Più risparmi, meno disagi, maggiore efficienza: tutti pazzi per la manutezione predittiva

di Marco Scotti ♦︎ Un convegno Sps accende i riflettori sulla predictive maintenance. Non si tratta solo di un sistema più valido, ma di un modo sicuro per tagliare i costi occulti che, in alcune industry, arrivano fino a 20 milioni all'ora in caso di fermo macchine. I casi Sew Eurodrive, Camozzi, StMicroelectronics, Eplan, Wonderware...

Una delle applicazioni più importanti dei novi paradigmi tecnologici che mettono il dato al centro di tutto è rappresentato dalla manutenzione predittiva. E questo non soltanto per poter arrivare verso una fabbrica “zero failure” che farebbe gola a chiunque. Ma soprattutto per risparmiare denaro. Molto denaro. Quanto? Per Cristian Locatelli direttore generale di Camozzi Digital, il costo di un fermo macchina può essere esorbitante: «Parliamo – ci spiega – di cifra che arrivano fino a due milioni di dollari all’ora per l’automotive o 15-20 milioni per una raffineria. In quasi la metà dei casi questo succede per malfunzionamenti della componentstica, quattro volte su dieci è addebitale a un problema software e solo nel 14% per errore umano. Questo significa che l’intervento di manutenzione predittiva consente di liberare moltissime risorse».

Per questo motivo, Sps ha deciso di dedicare un webinar al tema, per fare luce sull’importanza della predictive mantenaince ma anche per comprendere come il processo di digitalizzazione possa aiutare a incrementare il ciclo di vita dei macchinari all’interno delle smart factory. D’altronde, è necessario uscire dall’equivoco per cui un asset vecchio è automaticamente più fallace o più soggetto a guasti: nel 90% dei casi, infatti, le due variabili sono totalmente slegate. Gli investimenti che le aziende mettono in campo per tutelarsi, poi, permettono di coprire solo il 20% dei possibili casi di stop, mentre il restante 80% può essere compreso e atteso solo attraverso un’attenta analisi dei dati.







 

Manutenzione predittiva: un problema di costi

Cristian Locatelli direttore generale di Camozzi Digital

Il problema principale che si cerca di risolvere con la manutenzione predittiva è quello dei fermi macchina, che hanno un duplice svantaggio: paralizzano l’attività e costringono a interventi più significativi sui device. Programmare i momenti in cui intervenire sull’impianto, invece, permette di ottimizzare i tempi e ridurre i costi. «La manutenzione predittiva è un tema di grande attualità in Camozzi – ci spiega Locatelli – e, anche se non ci sono numeri chiari sulla manutenzione predittiva, noi abbiamo un’idea piuttosto precisa dei costi. Possiamo arrivare fino a 2 milioni di euro per il fermo macchina nell’industria automotive, una cifra che sale a 15 o 20 milioni in una raffineria. Abbiamo inoltre la possibilità di vedere come solo il 14% dei problemi insorga a causa di errori umani, mentre il 46% è da addebitare a problemi “hardware”, relativi a malfunzionamenti della componentistica, di intere parti di macchinari o di impianti. In quattro casi su dieci, infine, vi sono dei problemi a livello software. Intervenire su questi aspetti significa liberare risorse». Per quanto concerne gli analytics e la loro mobilitazione di attività, la parte preponderante dal punto di vista tecnologico è giocato dall’IoT, segue l’elaborazione del dato e, infine, la creazione di un modello virtuale che, confrontato con il macchinario, permette di stabilirne in anticipo eventuali malfunzionamenti.

Il portfolio di soluzioni per la manutenzione di Wonderware Italia

Anche Wonderware Italia è attiva sul tema, come ci spiega il Business Development Manager Industry 4.0 dell’azienda Mauro Beduschi. Il punto fondamentale è che le aziende investono ancora in manutenzione correttiva «post guasto – chiosa – oppure programmata. Ma solo il 18% dei guasti è imputabile all’età dei componenti, mentre in otto casi su dieci il deterioramento precoce dell’asset è dovuto a condizioni di lavoro non idonee per il macchinario. Nel 90% dei guasti c’entra poco l’età del componente, eppure gli investimenti che attualmente le aziende fanno coprono solo il 20% delle possibili cause. Il restante 80 non viene misurato». Se però non si raccolgono informazioni dagli asset, non si può neanche sapere come intervenire. Inoltre è necessario riuscire a capire la differenza sostanziale tra allarme guasto e alert. Nel primo caso si tratta di un’indicazione meccanica, pre-impostata, che viene inserito all’interno dei sistemi di controllo e che scatta al raggiungimento di determinati parametri. Il concetto di alert, invece, deve essere associato a quello di manutenzione predittiva e che segnala l’inizio di uno scostamento dall’andamento atteso. «L’obiettivo della predictive maintenance – aggiunge Beduschi – è dunque il raggiungimento di un equilibrio tra le risorse che l’azienda investe e la sicurezza massima degli impianti».

La differenza (sostanziale) tra allarme guasto e alert

Un ulteriore vantaggio che viene garantito dalla manutenzione predittiva è quello di eliminare i cosiddetti costi occulti. Il Roi è dunque facilmente calcolabile perché di fatto elimina qualsiasi tipo di incertezza. E anche gli investimenti che devono essere profusi non sono particolarmente significativi, o almeno non sempre. «Noi – ci spiega Luca Diotti, industry sector manager di Nord Drivesystems – possiamo offrire soluzioni che sono quasi a costo zero: un motoriduttore inverter che ha la capacità di lettura dei dati, ad esempio, è già incluso nei macchinari che vendiamo ai nostri clienti».

 

Mettere a punto la strategia di manutenzione predittiva

L’approccio drive-based di Keba sull’utilizzo dei dati

Un concetto che può essere integrato a quello di predictive maintenance è quello di automazione delle macchine. «Si tratta di un concetto innovativo – ci racconta il sales manager di Keba Italy Aldo Bucci – che ha alla base l’idea di pre-elaborare i dati e limitarne la mole. Acquisire i dati di campo dai sensori già previsti permette di fare un’analisi di frequenza, generando informazioni facili da gestire. La cosa importante è imparare a gestire i sensori che poggiano sui motori. E da questo punto di vista più la macchina è moderna, più motori ha». Analizzando in modo periodico la risposta di frequenza delle macchine in determinate condizioni si ottengono dati facilmente processabili dai sistemi.

 

Le soluzioni customizzate

Sick monitoring box

Ovviamente, non esiste la panacea a ogni male e qualsiasi modulo di manutenzione predittiva deve essere poi calato sulle esigenze della clientela. È il caso, per esempio, dei sistemi di tunnel autostradali che sono saliti alla ribalta nei mesi scorsi perché la loro manutenzione (non programmata in modo intelligente) ha sostanzialmente paralizzato il traffico tra Milano e la Liguria. Eppure, se si riuscissero a estrapolare in maniera corretta le informazioni si potrebbe evitare di fermare l’infrastruttura e intervenire direttamente sul problema. «Possiamo offrire un monitoraggio in box tramite web – ci spiega il life time services manager Factory & Logistic Automation di Sick Luigi D’Alessio – e in questo modo il cliente ha accesso ai dati direttamente su una app. È una soluzion customizzata che ci consente di andare dalla base della priamide verso l’alto: non si tratta soltanto di sensori, ma di un pacchetto finito». Un’applicazione di questo dispositivo è stata studiata nel porto di Valencia: sui carriponte installati dispositivi di monitoraggio che normalmente fungono d anticollisione e che possono essere impiegati anche per avere altre informazioni come le ore di lavoro, la temperatura del dispositivo e l’eventuale contaminazione.

Il team leader system sales di Ifm Electronic engineer Carlo Di Nicola

 

 

Un’altra soluzione che permette di recuperare informazioni è quella elaborata da Ifm Electronic, come ci spiega il team leader system sales engineer Carlo Di Nicola. «Elaboriamo il dato dal sensore collaborando sia con l’utente finale sia con gli Oem. Noi non vendiamo sensori, ma soluzioni chiavi in mano. Perché la verità è che le pmi sanno benissimo qual è il macchinario “collo di bottiglia” all’interno dello stabilimento. Di tecnologia ce n’è anche troppa, ma manca la consulenza e il chiavi in mano per il cliente finale».

 

Il processo di digitalizzazione nella smart factory

La soluzione migliore per dare valore ai temi della gestione del ciclo della vita all’interno degli impianti di moderna concezione è una strategia predittiva. Al momento, però, si impiega soprattutto una strategia reattiva: si utilizza il plant fino a quando è possibile, con dei costi non quantificabili a priori perché si è portato il componente oltre il suo massimo di usura. «La strategia innovativa – ci racconta l’innovation technology manager di Sew-Eurodrive Franco Zannella – è quella preventiva, che scongiura guasti improvvisi, ma che ha anche dei problemi: si potrebbero avere dei costi non quantificabili a priori facendo prevenzione anche se non seve. Quello che dobbiamo adottare, dunque, è un monitoraggio costante. Nel nostro caso, forniamo al manutentore dell’impianto una app che attraverso un QR code sul dispositivo identifica il prodotto e ne riconosce il ciclo di vita. Il motore elettrico fornisce i suoi dati di funzionamento tramite il cavo ibrido digitale che consente di veicolare dati che arrivano dal sensore inserito a bordo del motore stesso. Ognuno di essi rileva un parametro e confronta le informazioni con altre per estrarre contenuti di maggiore rilievo. Stiamo realizzando funzionalità che per ognuno dei componenti elettronici abilitano la possibilità di identificare se un motoriduttore, ad esempio, sta andando in sofferenza per un problema endogeno o no. Correlando ciò che sta succedendo nel prodotto con le variabili di ciò che succede nella macchina si può aggregare i dati che predicono quale problema si sta prospettando per programmare il fermo macchina».

L’importanza del processo di digitalizzazione di macchine e impianti produttivi

 

I software di progettazione

Ultimo anello della catena della manutenzione predittiva è quello dei software gestionali che consentano di ricavare informazioni intellegibili dai dati che provengono dal macchinario. Per il direttore commerciale Eplan Software & Service, Giovanni Di Pumpo, «le soluzioni software legate alla manutenzione predittiva sono legate a progetti evoluti, che ci costringono a ragionare in un’ottica IoT, fornendo dei dati che sono trasversali. Nella piattaforma Eplan tutti i compoennti hanno un QR code che permette di fare ricerca sulla condizione del componente e il monitoraggio di alcune parti. La soluzione di gemello digitale nel quadro elettrico consente di avere dati sulla fase di vita dei componenti e consente la gestione di dati all’interno di un ambiente tridimensionale che consente di lavorare più velocemente su un impianto. Infine, le soluzioni cloud consentono di condividere le informazioni in tutto il processo, dall’ideazione di un impianto al processo di manutenzione».

Giovanni Di Pumpo, Eplan Software & Service

Il cloud è dunque una parte importante della raccolta di dati e dello smistamento delle informazioni. Un player industriale è Modula, che offre un insieme di tecnologie che permettono al cliente finale di avere tutte le informazioni dovendosi dotare esclusivamente di una connessione a internet. «Come Modula – ci racconta il software sales area manager Gianluca Grandi – forniamo macchinari che hanno sistemi di funzionamento che consentono di verificare l’andamento dei magazzini e di fornire informazioni visualizzabili sul web tramite pc. Per quanto concerne la sicurezza ci affidiamo ad Azure di Microsoft, in modo da tenere i dati cifrati. In questo caso abbiamo una monitorizzazione costante dell’asset, con un’analisi storica degli errori e della loro frequenza».

Il cloud raccoglie le informazioni, ma è vicino al macchinario, in edge, che i dati vengono collezionati e poi impiegati in prima battuta. È il caso delle soluzioni prosettate da Gefran, come ci spiega il product manager sensori e componenti Federico Armanti, che mostra come «l’intelligenza di campo distribuita sia la più importante possibilità a medio termine. La tecnologia di misura e i materiali di cui è composto il sensore giocano un ruolo fondamentale. Per ogni sensore ci dovrebbe essere una soluzione ad hoc e la sfida è avere un sensore che possa realizzare sistemi di autodiagnostica innata».

Anche Stmicroelectronics ha un obiettivo ambizioso, quello di «abilitare i clienti partner con i sensori –  ci spiega Antonio Cirone, Motion Mems Product Marketing Engineer dell’azienda – ormai smart. Quello che abbiamo realizzato e che forniamo sono delle soluzioni che fanno da collante tra hardware e software. Una pletora di sensori messi insieme tramite connettività in modo da realizzare una reference in tempi brevi e garantire ai clienti un time to market ridotto».














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