Cloud, IoT, IA e cybersecurity: è così che cresce Tim Enterprise!

di Piero Macrì ♦︎ Crescita dei ricavi del 7,3% per la divisione enterprise della telco guidata da Pietro Labriola. Nuovo modello di business e sicurezza informatica come servizio integrato di rete. Data center polifunzionali per l’erogazione di servizi ibridi. Ne parliamo con Antonio Morabito

Qual è la strategia di Tim Enterprise come cloud provider e fornitore di servizi per le imprese? «La partita non si gioca più sulla sola connettività. È necessario essere leader nel mercato dei servizi a valore aggiunto come cloud, IoT, cybersecurity e intelligenza artificiale», afferma Antonio Morabito, responsabile marketing di Tim Enterprise, la business unit dedicata alle grandi aziende e alle Pubbliche Amministrazioni guidata da Elio Schiavo. Il gruppo si conferma quindi un player Ict con basi solide su connettività e infrastruttura data center che evolve verso servizi innovativi nella dimensione cloud. Un percorso già avviato, nell’ambito del piano strategico predisposto dall’amministratore delegato Pietro Labriola.

Tim nel 2022 ha realizzato oltre 15 miliardi di ricavi e Tim Enterprise è uno degli asset su cui il Gruppo punta per la propria crescita. Nei 12 mesi fra il 30 giugno 2022 e il 30 giugno 2023 i ricavi da servizi della business unit sono aumentati del 7,3%, di cui il 58% da servizi Ict. Un’offerta che viene declinata attraverso 16 grandi data center, 7 dei quali di nuovissima generazione, green, alimentati da energia rinnovabile. Realizzati secondo standard di sicurezza certificati a livello internazionale, a fine 2022 hanno gestito un volume di dati pari a 83 Pbyte. I data center di Milano e Torino ospitano le due cloud region di Google. Secondo recenti studi si prevede che possano generare fino a 3,3 miliardi di euro di impatto economico e contribuire a creare fino a 65.000 nuovi posti di lavoro in Piemonte e Lombardia entro il 2025. «Le aziende che decidono di migrare i propri data center al cloud possono scegliere configurazioni ibride, su infrastruttura Tim piuttosto che Google. Una proposizione che molte aziende stanno scegliendo», dice Morabito. Oltre a Google, le collaborazioni si estendono a Microsoft e Oracle, a startup e scaleup con un expertise in settori verticali. Telco, hyperscaler, application provider. I servizi che vengono erogati dai data center nascono da relazioni industriali con i più diversi player di mercato. Insomma, il cloud diventa ibrido, un aggregatore di competenze che porta a convergenze di business una volta impensabili. I clienti? Pubblica amministrazione e aziende private con un fatturato superiore ai 100 milioni. 35.000 i clienti, di cui la metà, circa 17.000, imprese di tutti i settori produttivi, con una quota importante del manifatturiero.  Una spinta importante alla crescita di TIM arriverà anche dal progetto del Polo Strategico Nazionale, supportato da fondi Pnrr e dedicato alla nuova infrastruttura cloud della Pa, e dalle potenzialità di sviluppo trainate dal 5G. «È una tecnologia ritagliata su misura per il business, per il mondo mission critical e manifatturiero, dice Morabito. Rispetto alle precedenti generazioni wireless ha caratteristiche di resilienza e qualità di servizio che si prestano per automatizzare la produzione e la fabbrica. Configurato con i profili di servizio corretti ha la stessa affidabilità della fibra. Quello che interessa il manifatturiero non è tanto la copertura pubblica ma avere nodi 5G installati su apparati produttivi con un modello private network». Ecco il modello Tim per il cloud enterprise. Dalle novità in ambito cybersecurity alle soluzioni per la gestione del cloud ibrido, dalle piattaforme conversazionali di intelligenza artificiale alle soluzioni di monitoraggio con droni. E in ambito 5G, la logistica del porto di Livorno e il private network di aziende metalmeccaniche.







Cambio di passo per le telco. Il nuovo modello di business e la cybersecurity come servizio integrato di rete

Antonio Morabito, responsabile marketing di Tim Enterprise

Connettività, un mercato saturo e stabile da anni mentre il cloud, l’IoT e la cybersecurity crescono con percentuali a doppia cifra. La rete sta comunque evolvendo. Una necessità poiché è cambiato il servizio associato alle applicazioni, in ragione di una loro progressiva migrazione al cloud. «Il numero di clienti e aziende in ambito connettività è abbastanza costante ma cambia per tipologia di servizi offerti, dice Morabito. Con le grandi aziende si progettano le reti con i nuovi paradigmi. Si è passati da un concetto di rete tradizionale a modelli rete software defined, più flessibili e intelligenti, in grado di dialogare con le applicazioni dei clienti e adattarsi in modo automatico. È un business diverso dal precedente. Si fanno quotazioni basate su modelli a consumo, pay per use, con disponibilità di tool che consentono un’autoconfigurazione di rete. È la conseguenza della logica che ha iniziato a prendere forma a partire dal 2010, quando si sono iniziate ad approntare le prime infrastrutture cloud. Da allora tutto è cambiato. I più importanti player dell’information technology vendevano server e licenze ‘a casa del cliente’. Adesso tutti hanno i loro applicativi e piattaforme in cloud». Di estrema attualità la cybersecurity. Nel 2024 Tim renderà disponibile la sicurezza embedded nella rete, attività che è oggi demandata ad apparati e personale del cliente. «Non tutte le aziende hanno team e dipartimenti per gestire in autonomia la cybersecurity, spiega Morabito. L’evoluzione dei servizi di rete permetterà di avere un livello di protezione integrato che semplificherà l’approccio alla sicurezza delle aziende».

Data center polifunzionali per l’erogazione di servizi ibridi

Il data center Tim di Acilia è di tipo Tier IV, il massimo previsto per quanto riguarda la sicurezza e l’affidabilità dei dati

«Con il cloud riusciamo ad offrire le stesse performance che si ottenevano una volta su server locali ma con capacità di computazione e di intelligenza superiore perché ci si confronta con la potenza erogata da sistemi centralizzati», dice Morabito. I servizi sono rivolti sia a clienti italiani che internazionali. Più di 100 le certificazioni di network e cloud computing. «Sono competenze che ci permettono di gestire sia la nostra infrastruttura sia quella di partner hyperscaler, Google in primis, ma anche Microsoft e Oracle. Fino a un paio di anni fa sembrava che il modello prevalente fosse quello del cloud pubblico. Ora la tendenza è il cloud ibrido. A luglio abbiamo annunciato Tim Cloud Flex per la gestione del cloud locale e hyperscaler. Sarà il nostro cavallo di battaglia per il 2024».

Il ruolo di Tim Enterprise, quindi, è sempre più di system integrator a 360 gradi per intermediare i servizi offerti dall’ecosistema cloud. L’obiettivo è fornire infrastruttura cloud ed essere al tempo stesso responsabile della gestione di tutte le piattaforme associate. La strategia? «In base alle esigenze del cliente scegliamo la tipologia di cloud più adatta. Se il cliente ha dei dati sensibili, di livello strategico, che devono rimanere in Italia, l’opzione ricade su nostri data center, afferma Morabito. Nel caso della PA li mettiamo sull’infrastruttura del polo strategico nazionale. E se non c’è una specifica necessità legata alla territorialità i dati possono invece risiedere su asset hyperscaler».

Intelligenza artificiale, le capacità delle piattaforme conversazionali

Pietro-Labriola, ad di Tim

Un’altra componente su cui si concentrano gli investimenti è l’intelligenza artificiale. Non solo connettività a macchine, apparati e sensori, ma elaborazione e analisi big data supportata da algoritmi. «Le soluzioni di gestione dati basate sull’intelligenza artificiale stanno diventando un fattore rilevante per migliorare l’esperienza e il servizio verso il cliente, oltre a ottimizzare l’efficienza operativa e i processi interni delle aziende, dice Morabito. Un esempio è la piattaforma conversazionale e algoritmica sviluppata in collaborazione con una scaleup italiana. Può essere utilizzata per creare chatbot o assistenti virtuali in grado di interagire in modo automatizzato con clienti, dipendenti e fornitori, abilitando esperienze digitali nell’ambito dei diversi processi di business: dalla consulenza personalizzata, alla proposizione di offerta di servizi e prodotti, alla logistica. Tra le realtà che hanno adottato la piattaforma, per esempio, Arrital, la società del gruppo We.Do che progetta e produce arredamento per la cucina, utilizza un’interfaccia vocale per dare agli utenti aziendali informazioni in tempo reale basate su interrogazioni dati che risiedono su Erp e Crm».

Come accelerare l’adozione del 5G. Connettività e produzione industriale, droni e logistica

Lo sappiamo, per il 5G non c’è ancora sufficiente sviluppo applicativo. In altre parole, non esiste una massa critica per generare nuovo business. Come superare questo gap? «Realizzando set di big data che possano funzionare da volano per applicazioni di intelligenza artificiale, il vero driver del 5G», dice Morabito. Altro grande tema quello della logistica e delle smart city. In questi casi significa controllare flussi di traffico con un set di dati coerente con la dimensione applicativa da analizzare. Insomma, Tim intende accelerare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e del 5G mettendo a disposizione grandi volumi di dati.

Elio Schiavo, chief enterprise and innovative soluzion officer di Tim, ci parla della piattaforma proprietaria con un’offerta integrata di connettività, cybersecurity, IoT

Si sono inoltre individuati i best player per collaborazioni nei mercati verticali. Comau, per esempio. «La loro tecnologia di automazione industriale è stata integrata con tecnologia 5G per realizzare reti produttive ad alta resilienza e flessibilità con capacità computazionale a bassa latenza», afferma Morabito. Stessa cosa è stata fatta con lo sviluppo di applicazioni basate sui droni, per il monitoraggio del territorio o di infrastrutture critiche. La speranza è che tutto questo possa generare un circuito virtuoso e un’inerzia fisiologica allo sviluppo del 5G.

TIm Enterprise mira a installare nello scalo portuale livornese una rete 5G privata in grado di viaggiare a 10 Gigabit al secondo. In questo modo viene acquisita la capacità di dialogare con le navi

Altro progetto, quello del porto di Livorno, sostenuto da finanziamenti europei e sviluppato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Consente la tracciabilità delle merci quando sono in mare aperto, grazie a connessione satellitare, e nel porto in connessione 5G, per la gestione del transito e tracciamento merci. Interconnettere, scambiare dati e gestire a distanza gli impianti industriali, garantendo una maggiore efficienza, affidabilità, sicurezza e migliorare in modo significativo il ciclo produttivo. Come dice Morabito, «L’utilizzo di una connettività dedicata 5G consente di raggiungere gli obiettivi di bassissima latenza e sicurezza dei dati richiesti dalle aziende produttive». Tra gli use case in ambito industriale, è stata avviata la partnership con Ilmea, azienda metalmeccanica nel Salento, tra le prime in Italia a dotarsi di una rete privata 5G. La soluzione abilita l’interconnessione delle macchine e la produzione di dati funzionale agli obiettivi di business, con tutti i vantaggi del 5G su un perimetro privato. Un servizio che risponde alla crescente necessità delle aziende di accelerare il processo di digitalizzazione e modernizzare le catene produttive.

 

[Ripubblicazione dell’articolo del 20 settembre 2023]














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