Supply chain, una catena con troppi anelli deboli

di Piero Formica ♦︎ Il ritorno di politiche commerciali protezionistiche dettate (anche) dal Coronavirus rischia di far tornare indietro di decenni la catena del valore. Non solo: il comportamento "mordi e fuggi" di molte filiere ha azzerato il potere decisionale dei sub-fornitori e reso molto più rischioso il processo. E con i chiari di luna dettati da guerra dei dazi e nuovi potenziali problemi si rischiano ulteriori scossoni. A meno che... Appunti per il rilancio del sistema a cura del professor Piero Formica

Veniamo da anni in cui sempre più prodotti sono stati il risultato di migliaia di passi compiuti e di centinaia di relazioni di business in una o più dozzine di Paesi. Questa è stata negli anni della globalizzazione la supply chain, ovverossia la catena di fornitura, che tanti benefici ha recato ai produttori e ai consumatori. Per ultimo con la pandemia in corso, si è palesata una verità trascurata: la forza di una catena dipende dalla robustezza del suo anello più debole. Quale esso sia è argomento molto dibattuto. C’è chi punta il dito sulla zona grigia tra produrre giusto in tempo e fare scorte. Altri portano l’attenzione sulla politica industriale che potrebbe scivolare verso il protezionismo. Molto più peso andrebbe dato alla qualità delle relazioni dietro le quali stanno conoscenza e informazione in grado di trasformare le catene di offerta in catene di valore.

Le supply chain stanno vivendo una grande trasformazione sotto l’impulso della perturbazione Covid-19 cui potrebbero seguire cambiamenti climatici, attacchi informatici, disordini politici o guerre commerciali. Da questi eventi, secondo un rapporto McKinsey, le aziende si aspettano che un’interruzione di un mese colpisca le loro catene di fornitura una volta ogni 3,7 anni, in media. Per un altro verso, entrata in scena da protagonista l’innovazione aperta, le catene di fornitura si muovono dal coordinamento in direzione della cooperazione e della coopetizione. L’innovazione aperta è contraddistinta dall’enfasi posta sulle più ampie possibilità d’accesso a nuove conoscenze e risorse, e alla loro traduzione imprenditoriale. Ne emerge una cultura ibrida arricchita da opzioni che rispecchiano i diversi aspetti dell’innovazione. Tra questi, l’altruismo e con esso l’apertura alla sperimentazione con soluzioni irrituali e non prescrittive. Popolarizzata nei primi anni ‘2000, l’innovazione aperta è un processo sistematico attraverso il quale le idee penetrano da un’organizzazione a un’altra e viaggiano su diversi vettori di opportunità per la creazione di valore. La rete è al centro dell’innovazione aperta: un processo socio-economico i cui protagonisti interagiscono e condividono informazioni per riconoscere, creare e cogliere le opportunità di business.







Frutto dei progressi delle tecnologie digitali e degli sviluppi delle scienze cognitive, l’innovazione aperta segna il passaggio dai guadagni marginali e incrementali ai mutamenti radicali – lunghi colpi che rendono possibile un grande passo in avanti nello sviluppo economico e sociale. Accademici, funzionari pubblici, dirigenti industriali e professionisti che nell’ambito dell’Unione Europea hanno dato vita all’Open Innovation Strategy and Policy Group vedono nell’innovazione aperta «un nuovo paradigma basato su principi di collaborazione integrata, valore condiviso co-creato, ecosistemi di innovazione coltivata, tecnologie esponenziali liberate e adozione straordinariamente rapida». Tanti sono i casi di collaborazione i cui esiti producono una somma delle parti che è inferiore alla somma di ciascuna delle singole componenti. Nell’innovazione aperta, due o più entità interagiscono per produrre un effetto combinato maggiore della somma dei loro effetti separati. L’innovazione aperta mira a produrre benefici per la società e non solo per l’economia, individuando e realizzando innovazioni che ci spingono collettivamente verso la traiettoria di un modo di vivere intelligente e quindi sostenibile. Con ciò rendendo evidente come nuovi servizi e mercati possano essere co-creati in ecosistemi aperti dove i risultati a vantaggio di tutti subentrano alle situazioni che separano i vincenti dai perdenti.

Sulla scia dell’innovazione aperta, nelle catene di fornitura la collaborazione tramite coordinamento volge in cooperazione che, a sua volta, muta in coopetizione. Nel coordinamento prevalgono relazioni di prossimità, a portata di mano, informali, opportunistiche e di breve termine; legami familiari e diffusione spontanea di conoscenze implicite. La cooperazione abbatte gli steccati mentali e allarga i margini di manovra. Con la coopetizione convivono tra le parti in campo comportamenti cooperativi e competitivi insieme che cambiamo ancora le regole del gioco per fare cose nuove in modo nuovo. Nella coopetizione si affermano relazioni del tipo vincitore-vincitore, con i vincitori di oggi che insegnano ai perdenti, i quali potranno essere i vincitori di domani, in un gioco che è, appunto, infinito. Nella cultura dell’Estremo Oriente questo gioco viene rappresentato con un otto rovesciato, il simbolo dell’infinito.

Alcuni risultati della ricerca ESG-Oracle sull’impatto dei sistemi tecnologici all’interno delle supply chain

Le imprese si stanno muovendo pericolosamente sulla fune sottile tra la capacità di riprendere le operazioni normali (“resilienza”) e la tenuta delle attività durante la crisi innescata dal virus (“robustezza”). Il bandolo della matassa è reso ancor più intricato dal ritorno in auge delle politiche commerciali protezionistiche. Invocare il ricorso al protezionismo per i prodotti essenziali in campo medico funge da specchietto per le allodole. L’attrattiva è lusinghiera, ma ingannevole. Come ha messo ben in rilievo Martin Wolf in un articolo sul Financial Times dello scorso 23 giugno (“The dangerous war on supply chains”), il commercio non è il problema, ma fa parte della soluzione, e deve rimanere una parte importante dell’economia globale in senso lato. La capacità di commerciare liberamente aumenta la diversità, e persino l’affidabilità, dell’offerta. Gli attacchi alle catene di approvvigionamento transfrontaliere non devono essere considerati isolatamente. Le previsioni dell’Organizzazione Mondiale del Commercio suggeriscono che il crollo del commercio ora potrebbe essere molto più grande che in risposta alla crisi finanziaria del 2008. Più recentemente, però, la banca d’investimento Hsbc ha rilevato che i dirigenti si aspettano che il commercio sia forte nel 2021, con la globalizzazione dell’informazione che alimenta gli scambi elettronici transfrontalieri. Recherebbero un grave danno, rimarca Wolf, i responsabili politici che rispondessero al forte calo delle esportazioni dei loro paesi limitando le importazioni. Una volta frammentati i mercati globali, la capacità di investire nell’innovazione sarebbe ridotta. Eppure, questo è ciò che significa una riorganizzazione forzata delle catene di approvvigionamento. Sarebbe l’ennesimo assalto al commercio liberale.

Sull’altro versante, il ritmo del cambiamento tecnologico è vertiginoso. La rapida e continua ascesa di Internet rivoluzionerà la catena di fornitura dal fornitore al cliente. È imprescindibile l’accesso ai dati necessari per gestirla al meglio. Internet fornisce la piattaforma comune su cui i dati saranno condivisi. Si affacciano all’orizzonte nuovi forme di collaborazione per ottenere maggiori prestazioni e far lievitare il loro valore a beneficio del cliente. Per riscuotere successo nell’economia digitale, la missione delle imprese è rivedere a fondo la comunicazione con i loro partner e fornitori in concomitanza con l’esplosione dell’e-commerce. Le attività delle supply chain devono essere altamente sincronizzate con le richieste del mercato. L’accesso al cliente via Internet sta imponendo requisiti molto maggiori alle prestazioni della catena di fornitura. Il livello di collaborazione richiede non solo la capacità di comunicare, ma anche competenze per gestire la complessità e l’immediatezza della sincronizzazione. In Cina ha preso rapidamente piede l’idea di organizzare le persone in gruppi di acquisto online per poter contrattare collettivamente e così ottenere sconti maggiori sullo stesso prodotto o servizio. Ma il costo non è l’unico arbitro del valore. I consumatori esigono anche innovazione e personalizzazione non solo dei prodotti, ma anche del servizio e della consegna.

I vincitori dell’emergente competizione della catena di fornitura abilitata da Internet saranno le aziende che abbandoneranno le tradizionali regole del fare business. Stretti legami tra imprese indipendenti hanno nel corso del tempo migliorato il coordinamento come tipo prevalente di collaborazione interaziendale. Dal coordinamento, le aziende hanno imparato a potenziare il processo di adozione simultanea di strategie identiche o complementari da parte di agenti le cui relazioni, principalmente di tipo commerciale, sono informali e implicite, basate su regole e codici di condotta non scritti. Costruendo il coordinamento su stringhe di risorse tangibili (ad esempio, materie prime, strumenti, componenti e prodotti intermedi) intrise di conoscenza tacita, le catene di fornitura sono cresciute nei nostri distretti industriali raggiungendo risultati lusinghieri sul fronte dell’export.

I primi 10 distretti industriali per crescita dell’export nel 2018. Fonte Edison su dati Istat

Man mano che alcune aziende hanno assunto il ruolo di decisori a livello locale, è emersa una forma evolutiva di coordinamento la cui configurazione assomiglia a un cuneo la cui punta è l’azienda leader. Essa mantiene il controllo della progettazione, del marketing e delle vendite, e della fase strategica di assemblaggio del prodotto finale. Imprese artigiane producono pezzi su specifica, partecipando ad una o poche fasi del processo produttivo. È accaduto che tutte le parti in coordinamento abbiano agito con l’attenzione rivolta al breve termine, trascurando l’interesse generale. Un comportamento “mordi e fuggi” per il quale “una fetta più grande è meglio di una torta più grande” erode la fiducia come dividendo sociale.

Le lezioni tratte dal coordinamento hanno indotto le aziende più innovative ad investire in fattori non commerciali di interdipendenza, quali il livello di istruzione, lo sviluppo di lavori di gruppo e la comunicazione multidisciplinare. Da questo investimento l’aspettativa è che un numero crescente di aziende delle catena di fornitura pianifichi azioni per massimizzare il prodotto congiunto delle loro relazioni piuttosto che il rendimento individuale. Questa è la modalità di cooperazione che, rispetto al coordinamento, favorisce un senso di comunità in cui la mano invisibile del mercato è accompagnata da una stretta di mano. Nel corso dell’evoluzione dei distretti, un numero crescente di aziende ha manifestato la volontà di cooperare. I loro budget hanno incorporato gli investimenti in stringhe di risorse immateriali (lavoratori della conoscenza, software, fiducia, ruoli). Da qui le pratiche relazionali, di lavoro e di gestione in rete il cui codice è qui delineato.

L’ingresso dirompente del digitale nella vita delle aziende sta spostando le relazioni interaziendali di fornitura dalla cooperazione alla coopetizione. La co-opetizione si è evoluta attraverso le dinamiche dell’economia mondiale che stanno costringendo le aziende a cooperare per competere. Ciò si traduce in alleanze competitive che sono coalizioni tra forti aziende internazionali che generalmente rimangono concorrenti al di fuori della relazione. La coopetizione facilita l’accesso a partner commerciali esterni, la costante riconfigurazione dei rapporti commerciali e un drastico aumento dell’outsourcing. Le aziende si comportano come Internet, dove tutti possono partecipare e lo sforzo totale è maggiore della somma delle parti.

Nella lista dei primi 30 distretti a livello nazionale con maggiore incremento delle esportazioni ce ne sono ben 6 del Triveneto: Mele dell’Alto Adige, Marmellate e succhi dell’Alto Adige, Vini del veronese e Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene ma anche la Concia di Arzignano e le Materie plastiche di Treviso, Vicenza e Padova

La cooperazione è necessaria per aumentare la quota di mercato del settore, mentre la concorrenza rimane l’ingrediente essenziale che motiva le aziende a perseguire l’eccellenza. Si coopera e si compete affinché tutte gli attori in gioco possano prosperare. Per Hampden-Tumer e Trompenaars, studiosi della coopetizione, cooperazione e concorrenza si mescolano in vari modi. Varie miscele di competizione e cooperazione corrispondono a giochi diversi. I due autori chiamano “giochi finiti” quelle situazioni in cui la coopetizione tende alla competitività nell’ambito dei mercati esistenti. Al contrario, infiniti sono quei giochi che propendono per la cooperazione in vista della creazione di nuovi mercati. La coopetizione genera “ecosistemi di business” come l’industria multimediale interattiva che circonda una varietà di aziende di settori diversi ma convergenti. Le imprese di contenuti, informatica e comunicazione contano su una rete estesa di fornitori e utenti finali che lavorano su Internet dal punto di vista organizzativo, indipendentemente dalla proprietà, in modo cooperativo e competitivo per sviluppare nuovi prodotti, soddisfare un gran numero di clienti in vari segmenti di mercato e incubare nuove imprese.

Sollecitati dalla pandemia, con i cambiamenti in corso stiamo entrando in una nuova era in cui le cose in movimento contano molto meno dei servizi, delle informazioni e delle idee che si diffondono per creare catene di valore, la specie ‘sapiens sapiens’ a confronto delle supply chain.

Relazioni e codice della rete

Relazioni a lungo termine – Imprese indipendenti e specializzate sono collegate ad una società centrale (o “unità centrale”) attraverso soluzioni contrattuali. Ogni azienda indipendente mantiene e sviluppa la propria competenza distintiva, servendo anche altre aziende al di fuori della rete. La società centrale si distingue per esperienza, capacità strategica e forza di personalità.

Relazioni a breve termine o una tantum – Diversi partner specializzati sono accoppiati contrattualmente per un particolare progetto. Ciascuno opera in un segmento specifico della catena del valore. Non esistono relazioni speciali e privilegiate.

Volontariato – I partner sono liberi di ritirarsi dalle relazioni che credono siano mal strutturate.

Apertura – I rapporti di rete sono esterni e quindi altamente visibili a tutte le parti.

Esplicitazione – Le relazioni esterne tendono ad essere pienamente illustrate.

Accessibilità – I sistemi informativi a piena divulgazione assicurano che tutte le decisioni siano prese in modo obiettivo ed equo.

Auto-rinnovamento – Team di lavoro interagiscono autonomamente con il mondo esterno e tra loro, e si riorganizzano rapidamente per risolvere nuovi problemi.

 

Il professor Piero Formica, fondatore dell’International Entrepreneurship Academy, è Senior Research Fellow dell’International Value Institute presso la National University of Ireland in Maynooth, Dublin e dirige un laboratorio di sperimentazione di startup innovative presso il centro di imprenditorialità EDEN della stessa università.














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