recente provvedimento del governo, che è passato sotto colpevole silenzio: si è semplificato l’iter per l’installazione degli impianti solari sui tetti. È la strada che i governi dovrebbero intraprendere anche per le altre fonti rinnovabili».

Per Mazzoncini «occorre infine che gli Stati europei, nel contesto di una strategia comunitaria, identifichino bene la propria politica di autonomia energetica: ciò perché solo quando quest’ultima è forte si ha potere negoziale con chi ci vende il gas».

Un’opportunità per l’industria

Renato Mazzoncini, amministratore delegato A2A

L’idea è che la nuova potenza da fonti rinnovabili possa favorire la transizione green.

Per Mazzoncini, «alla fine soltanto il 20% degli usi finali è elettrificato in Italia. Occorre anzitutto sviluppare le reti elettriche, renderle intelligenti. E poi, in realtà, moltissime sono le filiere che possono crescere e svilupparsi seguendo il nuovo trend».

Per Patuano «non si tratta solo di realizzare nuovi chassis per l’auto green; noi, ad esempio, in Europa non abbiamo terre rare: il loro recupero dalle batterie usate può costituire una vera e propria miniera. E già si studiano batterie al ferro, materiale senz’altro disponibile nel Vecchio Continente. Insomma, l’elettrificazione promossa dalle rinnovabili porterà sviluppi in tanti settori dell’industria».

Ma quanto costerebbe la nuova potenza installata con le rinnovabili? «Tanto – termina Patuano – un miliardo di euro di investimenti per ogni GW installato. Ma se non le facciamo noi, queste cose, ai nostri tempi, gli effetti negativi della nostra inazione ricadranno sulle nuove generazioni, che dovranno pagare molto di più».

Chi è A2a

A2A è una società multiservizi con sede a Brescia. È quotata alla Borsa di Milano. Nel 2021 ha realizzato un fatturato di oltre 11,5 miliardi di euro, con un incremento del 69% rispetto all’anno precedente. Anche l’utile netto, ora a quota 504 milioni di euro, è cresciuto del 38% rispetto all’esercizio 2020.

L’azienda è fortemente impegnata nel green: sempre nel 2021, infatti, ha realizzato 313 GWh di produzione da nuove fonti rinnovabili fotovoltaiche ed eoliche, più che raddoppiando la quota di 129 GWh del 2020.














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