Siderweb: entro il 2030 il 40% dell’acciaio sarà prodotto con forni elettrici

Dovendo inquinare meno, i paesi che usano maggiormente il ciclo integrale passeranno all’elettrosiderurgia

Gianfranco Tosini, dell’Ufficio Studi di siderweb

Nell’ultimo webinar di siderweb intitolato “Energia & materie prime verso nuovi orizzonti” si è discusso di come cambierà il mondo dell’acciaio nel prossimo decennio. Finora, a livello globale, la produzione di acciaio è stata dominata dal ciclo integrale con altoforno. «Oggi il peso del forno elettrico è del 25%; si stima arriverà, nel 2030, al 40% – ha illustrato Gianfranco Tosini dell’Ufficio Studi siderweb -. Dovendo inquinare meno, i paesi che usano maggiormente il ciclo integrale passeranno all’elettrosiderurgia. Lo farà anche la Cina: oggi produce con forno elettrico il 10% del suo acciaio; nelle mie previsioni, arriverà al 20% nel 2030». Secondo Tosini, quindi, si avrà una riduzione della domanda di minerale di ferro. «L’offerta sarà comunque sufficiente a coprire la domanda per la produzione di Dri, non generando quindi tensioni sui prezzi» secondo Tosini. Diminuirà anche la domanda di carbon coke. Tuttavia, in questo caso sono in calo gli investimenti nella produzione e soprattutto in nuove cokerie, ha ricordato Tosini, e continueranno a diminuire per problemi di sostenibilità: è la fase più inquinante del ciclo integrale. «Se l’offerta calasse più rapidamente della domanda, i prezzi potrebbero restare relativamente alti».

Quanto al rottame, invece, «potrebbero esserci tensioni tra domanda e offerta, il mercato cambierà» secondo Tosini. I paesi sviluppati che oggi sono esportatori netti (Europa, Stati Uniti, in parte Giappone e Corea del Sud) vedranno diminuire la propria offerta (-12,6% nel 2030 rispetto al 2021), perché i consumi di acciaio in questi paesi si stanno riducendo, e smetteranno di esportare rottame. «I paesi emergenti – ha continuato Tosini – resteranno importatori netti, anche se per quantità progressivamente inferiori, mentre la Cina sarà autosufficiente se la quota di produzione di acciaio con forno elettrico nel 2030 non andrà oltre il 20% rispetto al 10,6% di quella attuale».







Si stima che nel 2030 l’Ue avrà una carenza di circa 1,7 milioni di tonnellate di rottame; il Nord America di 7,2 milioni; l’Asia e Oceania di 29,2 milioni; a livello mondiale il saldo tra domanda e offerta sarà negativo per 88 milioni di tonnellate. Uno squilibrio che già oggi (-79,8 milioni di tonnellate nel 2021) «è corretto con la produzione di preridotto, molto rilevante per esempio in India, che è il primo produttore mondiale e che in gran parte lo usa al proprio interno». Passando proprio al preridotto, quindi, si prevede che «l’output aumenterà sensibilmente proprio per la scarsità di rottame di qualità». Potrà essere prodotto anche in paesi con scarsa disponibilità di gas, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie che permettono l’uso di idrogeno come riducente e altre fonti rinnovabili. Oggi la produzione ammonta a 114 milioni di tonnellate, grazie ai nuovi impianti che sono stati avviati negli ultimi 10 anni. Si stima che salirà a 154 milioni da qui al 2030, grazie all’accelerazione della messa in attività di nuovi impianti con una capacità produttiva di circa 40 milioni di tonnellate. Con queste prospettive, l’acciaio sta attraversando un’epoca in cui «le conseguenze della crisi energetica e del conflitto in Ucraina porteranno a un’accelerazione nel percorso di decarbonizzazione europeo» ha dichiarato Amedeo Rosatelli, senior partner di Sere, società di consulenza specializzata nel settore energetico. La crisi di approvvigionamento del gas «ha dimostrato la vulnerabilità di un sistema in fase di transizione. Pertanto – ha spiegato -, per il futuro servirà una sensibile accelerazione degli impianti rinnovabili, a fianco della messa in sicurezza degli approvvigionamenti di gas, che è la materia prima chiave per la transizione. Ciò si deve tradurre in un potenziamento di gasdotti e capacità di stoccaggio, a fronte dei 60/70 GW aggiuntivi di energia da fonte rinnovabile necessari per rispettare gli obiettivi Ue».

«Siamo assolutamente a favore della decarbonizzazione dell’industria siderurgica, ma siamo contrari alla demonizzazione delle esportazioni di rottame» ha affermato Cinzia Vezzosi, vicepresidente di Assofermet ed EuRic. Per Vezzosi, se è vero che con la decarbonizzazione dell’industria siderurgica europea aumenteranno le richieste di materiale da parte di Francia e Germania, è vero anche che «ad oggi la nostra sovrabbondanza di rottame è evidente. Abbiamo più di 20 milioni di tonnellate che sul mercato europeo non trovano collocazione. Non avremmo difficoltà a metterle a disposizione delle acciaierie europee qualora ciò venisse richiesto». Ciò che chiede la filiera del recupero è «che ci sia una fase di “phase out”, perché andare verso una maggiore ricollocazione del rottame nell’Ue “dalla sera alla mattina” metterebbe l’intero settore in forte crisi».

«Il 2023 si è aperto con una riduzione marcata del costo del gas, che solo qualche mese fa non sembrava proponibile. Un fenomeno riconducibile alla riduzione dei consumi industriali, ma soprattutto domestici» ha detto Adriano Zambon, direttore industriale di Acciaierie Venete. «Abbiamo forse toccato il livello minimo» e si potrebbe pensare, nel breve-medio periodo, a una «stabilizzazione, forse a un lieve rialzo. Non vedo grandi possibilità di ritorno ai livelli altissimi del 2022». Oggi è doveroso, ha aggiunto, che «tutti gli attori, anche quelli industriali, puntino alla diversificazione delle fonti energetiche: quindi sulle rinnovabili, fotovoltaico ed eolico. Penso sia vitale continuare a ridurre al minimo i consumi, preparare processi e impianti ai nuovi approvvigionamenti a Scope 3 ridotto».














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