Stampa 3D: quando progettazione e produzione convergono. Con Autodesk

di Piero Macrì ♦︎ Progettare componenti tenendo conto della morfologia esterna e interna. Questo l'approccio della multinazionale per rivoluzionare la produzione additiva. Le applicazioni per aerospaziale e automotive. La soluzione di simulazione Netfabb per la produzione a zero errori. Il tema del generative design. Ce ne parla Maurizio Canil

Componente realizzato tramite stampa 3D

E’ possibile produrre in additive parti o componenti in metallo con la stessa precisione di una macchina utensile? Certo che sì. Con strumenti basati sulla simulazione gli ingegneri possono oggi comprendere rapidamente quali sono le modifiche da apportare, evitando problemi che possono riscontrarsi nel processo di stampa. Produzione zero errori, aggiungere o sottrarre? Il problema non si pone. Come dire, think positive, think additive. Parti e componenti dalle dimensioni più contenute e leggere, con strutture reticolari, a forme cave e a geometria complessa, vengono testati in virtuale in funzione di parametri di tensione, compressione, taglio, flessione, torsione e durata della fatica. A seconda dell’obiettivo che si vuole ottenere – un classico dell’industria automotive, dei trasporti e dell’aerospace è la riduzione del peso – si può progettare un componente tenendo conto non solo della morfologia esterna ma di quella interna.

Una logica che Autodesk ha fatto propria rendendo disponibile in Fusion 360, la piattaforma cloud per la digitalizzazione dello sviluppo prodotto, la tecnologia abilitante la progettazione per la produzione additiva. Dalla simulazione strutturale in ambiente Cad alla simulazione topologica, l’approccio adottato dà origine alla convergenza tra progettazione e produzione, un’intelligenza software adattativa finalizzata alla manifattura in stampa 3D. Come spiega Maurizio Canil, product sales specialist di Autodesk, «L’obiettivo è dare ai progettisti la possibilità di creare componenti in funzione del metodo produttivo, spiega. Il punto di partenza è il cad o il generative design, con la definizione degli elementi chiave che si vogliono rispettare per l’additive. E dal modello Cad si passa all’ottimizzazione topologica, che predispone la stampa al fine di prevedere le possibili deformazioni che il componente potrebbe subire in fase di produzione».







Definizione dei vincoli del problema, generative design, ottimizzazione topologica, stampa ed eventuale trattamento di finitura con macchina utensile. La somma di tutti questi processi realizza prodotti qualitativamente analoghi alla manifattura tradizionale, in grado di rispettare i vincoli di progetto, ma con il vantaggio di avere geometrie innovative, di dimensione e peso più contenute, riducendo costi e tempi di progettazione di oltre il 60%. «In additive, la simulazione è un processo iterativo che si conclude una volta individuato il modello target da portare in stampa. Il software dà luogo a una prototipazione incrementale orientata alla produzione. La simulazione esiste in ogni fase del processo in quanto i problemi possono essere legati alla geometria ma anche all’impostazione del processo di stampa, permettendo di produrre solo nel momento in cui si è sicuri del risultato».

 

Produzione a volume con stampa 3D. Dall’automotive all’aerospace alla realizzazione di stampi con canali di raffreddamento

Maurizio Canil, product sales specialist di Autodesk

L’automotive, industria di produzione seriale per definizione, sta progressivamente affiancando l’additive alla manifattura tradizionale. La produzione ibrida è ormai diventata mainstream. Un’evoluzione che sta accelerando con la transizione all’elettrico, poiché l’alleggerimento delle componenti diventa un fattore competitivo. Insomma, la stampa 3D, si può applicare alla produzione a volume e a lotto 1. I vantaggi si possono riscontrare sia nell’uno che nell’altro caso. All’estremo, la produzione on demand in real time. Nel mondo del racing si hanno per esempio a disposizione stampanti che all’emergenza possono stampare un pezzo in 3D. E nell’automotive si producono in additive i blocchi delle cinture di sicurezza: inizialmente concepito con più pezzi separati si riesce oggi a produrlo in un unico pezzo, evitando i problemi di assemblaggio di più parti. «Il problema della stampa 3D è spesso il costo ma va considerato tenendo conto di tutte le variabili. Nel caso del blocco cintura, dove si riesce a produrre un unico pezzo, significa azzerare i costi della supply chain: non più una molteplicità di fornitori convolti nella produzione di singoli pezzi, ma un’unica produzione», dice Canil.

I vantaggi si estendono ad altri settori. Nell’industria aeronautica, grazie a nuovi materiali e al design reticolare, la struttura del sedile pesa, per esempio, il 56% in meno. Una riduzione sostenibile, che può far risparmiare più di 80.000 euro di carburante l’anno per far volare un Airbus 380 con 615 posti, oppure oltre 160 milioni di euro nei 20 anni di vita di una flotta di cento A380. Risparmi che si traducono in una diminuzione dell’impronta di carbonio, con oltre 140.000 tonnellate in meno di carbonio emesse in atmosfera. Non meno interessanti i vantaggi che si possono ottenere nella produzione di stampi. «Oggi è possibile realizzare stampi con canali di raffreddamento “conformati”, serpentine dentro le quali è previsto il passaggio di un liquido refrigerante, racconta Canil. Rispetto al metodo tradizionale di raffreddamento, ottenuto con i classici cicli di foratura lineare, l’additive permette di realizzare una geometria interna che garantisce performance migliori. Una volta fatto lo stampo lo si trasferisce a una macchina utensile per operazioni di finitura e asportazione del materiale in eccesso. Risultato? Uno stampo di qualità, equivalente a quello prodotto in modalità tradizionale, ma con prestazioni superiori nei cicli di stampaggio».

 

Netfabb ovvero la soluzione per simulazione e ottimizzazione topologica per una produzione zero errori

Lavoro su generative design al Technology Center Autodesk San Francisco

Importare i modelli cad, scavare le parti e generare reticoli interni per utilizzare meno materiale, analizzare la stampabilità e correggere automaticamente i dati per la produzione. Con il software Netfabb si eseguono tutte le procedure di compensazione per migliorare il processo di stampa, una produzione per definizione instabile, che può dare origine a deformazioni per effetto del calore o altre variabili che si verificano nel ciclo di lavoro. Nello specifico, si identificano e compensano i possibili errori di costruzione tramite la simulazione dei processi di deposizione ad energia diretta (Ded) e la fusione a letto di polvere. Un software pensato, quindi, per una produzione di precisione, con la capacità di poter definire limiti di tolleranza. In altre parole, Netfabb esegue un’ottimizzazione topologica utilizzando modelli algoritmici per migliorare il layout dei materiali in funzione di parametri relativi a carichi di lavoro, condizioni e vincoli.

Massimizza la prestazione e l’efficienza del design rimuovendo il materiale in eccesso per ridurre il peso o risolvere problemi di vario tipo, di risonanza o stress termico. L’ottimizzazione topologica viene fatta alla fine del processo di design. Il progettista la utilizza per simulare la forma reticolare che può soddisfare le specifiche di progetto. «Molte delle complesse geometrie che derivano dall’ottimizzazione topologica non potrebbero essere eseguite con tecniche produttive tradizionali, spiega Canil. L’ottimizzazione del design coinvolge funzioni concorrenti, ovvero dimensioni e peso. Per esempio, le parti usate nel settore aerospaziale traggono beneficio dall’essere leggere, ma devono al contempo sopportare coppia, sforzo e calore enormi. Un algoritmo può bilanciare il design, tenere conto di ciascuna di queste funzioni e trovare un punto di equilibrio». In buona sostanza, l’ottimizzazione topologica si occupa di eliminare gli errori di progettazione che potrebbero compromettere la produzione: eseguendo dei test di resistenza alle sollecitazioni, il processo tiene conto di un’ampia gamma di variabili, evitando possibili difettosità.

 

Generative design, lo strumento per la progettazione creativa in additive

In questo progetto di ricerca collaborativo, Autodesk e il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della Nasa hanno testato l’uso del design generativo per realizzare un lander spaziale concettuale più leggero del 35% rispetto a un design tradizionale. Il software ha permesso al team di sfruttare tre diversi metodi di produzione (fusione, produzione additiva e sottrattiva) per produrre il design più leggero e resistente, che sarà fondamentale per i futuri viaggi nello spazio

Facilitare il passaggio delle imprese da una produzione di massa a una customizzazione di massa, con una progettazione orientata a soddisfare i bisogni individuali senza rinunciare ai vantaggi dell’efficienza della produzione a volume, in termini di bassi costi di produzione e prezzi di vendita contenuti. «La stampa 3D permette di produrre componenti a geometria complessa, finiti o semifiniti, che se dovessero essere prodotti con tecnologia tradizionale richiederebbero numerosi passaggi di lavorazione meccanica, dice Canil. Il software di ottimizzazione che rendiamo disponibile permette di modificare il design con strutture reticolari, configurare e rendere flessibile la produzione di singoli pezzi, riducendo lead time e costi di fabbrica». Da un punto di vista progettuale viene in aiuto il generative design. «E’ uno strumento di progettazione creativa, afferma Canil. Sulla base di vincoli strutturali suggerisce morfologie non convenzionali che non sono contemplate nella logica progettuale standard», aggiunge Canil.

Nel design generativo c’è anche la componente di fluidodinamica che tiene conto delle implicazioni legate a un passaggio di un fluido. Ma attenzione, quello che viene creato con il generative design non è il modello pronto per andare in produzione. Come dire, quanto elaborato da strumenti di questo tipo, è un modello che deve essere poi ritoccato, modificato, aggiornato all’interno dell’ambiente Cad per poi passare alla produzione. «Se fino a oggi la bontà di un progetto era dettata soprattutto dalla bravura del progettista e dalla sua conoscenza del problema specifico, dei materiali disponibili e delle tecnologie di produzione, con il generative design la cosa fondamentale è che il progettista sappia porre le domande giuste: ovvero descrivere al software le caratteristiche desiderate per il prodotto, i materiali che è possibile usare, e le tecnologie di produzione e finitura disponibili. Sarà il programma a creare il progetto, in tutte le varianti possibili, ottimizzando il tutto in modo da ridurre costi dei materiali, tempi di produzione, peso dell’oggetto, probabilità di deformazioni o rotture», afferma Canil.

 

Finitura del pezzo creato in additive attraverso l’utilizzo di macchine utensili

Immagine della campagna Hero per l’automazione della lavorazione CNC a supporto del progetto Spark, che mostra un tipico pezzo lavorato a CNC in un account aziendale con più macchine CNC.

La produzione additiva integra spesso anche la macchina utensile, che risulta essenziale per passare dal pezzo grezzo a uno finito, pronto per essere assemblato. Per la finitura del pezzo Autodesk rende disponibile il software Cam PowerMill, specializzato nella generazione di codice di lavorazione. Viene in genere utilizzato per azionare diversi tipi di hardware a controllo numerico, tra cui frese a 3 e 5 assi. «In un processo di progettazione e produzione complesso la parte di progettazione è pensata per ottenere un prodotto che va stampato in 3D ma che successivamente viene rifinito con tecnologie tradizionali di asportazione. Questo comporta alla fine del processo generativo del pezzo alcune lavorazioni convenzionali, anche solo per rimuovere le strutture di supporto, che in alcune tecnologie sono molto importanti; oppure per portare determinate parti del pezzo in tolleranza, perché sarà importante in fase di assemblaggio», dice Canil.

(Ripubblicazione dell’articolo del 23 giugno 2023)














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