È la meccanica che traccia il solco della ripartenza economica italiana

di Laura Magna ♦︎ Ripresa meccanica/1 Nel 2021 fatturato a 52 miliardi: + 2 miliardi rispetto al 2019. È il settore più importante e traina tutti gli altri, specialmente se meccatronica. Attesi anche 4,6 miliardi di macchine acquistate. Tra i testimonial della straordinaria crescita: Cnh, Bonfiglioli, Camozzi, Brembo. Parlano Marco Nocivelli (Anima) e Giovanni Migliarotta (Polimi)

L’Italia s’è desta? Sì, ed è grazie alla meccanica. Il settore segnerà a tutto il 2021 un fatturato stimato in 52 miliardi di euro: un valore superiore di 2 miliardi rispetto al 2019 e il record di tutti i tempi, secondo Anima, l’associazione di categoria afferente a Confindustria che raggruppa mille aziende e 200mila addetti. Non tutta la manifattura è in ripresa – comparti come la moda e l’automotive soffrono pesantemente, come conferma anche l’ultimo rapporto del Centro Studi di Confindustria. Ma la meccanica, soprattutto laddove ha una forte componente di elettronica, mostra un recupero che «nessuno poteva immaginare così rapido – secondo quanto Marco Nocivelli, il presidente di Anima, dice a Industria Italiana – Il 2020 ha rappresentato certamente una forte battuta d’arresto per il comparto, ma i risultati del 2021 mostrano che esso è resiliente e capace di rialzarsi a testa alta». Le prospettive continuano a essere rosee anche alla luce del fatto che gli investimenti non si sono interrotti.

«Quelli in industria 4.0 sono in territorio di crescita positiva anche nel 2021, attesi in aumento tra il 12 e il 15% rispetto al 2020. Investire è la condizione necessaria per crescere e svilupparsi, anche questo è un segnale di rafforzamento», aggiunge Giovanni Migliarotta, professore di Impianti Industriali del Politecnico di Milano e direttore dell’Osservatorio sullo smart manufacturing della School of Management della stessa Università. C’è anche una terza ragione per cui la meccatronica italiana resiste: e che è spesso inserita in filiere locali e autonome che sono state capaci di far fronte prima alla rottura delle supply chain e ora alla carenza di materie prime e componenti che sta caratterizzando quest’onda lunga della pandemia. Insomma, se l’economia italiana è oggi è quella dei G7 che ha il tasso di sviluppo più marcato (tanto che il Fmi ha rivisto al rialzo le stime dell’anno: +6%, lo 0,9% in più rispetto a luglio) lo deve alla meccatronica. Che può essere il vero volano della crescita per il nostro Paese.







 

Tutti i comparti della meccanica in volata

Il dettaglio dei numeri ci dice che i macro comparti rappresentati da Anima mostrano tutti un segno positivo: in particolare, le previsioni per il settore delle “Macchine ed impianti per la produzione di  energia e per l’industria chimica e petroliferamontaggio impianti industriali” fanno intravedere un aumento del +10,2% a 16,56 miliardi di euro di fatturato nel 2021, mentre “Logistica e movimentazione delle merci”  dovrebbe registrare un incremento del 16,7% a 6,74 miliardi di euro. Per le “Tecnologie ed attrezzature per prodotti alimentari” sono previsti 5,18 miliardi di euro (ovvero un incremento del 17,2%). Il settore “Impianti, macchine e prodotti  per l’edilizia” cresce ancora del +19,9% a quota 16,7 miliardi di euro. Aumenta a doppia cifra anche il settore delle “Tecnologie e prodotti per l’industria”: +17,4% a 3,38  miliardi di euro; l’aumento è invece più contenuto per le “Macchine ed impianti per la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente” (+9,1% con un fatturato di  fine anno stimato a 3,42 miliardi di euro).

Previsioni anima 2021

 

Un aumento poderoso nel contesto di un’industria ancora incerta

Risultati che valgono ancora di più alla luce dell’analisi complessiva dell’industria manufatturiera. Secondo l’ultimo Rapporto del Centro Studi Scenari industriali di Confindustria la corsa della meccanica si inserisce nell’ambito di un difficile contesto generale. In generale e a livello globale, dopo il crollo della primavera del 2020, l’attività industriale ha risalito velocemente la china nella restante parte dello scorso anno, ma poi il percorso si è interrotto nel 2021, per effetto dei lockdown e successivamente la crisi della logistica marittima e di quella energetica cinese, che hanno provocato un’impennata nei costi di trasporto da un lato e la sospensione delle attività in Cina, con conseguenti problemi per gli approvvigionamenti. Ma alcuni settori, tanto a livello globale quanto a livello nazionale hanno ignorato questo trend: in particolare Confindustria cita la produzione di apparecchiature elettriche (che in Italia segna, nella media giugno-agosto 2021, un incremento dell’8,9% rispetto ai livelli medi del 2019) e la produzione di dispositivi elettronici (+5,0%). Insomma, tutta la meccatronica. Mentre la produzione di beni di consumo durevole, moda e mezzi di trasporto (automotive a -6,4% e altri mezzi di trasporto a -11,5%) sono quelli più in difficoltà.

Andamenti settoriali della produzione italiana rispetto al periodo pre pandemico (Indice ott.-dic. 2019=100,
dati destagionalizzati)

 

Rispetto alle dinamiche globali l’Italia mostra una crescita molto robusta dei volumi di produzione anche di tutti i comparti manifatturieri legati al boom degli investimenti in costruzioni: oltre a quello delle apparecchiature elettriche già menzionato, spiccano le lavorazioni in legno (+9,5%), la metallurgia (+8,2%), le lavorazioni di minerali non metalliferi (+7,8%) e dei prodotti in metallo (+7,0%).

 

Meccanica italiana al traino dell’Europa

Non solo. Se è vero che la manifattura italiana ha avuto un crollo più profondo a marzo-aprile 2020 (-40%), ha recuperato i livelli pre pandemia ed è diventata uno dei principali motori della crescita industriale nell’Eurozona. In Germania e Francia, infatti, il pieno riassorbimento dello shock appare ancora lontano: ancora sotto del 10% dai livelli pre-crisi la produzione tedesca, del 5% quella francese.

Indici di produzione manifatturiera (Dati mensili destagionalizzati, febbraio 2020=100)

 

La crescita della meccanica italiana è spiegata anche dal basso grado di esposizione delle imprese manifatturiere italiane alle strozzature che stanno affliggendo le catene globali del valore. Secondo Confindustria solo il 15,4% di esse ha lamentato vincoli di offerta alla produzione per mancanza di materiali o insufficienza di impianti, contro una media Ue del 44,3% e a fronte addirittura del 78,1% dei rispondenti in Germania.

Imprese manifatturiere che lamentano strozzature produttive (% dei rispondenti, dati trimestrali
destagionalizzati)

 

… e non hanno smesso di investire

C’è, inoltre, un tema forte di investimenti: in un Paese dove sono sempre stati al di sotto della media del mondo industrializzato, le imprese meccaniche, nel 2020 e nel 2021 hanno continuato a implementare industria 4.0, acquistando macchine e generando un giro di affari di oltre 4 miliardi nel 2020 atteso a 4,6 miliardi per quest’anno (i dati sono dell’Osservatorio Smart Manufacturing del Polimi). Nel terzo trimestre 2021, secondo le rilevazioni di Ucimu, gli ordini di macchine utensili sono cresciuti del 52% anno su anno (+163% quelli nazionali e +29% quelli esteri, questi ultimi un record assoluto). Sono risultati, secondo Barbara Colombo, presidente di Ucimu che dimostra come i produttori siano stati «capaci di adattarsi alle nuova domanda di sostenibilità e digitale: nella trasformazione viene tirata dentro tutta la filiera, comprese le imprese più piccole».

 

Cnh, Bonfiglioli, Camozzi, Brembo e le piccole alla riscossa

Linea di produzione Cnh
Cnh Industrial ha chiuso i primi nove mesi del 2021 con ricavi consolidati a 24,36 miliardi di dollari, in aumento del 39% rispetto ai 17,53 miliardi dei primi tre trimestri dello scorso anno

Le storie dei campioni nazionali della meccatronica, ma anche delle pmi, confermano quanto è raccontato nei numeri. Sono tutte aziende che hanno nel loro core business una forte componente di digitalizzazione: e che costruiscono macchine intelligenti, in cui i software sono un elemento fondante.

Un esempio è Cnh Industrial (la controllata del gruppo Exor, holding della famiglia Agnelli) che produce principalmente macchine per l’agricoltura e le costruzioni (e lavora al trattore green e intelligente) e che ha chiuso i primi nove mesi del 2021 con ricavi consolidati pari a 24,36 miliardi di dollari, in aumento del 39% rispetto ai 17,53 miliardi di dollari ottenuti nei primi tre trimestri dello scorso anno; a parità di tassi di cambio il giro d’affari sarebbe salito del 34%. Le stime per fine anno sono di un aumento tra il 24 e il 28%.

Il gruppo sta accelerando anche sulla scissione della controllata Iveco che opera nei veicoli commerciali e speciali e che ha appena annunciato di voler arrivare a ricavi netti totali delle attività Industriali tra 16,5 e 17,5 miliardi di euro nel 2026 (dagli 11,8 miliardi di euro nel 2019).

Assmebly line Bonfiglioli nello stabilimento di Forlì

Per Bonfiglioli, azienda emiliana che costruisce motoriduttori e inverter per la mobilità, le macchine industriali e l’energia rinnovabile e che nel 2019 aveva registrato il fatturato record di 972,5 milioni di euro, il 2020 è stato un anno altrettanto positivo (a quota 921 milioni, cioè una flessione modestissima considerando il Covid).

Il gruppo bresciano Camozzi, anch’esso in tenuta con 414 milioni di fatturato nel 2020. Nel corso del 2020 il produttore di componenti e sistemi per l’automazione industriale ad alto contenuto tecnologico con impiego in campo manufatturiero, life science, robotica e meccatronica ha fondato un’Academy aziendale e perfezionato l’acquisizione dei complessi aziendali della Innse Cilindri Srl, società del Gruppo Ilva in amministrazione straordinaria dal 2015: nella fabbrica acquisita saranno investiti 10 milioni di euro e verranno sviluppate attività manifatturiere meccaniche ad alta tecnologia e orientate al Green Deal europeo.

Camozzi nel 2020 ha fondato un’Academy aziendale e perfezionato l’acquisizione dei complessi aziendali della Innse Cilindri Srl, società del Gruppo Ilva

Persino un fornitore dell’automotive (un settore che sta risentendo pesantemente della carenza di chip), come Brembo, leader mondiale nei sistemi frenanti, con clienti del segmento lusso come Lamborghini e Ferrari, ha comunicato ricavi nei primi nove mesi in forte crescita: a 2,04 miliardi di euro, +30,9% rispetto agli 1,56 miliardi realizzati nei primi tre trimestri dell’anno precedente (e in aumento del 3,6% sul 2019). Anche l’utile ha segnato un raddoppio a quasi 170 milioni di euro e per la fine dell’anno, il gruppo bergamasco si attende ricavi in crescita tra il 20% e il 25% rispetto all’anno precedente e un margine ebitda compreso tra il 18% e il 19%.

E poi ci sono le pmi della meccanica, una florida schiera di imprese resilienti. È il caso di Brambati, che costruisce macchine per l’industria del caffè e degli sfarinati: più di recente ha ampliato le attività a pharma e plastica. Tutti gli impianti sono prodotti nello stabilimento di Codevilla, nella provincia pavese: nel 2020 il gruppo ha installato, collaudandoli spesso da remoto, 38 impianti e fatturato 32 milioni di euro, un valore più o meno stazionario rispetto al 2019. E le prospettive per il 2021 rosee, grazie agli investimenti in R&S e la scelta di digitalizzare anche i processi di lavoro. A Pavia ha sede anche la Fedegari, che progetta e costruisce secondo un approccio chiavi in mano macchine per l’industria farmaceutica (con clienti come Glaxo Smith Kline, Sanofi e Pfizer). La forza di questa impresa sta nel modello di business che prevede che ogni singolo componente sia concepito e realizzato “artigianalmente” all’interno degli stabilimenti e là assemblato. Una scelta che ha pagato quando si sono rotte le supply chain e che ha consentito al fatturato di restare a quota 74 milioni (dai 79 del 2019). Ha ripreso rapidamente la marcia, grazie alla filiera locale, anche Sordi, che produce mega impianti di trasformazione alimentare e ha sede nella provincia di Lodi, o meglio a Montanaso Lombardo, 30 km a sud di Milano e 20 km da Codogno, tristemente nota per essere stata sede del primo focolaio di Covid italiano.

In generale la Lombardia – che è poi sede privilegiata della meccatronica italiana – ha visto la produzione della meccanica crescere del 13,5% anno su anno a settembre 2021 e del 9,1 rispetto al 2019 – contro il 12% e il 6,2% dell’industria complessivamente (Dati Confindustria Lombardia Unioncamere).

 

Nocivelli (Anima): ora bisogna puntare su tecnologia e capitale umano

Disco in carbonio ceramico Brembo per Bmw. Il gruppo ha comunicato ricavi nei primi nove mesi in forte crescita: a 2,04 miliardi di euro, +30,9% rispetto agli 1,56 miliardi realizzati nei primi tre trimestri dell’anno precedente

«I risultati ottenuti in questi mesi stanno superando di gran lunga le previsioni – dice Nocivelli – A livello di mercato interno, si riscontra un dato incoraggiante nell’abbassamento del ritardo negli incassi da parte dei clienti, fattore che indica un buon registro del flusso di cassa e un miglioramento generale dell’economia italiana, punto di attenzione restano gli aumenti delle materie prime e le difficoltà di approvvigionamento dovute alla rottura della catena logistica che avevamo segnalato fin dalla primavera ai governi, ma su cui poco si è fatto». Ma in generale, «la meccanica italiana si è fatta conoscere nel mondo per la sua qualità e per la cura del dettaglio. Questo ci ha permesso di diventare il secondo settore in Europa per volume di produzione e fatturato, e uno dei primi al mondo. Ma sono necessarie misure più solide per migliorare la manifattura italiana – dice Nocivelli – se il Pnrr avrà successo, oltre a contribuire a sostenere la crescita dell’Italia e a darle continuità nel tempo, potrà imprimere una svolta importante anche alla produttività aggregata della nostra economia. La strada maestra è quella degli investimenti in capitale tecnologico e umano».

Ma molto c’è da fare e la stessa Anima ha stilato un Manifesto della Meccanica per il 2022, in cui ha formulato diverse proposte per il rafforzamento dell’industria manifatturiera italiana, in chiave innovativa e sostenibile. «Le proposte riguardano la stabilizzazione del piano Transizione 4.0 e un migliore processo di accompagnamento delle imprese nello sviluppo digitale; ma anche la valorizzazione del Made in Italy nel settore delle opere pubbliche tramite l’implementazione del sistema stradale e idrico, fino al sostegno dello sviluppo di una filiera tecnologica nazionale dell’idrogeno. Ricordiamoci che la rivoluzione verde e la transizione ecologica sono alla base del modello di sviluppo italiano ed europeo delineato dal Green Deal: da questi paradigmi è necessario sviluppare un nuovo modello di industria».

 

Migliarotta (Polimi): Ora bisogna sfruttare bene i fondi del Pnrr

Le macchine di Brambati sono interamente connesse. L’azienda, che costruisce macchine per l’industria del caffè e degli sfarinati: più di recente ha ampliato le attività a pharma e plastica

«Nei dati ci sono alcune buone notizie, almeno tre. La prima è che gli investimenti in industria 4.0 non si sono contratti nel 2020, nonostante il fermo della prima metà dell’anno e la battuta di arresto lato produzione, e sono in territorio di crescita positiva anche nel 2021, attesi in aumento tra il 12 e il 15% rispetto al 2020. Investire è la condizione necessaria per crescere e svilupparsi, anche questo è un segnale di rafforzamento», dice il professore di Polimi Giovanni Migliarotta. Secondo cui si può essere (moderatamente) ottimisti anche per un secondo motivo: «la pandemia ha tolto molte remore sul valore delle tecnologie digitali, sul dubbio che le imprese avevano in termini di applicabilità di discontinuità legate al digitale. Insomma, questa tragedia ha aiutato le imprese a smetterla di nascondersi dietro un dito, dimostrando loro con i fatti che certe cose con il digitale si possono fare. Molto del livello di produttività guadagnato grazie alla tecnologia permarrà, perché meeting commerciali e di progettazione non torneranno tutti in presenza con gli aggravi che questo comporta».

La terza buona notizia è che ci sono le risorse del Pnrr sulle quali però gravano due incertezze: «la prima è ovviamente rappresentata dal fatto che le risorse non le ha solo l’Italia, anche gli altri Paesi e bisognerà dimostrare che le sappiamo utilizzare perché ci garantiscano un’accelerazione. Ma l’Italia ha track record di spesa pubblica inefficiente e fondi europei che tornano indietro. E in secondo luogo in questa fase iniziale i mercati ci hanno dato credito e da diverse settimane non ci sono tensioni sullo spread: ma potrebbero arrivare». Insomma la partita è ancora da giocare e richiede in parte lungimiranza politica e in parte capacità di saper spendere le risorse in ottica competitiva. E da parte delle imprese la capacità di non crogiolarsi sugli allori di un recupero che, se non alimentato, potrebbe essere effimero.














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