Catania: piano del governo e ruolo delle imprese

Elio Catania, Senior Advisor e Consigliere per la politica industriale

di Claudio Barnini ♦ Per il presidente di Confindustria Digitale è la prima volta che possiamo contare su una politica industriale centrata sull’innovazione.

Gia’ Presidente e Amministratore Delegato in passato di IBM , poi alla testa di Ferrovie dello Stato e dell’ ATM, la municipalizzata milanese, Elio Catania dall’ aprile 2014 è alla guida di Confindustria Digitale, che ha l’obiettivo di promuovere lo sviluppo dell’economia digitale a beneficio della concorrenza e dell’ innovazione del paese. A questa Federazione di rappresentanza industriale fanno capo imprese per un totale di 250.000 addetti, per un fatturato annuo di 70 miliardi di euro. Ne sono soci soci Assotelecomunicazioni-Asstel, l’associazione della filiera delle imprese di Telecomunicazioni, Assinform in rappresentanza dell’Information Technology, Anitec che riunisce i produttori di tecnologie e servizi di Ict e Consumer Electronics, Aiip associazione degli Internet Provider, Assocontact l’associazione dei Contact e call center, Asso.IT associazione nazionale fornitori Information Technology.

Carlo Calenda
Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo economico

Il piano del governo per il digitale

Con la recente presentazione del piano Industria 4.0 da parte del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, piano che Catania ha accolto positivamente come un’ occasione per riprogettare e innovare il Paese in termini più competitivi e produttivi, il dibattito sulla “ rivoluzione digitale “ ha l’occasione per concretizzarsi in iniziative e azioni fattive da parte di tutti i soggetti pubblici e privati . Quali i passi e le strategie che si possono innescare, e come sarà possibile assicurare una governance forte all’architettura di governo pubblico – privata della cabina di regia? Industria Italiana, nella sua intervista a questo manager che nella sua carriera ha potuto conoscere bene sia il settore pubblico che quello privato, ha scelto di partire dallo stato dell’ economia reale nel settore.







A che punto è il gap con il resto d’Europa e del mondo?

La realtà è negativa ma ci sono segnali incoraggianti

“Siamo a circa 25 miliardi di euro l’anno di mancati investimenti in innovazione digitale rispetto alla media europea. Ma le cose stanno cambiando. Si è diffusa nella leadership pubblica e privata la consapevolezza che trasformazione digitale, incremento di competitività e produttività, crescita economica sono processi che ormai si identificano e si influenzano reciprocamente. I segnali positivi di questo nuovo clima sono sempre più chiari.Una conferma importante proviene dai dati sulla ripresa degli investimenti in Ict.A partire dal 2015 c’è stata un accelerazione degli investimenti degli operatori telefonici di rete fissa e mobile sull’infrastrutturazione a banda ultralarga. In questo modo  si sono accorciate le distanze in termini di copertura con il resto d’Europa. A giugno dell’anno scorso era stato raggiunto il 44% delle abitazioni con banda ultralarga superiore a 30 Mbps.”

Il simbolo dell'euro

L’ Italia sotto la media UE

“Ora talloniamo la Francia, la cui copertura è pari al 45% delle abitazioni, mentre rimane il gap di copertura rispetto alla media Ue 28 (71%). Ma il tasso di incremento degli interventi di infrastrutturazione – oggi il più elevato in Europa – fa ben sperare sull’allineamento dell’Italia alla media Ue entro il 2017. Sempre nel 2015, la domanda di tecnologie digitali Ict è finalmente tornata con il segno positivo, passando dal – 1,4% del 2014 al + 1,0%, trend di crescita che le nostre stime confermano per il prossimo triennio.”

Un progresso ancora lento e frammentato

“E’ significativo che gli incrementi a due cifre riguardino le cosiddette tecnologie abilitanti, quali Cloud, Iot, piattaforme per la gestione web, Big Data, mobile business, sicurezza, evidenziando che è in atto un vivace fenomeno di infrastrutturazione innovativa. Tuttavia, se contestualizzato nell’ambito dei servizi informatici e del software, che in volume rappresentano la parte più consistente del mercato digitale, è chiaro che il fenomeno riguarda ancora una frazione troppo limitata del Paese e che avviene in modo ancora troppo lento e frammentato per produrre cambiamenti significativi. E’ ovvio che c’è ancora molto da fare e che dobbiamo accelerare, ma la via imboccata è quella giusta”.

Fabbrica digitale

La rivoluzione digitale è probabilmente la sfida più importante che attende il nostro Paese. Quali le prospettive e quali i rischi?

La digitalizzazione non è solo un tema tecnologico ma pervade l’intera economia

“Deve essere chiaro che quando si parla di rivoluzione digitale non c’è semplicemente in gioco una nuova tecnologia o le istanze del settore Ict. La prospettiva che abbiamo di fronte è di riprogettare il Paese in termini più competitivi e produttivi rilanciando e orientando gli investimenti pubblici e privati verso l’innovazione. Le tecnologie di Internet esprimono le loro enormi potenzialità attraverso un’economia di rete, dove tutto è interconnesso e i confini fra settori sono sempre più labili. Digitalizzazione non è un tema solo tecnologico, ma di visione e di strategie che sempre più spesso si rivelano “disruptive” degli asset esistenti e che innovano completamente il modo di fare impresa, i modelli di business, le competenze, il modo di concepire ed erogare i servizi. Il rischio è non saper tradurre questa prospettiva in realtà, accettando il cambiamento e attrezzandosi per trasformarlo in occasioni di crescita”.

Pubblico e privato devono lavorare insieme per sensibilizzare imprenditori e manager sulla via del cambiamento e dell’innovazione. Devono appunto, ma… “possono”?

La collaborazione tra Stato e Impresa è possibile

“Devono e possono. Finora la politica di crescita del Paese era orientata a stimolare il modello di economia tradizionale. Oggi il sistema economico va ridisegnato del tutto e per questo compito la collaborazione fra pubblico e privato è un fattore indispensabile, ovviamente nel rispetto dei diversi ruoli e compiti. Perché nessuna parte ce la può fare da sola. L’intera politica di sviluppo dovrà puntare su questi nuovi fattori per vedere innalzata la produttività e la competitività del Paese. Il piano Industria 4.0 recentemente lanciato dal ministro dello Sviluppo Calenda ha come asset strategico il coinvolgimento di tutti i protagonisti, provenienti sia dal mondo delle istituzioni che da quello delle imprese. L’architettura di governo pubblico-privata della cabina di regia dovrà assicurare una governance forte e quella necessaria coesione di sistema su obiettivi e strumenti, in modo che il programma diventi un’occasione concreta per riagganciare la ripresa e tornare a essere competitivi”.

Il logo di Confindustria

Quali i sono i compiti che spettano ai due assi portanti di questo cambiamento, PA e Pmi?

Alla pubblica amministrazione spetta la definizione di regole e incentivi

“Alla parte pubblica spetta creare le condizioni quadro, sia in termini di incentivi che di regole. Senza dimenticare che la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione è un acceleratore fondamentale del cambiamento del Paese.  L’impatto positivo di un progetto vasto come la fatturazione elettronica verso la PA è dovuto  all’obbligatorietà e a tempi certi dello switch-off. Altrettanta determinazione occorre per gli altri grandi progetti  per rendere digitale la PA già individuati, dallo Spid ( Sistema Pubblica di Identità Digitale ndr. ) all’anagrafe unica, dal fascicolo sanitario elettronico  al sistema dei pagamenti. L’arrivo di Diego Piacentini a Palazzo Chigi ci sembra un passaggio importante per accelerare sulle piattaforme di e-government. Del piano Calenda ho detto, ma vorrei sottolineare che è la prima volta che possiamo contare su una politica industriale centrata sull’innovazione. Dunque abbiamo di fronte un scenario potenzialmente in grado di produrre a breve benefici tangibili e nuovi stimoli al Paese.”

Quale il compito di Confindustria Digitale?

Un ruolo di cinghia di trasmissione d’innovazione verso le imprese

“ Portare ad abbracciare la trasformazione digitale 4 milioni di Pmi che costituiscono il 99% del nostro tessuto economico e contribuiscono a più del 50% del Pil. Ora la priorità diventa come far giungere il messaggio, le risorse e le opportunità alla più ampia platea di Pmi, che vanno aiutate in modo concreto ad abbracciare la trasformazione digitale . E’ in questa chiave che Confindustria sta valorizzando il proprio ruolo di cinghia di trasmissione d’innovazione verso le imprese, impegnandosi in grande progetto nazionale di politica industriale “Impresa 4.0- Trasformazione competitiva digitale delle imprese e del Paese” che agirà in sinergia con il piano del Governo. Attuando in modo trasversale ai vari settori, valorizzando e mettendo a sistema le best practices già presenti sul territorio”.

studenti

Crescita e produttività, come si innova per arrivare a tutto questo?

E’ necessaria una azione formativa a tutti i livelli

“Questa domanda mi permette di porre al centro della trasformazione digitale le competenze, la scuola, la formazione. L’evoluzione delle tecnologie, l’Internet delle cose ( IoT , i Big Data, Industria 4.0 ) stanno cambiando velocemente i modelli di business dando vita a nuovi prodotti e servizi e modificando radicalmente l’organizzazione del lavoro all’interno dell’impresa. Sappiamo che il 50% dei lavori cambierà nei prossimi anni. Secondo alcune stime della Commissione Europea nel 2020 mancheranno in Italia almeno 200mila lavoratori digitali specialisti. Il piano scuola digitale, l’alternanza scuola-lavoro sono un buon inizio, ma non basta. Senza una larga azione formativa non è possibile un reale salto di qualità della cultura digitale del Paese.

Cosa attendersi dal mondo della politica per agevolare, incentivare, promuovere questo cambiamento?

Certezze e regole chiare

Rendere disponibile un insieme di fondamenti di competenza digitale è indispensabile per creare la consapevolezza per affrontare il cambiamento epocale che stiamo vivendo e questo vale per   imprenditori, top management, lavoratori pubblici e privati, studenti. E per i politici. Come Confindustria abbiamo un programma di formazione di competenze digitali per i manager e per i dipendenti delle Pmi. Contiamo di formare circa 25mila dirigenti e circa 75mila dipendenti nel prossimo biennio”.Al mondo della politica chiediamo  innanzitutto certezze. Sui tempi attuativi dei progetti di digitalizzazione della PA, sugli incentivi e sulle risorse destinate all’innovazione, sulle regole, che devono chiare e capaci di non ostacolare il cambiamento. Dobbiamo andare avanti. Il Paese non può più permettersi di ritornare a una politica economica che guarda al passato”.

Confindustria Digitale ha deciso di unire le forze con altri players importanti come Agid, Assinform, Astrid, Gruppo Maggioli e The Innovation Group per l’organizzazione, il 22 e 23 Novembre a Roma all’ Auditorium di Confindustria del Digital Italy Summit: per una strategia Nazionale dell’ Innovazione Digitale. L’obbiettivo è mettere a confronto i leader dell’Industria ICT, i vertici della Pubblica Amministrazione, le Autorità di Governo, i maggiori Esperti Italiani e Internazionali, il mondo dell’Economia e dell’Università e i nuovi Ecosistemi Digitali e dell’Innovazione, mettendo a fattor comune le competenze, gli skill e il sistema di relazioni per supportare con maggiore efficacia l’attuazione dell’Agenda Digitale italiana.














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