Le pmi non possono più attendere: la digitalizzazione è una scelta obbligata e va affrontata in maniera strategica

Nella prima giornata della fiera A&T è stata presentata una ricerca del Politecnico di Milano sulle piccole medie imprese manifatturiere. La trasformazione digitale non può più essere rimandata

Luciano Malgaroli, ceo A&T

Le pmi italiane non possono più attendere: per muoversi agilmente nel nuovo contesto generato dalla pandemia devono assolutamente puntare sulla digitalizzazione. Sono questi i risultati emersi dalla ricerca Pmi, industria e digitale, la sfida è adesso! condotta dall’Osservatorio
Innovazione Digitale nelle pmi del Politecnico di Milano. 

La pandemia ha costretto le piccole imprese industriali ad accelerare alcuni aspetti della trasformazione digitale, soprattutto per contrastare il crollo del fatturato, sopperire alle difficoltà nella gestione dell’operatività aziendale e garantire la flessibilità del lavoro. Ma questo non basta ed è necessario passare dalla reazione all’azione, da un approccio emergenziale a un approccio strategico di lungo periodo.







Le tecnologie sono state acquisite, eppure manca ancora  un’implementazione strategica, una vera e propria riorganizzazione aziendale, improntata a una cultura digitale. Occorre estendere la digitalizzazione ai diversi processi di business rendendoli integrati e prospettici. Secondo la ricerca – condotta su un campione di 504 osservazioni rappresentative della popolazione di 69.000 pmi manifatturiere nel mese di dicembre 2020 – solo il 14% ha un approccio strategico al digitale, che pervade tutto il modello di business, coinvolgendo anche i processi core (sviluppo prodotto, rapporti di filiera, marketing e vendite). Generalmente si tratta di realtà più grandi e redditizie, di natura meno familiare, collocate al Nord e con una propensione maggiore all’export.

Il 57% ha mostrato un approccio “tattico” con una focalizzazione al digitale su obiettivi specifici e contingenti di efficienza dei processi, con una forte diversità dei percorsi di digital transformation all’interno. Qui la cultura rimane un gap importante. Il restante 29% si avvicina al digitale come reazione a uno stimolo esterno – la crisi Covid o la richiesta di un cliente – con investimenti scarsi limitati a singole attività e processi, su un orizzonte di breve periodo.

L’importanza del digitale per la sopravvivenza del business emerge a ogni livello, a partire dal crescente interesse dimostrato da manager e titolari per la formazione strategica in questo ambito, con un +20% rispetto al 2019: il 67% investe tempo sull’aggiornamento professionale, pur in modo sporadico e non continuativo. Ancora elevata tuttavia la percentuale (40%) di imprese che non hanno alcun responsabile dedicato a tematiche Ict&digital. Il tema, dunque, è la mancanza di competenze, di cui le pmi dell’industria pagano maggiormente le conseguenze negative e che impone un cambio culturale basato sull’interconnessione di tutti gli attori coinvolti insieme all’impresa. Perché la digitalizzazione avvenga con successo, infatti, è fondamentale che allo sviluppo di competenze concorra lo sforzo di tutto l’ecosistema: dalle istituzioni nazionali agli enti territoriali e associativi, fino a Università e centri di formazione. Dalla ricerca emerge in modo evidente come le imprese necessitino oltre che fare rete anche di nuove figure professionali. Occorre andare oltre l’innovation manager e puntare sul pianificatore strategico dell’innovazione. Scendendo più nel dettaglio, lo studio fotografa ancora una scarsa dimestichezza delle pmi manifatturiere con le tecnologie di Industrial IoT in fabbrica: il 65% ammette di non conoscerle, solo il 9% le applica, anche se l’interesse è in aumento. Stessa situazione per l’uso del digitale nei rapporti lungo la supply chain, in ampliamento, ma comunque ancora marginale (software 35%, sensoristica 7%). Più positivi i dati relativi all’applicazione nel supporto alle vendite, con un incremento importante nel 2020 dell’utilizzo dell’e-commerce (sia tramite piattaforme proprietarie, sia su canali terzi). Meglio anche le performance del digitale a supporto di amministrazione, finanza e controllo, anche se rimane scarsa l’integrazione tra i processi. La diffusione del lavoro da remoto da una parte fa aumentare il rischio percepito e l’esigenza di protezione dei dati portando all’adozione di sistemi avanzati per la sicurezza informatica (38%), dall’altra stimola la crescita dei software in Cloud per gestire le comunicazioni e la collaborazione tra i dipendenti da remoto (39%). Anche le priorità di investimento digitale per i prossimi 12 mesi mostrano una stretta connessione con necessità contingenti, e si orientano verso soluzioni che consentano di portare avanti il lavoro in sicurezza in situazioni emergenziali.

«Dalla nostra analisi emerge chiaramente come le piccole e medie industrie italiane di fronte a un ritardo già rilevante in termini di digitalizzazione, di processo e di visione, prima della pandemia, non siano riuscite a cogliere durante l’emergenza sanitaria e nell’attuale crisi economica e industriale di portata mondiale, l’opportunità di ridisegnare i propri modelli di business e la propria cultura aziendale secondo una logica “liquida”», ha dichiarato Giorgia Sali, direttrice dell’Osservatorio Digitale nelle pmi del Politecnico di Milano. «Non basta essere reattivi o tattici, oggi è il momento di essere strategici e per farlo occorre pianificare, agire in rete e cogliere tutte le grandi opportunità offerte dall’innovazione, che non è solo implementazione tecnologica, ma è anche cultura e analisi».

«La ricerca presentata questa mattina dall’Osservatorio Digitale per le PMI del Politecnico di Milano mostra in modo chiaro le difficoltà dei piccoli imprenditori italiani a pianificare in modo prospettico lo sviluppo del loro business, ridimensionando di fatto le potenzialità offerte dall’innovazione e della trasformazione digitale», spiega Luciano Malgaroli, fondatore e ceo della Fiera A&T. «Implementare una linea produttiva, sistematizzare un processo informatizzare un sistema, non significa aver reso la propria impresa 4.0: la vera innovazione, quella che incide pesantemente in termini di competitività sui mercati globali, è data da un modello di azienda caratterizzata da un’identità ibrida, capace cioè di includere il know-how legato all’innovazione degli impianti e dei processi a quello dell’industrial analytics focalizzato alla migliore performance produttiva, ovvero alta qualità, valorizzazione dei dati, razionalizzazione degli sprechi, certificazione in termini di sicurezza e di sostenibilità. Questi sono i messaggi che nei tre giorni di Fiera cercheremo di trasmettere al nostro pubblico, attraverso un programma ricco di contenuti, di esperienze tecnologiche e di opportunità formative. Un evento che abbiamo ridisegnato in versione digitale puntando sulla socialità e sull’interattività. Una sfida che aprirà nuovi spazi nelle manifestazioni fieristiche: la modalità ibrida è ormai prossima!».














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