siderweb: il 52,5% delle imprese del settore siderurgico ha avviato progetti di sostenibilità da più di 3 anni

Il report è stato realizzato con la collaborazione di tre docenti dell’Università degli Studi di Brescia, Claudio Teodori, Cristian Carini e Laura Rocca

Si intitola “Acciaio sostenibile” il report sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese del settore siderurgico italiano. È alla prima edizione e siderweb – La community dell’acciaio l’ha presentato questo pomeriggio, con un convegno online. Sulla sostenibilità le imprese dell’acciaio «stanno già investendo da anni, integrandola nelle scelte di business e di posizionamento strategico. Non è quindi una novità parlare di decarbonizzazione e di acciaio green. È invece inedita la proposta di siderweb: l’analisi e il confronto delle performance di sostenibilità della filiera siderurgica. “Acciaio sostenibile” vuole essere, infatti, un percorso di lungo periodo, per arrivare a un approdo che non solo verrà imposto dal regolatore, ma sarà richiesto come fattore competitivo dal mercato» ha dichiarato Francesca Morandi, content manager di siderweb.

Il report è stato realizzato con la collaborazione di tre docenti dell’Università degli Studi di Brescia, Claudio Teodori, Cristian Carini e Laura Rocca, e si articola in due parti. La prima analizza la disponibilità e il contenuto dei bilanci di sostenibilità delle imprese della filiera siderurgica corta (produttori, distributori, centri servizio e commercio di rottame e ferroleghe). La seconda presenta i risultati di un sondaggio, sottoposto nelle scorse settimane a un campione di aziende siderurgiche. Sono state prese in considerazione le società di tutti i comparti della filiera corta della siderurgia con fatturato superiore ai 40 milioni di euro o che hanno comunicato la redazione del report di sostenibilità.







In tutto, i report analizzati sono 28; le imprese appartengono tutte al comparto della produzione di acciaio. La disponibilità e il contenuto dei bilanci, si legge nel report, «descrive un trend di crescita che negli ultimi anni ha caratterizzato la predisposizione dei bilanci di sostenibilità», che rappresentano «l’output di un processo che parte all’interno del sistema azienda e che impone una riflessione sul business model e sulle modalità di svolgimento delle attività produttive». Nonostante questo, i report individuati «sono ancora relativamente pochi rispetto alla numerosità delle imprese operanti nel settore siderurgico». Tuttavia, come spesso accade per le innovazioni, sono i player più grandi o con le complessità aziendali maggiori a muoversi per primi. Inoltre, sulle imprese si registrano pressioni sempre maggiori verso la redazione del report (si pensi al processo di revisione della normativa, in particolare la Corporate Sustainability Reporting Directive, o al sistema finanziario che sta progressivamente puntando sulla riflessione riguardo l’impatto ambientale e sociale dell’attività imprenditoriale).

La dimensione ambientale rappresenta l’elemento principale su cui le imprese siderurgiche si concentrano. L’attenzione è, in particolare, sul climate change (tutte le emissioni, dirette e indirette, del processo produttivo, secondo quanto previsto dagli scope 1 e scope 2 del protocollo Ghg). Segue l’utilizzo delle risorse in una prospettiva di economia circolare, con un numero rilevante di imprese che descrive in modo dettagliato le attività di salvaguardia e di ottimizzazione attuate lungo il ciclo produttivo e che evidenziano la centralità del rottame. Infine, un’ulteriore area di interesse è sulla gestione delle risorse idriche.

Il sondaggio, composto da 15 domande, è stato sottoposto a un campione di imprese della filiera tra il 19 maggio e il 5 giugno 2023; i questionari raccolti sono stati 40.

I risultati raccontano che le imprese siderurgiche italiane rappresentano un’avanguardia sostenibile del mondo dell’acciaio: le azioni e le iniziative sono attive già da più anni. Il 52,5% ha avviato progetti di sostenibilità da più di 3 anni, con un 42,5% che dichiara un impegno da oltre 5 anni. Non solo le grandi imprese sono sensibili all’impatto delle attività produttive, ma vi è un’attenzione anche da imprese con fatturati al di sotto dei 50 milioni di euro. Il focus principale dell’agire sostenibile si declina nell’ambiente e, più precisamente, nella riduzione di emissioni nell’aria, nell’efficientamento energetico e nell’economia circolare. Questo si conferma nella diffusa presenza di certificazioni ambientali, anche quale elemento di rendicontazione. Dal punto di vista sociale, l’attenzione è rivolta al proprio interno, alle risorse umane, che le imprese valorizzano con iniziative di welfare, con l’attenzione alla salute e sicurezza sul lavoro e con formazione sulle tematiche sostenibili. La pressoché totalità dei rispondenti ha adottato azioni di welfare a favore dei propri dipendenti. Le principali iniziative (che hanno, cioè, avuto un tasso di risposta superiore al 60%) sono: premi di produzione sulla base della performance aziendale (82%); gestione flessibile del lavoro (74%); programmi di smart working (63%); programmi di assistenza sanitaria per i dipendenti (61%). Un ultimo aspetto da sottolineare è quello legato al tema del finanziamento di questi investimenti sostenibili: il 59% dei rispondenti non ha partecipato a bandi/iniziative/call per lo sviluppo di questi progetti (di cui il 33% dichiara di non avere nemmeno intenzione di partecipare in futuro), mentre il 41% è riuscito anche a ottenere un contributo.

Stefano Scolari, amministratore delegato Abs (Udine):«Abbiamo investito tantissimo in tecnologia e in efficienza negli ultimi 10-15 anni, circa 1 miliardo di euro per trasformare la nostra azienda. E abbiamo un piano da ulteriori 750 milioni di euro. Per esempio, 2 anni fa abbiamo inaugurato il Qwr, impianto per la produzione di vergella di qualità a Udine: un investimento da 200 milioni di euro, che ha confermato le attese in termini di efficienza e di riduzione dei consumi. È alimentato con i semiprodotti provenienti dalla nostra acciaieria in Croazia, il cui forno è dotato di un trasformatore digitale, il Q-One di Danieli, che permette di ridurre consumi ed emissioni, usando poi fonti rinnovabili. Anche su questo punto stiamo investendo, per creare una supply chain che riduca ulteriormente i consumi».

Isabella Manfredi, direttore comunicazione e relazioni esterne, sustainability manager Feralpi Group (Brescia): Feralpi Group ha avviato il proprio percorso di reportistica sulla sostenibilità nel 2004 e oggi, inoltre, «è alla terza, e si prepara alla quarta, rendicontazione non finanziaria, rientrando così nel perimetro delle 19 società che la pubblicano a livello nazionale e in modo volontario». Ciò «rappresenta una visione strategica di business, un percorso coerente e integrato per generare progresso e valore finanziario e non, per il gruppo e per la filiera. Non si fa sostenibilità perché si è “buoni”, ma perché si crede che i processi del business industriale possano generare minori impatti». In questo contesto, oggi l’innovazione «parte dalla gestione dei dati, integrati in un modello collaborativo, digitale, tracciato, misurabile e verificabile da terze parti. L’alleato principale di chi si occupa di sostenibilità è oggi la digitalizzazione dei processi». Ma l’innovazione «passa anche dalla governance, che porta modelli organizzativi in impresa, e dal commitment del management. Importante è la presenza di competenze esterne e dirimente sarà la collaborazione con la propria filiera».

Roberto de Miranda, membro comitato esecutivo ORI Martin (Brescia)
Ori Martin sorge a Brescia, in un popoloso quartiere residenziale. «Far parte dell’Osservatorio istituito su iniziativa del Comune come strumento di comunicazione con la cittadinanza ci ha permesso di portare avanti tante iniziative, di spiegare cosa succede in azienda e favorire una convivenza ottima con il territorio, trattando temi concreti come traffico, rumore, emissioni». De Miranda ha poi ricordato i progetti i-Recovery e Heat-Leap, avviati nel 2016 e 2022. «Con i-Recovery, sviluppato con Tenova, Turboden e A2A, recuperiamo i fumi di acciaieria trasformandoli in vapore e quindi acqua calda, che concorre ad alimentare la rete di teleriscaldamento di Brescia. Questo circuito di recupero è stato potenziato con il progetto Heap-Leap, grazie a una pompa di calore sviluppata da Turboden. Tutto questo genera energia termica che verrebbe dispersa, quindi permette ad A2A di comprare meno combustibili fossili. Stiamo poi lavorando alla riduzione delle emissioni Scope 1 e Scope 2, per esempio installando pannelli fotovoltaici e sottoscrivendo contratti Ppa di acquisto di energia rinnovabile».

Barbara Gervasoni, sustainability manager marcegaglia holding (Mantova): «La sostenibilità si declina oggi in tre grandi macro temi: innanzitutto, la necessità di tracciare le catene di fornitura. La recente acquisizione di una acciaieria per la produzione di acciaio inossidabile a Sheffield e la nostra partecipazione al progetto di H2GS per la prima vera acciaieria green d’Europa sono funzionali anche all’obiettivo di rifornirci in maniera responsabile. C’è poi l’esigenza di ridurre la cosiddetta carbon footprint: e anche qui Marcegaglia sta agendo in concreto. Insieme ad altri partner del polo industriale di Ravenna, stiamo lavorando su un progetto, il primo in Italia, per la cattura e lo stoccaggio delle emissioni di Co2. Ultimo, ma fondamentale, il tema “persone”, perché alla base di uno sviluppo che sia davvero sostenibile ci deve essere una forte attività di coinvolgimento e sensibilizzazione, quello che stiamo facendo attraverso la Marcegaglia Academy, il progetto pensato per far crescere le persone Marcegaglia e contribuire alla formazione e alla diffusione di una moderna cultura di impresa sostenibile».

Alessandra Barocci, responsabile sostenibilità Arvedi (Cremona): «Abbiamo iniziato il nostro percorso di rendicontazione nel 2018, con la nostra prima carbon footprint, riscontrando diseconomie ambientali fortissime da cui sono derivate scelte strategiche. Nel 2019 abbiamo redatto il nostro primo piano di decarbonizzazione, che ha portato anche alla chiusura dell’altoforno di Trieste, con la volontà di sostituire la ghisa lì prodotta con rottame post-consumo, riducendo lo Scope 1. Abbiamo quindi installato a Cremona, e l’investimento è ancora in corso, un impianto di selezione e trattamento del rottame ferroso post-consumo. Ciò sta comportando ottimi risultati in termini di riduzione dei consumi e aumento del materiale riciclato. L’energia usata è interamente rinnovabile e in parte autoprodotta. Così abbiamo ridotto le emissioni Scope 1 e 2 a livelli molto bassi; solo in seguito siamo ricorsi alla compensazione, con i crediti di carbonio nel mercato volontario».

Claudio Testi: amministratore unico Socfeder (Modena): «Nel 2021 siamo diventati società benefit, inserendo nel nostro statuto obiettivi che vanno oltre il mero profitto economico. La nostra sfida è questa: far sì che ogni singola azione aziendale tenga conto dell’impatto economico, ambientale, sociale e culturale sul proprio territorio. Nell’ultimo report appena pubblicato, abbiamo misurato e rendicontato 26 azioni di sostenibilità. Tra queste ne cito 4: da ormai 40 anni offriamo case ad affitti calmierati ai nostri dipendenti che ne hanno bisogno; dallo scorso anno eroghiamo un bonus bebè da 1.200 euro a figlio per dipendente; con un progetto insieme all’Università di Modena e Reggio abbiamo provato a misurare il grado di felicità prodotta dalla Socfeder in clienti, fornitori, territorio e dipendenti. Ne è emerso che, in generale, i dipendenti non ritengono che un clima aziendale socialmente positivo, di ingaggio e di formazione sia più importante dell’aspetto economico. Infine, abbiamo annunciato la nostra intenzione di certificarci sulla parità di genere. Oggi 4 dei 7 membri del nostro comitato direttivo sono donne».

Ermete Realacci, presidente Fondazione Symbola: «La filiera dell’acciaio lo sa bene. Siamo un Paese povero di materie prime che, per questo motivo, ha dovuto costruire nel corso dei secoli delle filiere efficienti. Questo fa sì che l’Italia, senza che ci siano state iniziative politiche o standard, è di gran lunga la superpotenza europea nel ciclo del recupero dei materiali. Questo nostro posizionamento ci consente oggi di essere anche più forti e più competitivi», in un contesto europeo in cui la cultura della sostenibilità sta diventando sempre più forte. «A lungo il tema della sostenibilità è stato considerato appannaggio del marketing e della comunicazione aziendale. Oggi, invece, in molte grandi aziende è in carica al management. Si è consolidato il fatto che essa non è “l’angolo della bontà”, ma è una maniera specifica di affrontare i competitor sul mercato».














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