Relatech, la digital innovation (scalabile) per grandi e piccini

di Laura Magna ♦︎ L’azienda di Sesto San Giovanni, quotata all’Aim fattura 18 milioni. Grazie a soluzioni cloud based che impiegano Ai, blockchain, IoT e Big Data. Le partnership con Oracle, Ibm e Microsoft. Parla il Ceo e founder Pasquale Lombardi

M&A e ricerca per crescere nel prossimo futuro di Relatech, azienda di Sesto San Giovanni, 18 milioni di fatturato nel 2019, in aumento del 36% anno su anno, che vuole traghettare le imprese italiane e internazionali in un ambiente autenticamente smart. Più tecnicamente, la pmi innovativa si propone al mercato come Digital Solution Company in ambito Digital Customer Experience, Big Data, Cloud, Artificial Intelligence, BlockChain e IoT tramite la propria Piattaforma Digitale Cloud based RePlatform. «Abbiamo costruito una piattaforma per poter portare alle aziende i servizi in maniera modulabile e scalabile. E per completare la gamma di offerta guardiamo a target con business core complementare al nostro, sul territorio italiano», così a Industria Italiana il ceo e fondatore Pasquale Lambardi.

Che tiene a precisare il focus della sua attività: fare innovazione digitale (non solo trasformazione) cucita addosso alle aziende. «L’innovazione digitale è uno strumento capace di cambiare il business model di chi la usa, le aziende non devono limitarsi a migliorare l’efficienza o a rendere più rapido o meno costoso i propri processi. Noi vogliamo essere un soggetto di riferimento nella digital innovation, in cui la tecnologia è uno strumento per ripensarsi ex novo. E in questo processo è importantissimo enfatizzare i talenti».







Relatech lo fa per prima, con quattro sedi a Genova, Milano, Napoli e Cosenza, «tutte sedi importanti che vogliamo diventino hub di una rete territoriale sempre più ampia, capace di creare partnership con università e pmi locali». Una strategia che Lambardi, ingegnere informatico laureato all’Università della Calabria, ha in mente fin dalle origini, quando nel 2001 in società con un collega di studi, e in piena bolla dot.com, mise in piedi la sua software house. Una storia che culmina a giugno 2019 con la quotazione su Aim, «ma è solo un nuovo inzio», precisa Lambardi.

 

Su Aim per accelerare il ritmo

Il ceo e fondatore di Relatech Pasquale Lambardi in occasione della quotazione

«La quotazione rappresenta l’inizio di una nuova fase di crescita volta ad accelerare il ritmo. Vogliamo crescere per linee interne, assumendo manager e fidelizzando persone attuali con stock option e capitali a supporto, ma anche aumentare il passo sulla crescita per linee esterne, acquisendo aziende target che mirano all’innovazione tecnologica e consentano di ampliare la base clienti. Per disporre di risorse aggiuntive per realizzare il piano, abbiamo studiato un potenziale scambio di azioni, per finalizzare il quale abbiamo annunciato di recente il riacquisto di azioni proprie». Il 14 febbraio Relatech ha annunciato l’Opa sul 3,22% delle proprie azioni quotate su Aim, per un totale di circa 300mila titoli al prezzo di 3,8 euro ognuno.

«Relatech intende dotarsi di un portafoglio azioni proprie di cui poter disporre per l’implementazione di piani di incentivazione azionaria nonché per procedere eventualmente a scambi azionari nell’ambito di operazioni connesse alla gestione caratteristica ovvero di progetti coerenti con le linee strategiche che la Società intende perseguire», si legge sulla nota emessa dalla società.

L’M&A sarà sicuramente centrale nei prossimi anni, dopo che, per almeno un quadriennio, l’azienda ha realizzato una acquisizione all’anno, «privilegiando aziende che portassero know how e competenze, a parte l’ultima che è servita anche a far aumentare la base clienti. Abbiamo accelerato questo percorso e abbiamo già individuato delle target: sono aziende italiane, con cui vogliamo rafforzare il posizionamento in Italia anche se il nostro mercato di sbocco è internazionale e il 50% del fatturato è all’estero. In una fase successiva guardiamo anche all’estero».

 

Il business model: soluzioni modulari, scalabili e trasversali

Come funziona una Digital Solution Company per l’innovazione digitale? Risponde Lambardi: «Da due o tre anni il nostro business model è basato sulla piattaforma digitale Cloud based Replatform, costruita su moduli che permettono di realizzare soluzioni su misura per supportare la trasformazione digitale dei clienti e innovarne il loro business model. «Siamo trasversali a tutti i settori: pharma (che è il nostro principale mercato), retail, banche, trasporti, food, turismo. Le soluzioni sono altamente customizzate ma tutte si basano su quattro famiglie tecnologiche che abbiamo individuato e che sono quelle in cui investiamo in R&S oltre che oggetto del core business delle target».

La trasformazione del cloud. Fonte Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

Quattro famiglie di tecnologie a cui corrispondono altrettante divisioni aziendali e altrettante famiglie di soluzioni: alle tecnologie mobile e alla realtà aumentata è affidata l’innovazione della digital customer experience (ReYou); l’area ReData si basa sull’intelligenza artificiale e si occupa di gestire i dati, che «sono il maggior patrimonio in mano a qualsiasi società»; ancora, la cybersecurity è una soluzione che viene garantita anche attraverso blockchain (ReSec) e, infine, sull’Iot e Cloud si focalizza l’area Rethink, ovvero quella che conduce al ridisegno di tutta l’infrastruttura aziendale  con soluzioni customizzate da realizzare insieme al cliente finale.

Con un processo che vede necessariamente il coinvolgimento dello stesso. «Andiamo nelle aziende per cercare di capire quali soluzioni consentano di innovare il loro business model: da qui partiamo e poi le tecnologie digitali sono solo uno strumento. Tutti i settori stanno cambiando e devono fare i conti con un ambiente sempre più competitivo. Per esempio, Amazon non compete solo con il retail, ma anche con il pharma, con i media: tutte le aziende, anche le più piccole, devono riuscire a innovare i propri processi».

 

Il valore della R&S (e delle relazioni)

Per poter servire anche le più piccole pmi e farlo in modo innovativo, Relatech punta moltissimo sulla R&S, sia in house con team dedicati, sia in partnership con università e spin off universitari che fanno parte del gruppo. In R&S l’azienda investe il 20% annuo «che nel tempo tenderemo ad aumentare perché fa parte della strategia di costruire soluzioni verticali scalabili», precisa Lambardi.

La scalabilità ha reso possibile creare relazioni che durano anche da un decennio con i principali clienti, che «partono da piccoli pezzi e ne aggiungono di anno in anno».

RePlatform, che è la piattaforma cloud based su cui vengono posizionati i vari mattoni, ha al suo interno sia soluzioni brandizzate, come ReZone, che analizza il comportamento di acquisto del cliente finale per migliorarne la costumer experience, tramite proximity marketing o analisi dei dati che vengono raccolti durante la navigazione in rete. O, come detto, in white label: «tagliamo ogni soluzioni su misura, soprattutto per quanto riguarda i dati, la cuciamo addosso al brand e al business model del cliente». Infine, Relatech lavora anche con vendor come Ibm, Oracle e Microsoft.

Enrico Cereda, ad Ibm Italia

 

Dalla Software House nata in piena bolla dot.com all’Ipo 

Nel 2019, anche grazie all’Ipo, Relatech è diventata “grande”, ma le origini raccontano di due ingegneri informatici che nel 2001 approdano a Milano per «costruire un’azienda che veicolasse soluzioni nel nostro settore, attraverso una continua attività di innovazione e di ricerca e sviluppo», racconta Lambardi. «La nostra storia si articola in tre fasi: quella di startup, in cui l’azienda è rimasta sempre piccolina ma innovativa e questo ha fatto sì che non risentisse della crisi delle dot.com e che potessimo crescere sul territorio lombardo. Fino al 2007 il fatturato si è aggirato sui 2 milioni. Nella seconda fase, abbiamo iniziato a creare un ecosistema di partnership con il mondo universitario (Ithea, uno spin off universitario è stata la nostra prima acquisizione) e con vendor internazionali. Con Ibm ci siamo posizionati tra primi partner italiani su tecnologie Watson e ci siamo espansi anche su clienti internazionali, oltre che crescere soprattutto in termini soprattutto di know how, fino al 2015».

La blockchain in Italia. Fonte: Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger

Dal 2016 inizia l’espansione anche dimensionale, che si realizza con una riorganizzazione interna, con l’assunzione di nuove figure manageriali, ma anche attraverso M&A. «Abbiamo iniziato a ingegnerizzare le soluzioni sul mercato con la piattaforma, che è oggi ancora il nostro business model. E abbiamo acquisito un secondo spin off, Okt, nell’area della sicurezza e blockchain, oltre, a fine 2018, un’azienda che ci ha permesso di arricchire le partnership introducendo Oracle e Microsoft e le competenze consulenziali». L’approdo in Borsa rappresenta l’ultimo tassello di questa fase: «per fare un vero salto di qualità avevamo bisogno di nuovi strumenti di capitale ma anche di un posizionamento professionale e trasparente verso gli investitori internazionali. E tutto questo su Aim è presente».














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