Siderweb: il Carbon Border Adjustment Mechanism proposto dall’Ue penalizza le imprese italiane

Il Cbam potrebbe far crescere i costi di approvvigionamento, andando a incidere in maniera significativa sulle marginalità sui prodotti importati da fuori Ue

Il Carbon Border Adjustment Mechanism è una misura proposta dall’Ue nel pacchetto Fit for 55 del Green Deal pensata per disincentivare il carbon leakage, cioè il trasferimento della produzione, e quindi delle emissioni di CO2, in Paesi che applicano norme meno severe per quanto riguarda le emissioni. Pone un prezzo del carbonio sulle importazioni di acciaio provenienti dall’esterno dell’Ue (e di altri beni come cemento, elettricità e alluminio). Gli importatori saranno obbligati a ottenere un’autorizzazione da parte della Cbam Authority: senza di essa, non sarà possibile acquistare al di fuori dell’Ue i prodotti sottoposti alla normativa. Dovrebbe entrare in vigore nel 2023.

Considerato che l’Italia è un importatore netto di acciaio (negli ultimi 5 anni l’import è stato di circa 20 milioni di tonnellate l’anno, l’export di circa 17,5 milioni), secondo siderweb la misura Ue potrebbe avere unimpatto sull’acciaio nazionale superiore alla media europea.







Prendendo come riferimento i volumi di import italiano del biennio 2018/2019, più vicini alla media storica rispetto al 2020, «circa 9 milioni di tonnellate di acciaio saranno soggetti al CBAM, di cui circa 4 milioni di tonnellate di semilavorati e poco più di 5 milioni di tonnellate di prodotti piani» ha spiegato Davide Lorenzini, direttore responsabile di siderweb nella propria presentazione, basata sui numeri elaborati dall’Ufficio Studi siderweb. «Il Cbam potrebbe far crescere i costi di approvvigionamento, andando a incidere in maniera significativa sulle marginalità sui prodotti importati da fuori Ue, sia sulla competitività dell’export in Paesi terzi. Una condizione che rende l’Italia molto più fragile di altri competitor continentali per mancanza di materia prima interna».

Il Cbam è «tecnicamente valido in chiave ambientale, ma decisamente complesso e articolato nell’attuazione. E se non ci sarà la risoluzione di alcuni punti critici, il sistema non potrà funzionare», ha sottolineato Flavio Bregant, direttore generale di Federacciai. In primo luogo «non si capisce perché l’acciaio inossidabile sia escluso». La diversità del ciclo produttivo, poi, è un altro ordine di complessità: «Una cosa è l’acciaio prodotto dal ciclo integrale, con il suo tipo di emissione; altra è l’acciaio da forno elettrico. Bisognerà capire come si gestiranno le differenze nel prodotto finale». Infine, cruciale sarà mettere «in grado i produttori europei di andare sui mercati terzi. Se infatti chi sarà sottoposto al Cbam perderà anche le quote ETS gratuite per l’emissione di CO2, o se non si penserà a un export rebate, è chiaro che i produttori europei non esporteranno più un chilo di acciaio».

Secondo Paolo Sangoipresidente di Assofermet Acciai, che rappresenta i distributori di acciaio, «il Cbam, per come è stato concepito perlomeno in bozza, sembra essere l’erede della Salvaguardia. Facciamo in modo che non sia così. Siamo estremamente preoccupati – ha detto – per quel che sarà il caro prezzi che inevitabilmente avremo sul mercato, con un’esplosione del tasso di inflazione. Soprattutto in una fase di accelerazione dell’economia e della forte domanda di acciaio».

Sullo sfondo c’è stato il rimbalzo, forse inatteso nella sua rapidità, del commercio internazionale dopo il crollo a cavallo tra il primo e il secondo trimestre del 2020. A beneficiarne sono stati «più i beni che i servizi, ma permangono grandi fragilità». Lo ha spiegato Carlo Muzzi, giornalista del Giornale di Brescia ed esperto di temi geopolitici.
Dopo lo scoppio della pandemia è stata subito varata una «politica di stimolo molto decisa da parte delle banche centrali», che ora però «si stanno interrogando su come districarsi da asset e investimenti fatti, senza influenzare in modo troppo negativo i sistemi economici». È uno dei punti critici che potrebbe indebolire la tenuta nel medio periodo del commercio internazionale, insieme al fatto che nel mondo solo una persona su quattro è stata vaccinata, e per la grandissima parte nei Paesi avanzati, e all’aumento dei costi del trasporto, in particolare marittimo. Un tema cruciale, visto che «oggi il 90% delle merci viaggia via mare e vale il 12% del Pil mondiale. Nel 2021 il trasporto merci crescerà di oltre 4%, e quello marittimo del 4,8/5% da qui al 2025».














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