Non solo aerospace: la fibra di carbonio di Loson conquista l’industria meccanica

di Laura Magna ♦︎ Trasporto, robotica e packaging: sono questi i settori dei clienti dell’azienda di Rescaldina. Che sta creando scocche in vetroresina per robot collaborativi, carter in nomex e… Ne parliamo con l’azionista e ad Riccardo Sotgiu

Un gruppo di ingegneri che hanno trasformato la loro abilità in industria. Per dirla con le parole di Riccardo Sotgiu, azionista e ceo, questa è Loson, azienda specializzata nella produzione di manufatti in fibra di carbonio per l’industria, con sede a Rescaldina, tra Milano e Varese. L’azienda fa parte di un gruppo da sempre attivo nel mondo delle plastiche e che oggi occupa quasi 100 dipendenti. Servendo non solo l’industria aerospaziale o nautica, da cui materiale e Loson hanno origine, ma la meccanica, nel senso più esteso del termine. Tra i clienti di Loson figurano aziende leader mondiali nel settore dei trasporti, della robotica e del packaging.

Dai prodotti per queste aziende a manufatti di uso comune, come racchette o biciclette, il composito in fibra di carbonio ha il potenziale di migliorare prestazioni dei prodotti finiti e di snellire e ottimizzare i processi industriali. A patto di conoscerne profondamente le caratteristiche e sapere come usarlo.







«Quello che facciamo è produzione di alta specializzazione in camera bianca. Il mondo del composito fino ad alcuni anni fa era appannaggio dell’aerospazio e delle grandi competizioni di nautica sportiva, da cui arrivo come responsabile dello sviluppo dei nuovi prodotti della Harken, azienda costruttrice della meccanica delle barche della Coppa America, o di Formula 1. Con la cultura ingegneristica dei grandi progetti abbiamo adottato un’ottica consulenziale per sviluppare i prodotti più svariati basati su questo composito. E soprattutto all’inizio ci siamo scontrati con una verità spiazzante: nessun settore industriale ne conosceva l’applicazione, all’inizio ricevevamo disegni pensati per i metalli e la richiesta di riprodurre lo stesso oggetto in carbonio», dice Sotgiu. «Prima di realizzare anche solo un prototipo, fondamentale è consigliare se il carbonio sia veramente utile e dove».

 

Dove serve il carbonio

Riccardo Sotgiu, azionista e ceo di Loson

Aggiustamenti in corso d’opera sono stati necessari anche lavorando con colossi mondiali. «Con una grande azienda di automazione abbiamo svolto un’attività di co-design per il loro robot collaborativo. La richiesta era creare scocche in composito: in realtà le abbiamo fatte di vetroresina usando il carbonio solo nelle zone di irrigidimento». E con un grande operatore del mondo ferroviario abbiamo realizzato assorbitori di urto in fibra di carbonio, ma le scocche sono state fatte anche in quel caso in una vetroresina molto sofisticata, che è un isolante termico ed elettrico. Ancora, nello stesso settore, Loson ha realizzato una serie di componenti in vetroresina per sostituire l’allumino, perché la prima è un isolante elettrico e sostituendola al metallo non necessità delle messe a terra con cavi complessi e costosi. Il composito è un materiale sofisticato, ha proprietà eccezionali, che devono essere usate bene per ottenere risultati enormi. Se sono abusate non servono».

Questo discorso vale a maggior ragione se si trasla alle Pmi, come sta accadendo in maniera sempre più massiccia. E un altro esempio aiuta a capire di cosa stiamo parlando. «Lavoriamo per esempio per un’azienda italiana che realizza macchine per il packaging, che a sua volta lavora per uno dei maggiori produttori mondiali di merendine. Il nostro cliente voleva realizzare carter in fibra di carbonio: avevano la necessità di alleggerire un componente che va movimentato e che era costruito in panelli di alluminio con peso superiore ai 20 chili. Realizzato in fibre di carbonio, riprendendo solamente il progetto  in metallo, avrebbe però avuto un costo superiore. Il disegno iniziale prevedeva infatti un pannello di 8 mm, come quello di alluminio nel qual caso è necessario, perché l’alluminio si piega, ma il carbonio no. Da lì l’idea: abbiamo proposto di farlo a sandwich con l’interno a nido di ape, un materiale che si usa sugli aerei Atr e che si chiama Nomex: non pesa nulla ed è molto meno costoso. I carter sono diventati oggi un prodotto».

 

La storia

Loson, azienda specializzata nella produzione di manufatti in fibra di carbonio per l’industria, con sede a Rescaldina

Loson viene fondata nel 2006. Sotgiu, ingegnere elettronico, con un passato in Pirelli ed STMicroelectronics e lo strano destino di occuparsi, fin dalla stesura della tesi in ingegneria elettronica, di tecnologie emergenti, per lo più sconosciute e anche snobbate, che poi sarebbero diventate standard, dalle fibre ottiche, agli oled. Quando capisce il potenziale delle fibre di carbonio Sotgiu lavora alla Harken. «Ero responsabile dello sviluppo dei nuovi prodotti, in particolare mi occupavo dello studio e della validazione dei prodotti fino all’industrializzazione. In quel mondo ho conosciuto la fibra di carbonio. Seguendo la vocazione territoriale, ho iniziato a lavorare in proprio con clienti nell’aeronautica, da Aermacchi ad Agusta Westland, settori in cui la ricerca dei materiali e la cultura degli stessi è molto avanzata. Dall’aerospazio siamo partiti e nel 2010 la società ha iniziato l’industrializzazione, trasformandosi da officina a industria e successivamente è entrata a far parte del gruppo di famiglia, che fa polimeri plastici e si chiama Stp. Nel tempo siamo anche riusciti a coinvolgere nell’azionariato un ex partner di McKinsey. Per noi fare innovazione è riuscire a proporre qualcosa che risolva un problema a un cliente e che vada in produzione subito o magari fra 3 anni. La R&S pura la facciamo quando lavoriamo per l’Istituto di Fisica nucleare e nel settore spazio dell’aerospazio costruendo pezzi che volano verso Mercurio, con materiali speciali e valore corrispondente. Ma il core è proporre soluzioni per migliorare il rapporto prestazioni/costi dei nostri clienti, usando nel cuore il composito».

 

Le fasi di lavorazione

Tra i clienti di Loson figurano aziende leader mondiali nel settore dei trasporti, della robotica e del packaging

Per capire di cosa parliamo, ci spostiamo dentro la fabbrica dove il lavoro viene svolto in camera bianca e le fibre di carbonio sono stese a mano. «Per far sì che un progetto sia riproducibile deve essere industrializzato. Il composito si divide in famiglie di materiali, dalla fibra di carbonio, alla fibra di vetro e il cable in fibre aramidiche, più di nicchia. Bisogna immaginare dei tessuti. La filiera è composta da aziende che producono il filo di fibra di carbonio, per lo più giapponesi, poi aziende tessili (alcune convertite) che tessono questo filo e fanno trama e ordito. Dal tipo di filo e pattern dipende il lavoro. Quello che fa Loson infine è sovrapporre tessuti in direzioni diverso. Cosa li lega? Resine termoindurenti, resine bicomponenti che con la temperatura si saldano e si induriscono. Riceviamo tessuti in cui il fornitore ha depositato un film di resina con calandra». Le resine, come le fibre, hanno infinite formulazioni epossidiche, fenoliche ecc, e diverse prestazioni. La materia prima ha molta complessità. Le resine si attivano termicamente e dunque devono essere tenute in cella frigorifere a -20 gradi dove hanno tempo di vita di un anno. Insomma, fin dalla gestione della materia prima, si evince che il lavoro sia articolato.

«I tessuti impregnati devono essere infine trasformati: realizzando forme. Che devono assecondare l’uso per cui andranno impiegate. Se devo costruire una racchetta da tennis: devo considerare che deve essere elastica, deve flettersi e avere bilanciamento, pensare al peso di chi la tiene in mano. In base a queste caratteristiche studiamo il materiale. Che si progetta, in termini di composizione e stratificazione, per avere reazioni opportune quando colpisco la pallina. Infine, compiamo tutte le misurazioni utili per validare quello che viene realizzato. Lavoriamo a produzioni nell’ordine almeno delle centinaia di pezzi all’anno».

Un’altra parte fondamentale del lavoro di Loson è la costruzione dei modelli e degli stampi, in metallo, plastica o carbonio, usati per depositare fibre di carbonio, operazione che viene fatta da addetti altamente specializzati. «L’ingegnere progetta lo stampo e in camera bianca gli operatori ricevono le nostre istruzioni su come depositare strato per strato, tessuto per tessuto. Abbiamo macchine da taglio simili a quelle usate nel tessile, per tagliare le sagome, che l’operatore sovrappone rispettando i versi, cosa necessaria per raggiungere il risultato. Infine il materiale viene chiuso con il controstampo e va in autoclave, ovvero in forni in pressione ad alta temperatura per attivare le resine e compattare i tessuti. Il composito epossidico viene usato per resistere dai 130 gradi centigradi che si raggiungono nell’automotive ai 180 dell’aeronautica. La parte finale è la lavorazione meccanica che consiste nell’unire fibre con altri materiali».

Anche la lavorazione meccanica è particolare: il carbonio ha le sue proprietà e dunque in macchina bisogna considerare anche questo aspetto. Che vuol dire che tutto il design a monte deve tener conto appunto della lavorazione meccanica. Infine Loson si occupa delle verniciature. Il processo è specialistico e deve considerare fin da principio anche la fase finale e gli effetti di ogni operazione, in ogni momento della lavorazione, sul composito. Un lavoro, potremmo definirlo, 4.0.














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