di Laura Magna ♦ Le variabili negative per lo sviluppo industriale : settore bancario debole, arretratezza nella rivoluzione digitale, crescita a ritmo ridotto.
E’ stato amministratore delegato di Enel per tre anni dal 2002 al 2005, di Eni da quella data fino a due anni fa. 70 anni tra pochi giorni, Paolo Scaroni ora é Vicepresidente della banca d’affari britannica Rothschild. Il manager che per un lungo periodo ha tenuto le fila della gestione energetica del paese è intervenuto ai primi di ottobre a a Milano al Convegno Annuale dell’ Associazione Nazionale dei Risk Manager responsabili Assicurazioni Aziendali ( ANRA) dedicato all’Enterprise Risk Management. Non solo ha raccontato la sua esperienza in questo ambito, ma ha condiviso con i convegnisti la sua valutazione sui potenziali rischi da gestire nel futuro prossimo dell’economia nazionale. Temi e considerazioni importanti che Industria Italiana ha deciso di riprendere offrendo una sintesi dell’intervento .
La cultura del rischio entra in quella aziendale
A fare i conti per la prima volta con la questione del risk management Scaroni ha cominciato nel Regno Unito. “Nel 1999 alla Pilkington ( multinazionale della produzione di vetro di cui Scaroni è stato AD n.d.r.) l’ attenzione alla mappatura dei rischi e alla loro valutazione permeava l’intera struttura aziendale e di conseguenza le decisioni manageriali”. “Quando sono arrivato in Enel nel 2002 – continua Scaroni – il risk management non esisteva. L’ ho introdotto io sulla base dell’ esperienza britannica : ho nominato una persona che ha fatto la mappatura dei rischi, poi progressivamente il concetto è entrato nella cultura aziendale. “ Un passaggio chiave di un processo graduale arrivato a compimento nel 2008 .
Il rischi per l’ Italia
Secondo Scaroni, il risk officer deve avere una competenza specifica valida, ma anche “ doti personali di forte di coinvolgimento per far considerare il proprio lavoro come un pezzo della cultura dell’azienda”. Da cosa dovrebbe guardarsi , in generale, un risk manager che dovesse trovarsi ad operare oggi in Italia, cosa si puo’ dire sui maggiori rischi incombenti sul paese? Tra crescita bassa, banche in bilico, petrolio pronto a risalire la china ( con le note conseguenze per la bolletta energetica italiana dipendente dalle fonti fossili) quali sono oggi le variabili dei rischi da tenere in conto anche per lo sviluppo industriale?
Politica: influisce in negativo l’incertezza per l’esito del referendum
“Fino a qualche mese fa c’era un ottimismo crescente da parte degli investitori internazionali “- dice Scaroni – “ad esempio molti fondi erano orientati sull’immobiliare.L’aumento d’importanza del tema referendum ha buttato un po’ di acqua sul fuoco degli investitori perché l’incertezza politica aumenta i rischi ed è un deterrente incredibile per chi deve investire”.
I limiti costituzionali alla crescita del paese resteranno, ma basta tenerne conto
Quella che tutti i commentatori definiscono una crescita debole non è il maggior problema per Scaroni. E’ un dato di fatto negativo che si inscrive nel generale ritardo nella modernizzazione del paese “La popolazione italiana – spiega il vicepresidente di Rothschild – ha un’età media di 46 anni, più del 20% ha oltre 65 anni: perché un Paese così dovrebbe crescere più dell’1% l’anno? Per me è impossibile. Considererei un grande successo già crescere dell’1% l’anno nei prossimi anni. Bisogna stare attenti agli obiettivi che ci diamo. Gli Usa fanno il 3% l’anno perché è un Paese giovane. Uno potrebbe dire che la Germania somiglia a noi e cresce di più ma la Germania ha preso un treno che noi stiamo ancora aspettando, quello della rivoluzione digitale in cui noi non ci siamo e che è la principale fonte di crescita al mondo”.
Il sistema bancario italiano va irrobustito: meno banche, meno sportelli, meno costi
E ancora le banche: i rischi di un tracollo della Deutsche Bank potrebbero avere conseguenze gravi sui Paesi come l’Italia dove il sistema bancario è sottoposto a fortissime tensioni. “I problemi delle nostre banche sono il risultato di otto anni di crisi economica: prima ha colpito imprese e famiglie, poi le banche che le hanno finanziate “- afferma Scaroni – “ Stiamo cercando faticosamente di uscirne con tutte le regole, e queste ci complicano ulteriormente la vita. Ma il problema più grave è il futuro: nessuno ha capito come una banca commerciale in un mondo a regolazione crescente, tassi zero o negativi, requisiti di equity sempre più alti, possa guadagnare dei soldi. E’ un tema fondamentale : non siamo a una nuova Lehman ma le banche italiane devono prendere la via del consolidamento per ridursi di numero dalle attuali 450 “ – aggiunge Scaroni – “Rendere il sistema più efficiente e creare l’oligopolio è l’unica condizione per cui banche che non possono guadagnare sui tassi, guadagnino sulle commissioni. Per arrivarci dobbiamo avere meno banche, meno sportelli, meno costi”.
Petrolio: un rischio sempre meno importante
Poi c’e’ l’andamento dei prezzi del petrolio che dopo il crollo da 115 a 26 dollari e la recente risalita a quota 45 , con una estrema volatilità durata molti mesi, sembra ora diretto all’ insù dopo l’annuncio che l’ Opec sarebbe orientato a un taglio della produzione. Scaroni è convinto che il petrolio entrerà a far parte dei rischi in costante diminuzione, preoccupante solo nel breve termine. “ L’Opec conta sempre meno – dice l’ex amministratore delegato dell’Eni. – “oggi nel mondo vengono prodotti 95 milioni di barili al giorno, l’Opec contribuisce per un terzo. Tutto il resto viene estratto nel mare del Nord, in Canada e negli Usa, senza contare gli 11 milioni al giorno messi sul mercato dal primo produttore al mondo, la Russia , tornata sui livelli sovietici. Di fatto non esiste più un gruppo di Paesi legato a un cartello capace di dominare in assoluto.
Prepariamoci a un futuro senza energie fossili
Nei prossimi 12-18 mesi il prezzo dovrebbe stare intorno a quota 50-60 dollari al barile, proprio sulla scorta della recente decisione dell’Opec di tagliare la produzione. “Anche se siamo solo a livello di annuncio – spiega Scaroni – in realtà è un cambiamento strategico fortissimo che ci dice che non possiamo più vivere con un prezzo del greggio basso, dobbiamo far salire le quotazioni anche a costo di perdere quote di mercato.Dal 2018 in avanti le cose cambieranno ancora: il mondo del petrolio progressivamente finirà. Dapprima il consumo riprenderà a salire dall’1 al 3%, poi con il crollo degli investimenti per esplorare nuovi giacimenti il prezzo raggiungerà 80-90 dollari e magari rivedremo i temuti 100. Ma sarà il canto del cigno.Riscalderemo le nostre case e uffici con fonti rinnovabili. Le nostre fabbriche funzioneranno con energie rinnovabili. Dal 2025 in avanti guideremo automobili elettriche con elettricità prodotta da fonti rinnovabili, sole e vento.”
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